domenica 30 giugno 2013

Società in crisi, chiude lo sportello Acqualatina Stessa sorte toccherà agli uffici di Cisterna Formia e Priverno

Il Messaggero, Domenica 30 Giugno 2013 Da lunedì lo sportello di Acqualatina di Aprilia, che attualmente funziona due giorni alla settimana, rimarrà chiuso. E con Aprilia verranno chiusi tutti gli sportelli secondari della provincia: Cisterna, Formia e Priverno. Gaeta, Lenola e Minturno erano già stati chiusi per lavori. Quindi rimarranno aperti solo gli sportelli di Latina, Nettuno, Terracina e Fondi. Il sindaco di Aprilia Antonio Terra ha espresso la sua contrarietà alla dirigenza di Acqualatina. Il dirigente Ennio Cima gli ha spiegato che il provvedimento è stato obbligato dallo stato di crisi. La società per farvi fronte ha concordato un piano con i sindacati di ricorrere ai contratti di solidarietà altrimenti avrebbe dovuto licenziare il personale. La crisi, ha spiegato Cima, è dovuta all’alto tasso di morosità. Intanto prendono una posizione più marcata sul servizio idrico i partiti di sinistra. Il coordinatore provinciale di Sel Beniamino Gallinaro ieri ha sollecitato il centrosinistra a porre la questione della pubblicizzazione del servizio idrico. «È ora di uscire da Acqualatina» ha detto. Ad Aprilia invece i consiglieri del Pd Giovannini e Tamassetti, insieme a Carmen Porcelli, hanno annunciato che presenteranno in consiglio comunale una proposta di delibera per aderire all’iniziativa di legge popolare a livello regionale. La proposta di legge si pone l’obiettivo di «introdurre il principio dell’acqua come bene natura e diritto umano universale la cui disponibilità deve essere garantita come diritti inalienabili e inviolabili della persona». Inoltre, spiegano i tre consiglieri, «propone di sottrarre la gestione del servizio idrico dal principio della libera concorrenza, e dalle finalità lucrative, lasciando che la sua gestione persegua finalità di carattere sociale e ambientale». Giorgio Nardinocchi

Aprilia Turbogas, rete e comitato pendolari contro la realizzazione «Impianto dannoso»

La risposta: pronti ad un eventuale nuovo ricorso I cittadini di Aprilia pronti a nuovi ricorsi contro Turbogas. E' questo che emerge dalla posi- zione del comitato Pendolari FR8a Carrozza e dalla Rete dei Cittadini contro la Turbogas che annunciano l'intenzione di poter rivolgersi all'autorità giudizia- ria. Le due realtà, in qualità di portatori di interessi, hanno par- tecipato mercoledì scorso con i loro rappresentanti (Rosalba Rizzuto per il comitato pendo- lari, Filippo Valenti e Gianfran- co Iencinella per i No Turbogas) alla seconda conferenza dei ser- vizi per il rinnovo dell’Autoriz - zazione integrata ambientale per l’esercizio della centrale ter- moelettrica a ciclo combinato della società Sorgenia Power mentre Legambiente non ha partecipato al vertice. E, in quella sede, hanno ribadito il loro no alla realizzazione del- l'impianto. «Abbiamo voluto spiegare – affermano in un comunicato congiunto – alla commissione il disastroso stato della qualità dell'aria nel territorio. Questa situazione è soprattutto ricon- ducibile all'incremento di traffi- co creato dal boom demografi- co, dal trasporto pubblico locale insufficiente e fatiscente, dagli mpianti industriali le cui emis- sioni superano tutti i livelli di soglia prevista dall'Ippc come l'ex Avir la cui Aia è in scadenza e della nuove centrali a biomas- se che stanno sorgendo in ogni angolo del nostro territorio, sen- za che si possa impedire o cal- mierarne la diffusione». Ma non sono questi gli unici motivi per cui opporsi alla realizzazione dell’impianto. «C’è la necessità che la struttura sia annoverata tra quella a rischio di incidente rilevante, come la vicina Isagro, ribadendo che la stessa opera in assenza - spiegano pendolari e No Turbogas - di compatibilità ambientale rilasciata dal sinda- co di Aprilia, ma solo con una dichiarazione del rilasciata dal comitato tecnico regionale ed impugnata dall’amministrazio - ne al Tar i Latina. In merito alle autorizzazioni paesaggistiche, siamo tornati a sottolineare alla Commissione Aia che i pareri paesaggistici ottenuti da Sorge- nia si basano sul nulla, in quanto ognuna delle autorità interpella- te ha espresso parere favorevole non sulla base di analisi e veri- fiche oggettive, ma sulla scorta di pareri positivi rilasciati in precedenza da qualcuno con nessuna competenza in tema di beni culturali e paesaggistici». Secondo i movimenti ci sono evidenti irregolarità e per que- sto i rappresentanti non si arren- dono ed anzi annunciano batta- glia. «Abbiamo infine confutato il rilascio - concludono - di un’autorizzazione integrata senza che il progetto sia stato minimamente accompagnato da un piano di decommissio- ning a carico dell’impresa: pa- gheremo sempre noi per lo smantellamento del socialmen- te inutile impianto e per il ripri- stino ambientale di questo terri- torio irreversibilmente modifi- cato? Attendiamo di conoscere il verbale per l’eventuale nuovo ricorso. Luca Artipoli http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/1f1bb4c14eca5af4396911f58003280e

Latina rifiuti raccolta differenziata basta deroghe stop dalla Regione Lazio

Latina Oggi Venerdì 28 Giugno 2013 Latina rifiuti IL dato sulla raccolta differenziata in provin- cia di Latina è comun- que falsato perché, come emerge da almeno tre inchieste giudiziarie, il servizio era solo una fin- zione (a Ponza e Mintur- no sicuramente) perché il materiale differenzia- to veniva poi unito al resto prima del traspor- to in discarica. I dati falsati La decisione del consiglio regionale. Era comunque previsto un referendum p o p o l a re Differenziata, basta deroghe Finora tollerati i Comuni che non rispettavano le indicazioni dell’UE LA Regione Lazio ha bloccato le deroghe ai Co- muni che non fanno al differenziata «a sufficien- za» e ha cancellato quello che fino a oggi era il cosiddetto scenario di controllo del piano di ge- stione dei rifiuti. In con- creto questa decisione può avere effetti non di poco conto su moltissimi Co- muni pontini in quanto il regime finora vigente sta- biliva che, in caso di man- cata riduzione della pro- duzione dei rifiuti e di percentuali di raccolta dif- ferenziata inferiori al 65%, si potessero attuare interventi in deroga alle normative nazionali ed europee rispetto a quelli indicati dalla legge per i Comuni inadempienti. Tutto questo ha consentito ad amministrazioni che stanno ancora sotto il 10% di differenziata non solo di evitare multe pesantis- sime ma, addirittura, di ottenere finanziamenti a pioggia da parte dell’am - ministrazione provinciale, che solo lo scorso anno ha distribuito otto milioni di euro. Soldi andati, per fare un esempio, anche ad Aprilia che sul report 2012 era ferma al 6% mentre alcuni centri vir- tuosi (seppure molto più piccoli) come Sermoneta e Castelforte si avvicinano ormai al 60% quindi sono vicini al traguardo impo- sto dall’Ue. L’abolizione dello «scenario di control- lo», cioè della larga tolle- ranza per chi non attuava la differenziata in modo compiuto era stata solleci- tata da moltissimi comita- ti civici doventata anche oggetto di un quesito refe- rendario regionale che prevedeva di indire la data del voto entro agosto. Una consultazione che sarebbe costata tra i 10 e i 20 milioni di euro e che avrebbe, sicuramente, prodotto gli stessi risultati della decisione di ieri pre- sa a costo zero. «Sui rifiuti è determinan- te che la Regione abbia deciso di cancellare le assurdità del piano Polveri- ni, lo scenario di controllo così come impostato e gli obiettivi al ribasso della differenziata. Sono errori gravi che avevamo sempre denunciato». Questo il commento di Legambien- te Lazio che ha anche ricordato come nel 2012 in tutta la regione la media della differenziata era pari al 22,1%, dunque molto lontana dagli obiettivi im- posti dall’Unione Euro- pea. D’ora in poi le singo- le amministrazioni comu- nali dovranno mettere in campo una serie di azioni per alzare il livello della differenziata pena l’eleva - zione di multe invece che i premi a pioggia. Finora le indicazioni Ue erano state ignorate anche per non alzare il costo del servizio e non pesare ol- tremodo sulle bollette. Anche il conferimento nella di- scarica Indeco di Borgo Montello è tuttora fuori legge, perché non segue i criteri dettati dall’Unio - ne Europea che prevedono il trattamento preliminare obbli- gatorio presso impianti Tmb. L’ultima verifica è stata effet- tuata dal Noe due settimane fa Un’indagine della guardia di fi- nanza sta facendo il punto sui quantitativi di rifiuti portati in discarica dal Comune di Terracina. Dal confronto con il dato della raccolta differenziata emerge che uno dei due parametri dichiarati potrebbe essere un falso. Situa- zioni analoghe potrebbero riguar- dare anche altre città. LA situazione complessiva del- la raccolta dei rifiuti non è sotto controllo ed è un aspetto del problema della gestione dell’immondizia non irrilevante sia per quanto riguarda l’im - patto ambientale che i costi sostenuti dalle amministrazio- ni pubbliche locali e regiona- le.

centrale a turbogas Aprilia il comune è rimasto solo a difendere il territorio

Il Comune resta solo E’ di Aprilia l’unico «no» al rinnovo dell’Aia della centrale di Campo di Carne IL COMUNE di Aprilia resta da solo a combattere la turbogas. L’amministra - zione di Aprilia in sede di Conferenza dei servizi con- vocata dal Ministero d el l ’Am b ie n- te per il rinno- vo dell’Auto - rizzazione in- tegra ta ambientale è stato l’unico ente ad espri- mere parere negativo ri- spetto. Tutti gli altri, dal Ministero alla Regione pas- sando per Provincia e agenzie di controllo del te rri tori o, hanno invece per le loro co mpe ten ze concesso il semaforo ver- de per ciò che riguarda le e mi s si on i della centrale di Campo di Carne. «Il no- stro lavoro non si ferma certo qui - ammette il neo assessore all’Ambiente Alessandra Lombardi - continueremo a vigilare l’iter e soprattutto i limiti imposti al progetto». Per il responso finale della com- m is s i on e istruttoria mi- nisteriale bi- sognerà at- tendere anco- ra qualche giorno ma tutto va verso il rinnovo dell’Aia. ««Il punto che an- cora non è chiaro - spie- ga l’assessore Lombardi - è che ancora nessuno ci ha detto sel la turbogas fa parte di quel- le industrie a rischio incidente rilevante o no. In caso di risposta affer- mativa cambierebbe il qua- dro delle prescrizioni che sarebbero, va da sè, più stringenti». Le osservazioni avanzate dal Comune inol- tre riguardano le emissioni acustiche, quelle nell’aria e quelle di terra. L’ammini - strazione vuole vederci chiaro sia per quanto ri- guarda il presunto sposta- mento del progetto che per l’emungimento dell’acqua dai quattro pozzi. «In ballo non c’è solo l’Aia - ricorda il delegato all’Ambiente - il capitolo delle prescrizioni riguarda la Via (Valutazio- ne di impatto ambientale). Su questo terreno saremmo vigili e tuteleremo il territo- rio apriliano». Un’altra novità in tema di centrale riguarda i rapporti tra Comune e Sorgenia. Dopo anni di lotte, molte delle quali continuano tut t’oggi basta ricordare che sulla vicenda insistono otto ricorsi al Tar e uno in Cassazione, le due parti si siederanno allo stesso tavo- lo per discutere di qualità dell’aria. In ballo c’è l’in - stallazione di tre centraline. Due sui camini della strut- tura di Campo di Carne per controllare le emissioni e una in via Nettunense per controllare la qualità dell’aria. Marco Di Luciano http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/bf860d7e0fdf59ff16e4563cd857749a

turbogas Aprilia alberi come compensazione del danno ambientale e sanitario

Chiuso il tavolo comunale per tutelare la qualità dell’aria Alberi come compensazione DUECENTO mila euro all’an - no per sette anni. Un milione e quattrocento mila euro arrive- ranno da Sorgenia, la società che sta realizzando il progetto della centrale turbogas di Cam- po di Carne, nelle casse del Comune di piazza Roma. E’ il frutto delle cosiddette compen- sazioni, frutto di 20 centesimi per ogni megawatt prodotto dalla centrale di Campo di Car- ne. L'importo viene calcolato sulla produzione di energia, Sorgenia girerà ai territori 20 centesimi per ogni megawatt generato. Il 40 per cento andrà a finire nelle casse del Comune di Aprilia, il 40 ai Comuni limitrofi e il resto, il venti per cento, alla Provincia di Lati- na.Il tavolo di concertazione messo in piedi dall’ammini - strazione con lo scopo di deci- dere cosa fare di quei soldi è stato chiuso. «Ora si tratta di mettere in campo azioni per tutelare la qualità dell’aria», ha riportato il riconfermato asses- sore all’Ambiente Alessandra Lombardi. Il tavolo con le asso- ciazioni aveva deciso di spen- dere i soldi in due modi: attra- verso la piantumazione di nuo- vi alberi e la revisione della viabilità cittadina. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/bf860d7e0fdf59ff16e4563cd857749a

Latina l'abuso del Key in pieno centro sanato in commissione urbanistica?

Cambio di destinazione in Commissione urbanistica La coda del Key La Falco vuole residenze agli ultimi due piani COMMISSIONE Urbanistica «nervosa» quella di ieri matti- na, chiamata a discutere sulla richiesta di cambio di destina- zione d’uso avanzata dalla Falco Immobiliare, la società proprietaria del palazzo Key di Largo Don Bosco, attual- mente sotto sequestro perché oggetto di un processo penale in fase di svolgimento. Sul tavolo della Commissio- ne un parere dell’Av vo c a t u r a comunale, secondo cui l’am - ministrazione è tenuta a pro- nunciarsi sulla richiesta di cambio di destinazione avan- zata dalla falco Immobiliare, a condizione che la stessa so- cietà risulti essere effettiva- mente proprietaria dell’i m- mobile alla data in cui era stata presentata la richiesta. A chiedere quel parere erano stati gli uffici dell’Urbanisti - ca, perplessi sul da farsi per- ché l’immobile di Largo Don Bosco è sotto sequestro giudi- ziario. Le opposizioni ed an- che alcuni commissari del Pdl hanno espresso la loro contra- rietà a prendere in esame l’istanza della Falco, ma il parere dell’Avvocatura è chia- rissimo, e peraltro il caso po- trebbe rivelarsi meno com- plesso di quanto appaia. La Falco Immobiliare aveva presentato opposizione al Pia- no di recupero dell’R-0, chie- dendo che negli ultimi due piani dell’edificio a destina- zione commerciale, milleot- tocento metri cubi per 600 metri quadrati di superficie, venisse consentita la realizza- zione di abitazioni. Una ri- chiesta in qualche modo «estemporanea», soprattutto alla luce del fatto che il Piano dell’R-0 concede alla proprie- tà dell’immobile di optare tra l’utilizzo commerciale e quel- lo direzionale (uffici). SE co- me sembra l’indirizzo degli uffici comunali dell’urbanisti - ca è quello di negare la possi- sibilità di utilizzare a fini resi- denziali due piani dell’edifi - cio, il problema di rispondere ufficialmente alla richiesta di cambio di destinazione pre- sentata dalla Falco Immobi- liare non sussiste. Un diniego non aggiunge né toglie alcun- ché alla situazione esistente, né potrebbe sollevare questio- ni o iniziative da parte della Procura della Repubblica che ha l’edificio in sequestro. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/d55ac592466bce41a231f127d6184d71

Aprilia centrale a turbogas Sorgenia, più controlli, Legambiente assente alla conferenza

Parlati: ascoltare il parere di associazioni e territorio in attesa del rinnovo dell’Aia l’intervento di Legambiente (finanziata da Sorgenia) L’ASSOCIAZIONE LE- GAMBIENTE torna a chie- dere che vengano prese in considerazione le osserva- zioni di associazioni e comi- tati prima di procedere a qualsiasi rinnovo dell'Aia per la Centrale Termoelettri- ca a Ciclo Combinato di Campo di Carne ad Aprilia. Mentre da un momento all’altro ad Aprilia arriveran- no i risultati del lavoro della commissione istruttoria del Ministero dell'Ambiente per il rinnovo dell’autorizzazio - ne integrata ambientale, Le- gambiente torna a puntare il dito sugli impatti della cen- trale. «Già ad inizio anno - comu- nica Lorenzo parlati presi- dente regionale di Legam- biente - in occasione della precedente riunione della Conferenza dei Servizi, Le- gambiente Lazio col Circolo Legambiente di Aprilia ave- vano presentato le proprie osservazioni facendo notare come le mitigazioni ambien- tali proposte sembravano piuttosto deboli ed andavano pertanto riconsiderate in fa- vore di misure più incisive». In sostanza le modalità rela- tive ai controlli e alla comu- nicazione dei dati per le com- ponenti aria e rumore appari- vano poco chiare e risultava insufficiente il sistema di monitoraggio; la tubazione per scaricare all’esterno del lotto il troppo pieno della vasca di seconda pioggia in un collettore acque bianche nel Fosso Caronte risultava non idoneo al recapito di reflui. «Il rinnovo dell'Autorizza- zione deve passare per serie valutazioni sull'impatto am- bientale della centrale e la predispozione di adeguate misure di contenimento sen- za le quali sa- rebbe irre- sponsabile an- dare avanti –ha dichiarato Lorenzo Par- lati, presidente di Legambien- te Lazio-. Su questo occorre una stretta vi- gilanza della Regione Lazio che deve pre- tendere strin- genti prescri- zioni che an- dra nno recepite e fatte o s s e r va r e » . Sulla stessa lung hezza d’onda si era espresso in questi ultimi giorni anche il sindaco Antonio Terra che aveva posto l’attenzione sul rispetto delle prescrizioni, vecchie e nuove. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/2b38f50fac7a5dad78201e7ca5c44ff5

Ventotene, tunnel bocciato dalla Regione ma il comune insiste: il cantiere si farà

Stop della Pisa na al contestato scavo tra Porto Romano e campo di calcio. Il sindaco: «Appalto c'è, non ci fermiamo»

La Grotta dei Passeri, a Cala Rossano, che si vorrebbe sfruttare come ingresso del tunnelLa Grotta dei Passeri, a Cala Rossano, che si vorrebbe sfruttare come ingresso del tunnel
VENTOTENE (Latina) - La Regione Lazio dice no al contestato tunnel di Ventotene, ma gli esponenti del mondo ambientalista laziale cantano vittoria forse troppo presto. L'amministrazione comunale dell'isola, infatti, non ha intenzione di fermare il progetto della galleria da 6 milioni di euro neppure dopo il parere negativo espresso dal Comitato tecnico regionale per i lavori pubblici. «Appalto già assegnato - replica il sindaco Geppino Assenso - l'iter non si ferma».
Il sindaco di Ventotene Geppino AssensoIl sindaco di Ventotene Geppino Assenso
IL CONTESTATO PROGETTO - In ballo c'è un opera osteggiata da buona parte della popolazione locale: un tunnel che attraversa il tufo alle spalle del Porto Romano (molto franoso per la verità) per consentire il passaggio di mezzi bypassando la banchina dell'antico molo, passando così dal porto al paese (sbucherà vicino al campo da calcio) in un percorso di circa 300 metri. Un impatto enorme per un fazzoletto di terra così fragile come Ventotene: appena un chilometro e mezzo di tufo in continuo sgretolamento. Un dissesto idrogeologico che nel 2010 fu causa, peraltro, della morte di due studentesse romane travolte dal distacco di un costone a Cala Rossano. Ma secondo il comune il tunnel è anche una risposta alla messa in sicurezza del territorio, priorità che di fatto ancora attende una risposta.
Ventotene: il futuro accesso del tunnelVentotene: il futuro accesso del tunnel
NON CI FERMIAMO - Sotto le minacce di ricorsi da parte delle associazioni 'green' e accompagnato dagli anatemi degli isolani che temono per l'avvio di un cantiere così imponente, così come per l'effettiva tenuta del terreno, il Comune ha compiuto quasi indisturbato i propri passi per cercare di realizzare l'opera. E continua a farlo nonostante la bocciatura delle scorse settimane. «Si è fatta un po' di confusione in questi giorni: il parere del comitato è relativo ad un progetto preliminare. Il Comune - dice Geppino Assenso - ha già inviato le controdeduzioni che saranno esaminate dal nuovo comitato che verrà nominato da Zingaretti. Ad oggi, dunque, non ho elementi per dire che l'opera si farà o meno. Certo è che l'iter va avanti, considerando il fatto che c'è già una ditta incaricata per l'esecuzione dell'opera, appaltata nel 2012».
PROGETTO CARENTE - Una risposta indiretta anche a chi, come Lorenzo Parlati di Legambiente e il consigliere regionale Cristina Avenali, ricordava che il progetto del tunnel era stato definito dall’organismo tecnico «non accettabile ai fini del finanziamento e carente di tutti i presupposti tecnico-normativi necessari». Ma non ha fatto i conti con la caparbietà del sindaco Assenso, che invece quel progetto briga per renderlo finanziabile. Altroché.
La vecchia strada del porto romano La vecchia strada del porto romano
PROSSIMO FUTURO - Per quanto riguarda le altre opere in via di realizzazione sull'isola, il sindaco esprime cauto ottimismo sulla realizzazione del campo boe intorno Ventotene, concepiti per evitare gli ormeggi sconsiderati intorno all'isola: «Alla gara hanno risposto due aziende non dell'isola - dice Assenso - e dopo l'apertura delle offerte che avverrà a breve, possiamo sperare di installare le boe per il mese di agosto». Forse uno dei pochi tentativi concreti di abbassare l'impatto della presenza umana per l'isola che doveva diventare la perla dell'ecosostenibilità, mentre appare sempre più come una terra di conquista per affari che forse la danneggeranno senza appello.
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Bandiere blu, il bluff del mare pulito non balneabile: ecco l’inghippo

La Fee assegna l'ambito riconoscimento ai singoli tratti di costa e non a tutto il litorale della località interessata. Eppure sul sito dell'organizzazione e soprattutto sui portali istituzionali di diversi Comuni la differenza non viene sottolineata. E così 'diventano' blu spiagge 'non balneabili'. Con buona pace dei turisti

Bandiere blu
Davanti al mare sventola la bandiera blu. Un vanto per i 5mila abitanti di San Vito Chietino, un paesino abruzzese arroccato su una collina rocciosa che scivola fin dentro all’Adriatico. Acqua che meglio non ce n’è, si dicono i turisti accalcati in spiaggia. Del resto il vessillo blu, messo in mostra anche sul sito del Comune, ne è la garanzia. Peccato che due dei quattro tratti in cui è divisa la costa di San Vito non siano nemmeno balneabili quest’anno: troppo contaminati da escherichia coli ed enterococchi intestinali, i batteri contenuti nelle feci che, in assenza di adeguati sistemi di depurazione, finiscono dalle fogne direttamente in mare. E allora la bandiera blu? Sventola, sostenuta dal soffio di un piccolo inghippo.
Bandiera blu sì, qualità dell’acqua mica tantoIn Abruzzo, di località premiate con bandiere blu, ce ne sono ben 14. Ma il colore blu è piuttosto sbiadito. Secondo la classificazione della Regione che prende in considerazione le analisi fatte negli ultimi quattro anni (2013 escluso) dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), solo quattro di questi comuni hanno acque di qualità ‘eccellente’ lungo tutta la costa: Tortoreto, Silvi, Rocca San Giovanni e Fossacesia. Sei paesi hanno invece alcune spiagge dove in questa stagione balneare è addirittura vietato tuffarsi in acqua: non solo San Vito Chietino, ma anche Roseto degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare, Ortona e Vasto.
Ma le incoerenze nell’assegnazione delle bandiere blu non riguardano solo l’Abruzzo. Che qualcosa non torni si nota già con una rapida occhiata alla cartina sul sito della Fee Italia (guarda la mappa), la succursale nostrana della Foundation for Environmental Education, un’organizzazione non governativa con sede in Danimarca che ha lo scopo di diffondere pratiche ambientali corrette. Come è possibile che le bandiere blu siano concentrate soprattutto lungo l’Adriatico, in Liguria e Toscana, mentre la Sardegna ne ha appena sette e la Sicilia quattro? Non sono i mari delle isole quelli che tutto il mondo ci invidia? Nella domanda sta già una prima risposta. Località che godono di ottima reputazione non hanno bisogno di candidarsi all’assegnazione della bandiera blu, e così non compilano il questionario predisposto dalla Fee. A molte di queste, la bandiera blu, nemmeno interessa.
I comuni che invece partecipano alla selezione devono rispondere a un questionario per dichiarare di avere spiagge dotate di servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso. Tra le altre cose, vengono premiate anche la raccolta differenziata dei rifiuti, la disponibilità di mezzi di trasporto ecosostenibili e le iniziative di educazione ambientale. C’è poi un criterio imprescindibile: “Solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura”, si legge nel regolamento. E ancora: “I risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni balneari devono essere allegati alla candidatura”. La Fee, almeno in teoria, impone limiti ancora più stringenti per le concentrazioni di escherichia coli ed enterococchi intestinali, rispetto a quelli imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale: l’acqua deve essere di qualità ‘eccellente’, non basta che sia ‘buona’ o sufficiente’.
Eppure la teoria sembra non trovare riscontro nella pratica. In Abruzzo e altrove. Risalendo un poco la costa adriatica, nelle Marche, sono tre le località premiate che quest’anno presentano aree precluse alla balneazione dalla Regione perché con acque di qualità ‘scarsa’: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema ce l’hanno Sanremo in Liguria, Camaiore e Piombino in Toscana. Inoltre diverse località premiate con bandiera blu, accanto alle acque eccellenti, hanno aree per la balneazione con una classificazione ‘buona’ o ‘sufficiente’ (guarda la cartina interattiva). Nessun divieto di nuotare lì, ma una classificazione non ‘eccellente’ significa che ogni tanto può capitare qualche campione con concentrazioni di batteri che non riducono al minimo le possibilità di contrarre dopo una nuotata malattie come la gastroenterite.
Quelli che l’inquinamento spunta dopo la bandiera blu
Secondo le verifiche fatte da ilfattoquotidiano.it su tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, le località con bandiera blu che non hanno tutte le acque eccellenti sono 41 su 131. Capitano poi situazioni paradossali, come a Roseto degli Abruzzi e Giulianova, in provincia di Teramo, dove a maggio sono state consegnate le bandiere blu 2013 e dopo due giorni alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione perché le analisi effettuate dall’Arta hanno rivelato livelli di contaminazione troppo elevata.
Divieti temporanei analoghi sono stati emessi nella stagione balneare da poco avviata anche dai sindaci di altri comuni premiati con il vessillo della Fee, come per esempio a Petacciato e Termoli in Molise, Sanremo in Liguria, Porto Recanati nelle Marche, Sapri in Campania, Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana. E sulle nuove analisi sono cadute anche località con bandiera blu che in seguito ai campioni raccolti fino al 2012 avevano ottenuto ‘eccellente’ in tutti i punti: Camporosso e Celle Liguria in Liguria, Fano nelle Marche, Viareggio e Marina di Carrara in Toscana hanno dovuto chiudere tratti di costa per alcuni giorni. Gli sforamenti in diversi casi sono avvenuti in concomitanza con piogge abbondanti, che aumentando la portata dei fiumi hanno fatto riversare in mare più batteri del solito.
La reazione della Fee svela (in parte) l’inghippo
Ilfattoquotidiano.it settimana scorsa ha contattato Claudio Mazza, presidente di Fee Italia, per chiedere spiegazioni delle incongruenze riscontrate. Dall’organizzazione, che ha partner istituzionali come la presidenza del consiglio, l’Anci e l’Ispra, qualche giorno dopo è arrivata un’email che chiarisce ben poco. Dal sito però è scomparso il pdf della cartina che elencava i comuni a bandiera blu ed è comparso all’improvviso il link a una pagina del sito di Fee International dove su una cartina interattiva si può andare a individuare ogni singola bandiera blu.

E lì si scopre l’inghippo. In molti casi i vessilli non sono stati assegnati al comune, ma a singole spiagge. Così a San Vito Chietino a meritarsi il vessillo sono stati solo i tratti di Calata Turchino e di Molo Sud. Solo che in Italia nessuno lo aveva detto. E molti comuni, anche sui loro siti istituzionali, fanno a gara per fare bella mostra della bandiera blu, senza sottolineare che solo alcuni tratti di costa se la sono guadagnata. Il tutto alla faccia dei turisti. Che partono col bagagliaio pieno verso quello che credono un mare pulitissimo. E poi si ritrovano davanti a un bel cartello di divieto di balneazione. Certo, possono sempre spostarsi di un centinaio di metri più in là per prendere il sole su una spiaggia migliore. E magari si chiedono che succede se cambia la corrente.Non solo batteri
Non si illudano poi i turisti che il mare con bandiera blu sia per forza il mare migliore, anche se la contaminazione di batteri non c’è. “Acque che non presentano problemi dal punto di vista sanitario – spiega Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente – possono essere acque povere di biodiversità, con un ecosistema sofferente”. A qualcuno poi è capitato di scegliere per le vacanza San Felice Circeo, nel Lazio, e trovare le spiagge invase di chioschi abusivi e strutture di cemento non autorizzate. Ventisette persone sono indagate dalla procura di Latina. Il regolamento Fee prevede che “la spiaggia e l’area circostante devono trovarsi nelle condizioni di massimo rispetto dei piani regolatori e della legislazione ambientale”. Non fa nulla. Sventola la bandiera blu. Anche a San Felice Circeo.
Twitter: @gigi_gno

Università di Latina, pasti gonfiati alla mensa: esposto in Procura

http://www.ilmessaggero.it/LATINA/mensa_universit_amp_agrave_procura_pasti_gonfiati/notizie/298341.shtml di Monica Forlivesi LATINA - E’ stata una studentessa ad accorgersi che qualcosa non andava nella mensa universitaria di Latina. E’ da quel sospetto che sono partiti gli accertamenti da parte di Laziodisu, l’ente per il diritto agli studi universitari, verifiche che hanno portato alla risoluzione anticipata del contratto con il locale convenzionato nel Capoluogo. Laziodisu ricostruisce così l’accaduto: spiega che effettuando l’attività periodica di monitoraggio sull’afflusso di studenti alle mense convenzionate, dopo la segnalazione di un’utente «sono state rilevate numerose irregolarità in merito alle operazioni di cassa in un locale di Latina per la somministrazione di pasti dal marzo 2010». Partono le ispezioni, direttamente a Latina, e le verifiche telefoniche con gli utenti per verificare se avessero davvero usufruito del servizio mensa. Secondo Laziodisu è emerso «un netto scarto tra le operazioni di cassa effettuate e l’effettiva presenza di studenti nella sede e di conseguenza nella somministrazione di pasti». L’ultima ispezione risale a martedì scorso, il 25 giugno, il personale dell’ente ha rilevato l’assenza all’interno della trattoria di 15 studenti che risultavano però aver timbrato l’ingresso. «Da successivi riscontri a campione - si legge in una nota - è stata accertata un’ulteriore netta discrepanza tra ingressi registrati ed effettivi. Laziodisu ha dunque riscontrato un gravissimo impedimento della ditta titolare del locale agli obblighi di legge e contrattuali, oltre a plurime violazioni che hanno portato alla risoluzione anticipata del rapporto, fatta salva ogni eventuale azione risarcitoria. Contestualmente Laziodisu ha presentato un esposto/denuncia alla Procura della Repubblica di Latina». Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione, ringrazia i dipendenti: «Grazie al loro operato è emersa una situazione di grave irregolarità con danni evidenti all’Ente. Un ringraziamento va anche agli studenti che hanno collaborato per l’accertamento delle anomalie. La Regione andrà avanti nella direzione della piena trasparenza e della legalità, oltre che nella tutela degli studenti». Sabato 29 Giugno 2013 - 21:06 Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Giugno - 18:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

sabato 29 giugno 2013

Parigi: “Il Tav? Può aspettare il 2030” la Torino Lione non è prioritaria

Il fatto quotidiano 29 giugno 2013 LA COMMISSIONE FRANCESE MODIFICA LA LISTA DELLE OPERE: LA TORINO-LIONE NON È PRIORITARIA di Susa e di S.J. de Maurienne la commissione non si pronuncia non avendo i requisiti per poterlo fare in quanto l'opera è prevista da un accordo internazionale tra Francia e Italia siglato alla fine dell'anno passato tra il presidente italiano Mario Monti e quello francese Francois Hollande. Un'intesa che, proprio per la sua natura, può essere messa in discussione solo dai rispettivi Parlamenti e non da un organismo diverso. La commissione si pronuncia sulle infrastrutture collaterali al tunnel, come le vie d'accesso, senza le quali lo stesso tunnel da di Daniele Martini Se continua così, i sostenitori italiani a oltranza del Tav, la ferrovia ad alta velocità tra Torino e Lione, alla fine faranno la fine dei cavalieri del Boiardo che “del colpo non accorti” ancora guerreggiavano, ma erano “morti”. Continueranno, cioè, a sostenere la grande e costosa opera senza rendersi conto che nel frattempo intorno a loro si sta facendo il vuoto. L'ULTIMA e significativa presa di distanza dal gigantesco progetto proviene dalla Francia e si somma al colpo inferto di soppiatto al Tav dal governo italiano che, praticando come al solito una specie di doppia verità, da una parte continua a ripetere solennemente per bocca del presidente, Enrico Letta, e del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che quella ferrovia si farà perché è vitale per gli interessi del paese. Ma con l'altra mano sottrae i fondi necessari ai lavori prendendo atto che di soldi per opere grandi, ma opinabili, in questo momento non ce ne sono davvero più. In Francia quello che somiglia tanto ad un de profundis per il Tav lo ha intonato la commissione mista sulle grandi opere, 6 deputati, 6 senatori e 4 tecnici più un presidente, il sindaco di Caen nonché deputato socialista del dipartimento del Calvados, Philippe Duron, a cui era stato affidato il compito di fare il tagliando alla politica dei grandi investimenti per infrastrutture varata all'epoca del presidente precedente, il conservatore Nicolas Sarkozy. Con una dose di buon senso e di realismo la commissione ha messo in dubbio che nel prossimo quarto di secolo possano essere disponibili 245 miliardi di euro da investire per le grandi opere francesi. Quindi, inutile insistere con i sogni di gloria e di grandezza, meglio tagliare la testa al toro e concentrarsi su ciò che è possibile fare sul serio. Il Tav tra Torino e Lione non viene inserito tra queste priorità. O meglio, la cosa non viene esplicitata così chiaramente, ma le indicazioni assunte sono tali che quello è l'inevitabile sbocco. Per quanto riguarda i 57 chilometri di tunnel in senso stretto sotto le Alpi con annesse le stazioni solo è però poco più di un inutile buco nella montagna preceduto e seguito sostanzialmente dal nulla. Ebbene, queste opere collaterali vengono definite “seconde priorità” dal - la commissione transalpina e la loro esecuzione rinviata addirittura al 2030. Se non è una bocciatura di tutto il Tav, poco ci manca. La cosa politicamente significativa è che le conclusioni a cui è arrivata la commissione non sono state chiuse in un cassetto, ma hanno ricevuto un immediato endorsement al più alto livello dal primo ministro transalpino Jean Marc Ayrault. Nonostante le affermazioni contrarie di fonte governativa, anche in Italia gli atti concreti non suonano bene per un iter spedito della Torino-Lione. Nella Finanziaria 2013, approvata a fine 2012, per il Tav era autorizzata una spesa di 60 milioni per il 2013, 100 milioni per il 2014 e 680 per il 2015. Cifre sensibilmente ridotte e addirittura quasi azzerate con il cosiddetto “decreto del fare” approvato dal governo alcuni giorni fa.

Green Italia, i “ve rd i ” b i p a r t i s an ECOLOGISTI DI DESTRA E SINISTRA SI UNISCONO. E LANCIANO LA SFIDA NEL PD

Il fatto quotidiano 29 giugno 2013 FONDATORI Democratici come Ferrante e Della Seta con ex An come Granata e Perina: “Rivalutiamo bellezza e innovazione” di Sara Nicoli Un “eco candidato” per la segreteria del Pd? La corsa alla successione di Epifani si arricchisce di un elemento “verde”. È “Green Italia”, nuova frangia politica del Pd di stampo ecologista con ambizione di trasformarsi in vero soggetto politico per colmare il vuoto lasciato, ormai da anni a sinistra, dai Verdi. Ieri la presentazione del manifesto di Green Italia, oggi l’assemblea nazionale degli Ecodem, gli ecologisti del Pd, nella sede di Sant’Andrea delle Fratte, con la partecipazione del segretario democratico Guglielmo Epifani e del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando. Non sarà un’assemblea ‘qualsiasi’, ma un’assise nella quale si manifesterà il disagio degli Ecodem che intendono “lanciare un ultimatum” alla segreteria; quest’anima ecologista del partito ha spazi sempre più marginali nelle decisioni politiche, come ne sono chiaro riflesso i componenti entrati nell'esecutivo Letta. Un “ultimatum”, dunque, che vede gli Ecodem lanciati verso un congresso “da protagonisti”, al punto da dirsi pronti a “portare un nome per la segreteria”. Che, probabilmente, verrà svelato proprio oggi. INTA NTO, ci si interroga sulla sostanza. E cioè sul come far risorgere il tema ecologista e della green economy dentro il più grande partito della sinistra italiana. Questione non da poco. Tra gli eletti Pd provenienti dai Verdi (come Ermete Realacci, tanto per citarne uno) il malumore, d’altra parte, è alto da tempo, tanto che ormai si parla apertamente della possibilità di emersione di “una componente autonoma da 10-15 deputati" alla Camera, giusto per non farsi scippare le questioni ecologiste dagli outsider grillini. Una eco-pattuglia pronta che, però, ha bisogno di “un segnale” per emergere e che dovrebbe partire dalla segreteria. Durante la presentazione di Green Italia (che annovera tra i “fondatori” ex parlamentari Pd, come Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, esponenti politici provenienti dall'area di destra come Fabio Granata e Flavia Perina e la presidente dei Verdi europei Monica Frassoni, insieme con figure storiche dell’ambientalismo italiano come Grazia Francescato), il segretario democratico Epifani ha spiegato infatti che il Pd vuole orientare proprio sull’ambiente “l’azione politica nel Paese per i prossimi anni”, aggiungendo che il contributo dato in questi anni dagli Ecologisti Democratici “ci ha cambiati sostanzialmente, nella testa e nelle convinzioni”. “Green Italia – gli ha fatto eco Roberto Della Seta – è un azzardo necessario. Dobbiamo convincere i cittadini, e prima ancora la politica, che difendere l'ambiente è tutt’uno con la prospettiva di benessere oggi più vera e concreta. Serve a creare lavoro, a combattere ingiustizie, a guarire l’Italia dalla sua ‘depressione’”. Una partecipazione trasversale quella a Green Italia, che vede mescolati rappresentanti dell’imprenditoria verde e dell’associazionismo, e persone con radici politiche assai diverse. Per Fabio Granata, Green Italia “non è una rifondazione verde. È un progetto politico legato alle specificità italiane, ovvero la bellezza e lo spirito innovativo. La trasversalità riguarda il passato, perché sul futuro con chi affronta questa avventura di Green Italia abbiamo identica visione”. Insomma, in attesa di un green new deal, si guarda però al congresso Pd, nella speranza che il nuovo soggetto basti ad evitare che la componente Ecodem del Nazareno si arrocchi creando l’ennesima corrente in un partito dove ormai si rischiano i vortici. La sfida è partita, oggi l’assemblea nazionale per le prime risposte.

Sicilia, sequestrano la villa a imprenditore antimafia. ‘Sotto inchiesta per corruzione’

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/28/bagheria-sequestrano-villa-imprenditore-antimafia-sono-sotto-inchiesta/640688/

A Gianluca Calì prima gli sono arrivate le minacce di sedicenti “eredi”, quindi non ha più potuto usufruire dell'abitazione, perché finita in un vortice di sequestri disposti da alcuni ufficiali della Forestale poi finiti nel mirino della procura. “Io volevo soltanto provare a rilanciare la nostra terra", dice

Forestale
Ha acquistato all’asta una villa un tempo di proprietà dei boss mafiosi. Prima gli sono arrivate le minacce di sedicenti “eredi”, quindi non ha più potuto usufruire dell’abitazione, perché finita in un vortice di sequestri disposti da alcuni ufficiali della Forestale poi finiti sotto inchiesta.
Da quando Gianluca Calì ha deciso di tornare a lavorare nella sua Sicilia i guai sono spuntati ad ogni angolo. Come funghi. Siamo ad Altavilla Milicia, zona costiera tra Bagheria, Casteldaccia e Palermo. È qui che Calì torna nel 2009 per aprire una succursale della sua concessionaria d’automobili milanese: la Calicar. Ma al pronti via, qualcosa comincia subito ad andare storto: a Calì arriva immediatamente una richiesta di pizzo dalla cosca mafiosa locale. “Richiesta che non mi sono mai sognato di assecondare, li ho denunciati” sottolinea lui da siciliano orgoglioso. Il 3 aprile del 2011 alcune automobili della sua concessionaria di Casteldaccia vanno a fuoco. La storia di Gianluca Calì, l’imprenditore antiracket, finisce sui giornali. “Mi è stato vicino soprattutto il centro Pio La Torre” dice lui. Intanto le indagini degli inquirenti portano in carcere 21 affiliati al clan di Bagheria: tra questi anche i suoi estorsori.
Storia finita? Neanche per idea. Perché nel frattempo Calì ha avviato le pratiche per acquistare all’asta una villa vicino Casteldaccia: due piani da 160 metri quadrati l’uno. “L’idea era quella di trasformarla in una struttura ricettiva, che potesse creare un minimo di ricchezza per la nostra terra, dare lavoro e incrementare l’indotto turistico della zona”, spiega. Quella villa però non è una casa qualsiasi: apparteneva allo storico padrino di Bagheria Michelangelo Aiello e al suo sodale Michele Greco, il Papa di Cosa Nostra. Non è mai stata confiscata perché era ipotecata ed è quindi passata nelle disponibilità di un istituto di credito che lo mette all’asta. “Poco prima di presentare la mia offerta, ricevo la visita di alcuni personaggi”, racconta Calì. Si presentano come “eredi dei precedenti proprietari” e chiedono all’imprenditore di “lasciar perdere quella casa”. “Risposi di ripetere le loro parole davanti ad un giudice, dopo di ché mi aggiudicai la casa”, spiega Calì.
E per un po’ sembra passare tutto liscio. La quiete però dura poco. Perché l’8 febbraio scorso la villa che fu dei boss viene sequestrata da due ispettori della Forestale. “Stato grezzo e in corso d’opera”, scrivono nel verbale di sequestro, come se la costruzione fosse stata costruita di sana pianta in maniera abusiva. Così non è, perché quella villa esiste dal 1965, e Calì sta solo attuando dei lavori di ristrutturazione. Fa opposizione al sequestro e il 4 marzo ritorna in possesso dell’immobile. I “solerti” ispettori della Forestale però non demordono. E il 15 marzo sequestrano di nuovo la villa con le stesse motivazioni. Solo un duplice intoppo burocratico? Un errore? Possibile. Il verbale di sequestro porta due firme: sono gli ispettori della Forestale di Bagheria Luigi Matranga e Giovanni Coffaro. Che a fine marzo finiscono coinvolti in un’inchiesta della procura di Palermo: alcuni dipendenti della Forestale di Bagheria ricattavano gli abitanti della zona minacciando il sequestro di immobili. In cambio chiedevano somme di denaro.
“Una vicenda – scrive il gip Angela Gerardi – in cui emerge lo scarso se non inesistente senso del dovere e indegno esercizio del potere che interessa alcuni componenti dell’ufficio del corpo forestale (tra questi viene citato proprio Giovanni Coffaro) e l’irresponsabile comportamento da parte di altri (come il comandante Luigi Matranga)”. In carcere finiscono in quattro. Coffaro, uno dei due che sequestra la villa di Calì, è tra gli indagati anche se il gip ha respinto l’arresto. Nelle carte dell’inchiesta si ipotizza invece che Matranga, l’altro estensore del verbale di sequestro, fosse a conoscenza del “lavoro sporco” portato avanti dai suoi sottoposti. “Matranga non ha mai presentato una denuncia né ha mai segnalato i comportamenti dei suoi subordinati” scrive sempre il gip. A Calì però non è mai arrivata una richiesta formale di “messa a posto” per dissequestrare la villa. “Finora ho speso migliaia di euro per far valere un mio diritto contro un verbale che non sta né in cielo né in terra. Eppure questi si accontentavano di 500 euro”.
Dalle maglie dell’inchiesta sui forestali però emerge anche altro: l’ombra della mafia di Bagheria. Un elemento in più se si pensa che i lavori di ristrutturazione della villa che fu di Greco sono affidati dall’imprenditore palermitano a suo fratello, l’ingegner Alessandro Calì. Che i tentacoli della piovra li ha visti da vicino qualche tempo fa, quando da presidente dell’ordine degli ingegneri ha radiato dall’albo Michele Aiello, il ricchissimo prestanome di Bernardo Provenzano. Aiello è un uomo potente e fortunato: condannato a 15 anni di carcere è riuscito a trascorrerne uno ai domiciliari, proprio nella sua Bagheria, perché affetto da favismo. Solo una coincidenza? Può darsi. Nel frattempo la villa che fu dei boss rimane sequestrata in attesa che la Cassazione si esprima nel settembre prossimo. “Io volevo soltanto provare a rilanciare la nostra terra. Ma per un imprenditore onesto, imbattersi non solo nella mafia, ma anche in infedeli servitori dello Stato non è un bel segnale”. E in Sicilia, isola che vive soprattutto di segnali, è ancora peggio.
@pipitone87

Blitz animalista a Milano, foto su Facebook mostrano i topi ammassati in un bagno

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/28/blitz-animalista-a-milano-foto-su-facebook-mostrano-topi-ammassati-in-bagno/640703/ Il blitz all'Università di Milano è avvenuto lo scorso 20 aprile. Il profilo sul social network "A favore della sperimentazione animale" spiega: "Si può desumere che questa sia la loro sistemazione da circa 2 mesi". Daria Giovannoni, presidente di Pro-Test Italia: "Tutto il lavoro intanto è andato perduto"

Blitz animalista a Milano, foto su Facebook mostrano i topi ammassati in un bagno
Numerose gabbie ammassate in un bagno. E’ così che vengono tenuti i topi liberati dal blitz animalista all’Università Statale di Milano l’aprile scorso. A mostrarlo è una foto apparsa sul profilo Facebook di una delle attiviste, che si fa chiamare Jooleea Carleenee e riproposta anche da Nature nella sezione News blog.
La ragazza, nel post, spiega che la foto sia la dimostrazione che gli animali sono ancora vivi. Ma l’immagine crea polemica. Il gruppo nato sul social network “A favore della sperimentazione animale“, rilanciando l’immagine ha commentato: “La nuova sistemazione dei topi “liberati” (rubati) dal dipartimento di farmacologia di Milano…adesso sì che stanno bene! Ammassati in centinaia in un cesso! A parte ammassarli in centinaia in poche gabbiette, quel locale (un bagno!) non può rispettare le norme di tutela animale che invece rispettava lo stabulario, ad esempio non può essere rispettato il ciclo circadiano, ovvero le regolarità del periodo buio/luce: se la tizia deve andare in bagno nel cuore della notte, ovviamente accenderà la luce, e questa è una fonte di stress per i topi che i ricercatori stanno bene attenti ad evitare. Inoltre si pensi anche all’umidità dell’ambiente quando si fa la doccia! Tutta umidità che fa male ai topi!”. Molti ricercatori accusano inoltre Carleenee di comportamenti crudeli attraverso facebook.
Il blitz all’Università di Milano, che, come avevano denunciato i ricercatori aveva rovinato anni di ricerche su malattie come Alzheimer, Parkinson, autismo e sclerosi multipla e rischiava di uccidere gli esemplari, alcuni con mutazioni genetiche e abituati a vivere in determinati contesti, era stato compiuto il 20 aprile. Successivamente i ricercatori sono anche scesi in piazza a favore della ricerca sugli animali.  La foto è stata pubblicata l’11 giugno. Sul profilo “A favore della sperimentazione animale” si legge che, partendo da questa data, “si può desumere che questa sia la loro sistemazione da circa 2 mesi“.
Ma la giovane, sempre dalla propria pagina Facebook ha risposto alle accuse: “Nel momento in cui è stata scattata quella foto in ognuna di quelle gabbie viveva un solo topo: le femmine infatti erano già state date tutte in adozione. Mi è rimasta una sola femmina che, mea culpa, ho sbagliato a sessare, e dunque l’ho scambiata per un maschio e ha avuto 3 cuccioliLei e i suoi cuccioli si trovano in una teca 60x70cm, che nella foto non si vede. Tutti gli altri non sono più in casa mia da tempo: sono andati in adozione singolarmente, previa regolare compilazione di modulo di adozione per ogni singolo topo, controlli pre affido e seguiranno i controlli post affido. Fintanto che le gabbie sono state in casa mia sono state pulite integralmente due volte a settimana, ogni singolo topo ogni giorno ha ricevuto due cambi acqua (mattino e sera) nonchè cibo idoneo”
“Le gabbie erano molte in una sola stanza? Si. – prosegue il post - Ma ogni topo ne aveva una intera a sua disposizione, con un corretto cambio di aria: che poi intorno alla sua ce ne fossero altre dieci o nessuna poco gli cambiava. Dove stavano prima erano ammassate alla stessa maniera se non peggio, in più topi in gabbiette grandi meno della metà delle mie. Gabbie asettiche, senza nessun arricchimento ambientale, senza nemmeno un nido dove rifugiarsi. Certo tutti gli esperti che hanno tuonato contro il presunto maltrattamento avvenuto in casa mia sapranno quanta sofferenza crei una detenzione in simili condizioni”. 
A commentare la foto al fattoquotidiano.it è Daria Giovannoni, presidente di Pro-Test Italia: “Noi non sappiamo se gli animali sono ancora in queste condizioni perché la foto pubblicata più di recente è dell’11 giugno, ma è un po’ anomalo considerato che si parla di persone che si sono dette  contrarie a ogni tipo di maltrattamenti degli animali, convinti che dentro gli stabulari gli animali venissero torturati”. E poi spiega: “Nei laboratori c’è massima cautela, non si tengono più di tre topi per gabbia: qui si vedono gli animali che finiscono a lottare fra di loro, come è abbastanza normale in situazioni di affollamento – spiega Giovannoni – oltretutto questi esemplari presentavano della patologie e noi vorremmo sapere come stanno procedendo”.
Le malattie di questi animali sono trasmissibili all’uomo? “No, ma di generazione in generazione si”. Il fatto che la ragazza nei commenti abbia fatto sapere che i topi abbiano figliato dimostra un errore: “Si è sbagliata. E questa è la dimostrazione che non bastano le buone intenzioni - aggiunge il presidente di Pro-Test -  Il cambiamento per questi animali è stato di passare da una gabbia all’altra”. Infine un appello: “Rispetto molto lo spirito che la giovane ha avuto nel volersi prendere cura di questi animali, però al tempo spesso vorrei invitarla a documentarsi meglio di come procede il lavoro negli stabularinei laboratori gli animali non soffrono. Intanto – conclude Giovannoni –  tutto il lavoro è andato perduto, i ricercatori hanno dovuto ricominciare daccapo. Sarà necessario allevare di nuovo questi animali e cosi avremo il doppio degli esemplari malati”.

la truffa della bandiera blu coinvolge anche San Felice Circeo

Bandiere blu, il bluff del mare pulito non balneabile: ecco l’inghippo

La Fee assegna l'ambito riconoscimento ai singoli tratti di costa e non a tutto il litorale della località interessata. Eppure sul sito dell'organizzazione e soprattutto sui portali istituzionali di diversi Comuni la differenza non viene sottolineata. E così 'diventano' blu spiagge 'non balneabili'. Con buona pace dei turisti

Bandiere blu
Davanti al mare sventola la bandiera blu. Un vanto per i 5mila abitanti di San Vito Chietino, un paesino abruzzese arroccato su una collina rocciosa che scivola fin dentro all’Adriatico. Acqua che meglio non ce n’è, si dicono i turisti accalcati in spiaggia. Del resto il vessillo blu, messo in mostra anche sul sito del Comune, ne è la garanzia. Peccato che due dei quattro tratti in cui è divisa la costa di San Vito non siano nemmeno balneabili quest’anno: troppo contaminati da escherichia coli ed enterococchi intestinali, i batteri contenuti nelle feci che, in assenza di adeguati sistemi di depurazione, finiscono dalle fogne direttamente in mare. E allora la bandiera blu? Sventola, sostenuta dal soffio di un piccolo inghippo.
Bandiera blu sì, qualità dell’acqua mica tantoIn Abruzzo, di località premiate con bandiere blu, ce ne sono ben 14. Ma il colore blu è piuttosto sbiadito. Secondo la classificazione della Regione che prende in considerazione le analisi fatte negli ultimi quattro anni (2013 escluso) dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), solo quattro di questi comuni hanno acque di qualità ‘eccellente’ lungo tutta la costa: Tortoreto, Silvi, Rocca San Giovanni e Fossacesia. Sei paesi hanno invece alcune spiagge dove in questa stagione balneare è addirittura vietato tuffarsi in acqua: non solo San Vito Chietino, ma anche Roseto degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare, Ortona e Vasto.
Ma le incoerenze nell’assegnazione delle bandiere blu non riguardano solo l’Abruzzo. Che qualcosa non torni si nota già con una rapida occhiata alla cartina sul sito della Fee Italia (guarda la mappa), la succursale nostrana della Foundation for Environmental Education, un’organizzazione non governativa con sede in Danimarca che ha lo scopo di diffondere pratiche ambientali corrette. Come è possibile che le bandiere blu siano concentrate soprattutto lungo l’Adriatico, in Liguria e Toscana, mentre la Sardegna ne ha appena sette e la Sicilia quattro? Non sono i mari delle isole quelli che tutto il mondo ci invidia? Nella domanda sta già una prima risposta. Località che godono di ottima reputazione non hanno bisogno di candidarsi all’assegnazione della bandiera blu, e così non compilano il questionario predisposto dalla Fee. A molte di queste, la bandiera blu, nemmeno interessa.
I comuni che invece partecipano alla selezione devono rispondere a un questionario per dichiarare di avere spiagge dotate di servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso. Tra le altre cose, vengono premiate anche la raccolta differenziata dei rifiuti, la disponibilità di mezzi di trasporto ecosostenibili e le iniziative di educazione ambientale. C’è poi un criterio imprescindibile: “Solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura”, si legge nel regolamento. E ancora: “I risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni balneari devono essere allegati alla candidatura”. La Fee, almeno in teoria, impone limiti ancora più stringenti per le concentrazioni di escherichia coli ed enterococchi intestinali, rispetto a quelli imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale: l’acqua deve essere di qualità ‘eccellente’, non basta che sia ‘buona’ o sufficiente’.
Eppure la teoria sembra non trovare riscontro nella pratica. In Abruzzo e altrove. Risalendo un poco la costa adriatica, nelle Marche, sono tre le località premiate che quest’anno presentano aree precluse alla balneazione dalla Regione perché con acque di qualità ‘scarsa’: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema ce l’hanno Sanremo in Liguria, Camaiore e Piombino in Toscana. Inoltre diverse località premiate con bandiera blu, accanto alle acque eccellenti, hanno aree per la balneazione con una classificazione ‘buona’ o ‘sufficiente’ (guarda la cartina interattiva). Nessun divieto di nuotare lì, ma una classificazione non ‘eccellente’ significa che ogni tanto può capitare qualche campione con concentrazioni di batteri che non riducono al minimo le possibilità di contrarre dopo una nuotata malattie come la gastroenterite.
Quelli che l’inquinamento spunta dopo la bandiera blu
Secondo le verifiche fatte da ilfattoquotidiano.it su tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, le località con bandiera blu che non hanno tutte le acque eccellenti sono 41 su 131. Capitano poi situazioni paradossali, come a Roseto degli Abruzzi e Giulianova, in provincia di Teramo, dove a maggio sono state consegnate le bandiere blu 2013 e dopo due giorni alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione perché le analisi effettuate dall’Arta hanno rivelato livelli di contaminazione troppo elevata.
Divieti temporanei analoghi sono stati emessi nella stagione balneare da poco avviata anche dai sindaci di altri comuni premiati con il vessillo della Fee, come per esempio a Petacciato e Termoli in Molise, Sanremo in Liguria, Porto Recanati nelle Marche, Sapri in Campania, Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana. E sulle nuove analisi sono cadute anche località con bandiera blu che in seguito ai campioni raccolti fino al 2012 avevano ottenuto ‘eccellente’ in tutti i punti: Camporosso e Celle Liguria in Liguria, Fano nelle Marche, Viareggio e Marina di Carrara in Toscana hanno dovuto chiudere tratti di costa per alcuni giorni. Gli sforamenti in diversi casi sono avvenuti in concomitanza con piogge abbondanti, che aumentando la portata dei fiumi hanno fatto riversare in mare più batteri del solito.
La reazione della Fee svela (in parte) l’inghippo
Ilfattoquotidiano.it settimana scorsa ha contattato Claudio Mazza, presidente di Fee Italia, per chiedere spiegazioni delle incongruenze riscontrate. Dall’organizzazione, che ha partner istituzionali come la presidenza del consiglio, l’Anci e l’Ispra, qualche giorno dopo è arrivata un’email che chiarisce ben poco. Dal sito però è scomparso il pdf della cartina che elencava i comuni a bandiera blu ed è comparso all’improvviso il link a una pagina del sito di Fee International dove su una cartina interattiva si può andare a individuare ogni singola bandiera blu.

E lì si scopre l’inghippo. In molti casi i vessilli non sono stati assegnati al comune, ma a singole spiagge. Così a San Vito Chietino a meritarsi il vessillo sono stati solo i tratti di Calata Turchino e di Molo Sud. Solo che in Italia nessuno lo aveva detto. E molti comuni, anche sui loro siti istituzionali, fanno a gara per fare bella mostra della bandiera blu, senza sottolineare che solo alcuni tratti di costa se la sono guadagnata. Il tutto alla faccia dei turisti. Che partono col bagagliaio pieno verso quello che credono un mare pulitissimo. E poi si ritrovano davanti a un bel cartello di divieto di balneazione. Certo, possono sempre spostarsi di un centinaio di metri più in là per prendere il sole su una spiaggia migliore. E magari si chiedono che succede se cambia la corrente.Non solo batteri
Non si illudano poi i turisti che il mare con bandiera blu sia per forza il mare migliore, anche se la contaminazione di batteri non c’è. “Acque che non presentano problemi dal punto di vista sanitario – spiega Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente – possono essere acque povere di biodiversità, con un ecosistema sofferente”. A qualcuno poi è capitato di scegliere per le vacanza San Felice Circeo, nel Lazio, e trovare le spiagge invase di chioschi abusivi e strutture di cemento non autorizzate. Ventisette persone sono indagate dalla procura di Latina. Il regolamento Fee prevede che “la spiaggia e l’area circostante devono trovarsi nelle condizioni di massimo rispetto dei piani regolatori e della legislazione ambientale”. Non fa nulla. Sventola la bandiera blu. Anche a San Felice Circeo.
Twitter: @gigi_gno

Il super gasdotto fa alzare le barricate al Salento. Ed è subito “No Tap”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/27/super-gasdotto-fa-alzare-barricate-al-salento-ed-e-subito-no-tap/638590/

L'infrastruttura che porterà il carburante azero all'Italia passando per Grecia e Albania dovrebbe approdare su una delle spiagge più pregiate dell'area pugliese. Comunità locali pronte a rafforzare l’opposizione al progetto: “Abbiamo un turismo di qualità da difendere e non ci danno garanzie sulla sicurezza”

Il super gasdotto fa alzare le barricate al Salento. Ed è subito “No Tap”
San Foca sembra aver smarrito, oggi, il suo santo. È stordita la marina leccese, sulle cui spiagge dovrebbe approdare il mega gasdotto Tap. Il gelo è calato sulla rovente estate del Salento, dopo l’annuncio della scelta ufficiale del Trans Adriatic Pipeline come infrastruttura nella quale incanalare l’oro azzurro del Medio Oriente.
“Vigileremo perché la voce dei cittadini non sia messa in sordina. È improponibile una scelta unilaterale da parte degli azionisti del consorzio Shah Deniz”. Gli attivisti si battono da anni contro il progetto. Hanno dato impulso ad un’inchiesta della Procura, che indaga, per il momento contro ignoti, per presunti danneggiamenti ai fondali marini durante i sondaggi eseguiti a gennaio. Hanno affinato le competenze, scrutano le mappe, ribattono punto per punto ogni affermazione dei vertici della multinazionale, specie in tema di sicurezza e ricadute occupazionali.
E’ da tempo che a Melendugno, in provincia di Lecce, la geopolitica è entrata nelle case di tutti, nei discorsi fatti al bar, al mercato settimanale. Un braccio di ferro che non si placa. Di mezzo c’è il rischio di mortificare l’unica aspirazione coltivata a lungo da queste parti, la ricchezza che si è scoperto, finalmente, avere un valore: paesaggio e turismo ecosostenibile.“Siamo molto preoccupati. Continueremo ad opporci. Ribadiamo la necessità di una scelta razionale, che tenga conto della vocazione dei territori e del principio di autodeterminazione dei popoli”.
Hanno un nome importante i volontari dissidenti. “No Tap”, richiamo immediato ad un’altra esperienza di lotta, dall’altro capo dell’Italia, quella del rifiuto dell’alta velocità. “Non esiste nessun progetto approvato per l’approdo – ribadiscono – ed è lontano dall’esistere anche un accordo con le comunità e le istituzioni locali”. Si sono opposti con ogni mezzo, politico e amministrativo, i comuni di Melendugno e Vernole. Si è opposta la Regione Puglia, con un parere negativo rilasciato nell’ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale, che, comunque, spetterà al ministero dell’Ambiente concludere. È il respiro di un Salento che vuole farsi sentire e che cerca di farlo battendo le poche strade che gli sono rimaste.
Gli appelli non colti si sono sprecati, diretti anche al ministro leccese Massimo Bray, titolare di Cultura e Turismo. Poi, la chiusura tombale è arrivata con Enrico Letta, durante l’intervista rilasciata a Lilli Gruber, lo scorso 7 giugno. “Una delle cose importanti che abbiamo fatto in questi trentacinque giorni – ha detto il premier – è stata la ratifica dell’accordo con Grecia e Albania per il Trans Adriatic Pipeline, infrastruttura fondamentale, perché noi abbiamo bisogno di diversificare le fonti di accesso all’energia”. Parole che sono sale sulla ferita, perché rifiutano di scrutare con la lente il territorio, perché sembrano ignorare l’eco di un’opposizione tanto ferma.
Era previsto nella zona industriale di Brindisi il primo approdo del mega gasdotto. La presenza di praterie di posidonia oceanica lo ha ricacciato verso sud, sempre più giù, fino a San Basilio, spiaggia dorata abbracciata da pinete. Tap scaglia il dardo sul tallone d’Achille. È quello, infatti, l’unico tratto di costa della Puglia meridionale non vincolato, per quanto di pregio e bellezza mozzafiato, Bandiera Blu e Cinque Vele di Legambiente quest’anno, a un tiro di schioppo dalle Cesine, oasi protetta del Wwf.
Inaccettabile l’approdo lì, almeno agli occhi di chi questo gasdotto assume le sembianze di un elefante in un negozio di cristalli. Si coagula il dissenso. Si rafforza il fronte, al di là della trincea locale. Con i “No Tubo” di Sulmona, ad esempio, contrari al progetto di Snam di un metanodotto via terra da Brindisi a Minerbio. Oppure con i cugini lucani, già sull’attenti per la prospettiva di rendere i pozzi svuotati o in via di esaurimento della Basilicata il nuovo serbatoio della materia prima convogliata da Baku.
È questa, d’altronde, l’ambizione di Roma, rendere l’Italia l’hub del gas per l’Europa, la pancia dell’oro azzurro non russo, il serbatoio da aprire agli altri contrattando sui prezzi, senza avere, ogni inverno, il cappio al collo di Gazprom. Anche a costo di sorvolare sul volere dei territori.

Margherita Hack, morta la scienziata. Aveva 91 anni

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/29/morta-margherita-hack-trieste-astrofisica-aveva-91-anni/641222/

Margherita Hack, morta la scienziata. Aveva 91 anni
L’astrofisica Margherita Hack è morta la notte scorsa all’ospedale di Cattinara, a Trieste, dove era ricoverata da una settimana. Aveva compiuto 91 anni il 12 giugno scorso. La Hack è morta la notte scorsa alle 4,30. Era stata ricoverata sabato scorso in seguito al riacutizzarsi dei problemi cardiaci che la affliggevano. Con lei c’erano il marito, Aldo, con il quale era sposata da 70 anni, Tatiana, che la assisteva da tempo, la giornalista Marinella Chirico, sua amica personale, e il responsabile del polo cardiologico, Gianfranco Sinagra. Astrofisica di fama mondiale, atea, vegetariana da sempre, divulgatrice, dichiaratamente di sinistra, sostenitrice da sempre dei diritti civili e di aperture in tema di bioetica: la Hack era nata a Firenze nel 1922 e si era trasferita a Trieste nel 1963, dove viveva in una casa nel quartiere di Roiano. Senza figli, donna impegnata socialmente, era anche una appassionata animalista: aveva otto gatti e un cane. Il suo ricovero era stato tenuto segreto per sua volontà, così come ha lasciato indicazioni di essere sepolta nel cimitero di Trieste senza alcuna funzione né rito, ma con una cerimonia esclusivamente privata. Le persone che gli sono state vicine fino alla fine hanno riferito che per rispettare le sue volontà non saranno resi noti né giorno né orario della sepoltura. “Il mondo della scienza – commenta il rettore dell’università di Udine, Cristiana Compagno – perde una grande personalità, una grande donna, che si è prodigata una vita intera per affermare i diritti di libertà, di legalità e di uguaglianza”.
Negli ultimi giorni il nome della scienziata fiorentina era finito tra quelli di possibili senatori a vita che, dopo la morte di Emilio Colombo, sono rimasti solo Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti. Nata a Firenze il 12 giugno 1922, la Hack è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, Hack ha svolto un’importante attività di divulgazione e ha dato un considerevole contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle. La scienziata è membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society. Nel 2012 aveva ricevuto l’onorificenza dalla presidenza della Repubblica di dama di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana “per il costante e instancabile impegno profuso nella ricerca scientifica e al servizio della società, che la rende esempio di straordinaria dedizione e coerenza per le giovani generazioni”.
Nata da padre protestante e madre cattolica Hack si laurea nel 1945, con una tesi di astrofisica relativa a una ricerca sulle cefeidi, una classe di stelle variabili. Il lavoro viene condotto presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri, dove inizia a occuparsi di spettroscopia stellare, che diventerà il suo principale campo di ricerca. Enorme lo sviluppo delle attività didattiche e di ricerca che Margherita Hack ha promosso all’università di Trieste, dove ha dato vita nel 1980 a un “Istituto di Astronomia” che è stato poi sostituito nel 1985 da un “Dipartimento di Astronomia”, che la scienziata ha diretto fino al 1990. Dal 1982 Margherita Hack ha inoltre curato una stretta collaborazione con la sezione astrofisica della Scuola internazionale superiore di studi avanzati. La scienziata, inoltre, ha alternato la stesura di testi scientifici universitari, alla scrittura di testi a carattere divulgativo. Il trattato “Stellar Spettroscopy”, scritto a Berkeley nel 1959 assieme a Otto Struve (1897-1963) è considerato ancora oggi un testo fondamentale. Nel tempo Margherita Hack ha collaborato con numerosi giornali e periodici specializzati, fondando nel 1978 la rivista “L’Astronomia” di cui è stata a lungo direttore. Nel 1980 ha ricevuto il premio “Accademia dei Lincei” e nel 1987 il premio “Cultura della Presidenza del Consiglio”.
Ha lavorato in numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell’Esa e della Nasa. In Italia, dove ha fatto anche parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei, con un’intensa opera di promozione ha ottenuto che la comunità astronomica italiana espandesse la sua attività nell’utilizzo di vari satelliti giungendo ad un livello di rinomanza internazionale. In segno di apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato l’asteroide 8558 Hack.