domenica 23 giugno 2013

Il paradosso del parco naturale dell’Alta Murgia: carri armati nell’area protetta

Fino al 1963 erano installate addirittura delle basi di missili a testata nucleare nella zona, che rientra nelle province di Bari e Bat. La denuncia del presidente dell’ente, Cesare Veronico: "Esercitazioni militari e tutela di aree protette costituiscono di per sé un ossimoro"

Il paradosso del parco naturale dell’Alta Murgia: carri armati nell’area protetta
Carri armati, artiglieria e migliaia di soldati in un’area protetta. E’ quanto si verifica nel Parco naturale dell’Alta Murgia in Puglia e ha portato il presidente dell’ente, Cesare Veronico, a scrivere una lettera aperta per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica: “Esercitazioni militari e tutela di aree protette costituiscono di per sé un ossimoro”, spiega Veronico a ilfattoquotidiano.it. “Noi siamo diventati Parco nazionale per proteggere la flora e la fauna che si trovano in questi territori. Ma che senso ha accreditarci di questo titolo, se poi dobbiamo convivere con le esercitazioni dell’Esercito?”, si chiede il presidente.
La presenza delle Forze armate nell’Alta Murgia è precedente alla stessa nascita del Parco nazionale, che, istituito solo nel 2004, consta di 68mila ettari, e interessa due Province (quella di Bari e la Bat) e 13 Comuni. Fino al 1963 vi erano installate addirittura delle basi di missili a testata nucleare; oggi ci sono diversi poligoni di tiro, e alcune zone del Parco vengono sfruttate per pratiche di addestramento dell’esercito. Questo soprattutto per la confermazione del territorio, che essendo “aperto” e privo di grandi masse boschive è ideale per le manovre militari. Così, negli ultimi 5 mesi, nel Parco si sono succedute continue esercitazioni, con lo spiegamento di ingenti mezzi e di almeno 3mila soldati. Che inevitabilmente, con la loro attività, rischiano di danneggiare l’ecosistema del Parco.
“Noi pesiamo addirittura il numero dei visitatori di una passeggiata in bicicletta, per non stressare troppo l’ambiente. E poi ci vediamo arrivare tremila soldati con mezzi pesanti”, denuncia Veronico. “I danni sono molteplici: penso alle stradine che non sono fatte per essere percorse da questo tipo di vetture, alla flora e alla fauna calpestate, alle specie animali che abbandonano il territorio perché spaventate dagli spari”. Gli inconvenienti riguardano anche i turisti: “A causa delle esercitazioni siamo costretti ad imporre notevoli restrizioni ai visitatori. Una volta un pullman di ragazzi di una scuola è stato fermato dai militari e rimandato indietro. E’ inaccettabile”.
Le conseguenze, poi, potrebbero non fermarsi qui: il ministero dell’Ambiente ha candidato il Parco nazionale dell’Alta Murgia (unico del Sud Italia) alla Carta del Turismo sostenibile. Un riconoscimento importante, che comporterebbe tutta una serie di vantaggi, come l’inclusione all’interno di itinerari internazionali, progetti, finanziamenti. Ma adesso le esercitazioni potrebbero influenzare negativamente questo percorso. Anche Legambiente, per bocca di Antonio Nicoletti, responsabile nazionale delle aree protette, conferma l’esistenza del problema: “Non parliamo solo di qualche poligono di tiro, ma di esercitazioni invasive con carri armati e artiglieria. Del resto, si tratta di una questione che riguarda tutta l’Italia: anche nel Parco nazionale dell’Abruzzo o nel Santuario dei cetacei nel Mar Tirreno abbiamo riscontrato situazioni analoghe”.
In realtà, la presenza delle Forze armate nell’Alta Murgia, oltre ad essere antecedente all’istituzione del Parco, è regolata da un Protocollo d’intesa firmato dallo stesso Parco nel 2007. Lo ammette anche il presidente Veronico: “E’ vero, ma il protocollo è stato firmato dalla gestione precedente alla nostra, che secondo noi ha commesso un errore. E comunque viene continuamente disatteso dalle Forze armate: non ci hanno mai comunicato nulla sulle esercitazioni, come invece avrebbero dovuto fare. Solo adesso che abbiamo cominciato a denunciare la situazione ci è stato notificato per la prima volta il programma del prossimo settembre. Quel documento, comunque, è cartastraccia – rilancia Nicoletti –: ci sono normative, sia nazionali che europee, che vengono completamente calpestate da esercitazioni così concepite”.
Legambiente, quindi, chiederà l’intervento del ministero della Difesa: “Vogliamo che venga aperto un fascicolo conoscitivo. E poi che ci si sieda ad un tavolo tecnico con il ministero della Difesa per trovare una soluzione”, afferma Nicoletti. “Io non ce l’ho con l’Esercito. Faccio solo un appello a tutte le parti in causa, dalle istituzioni alle associazioni ambientaliste: queste esercitazioni devono essere fatte al di fuori delle aree protette”, conclude Veronico. “Al di là di quanto è stato detto, fatto e firmato in passato, è tempo di cambiare. Prima o poi questo Paese dovrà decidere se il suo patrimonio naturale gli interessa per davvero, oppure no”.

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