venerdì 10 maggio 2013
L’Italia e la giustizia un paese di merda il caso Ruby, fate schifo di Marco Travaglio
L’Italia e la giustizia un paese di merda il caso Ruby, fate schifo di Marco Travaglio il fatto quotidiano 11 maggio 2013
Siccome non c’è limite alla vergogna, ieri il
Coniglio Superiore della Magistratura, già
organo di autogoverno della medesima e ora
manganello politico per mettere in riga i “divisivi”
che disturbano l’inciucio, ha condannato
alla “censura” il pm minorile di Milano Anna
Maria Fiorillo. Ha insabbiato un’indagine? È
andata a cena con un inquisito? È stata beccata
al telefono con un politico che le chiedeva un
favore? No, altrimenti l’avrebbero promossa: ha
raccontato la verità sulla notte del 27 maggio
2010 alla Questura di Milano, quando Karima el
Marough in arte Ruby, minorenne marocchina
senza documenti né fissa dimora fu fermata per
furto e trattenuta per accertamenti. Quella notte,
per sua somma sfortuna, era di turno la Fiorillo
che, per sua somma sfortuna, è un pm rigoroso
che osserva la Costituzione, dunque non
è malleabile né manovrabile. Al telefono con
l’agente che ha fermato la ragazza, dice di identificarla
e poi affidarla a una comunità di accoglienza,
come prevede la legge. Mentre l’agente
la identifica e cerca una comunità (ce n’erano
parecchie con molti posti liberi), viene
chiamato dal commissario capo Giorgia Iafrate,
a sua volta chiamata dal capo di gabinetto Pietro
Ostuni, a sua volta chiamato dal premier Berlusconi
direttamente da Parigi. L’ordine è di “lasciar
andare” subito la ragazza perché è “nipote
di Mubarak” e si rischia l’incidente diplomatico
con l’Egitto. Così la Questura informa la pm che
Ruby è stata affidata a tale Nicole Minetti, “di
professione Consigliere Ministeriale Regionale
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”
(supercazzola testuale). “Ciò – annoterà la Fiorillo
nella sua relazione – suscitò in me notevoli
perplessità che esternai con chiarezza, sottolineando
in modo assertivo l’inopportunità di un
affidamento a persona estranea alla famiglia
senza l’intervento dei servizi sociali. Non ricordo
di aver autorizzato l’affidamento della minore
alla Minetti”. Cioè, spiegherà la pm, “ricordo
di non averlo autorizzato”.
Appena la cosa finisce sui giornali, il procuratore
Bruti Liberati si precipita a difendere gli
agenti con una nota molto curiale, anzi quirinalesca:
“La fase conclusiva della procedura d’identificazione,
fotosegnalazione e affidamento
della minore è stata operata correttamente”.
Cioè anticipa l’esito di un’indagine in corso. Il
Pdl esulta: visto? Il caso Ruby non esiste. Il ministro
dell’Interno Maroni si presenta in Parlamento
e mente spudoratamente: che Ruby fu
affidata alla Minetti “sulla base delle indicazioni
del magistrato”. La Fiorillo, sbugiardata dal bugiardo
su tutti i giornali e tv senza che nessun
superiore la intervenga, si difende da sola e dichiara:
“Le parole del ministro che sembrano in
accordo con quelle del procuratore non corrispondono
alla mia diretta e personale conoscenza
del caso. Non ho mai dato alcuna autorizzazione
all’affido della minore“. Poi chiede
al Csm di aprire una “pratica a tutela” non solo
sua, ma della magistratura tutta, contro le menzogne
del governo. Ma il Csm archivia la pratica
in tutta fretta senza neppure ascoltarla: non sia
mai che, con le sue verità “divisive”, turbi il clima
di pacificazione nazionale. Al processo Ruby,
forse per non smentire il procuratore, né
l’accusa né la difesa chiedono di sentirla come
teste. Provvede il Tribunale. Ma intanto il Pg
della Cassazione Gianfranco Ciani, lo stesso che
convocò il procuratore nazionale Grasso su richiesta
di Napolitano e Mancino per far avocare
l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, avvia
contro di lei l’azione disciplinare per aver “violato
il dovere di riserbo”. Cioè per aver osato
dire la verità. Ieri infatti il Pg Betta Cesqui che
sosteneva l’accusa e ha chiesto la sua condanna
non ha potuto esimersi dal dire che “la verità
sulla condotta del magistrato è stata stabilita ed
è stata data piena ragione alla sua ricostruzione
dei fatti”. Dunque il plotone di esecuzione del
Csm l’ha punita con la censura. Guai a chi dice la
verità, in questo paese di merda.
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