lunedì 27 maggio 2013
Ilva mentre a Roma il governo tratta a Taranto si alzano nubi tossiche
ILVA, A ROMA IL GOVERNO TRATTA
A TARANTO SI ALZANO NUBI TOSSICHE
IERI L’INCONTRO CON ZANONATO, OGGI VERTICE A PALAZZO CHIGI
TUTTO COME PRIMA
Il garante: l’azienda viola
gli impegni. E dalla
fabbrica raccontano
di dimissioni in massa
dei capi reparto dell’a re a
a caldo sequestrata
di Francesco Casula Il fatto quotidiano
Taranto
Tavoli, nuvole e anarchia.
Da Roma a Taranto
il futuro della
fabbrica dei Riva è in
tre immagini. Mentre a Roma il
governo, con il ministro dello
Sviluppo Flavio Zanonato, i
sindacati e le istituzioni si incontravano
per cercare senza
riuscirci una soluzione al nuovo
terremoto Ilva, in fabbrica i
dirigenti dell’area a caldo si dimettevano
in massa e i cittadini
di Taranto si risvegliavano all’ombra
di una cancerogena
nuvola rossa. L’ennesima emissione
nociva che dallo stabilimento
siderurgico, alle prime
luci del mattino, si è sollevata
verso la città. Un fenomeno,
che i carabinieri del Noe di Lecce
nel dossier consegnato un
anno fa alla procura chiamano
“slopping”, causato dal malfunzionamento
degli impianti
e che sprigiona nell’aria respirata
da operai e cittadini ossido
di ferro.
UN PROBLEMA che potrebbe
essere ridotto se l’azienda avesse
un adeguato sistema di captazione
delle polveri, ma come i
pubblici ministeri scrivono nella
richiesta di sequestro di oltre
8 miliardi di euro, in fabbrica
“allo stato non si ha evidenza di
alcuna iniziativa intrapresa dalla
società al fine di ottemperare
alle disposizioni prima impartite
dai custodi e poi, in parte,
confermate” nell’Aia. Nella fabbrica
regna il caos. Fonti sindacali
rivelano dimissioni in massa
dei capi reparto e dirigenti
dell’area a caldo, sequestrata a
luglio perché ritenuta causa di
“malattia e morte”. Dopo l’iscrizione
di due nuovi capi re-
parto nell’elenco degli indagati,
infatti, i quadri aziendali sono
terrorizzati dal possibile coinvolgimento
nell’inchiesta. Secondo
fonti interne alla fabbrica,
gli stessi uomini che la scorsa
estate avrebbero spinto gli
operai a manifestare contro la
magistratura, oggi non intendono
assumersi alcuna responsabilità.
A spaventarli è anche il
nuovo sopralluogo, in programma
per oggi, degli ispettori
del ministero che dovranno
valutare lo stato di avanzamento
degli adeguamenti.
DAL GIORNO del sequestro di 8
miliardi, su cui sta lavorando la
Guardia di finanza, l’ufficio
centrale delle vendite di Milano
è paralizzato, pregiudicando la
sopravvivenza di tutti stabilimenti
del Gruppo Riva. Eppure
tra gli operai serpeggia la speranza
che anche stavolta qualcuno
possa intervenire per salvare
l’azienda. Anche cda di Riva
Fire attende un intervento
amichevole. In una nota il
Gruppo ha espresso forte
preoccupazione perché il sequestro
“rischia di compromettere
l’iter per l’approvazione del
piano industriale 2013-2018
avviato da mesi” che “avrebbe
consentito sia il rispetto di tutti
gli obblighi Aia sotto il profilo
industriale e finanziario, sia
l’approvazione del bilancio nei
termini di legge in situazione di
continuità aziendale”.
Peccato che proprio ieri il garante
dell’Autorizzazione integrata
ambientale per l’Ilva, Vitaliano
Esposito, abbia ufficializzato
ai vertici dei sindacati ionici
“l’accertamento oggettivo
di dieci violazioni” agli obblighi
imposti proprio dall’Aia all’azienda
e che l’Asl di Taranto abbia
disposto la distruzione di
un’enorme quantità di cozze alla
diossina. Solo dettagli per l’azienda
che minaccia “ripercus -
sioni occupazionali”. Segnali di
fumo al governo. Rossi e dannosi
come l’ossido di ferro.
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