martedì 18 giugno 2013
energia enel e la richiesta di 2 miliardi all'anno eccesso produzione rinnovabili
ENERGIA, ENEL E LA GUERRA
DA 2 MILIARDI ALL’ANNO IL NEGOZIATO Ministero e Autorità discutono
sui nuovi aiuti al settore in difficoltà per il calo dei
consumi ed eccesso di produzione dalle rinnovabili L’azienda controllata
dal Tesoro potrebbe
ottenere altri 150
milioni per mantenere
attive le vecchie centrali
» L’azienda ha debiti
per 63 miliardi e una
posizione finanziaria
netta negativa
di 43 miliardi di euro
» L’ad spinge per
vendere sul mercato
un bond ibrido da cui
dipende una parte
del suo bonus di Stefano Feltri Il fatto quotidiano 19 giugno 2013 Una partita che vale centinaia
di milioni di euro,
nessuno sa ancora esattamente
quanti. Ma
tanti. Tantissimi. Mentre
il ministero dello
Sviluppo di Flavio Zanonato annuncia il taglio
da 500 milioni di euro alle bollette (in
gran parte già previsto) per la riduzione di
incentivi alle energie assimilate alle rinnovabili,
prepara nuovi sussidi per il settore, o
meglio, per i produttori tradizionali. Fino a
400-500 milioni di euro all’anno nei prossimi
tre anni per un regime transitorio e poi
1,5-2 miliardi all’anno dal 2017, secondo le
cifre che rimbalzano nel settore. Li chiedono
grandi e piccoli gruppi energetici, sofferenti
per la crisi dei consumi e la concorrenza delle
rinnovabili sussidiate. Dove si trovano 2
miliardi all’anno per la lobby elettrica? Uno
dei decreti Sviluppo del governo Monti dovrebbe
imporre a ministero e Autorità di
scaricare una parte del peso sui produttori di
rinnovabili, molto avvantaggiati in questi
anni: si tratta di redistribuire dall’energia
verde a quella normale. Ma se il sostegno
elettrico arriverà davvero a 2 miliardi all’anno,
una grossa parte del costo finirà per forza
in bolletta, pagato da tutti i consumatori.
Il negoziato tra ministero dello Sviluppo e
Autorità dell’Energia e lobby del settore è
ancora agli inizi. Ma perfino l’Antitrust di
Giovanni Pitruzzella ha offerto una sponda
alle richieste di aiuto dagli operatori termoelettrici,
i quali hanno subito colto il
messaggio un po’ in codice. Lo spettatore
più interessato di questa partita è l’Enel, il
primo produttore elettrico nazionale.
Assicurazione o sussidio?
Il 22 maggio Paolo Scaroni e Fulvio Conti,
amministratori delegati di Eni ed Enel, sono
andati a Bruxelles per fare pressione, assieme
ai loro omologhi internazionali, perché
anche a livello europeo si affermi l’approccio
del capacity payment. Anzi, capacity market,
come viene chiamato ora per allontanare l’idea
che si tratti di un sussidio. Le rinnovabili
hanno messo fuori mercato le centrali termoelettriche
tradizionali, che in questo quadro
potrebbero pure essere chiuse. Ma è interesse
nazionale che restino pronte all’uso,
dicono produttori e governo: le rinnovabili
vanno a sbalzi (basta una giornata nuvolosa
e sono guai). Morale: lo Stato deve pagare i
produttori come si paga un’assicurazione,
magari mettendoli in concorrenza tra loro,
secondo quanto succede negli Stati Uniti. Il
principio si è già applicato per il gas: lo scorso
inverno Enel ha avuto 250 milioni di euro
per mantenere le sue arcaiche centrali a olio
combustibile, nell’ipotesi che dovessero essere
riattivate come nel grande freddo del
2012 (l’inverno invece è stato mite). Per il
2014 sarà meno, 100-150 milioni di euro.
La zavorra del debito
Se il capacity payment (o market ) aiuterà molto
Enel sul conto economico – i ricavi tengono,
ma l’utile netto del primo trimestre
2013 è in calo del 26,2 per cento rispetto al
2012 – per Enel il grosso problema resta il
debito, arrivato a 43,3 miliardi di euro, eredità
soprattutto dell’acquisizione della spagnola
Endesa a caro prezzo. O meglio: l’Enel
dice che sono 43,3 miliardi perché compensa
una parte di debito con dei crediti (si chiama
“posizione finanziaria netta”). Mediobanca,
nei suoi rapporti sulle imprese, non applica
questi criteri che variano da azienda ad
azienda e si limita a sommare le voci di debito
oneroso in bilancio, cioè finanziamenti
a lungo termine e a breve. Risultato: il debito
su cui l’Enel paga interessi non è 43 miliardi,
ma 63,9 miliardi di euro. Nonostante la parte
spagnola del business continui a dare problemi,
la partecipazione in Endesa è stata
svalutata per 2,5 miliardi di euro, e nonostante
tensioni col governo per le tariffe, la
banca iberica Santander indica comunque
l’azienda come “una delle storie azionarie
più interessanti nel settore”. Il prezzo delle
azioni Enel, intorno ai 2,7 euro, non è stellare,
nell’ultimo anno è cresciuto del 10,6 per
cento, ma Piazza Affari (l’indice FTSE All
Share) ha fatto +19,69. Comunque, per Santander,
il prezzo incorpora già i problemi che
possono derivare dalla crisi di domanda in
Italia e da incertezze sulle regole di settore in
Spagna. Quindi può solo migliorare.
Questione di bond
Nel 2012 Enel ha venduto ai piccoli risparmiatori
un bond da 3 miliardi di euro. In
queste settimane sta provando a lanciare un
bond ibrido per altri 3 miliardi, uno strumento
finanziario che dura 60 anni ed è per
metà obbligazione e per metà azione, dal
punto di vista dell’azienda ha il vantaggio
che viene conteggiato solo in parte come indebitamento
e per il resto come capitale,
inoltre si può rinviare il pagamento della cedola
se l’annata è negativa. L’investitore incassa
un tasso di interesse più elevato. Ancora
non sono chiari i dettagli, ma il costo per
Enel dovrebbe essere elevato, almeno il 6% di
tasso di interesse. Doveva essere lanciato settimane
fa, “ma il mercato ha girato e ora
aspettiamo il ritorno di condizioni favorevoli”,
spiegano dall’azienda. Con un debito
così elevato bisogna trovare strategie sofisticate
per gestirlo. L’ad Fulvio Conti ha anche
un incentivo concreto: dal bond dipende
una parte del suo stipendio. La remunerazione
di Conti ha una parte fissa (1,4 milioni
di euro). Poi c’è una parte variabile: fino al
150 per cento in più al raggiungimento degli
obiettivi, bonus che è stato ridotto però per la
crisi e la situazione non facile dell’azienda.
Nel 2013 Conti può sperare di avere fino a
700 mila euro di bonus, che scattano in base
ai risultati, misurati da 1 a 100 punti. La soglia
minima è 48. E ben 15 punti Conti li ottiene
se riesce a emettere un bond ibrido.
Spiccioli, al confronto della partita miliardaria
in corso, ma sono sempre graditi.
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