lunedì 3 giugno 2013

legambiente a favore delle lobby di biomasse e biogas

Devono essere fischiate ripetutamente le orecchie ai legambientini il 25 maggio in occasione del convegno nazionale del coordinamento nazionale dei comitati Terre Nostre (no biogas no bomasse). E così ora per tentare di ribattere all'accusa di essere schierati con la lobby biomassista e biogassista tentano goffamente di ritorcere contro l'opposizione alle centrali l'accusa di "fare il gioco delle lobby del petrolio e del carbone". Poi si scade nel penoso: "nei comitati ci sono persone che accendono il barbecue per accogliere gli ospiti".
http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2013/06/legambiente-comitati-no-biomasse-fanno.html

lunedì 3 giugno 2013

Biomasse: come si fa il gioco delle lobby del petrolio e del carbone!


Legambiente Umbria a proposito di biomasse e biogas è critica con la Regione e con i comitati in cui spesso albergano persone che poi accendono i barbecue per ricevere ospiti
Basta! Questa è una situazione non più accettabile!
Da una parte ci sono i comitati di cittadini che si oppongono a tutto, anche ai progetti ben fatti, paragonando il biogas e le biomasse ad impianti di morte, e mettendoli sullo stesso piano di discariche e inceneritori; dall'altra c'è la Regione Umbria che non si assume responsabilità, delegando, di fatto, la pianificazione della produzione energetica da fonti rinnovabili a chi vuole realizzare e gestire gli impianti perseguendo spesso soltanto il proprio tornaconto immediato.

Legambiente da anni sostiene che le agroenergie possono essere un'opportunità per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione dei gas che cambiano rovinosamente il clima, e per uscire dalla dipendenza dal petrolio.
Le agroenergie possono essere anche l'occasione per ricostruire, assieme a lavoratori e imprenditori del settore, un modello agricolo e zootecnico più sostenibile ecologicamente, socialmente ed economicamente.
A patto però di seguire pochi e chiari criteri che decidono della ecologicità o meno di un impianto: come la filiera corta che utilizza le risorse disponibili localmente; come l'utilizzo di sottoprodotti della produzione agricola che altrimenti sarebbero trattati come rifiuti, come l'utilizzo solo in misura assolutamente marginale di colture dedicate e stando bene attenti al consumo di acqua ed energia, all'incremento di sostanza organica nel suolo e alla biodiversità del fondo.
E naturalmente è necessario assicurare tutte le garanzie per la salute delle persone e dell'ambiente previste dalla legge e dalla legittima precauzione, scientificamente determinata.

Ma quel che si sarebbe dovuto fare prima di tutto ed innanzitutto, e che non è stato fatto, è valutare il potenziale energetico del nostro territorio sulla base di un censimento delle biomasse (agricole, forestali, agroindustriali, urbane, ecc.) disponibili localmente; poi si sarebbe dovuto e si devono definire i criteri igienici e ambientali, la potenza energetica globale, la tipologia e l'eventuale dislocazione territoriale degli impianti.
E, prima di tutto ed innanzitutto, occorreva e occorre coinvolgere i cittadini in veri processi di partecipazione, che aiutino a capire meglio i possibili effetti, positivi e/o negativi, della eventuale localizzazione di impianti; e trovare la forma e il modo per far partecipare i cittadini alla decisione finale, magari con forme più dirette di democrazia.

Per far questo non basta la buona volontà, ma occorre una vera e propria legge sulla partecipazione magari ispirandosi a quella della Regione Toscana che non sarà perfetta ma è servita a rendere anche il più conflittuale confronto cittadini-amministrazioni-costruttori/gestori impianti, un confronto costruttivo.
Continuare così, senza pianificare e governare i processi, vuol dire alimentare la diffidenza e l'ostilità dei cittadini e favorire, di fatto, le potenti lobby del petrolio e del carbone, e ritardare o addirittura bloccare lo sviluppo di un modello energetico più sostenibile e democratico.

E' necessario che la Regione si impegni immediatamente e prioritariamente per la definizione della Nuova Strategia Energetica Regionale, ridisegnando un modello energetico il più possibile distribuito e integrato nei territori e accettato dai territori.
Ma dovrà essere un Piano che affronti parallelamente alla regolazione dei nuovi impianti da fonti rinnovabili e pulite il tema della chiusura degli impianti obsoleti e inquinanti da fonti fossili, sempre più pericolosi per la salute dei cittadini e dell'ambiente come è, ad esempio, la centrale a carbone di Gualdo Cattaneo e per chiudere, magari grazie al teleriscaldamento, anche le tante caldaie e caldaiette, anch'esse vecchie ed inquinanti, ancora presenti nelle nostre case, magari favorendo allo stesso tempo la ristrutturazione edilizia per l'efficienza energetica e antisismica.
Abbiamo bisogno di un Piano che veda coinvolti tutti i cittadini umbri in un nuovo modello di governance e partecipazione.
Se la politica vuole davvero riguadagnare la fiducia dei cittadini questa è la via maestra.
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