venerdì 31 maggio 2013

Regione Lazio, i dirigenti sotto inchiesta e condannati restano anche con Zingaretti

i saggi di una volta dicevano "cambiano i sonatori ma la musica è sempre quella" casta e paria intoccabili con la Polverini e con Zingaretti
Cambia il presidente della Regione, ma al timone delle direzioni di settore restano le stesse persone. Tra questi De Filippis che per la Corte dei Conti deve risarcire l'ente per un danno erariale di 750mila euro e Fegatelli indagato per associazione a delinquere
Nicola Zingaretti
Finita l’era Fiorito e delle tesorerie dei gruppi consiliari con le “spese allegre”, in Regione Lazio è partito il valzer delle nomine di Nicola Zingaretti, che sta riorganizzando la macchina operativa indicando i nuovi dirigenti delle varie strutture. “Nuovi” si fa per dire. In più la selezione non è delle più confortanti viste le considerazioni della Corte dei Conti (e non solo) sull’operato di alcuni di loro (la retribuzione annua lorda per ognuno è di quasi 160mila euro a cui si aggiunge il 30% legato al risultato). Su 12 direzioni per ora sono stati nominati i vertici di 9, tutti interni, alcuni confermati al loro posto dopo il passaggio di consegne tra la Polverini e Zingaretti.
Si parte da Raniero De Filippis, tornato, dopo aver guidato altre strutture, alla direzione di infrastrutture, ambiente e politiche abitative nonostante la Corte dei Conti lo abbia condannato a risarcire la Regione accertando un danno erariale di 750mila euro. De Filippis nel 2002 aveva peraltro patteggiato 5 mesi per abuso d’ufficio e falso ideologico per vicende legate ad una comunità montana di cui era stato commissario liquidatore.
Il suo superiore, Luca Fegatelli, fino al 2010 alla direzione regionale energia e rifiuti, resta alla guida del dipartimento istituzionale e territorio, benché sia indagato per associazione a delinquere e concorso in truffa ai danni dello Stato per la vicenda rifiuti, come riportato dall’Espresso ad ottobre scorso. Innocente fino a condanna definitiva ma non proprio adatto a dirigere anche l’Abecol, l’Agenzia per i beni confiscati alle organizzazioni criminali nel Lazio. Ma è stato nominato da Zingaretti “in considerazione della notevole esperienza dirigenziale dallo stesso maturata all’interno della Regione Lazio, delle conoscenze acquisite e delle capacità di cui ha dato prova” si legge nella delibera firmata dal presidente.
Che dire di Marco Marafini confermato alla direzione della programmazione economica, bilancio, demanio e patrimonio e di Guido Magrini, storico dirigente del bilancio, nominato alla direzione del dipartimento politiche sociali e integrazione? Il loro operato è stato oggetto di alcune censure da parte della Corte dei Conti nell’ultimo referto del dicembre scorso, specificatamente per l’aspetto delle consulenze, contestando all’amministrazione ed alle relative Direzioni regionali di non aver “contezza diretta degli incarichi consulenziali dalle stesse affidati, della somma impegnata, dei nominativi dei consulenti incaricati, degli oggetti degli incarichi, con la conseguente impossibilità di effettuare un reale monitoraggio della spesa effettuata a tale titolo” si legge nel documento. In particolare alle strutture di competenza di Marafini e Magrini si chiede conto di alcune consulenze esterne ed esternalizzazioni di servizi “per più di 2 milioni di euro”.
Alla direzione agricoltura e sviluppo rurale è stato confermato Roberto Ottaviani indagato a Viterbo per l’inchiesta “macchina del fango” che coinvolge, tra gli altri, l’ex assessore regionale all’Agricoltura Angela Birindelli, il giornalista Paolo Gianlorenzo e il sindaco di Viterbo Giulio Marini. I filoni sono tanti e vari, compresa la presunta campagna di stampa a pagamento contro il nemico della Birindelli Francesco Battistoni, ex assessore all’agricoltura rimpiazzato proprio dalla Birindelli. In qualità di responsabile della direzione interna all’assessorato, Ottaviani avrebbe firmato molte delle carte acquisite dagli investigatori e forse anche la delibera che impegnava l’assessorato a stanziare 18mila euro in favore di un quotidiano all’epoca diretto da Gianlorenzo. Pubblicità, dicono gli indagati. Ma il pm Siddi vede in quella somma il prezzo della corruzione contestata tanto alla Birindelli quanto a Gianlorenzo. La contropartita alle presunte manganellate mediatiche sugli avversari dell’assessora. L’ipotesi di reato per Ottaviani è abuso d’ufficio.
Sarà forse anche per questi risultati che le valutazioni relative al raggiungimento degli obiettivi per il 2012, come previsto annualmente dalle normative sull’efficienza e merito nella pubblica amministrazione, non sono ancora state fatte. La legge regionale prevede una priorità nella nomina dei dirigenti di prima fascia che non abbiano demeritato. Alcuni dei designati, non tutti, effettivamente rientrano in questa casistica ma non sono stati valutati e quindi non è stato possibile stabilirne i meriti o i demeriti.
Singolare è anche uno dei passaggi che si legge nelle delibere di nomina “l’attuazione del presente provvedimento resta subordinato alla verifica dei requisiti in materia di inconferibilità e incompatibilità di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013 n. 39”. In sostanza si rimanda ad un successivo momento la verifica della compatibilità o meno dell’incarico di vertice dirigenziale con la nuova legge anticorruzione che non permette ai condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, anche in via non definitiva, di ricoprire incarichi pubblici per 5 anni. Normalmente si verifica prima la compatibilità per un determinato ruolo di vertice o pubblico e poi, nel caso, si conferisce l’incarico non viceversa.
Le cose, per dire il vero, non vanno molto meglio sul fronte dei fiduciari politici. A cominciare dal capo di gabinetto dello stesso Zingaretti, Maurizio Venafro, che rivestiva lo stesso incarico alla Provincia. Venafro in attesa di processo, da anni, per una vecchia vicenda riguardante la società All Clean, una partecipata pubblica voluta dall’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli per cancellare le scritte dei writer principalmente sui treni delle metropolitane. La All Clean, con la presidenza Venafro, è finita nel mirino della magistratura per via del fallimento della Planet Work, socio privato della All Clean, una coop riconducibile a Pierpaolo Ferilli (il fratello dell’attrice Sabrina Ferilli) e Giulio Saraceni. Secondo l’accusa, col fallimento della Planet Work, sarebbe emersa una contabilità che proverebbe la distrazione di risorse economiche in favore di società facenti capo al Ferilli. Sempre l’accusa, sostiene che Venafro, avrebbe coperto queste attività proprio come presidente della All Clean. L’accusa per lui ed altri è di concorso in bancarotta fraudolenta.
Per finire l’assessore all’agricoltura Sonia Ricci che proprio qualche giorno fa è stata rinviata a giudizio dal gup del tribunale di Latina per una vicenda legata ad un incendio in un’azienda agricola di Sezze, la Agroama. E’ imputata per un rogo di rifiuti con esalazioni nocive per la salute pubblica avvenuto nel settembre 2010, proprio quando era al vertice della società agricola in questione. “Immagina un nuovo inizio”, era il leitmotiv della campagna elettorale di Zingaretti: chissà se i cittadini laziali sognavano di cominciare proprio cosi.

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