martedì 4 giugno 2013

Ilva Bondi cambia stanza da AD a commissario, fuori i Riva dalla gestione

MALUMORI IN PROCURA E NEL PD PER LA NOMINA GRADITA AI PADRONI. PDL: “DITTATURA COMUNISTA di Marco Palombi IRiva sono fuori. Quasi del tutto. Alla fine, nonostante alcune divergenze, il governo ha deciso di estromettere la famiglia genovese dalla gestione del gruppo Ilva nominando un commissario/manager che in massimo 36 mesi dovrà portare a termine le bonifiche ambientali prescritte dall’Aia (autorizzazione integrata ambientale) garantendo al contempo la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto. Prima di entrare nel merito, va chiarito perché i Riva sono stati estromessi ‘quasi del tutto’: il commissario nominato ieri dal Consiglio dei ministri, infatti, altri non è che Enrico Bondi, ex commissario di Parmalat e già amministratore delegato di Ilva da aprile, quando fu assunto dalla proprietà. “Non portare alle estreme conseguenze la rottura col passato a me sembra una scelta di compromesso politico e sbagliata”, sostiene il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola. “La nomina di Bondi è una scelta di sostanziale continuità col passato – at - tacca Angelo Bonelli, leader dei Verdi e storico oppositore dei Riva - Come si può nominare commissario dell’Ilva la stessa persona che da ad dell’azienda non ha attuato le prescrizioni già previste dall’Aia?”. E INFATTI, nei giorni scorsi, la magistratura tarantina aveva fatto sapere – rispondendo a un discreto sondaggio di ambienti governativi – di non gradire la nomina dell’ex uomo di Parmalat: anche lui infatti, come il consiglio d’amministrazione, s’era dimesso proprio in polemica col sequestro dei beni della holding di famiglia. Qualche problema l’ha creato pure il recente rinvio a giudizio per falsa testimonianza nell’inchiesta milanese sugli spioni in Telecom, tanto che anche il Pd aveva espresso le sue perplessità sulla scelta di Bondi. Alla fine, però, Enrico Letta ha preferito così: commissariamento sì, ma con Enrico Bondi sulla tolda, un nome che garantisce la non completa belligeranza dei Riva (utile, vista la fragilità giuridica del decreto). Tensione anche nella maggioranza: un pezzo del Pdl – che s’è battuto fino alla fine contro il commissariamento – è ricorso ad un frasario legger-mente enfatico tipo “dittatura comunista” (Altero Matteoli) e “pericoloso precedente per la difesa della libera intrapresa” (Maurizio Sacconi). Toni simili, peraltro, a quelli usati dai colleghi dei Riva riuniti in FederAcciai: “Pericolosissimo precedente”. “Questo non è un esproprio”, ha messo a verbale dal ministro Zanonato, secondo cui la chiusura di Ilva causerebbe un danno da 7,7 miliardi al sistema industriale del paese. Ecco, per punti, cosa prevede il decreto. Co mmissariamento. Il governo dà una sorta di interpretazione autentica della legge 231/2012, meglio nota come “Salva-Ilva”, il decreto di Mario Monti che servì a tenere aperti gli impianti a Taranto nonostante il sequestro ordinato dalla magistratura. In sostanza, il decreto dice che l’esecutivo è autorizzato a commissariare le aziende considerate di “interesse strategico” che mettono in pericolo ambiente e salute violando le prescrizioni in materia. La durata è di 12 mesi rinnovabili al massimo due volte. Enrico Bondi sarà affiancato da un subcommissario e da un mini-comitato di tre esperti ambientali. Compiti. Il commissario sarà il manager dell’azienda a tutti gli effetti potendo utilizzarne i fondi quanto i proventi (al rappresentante legale dei Riva è garantito solo il diritto a sapere cosa succede): entro 90 giorni in tutto, Bondi dovrà produrre un piano industriale che tenga conto delle particolareggiate indicazioni che gli daranno (entro 60 giorni) i tre esperti ambientali. Il governo dovrà comunque dare il suo via libera preventivo. Il commissario, infine, non risponderà di eventuali perdite dell’azienda “tranne che abbia agito con dolo o colpa grave”. Stipendio. Sarà di circa 300mila euro per Bondi, la metà per il subcommissario e di 45mila euro per gli esperti ambientali: 585mila euro l’anno in tutto che saranno a carico dell’azienda. Dissequestro. L’articolo 11 stabilisce che “il giudice competente provvede allo svincolo delle somme” sequestrate in sede penale (in sostanza gli 8 miliardi della holding Riva Fire) che sono “messe a disposizione” del commissario così come “i proventi derivanti dall’attività d’impresa”. il fatto quotidiano 5 giugno 2013

Nessun commento:

Posta un commento