Il confine invisibile
che ci rende più g randi
di Gianfranco Bologna*
Credo che oggi dobbiamo dare una grande
importanza alla parola limite ed avere anche
una sorta di riverenza nei suoi confronti.
Dobbiamo farlo soprattutto nell’economia
che, culturalmente, persegue da secoli una visione
del mondo basata sulla continua crescita
dei consumi.
Immagino che chiunque di voi abbia visto su
un giornale, una rivista, o su internet, una
delle splendide fotografie di parti del nostro
meraviglioso pianeta, che i satelliti riprendono
quotidianamente. Anche se l’uso di Google
Maps ha reso ormai familiari anche i dettagli
delle nostre strade attraverso i suoi straordinari
zoom, provate a fare un esercizio: cercate
le foto scattate agli inizi degli anni Settanta e
confrontatele con quelle odierne (oppure sfogliate
le bellissime pubblicazioni del Programma
Ambiente delle Nazioni Unite - UNEP che
ci raccontano lo stato di salute della bellissima
“crosta” della nostra Terra, questa sfera dove è
possibile la presenza e il miracolo della vita,
dove tutti noi esistiamo e dove si è evoluta la
civiltà umana, così come oggi la conosciamo).
Se fate questo paragone tra le foto del prima e
dopo, resterete basiti perché ci mostrano ambienti
completamente modificati e stravolti
dall’intervento umano, città e infrastrutture in
abnorme crescita, foreste e laghi che si riducono,
si assottigliano e quasi spariscono… la
distruzione in atto.
La Terra – unico pianeta dell’universo, per
quanto sino ad oggi sappiamo, che custodisce
la meraviglia del fenomeno “vita” – ha una
superficie di 510 milioni di chilometri quadrati
ed esiste da circa 4.6 miliardi di anni. La
superficie è la stessa di quando i nostri primissimi
progenitori sono apparsi circa 6 milioni
di anni fa. Ma la specie umana ha cercato
di crescere in tutto, superando ogni limite naturale.
È cresciuta nei numeri (oggi siamo 7.1
miliardi e dovremo raggiungere, secondo le
Nazioni Unite, i 9 miliardi prima del 2050,
mentre eravamo soltanto un miliardo nei primi
dell’Ottocento del secolo scorso), è cresciuta
negli impatti, nelle capacità tecniche di
pressione sugli ambienti terrestri e marini. Ha
saccheggiato, distrutto e depredato. Ha portato
all’estinzione intere specie animali e vegetali.
Ha creato sostanze chimiche che i sistemi
naturali non sono capaci di metabolizzare
e che creano danni ingenti anche alla
nostra salute e alla nostra vita. In parole povere,
ha perso la cognizione del limite, di quei
limiti biofisici che la stessa natura, dalla quale
proveniamo e dipendiamo e senza la quale
non possiamo vivere, ha sempre avuto. Nessuna
specie vivente può superare questi limiti.
La crescita di qualsiasi cosa ha in sé un limite,
tranne le crescite “cancerose” che, paradossalmente,
distruggono la vita. La specie umana
non può essere, con la sua intelligenza, il “cancro”
della crosta terrestre. Per fermare il disastro,
la specie che si è autodichiarata sapiens
deve fare una cosa tanto semplice quanto
complessa, fondamentale e insieme vitale…
deve tornare finalmente a dare il giusto valore
alla parola limite. Il fatto quotidiano
*Gianfranco Bologna è un naturalista e ambientalista.
È direttore scientifico e Senior Advisor
del WWF Italia, associazione per la quale ha
svolto anche il ruolo di segretario generale dal
1994 al 2000. È segretario generale della Fondazione
Aurelio Peccei che costituisce la sezione
italiana del Club di Roma. È autore di diversi
libri, gli ultimi dei quali sono: Manuale della
sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci
di futuro (Edizioni Ambiente 2008), Sostenibilità
in pillole. Per vivere in un solo pianeta
(Edizioni Ambiente 2013) e Natura Spa. La Terra
al posto del PIL (Bruno Mondadori 2013).
Nessun commento:
Posta un commento