martedì 28 maggio 2013

Calopresti accusato per film Greenpeace contro i danni del carbone dell'Enel

Sotto accusa per il mio film, non intendo fermarmi - L’APPELLO “Oggi tutti i deputati e senatori riceveranno una copia del video Qualcuno chiederà alla società di essere più responsabile?”di Mimmo Calopresti La scorsa estate ho deciso di collaborare con Greenpeace per far conoscere una cosa di cui si parla troppo poco. Il carbone, la fonte energetica più sporca e dannosa per la salute umana e il clima, causa ogni anno centinaia di morti premature nel nostro Paese. In Italia il carbone ha un nome famoso: Enel. Questa azienda, che con quella fonte produce quasi il 50% dei suoi kilowatt, rappresenta circa i tre quarti della produzione nazionale. Gli studi commissionati da Greenpeace a un istituto di ricerca indipendente dicono che l’inquinamento delle centrali a carbone di Enel causa in Italia una morte prematura al giorno e 1,8 miliardi di euro di danni l’anno alla nostra salute, all’ambiente e all’economia. Questi dati, peraltro, sono riferiti all’anno 2009: da allora la produzione di Enel col carbone è notevolmente cresciuta. Per raccontare tutto ciò, con Greenpeace ho realizzato un cortometraggio – Uno al giorno – al quale hanno prestato il loro talento molti importanti attori – Haber, Quartullo, Ceccarelli, Briguglia – e musicisti fantastici come i Subsonica e Saro Cosentino. Abbiamo raccontato di come Enel non sia solo un’azienda che vende elettricità: è anche un colosso che la produce, e fin quando lo farà col carbone sarà causa di enormi danni. ENEL NON HA GRADITO: non ha risposto alle contestazioni che le abbiamo mosso, ma ha sporto denuncia “con - tro ignoti”. Risultato: il sottoscritto e l’autore della sceneggiatura, Manfredi Giffone – già autore di una graphic novel sulla mafia, Un fatto umano, divenuta un caso editoriale – risultano attualmente indagati in un procedimento penale. Al momento ancora non conosciamo i reati che ci verrebbero contestati. Peraltro non è il solo procedimento in corso su quel cortometraggio: potremmo presto (noi o Greenpeace) risultare indagati anche in un’altra indagine, di cui conosciamo solo un numero di protocollo. Non mi era mai capitato, in tanti anni di lavoro e avendo già affrontato temi controversi, di finire indagato in un procedimento penale. Greenpeace, invece, è già stata trascinata in tribunale da Enel più volte. E proprio nelle vicende giudiziarie pregresse sta il paradosso di questa storia: i dati che abbiamo utilizzato come base per il nostro lavoro sono già oggetto di una sentenza, c’è già stato un giudice che li ha ritenuti veridici e ha stabilito che diffonderli è legittimo. Ma a Enel questo non basta. Una multinazionale con un fatturato da 80 miliardi di euro può spendere quanto vuole in avvocati per tentare di silenziare me, Greenpeace o chiunque altro. Può uscire sconfitta dalle aule giudiziarie, come le è già successo, sapendo comunque che le sue denunce, le sue querele, i suoi ricorsi hanno un potere intimidatorio, possono rallentare e ostacolare la protesta, consigliare di desistere. Io non desisto, Greenpeace non desiste. Cerco di difendere il clima e l’aria che respiriamo, la salute di tutti e il futuro del Paese. Lo faccio perché sono convinto che l’energia pulita sia oggi un’alternativa praticabile e preferibile, un’opzione già consolidata in tutti i Paesi che guardano al futuro pensando alla sostenibilità, all’occupazione, alle generazioni che verranno. Non posso trattenermi, quindi, dal porre una domanda alla politica e al governo. Enel è un’azienda largamente controllata dallo Stato e i suoi vertici sono nominati direttamente dal ministero del Tesoro. È legittimo che un colosso con una tale quota di responsabilità pubblica mostri di ignorare completamente le critiche che le vengono mosse, non dia alcuna rassicurazione sugli impatti sanitari, ambientali ed economici del suo business e proceda solo a colpi di carte bollate? Oggi, intanto, a ogni parlamentare della Repubblica Greenpeace recapiterà una copia del mio cortometraggio. Qualcuno si farà avanti per chiedere a Enel di essere un’azienda responsabile? Il fatto quotidiano 29 maggio 2013

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