Ecco spiegato l'accanimento dei finti ambientalisti in favore della
speculazione e dei danni al biogas. Vogliono favorire le centrali
inquinanti di dimensioni speculativi dove non c'è bisogno, togliere la
coltivazione per l'alimentazione umana per la speculazione. Dopo la
truffa degli inceneritori e i finanziamenti per Cip6 adesso è la volta
di centrali a biogas di dimensioni esagerate rispetto alle dimensioni,
capacità, necessità aziendali. E benefici e incentivi a solo vantaggio
degli speculatori privati danneggiando i consumatori. IN BOLLETTA Il nuovo governo studia la revisione dei sussidi
Ma i risparmi non andranno a beneficio dei consumatori
ENERGIA VERDE, CHI PAGA
IL TAGLIO DEGLI INCENTIVI
di Gionata Picchio Il fatto quotidiano
Fonti rinnovabili
e centrali
a gas in
guerra tra
loro. La crisi ha falcidiato
i consumi, seminando
perdite e nervosismo
in un settore ricco
come quello elettrico.
Intanto eolico e solare
sono cresciuti, togliendo
spazio agli impianti
convenzionali e
pesando sui consumatori
attraverso gli incentivi.
Tanto che oggi
c'è chi ne chiede un taglio
retroattivo. Ma a
beneficio di chi?
Lo scontro tra gas e
fonti verdi è chiaro dal
2011. Da un lato la domanda
elettrica in calo
per l'economia stagnante,
con conseguente
crollo dei margini
per i produttori
convenzionali. Dall'altro
il boom del fotovoltaico
(+450% sul 2010),
che ha sottratto quote
di mercato alle centrali
a gas, molte nuovissime
e quindi ancora da ammortizzare.
A spingere lo sviluppo
del solare sono stati gli
incentivi. Tariffe premianti
che hanno calamitato
gli investitori e
accresciuto di molto
l'importanza delle rinnovabili
nel sistema
energetico italiano. Ma
che nel contempo hanno
prodotto un ingente
cumulo di oneri per le
nostre bollette: oltre 9
miliardi di euro l'anno,
di cui più di 6 solo per il
solare. Un conto lievitato
nonostante il parallelo
calo dei costi
della tecnologia.
Da qui l'idea di ridurre i
sussidi. Un primo taglio
c'è stato nel 2012: il
governo Monti ha fissato
un tetto massimo
di 6,7 miliardi (oggi
praticamente raggiunto)
agli incentivi al fotovoltaico.
Una moratoria
pesante, passata
tra le proteste di ambientalisti
e imprese del
settore solare. Ma che
faceva salvi i "diritti acquisiti",
ossia i sussidi
concessi fino a quel
momento. Oggi invece
si discute di un intervento
retroattivo: l'idea
è che in tempo di crisi
non sia più accettabile
conservare tariffe premianti
tanto elevate e
distanti dai costi di investimento,
il tutto a
carico dei consumatori
finali.
Il taglio retroattivo
conta sostenitori autorevoli:
gli economisti
Francesco Giavazzi e
Alberto Alesina, l'ex
ministro dell'Ambiente,
Corrado Clini. E anche
per il presidente
dell'Autorità per l'energia
Guido Bortoni bisogna
ridurre gli oneri
in bolletta e tagliare le
rendite ingiustificate.
Oltre all'ovvio tifo dell'associazione
dei produttori
elettrici convenzionali,
Assoelettrica.
Ma a beneficio di chi
andrebbe il taglio? Dovrebbe
servire a ridurre
le loro bollette, ma non
tutti i sostenitori della
sforbiciata retroattiva
sembrano pensarla così.
E se ridurre gli incentivi
vigenti servisse
solo a finanziare un'altra
voce della bolletta,
ad esempio il cosiddetto
capacity payment? Si
tratta della remunerazione
aggiuntiva che
molti produttori chiedono
per le centrali a
gas (oggi sottoutilizzate
per la crisi e il boom del
solare) giustificato dal
contributo che danno
alla sicurezza e alla capacità
di riserva del sistema
elettrico.
In un'intervista alla
Staffetta Quotidiana il
presidente di Assoelettrica,
Chicco Testa, ha
spiegato che le risorse
per il capacity payment
dovrebbero essere poste
a carico di "chi crea
le disfunzioni. Se devo
garantire la riserva a un
impianto fotovoltaico
mi sembra giusto che
sia l'impianto fotovoltaico
a pagarla". Attraverso
un prelievo dagli
incentivi vigenti, appunto.
La decisione
spetta all'Autorità per
l'energia, ma è chiaro
che in questo caso al
consumatore non tornerebbe
indietro nulla.
Come nulla gli tornerebbe
se il governo optasse
per una Solar Tax,
cioè un prelievo dagli
incentivi a beneficio del
bilancio dello Stato. L'ipotesi
circolava già ai
tempi di Monti e, in
una fase di ricerca spasmodica
di coperture
come l'attuale, la tentazione
torna forte. L'utilizzo
della bolletta
elettrica come un bancomat
non sarebbe una
novità: già nel 2004-05
l'ex ministro Giulio
Tremonti decise di dirottare
all'erario 135
milioni all'anno di fondi
per il decommissioning
nucleare raccolti
con le tariffe elettriche.
La norma doveva essere
"transitoria", ma la
revoca non è mai arrivata.
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