venerdì 10 maggio 2013
dal mostro tossico di Busi acqua alla diossina rinviati a giudizio vertici Montedison
DAL MOSTRO TOSSICO DI BUSSI
ACQUA ALLA DIOSSINA
RINVIATI A GIUDIZIO PER DISASTRO AMBIENTALE
GLI EX VERTICI DELLA MONTEDISON IN ABRUZZO
500 mila tonnellate di rifiuti Il fatto quotidiano 11 maggio 2013
di Marco Manzo
Pescara
Chi ha avvelenato l'Abruzzo?
Chi pagherà i danni per
uno dei disastri ambientali
più gravi d'Europa? Chi è
responsabile della salute di migliaia
di cittadini? Toccherà alla Corte d'assise
di Chieti, il prossimo 25 settembre,
chiudere una delle pagine più
velenose della storia della “Regione
dei Parchi”. Stiamo parlando del processo
ai responsabili dello “scandalo
tossico” di Bussi sul Tirino, piccolo
comune a 30 chilometri da Pescara,
immerso tra i boschi e le acque sorgive
del Parco Nazionale del Gran
Sasso, dove per decenni l'ambiente è
stato violentato con oltre 500 mila
tonnellate di rifiuti tossici, un'area
grande quanto 15 campi da calcio.
Nel 2007 l'indagine della Guardia Forestale
portò alla luce il “cancro dormiente”,
la mega discarica abusiva di
veleni chimici industriali, classificata
oggi dal ministero dell'Ambiente al
37° posto tra i siti più inquinati d'Italia.
Per quei fatti sono stati rinviati a giudizio
per la seconda volta, al termine
di un complicato iter giudiziario - il
reato principale era stato derubricato
da avvelenamento in quello meno
grave di adulterazione delle acque -
19 imputati, quasi tutti ex vertici del
gigante chimico Montedison, direttori
ed ex vicedirettori che hanno gestito
il polo industriale di Bussi a partire
dagli anni Sessanta. Devono difendersi
dalle accuse di disastro ambientale
e avvelenamento.
Purtroppo tutto questo orrore continua.
I veleni della discarica di Bussi
continuano a disperdersi nell'ambiente,
come dimostrato recentemente
da un'indagine del Wwf. È stato
calcolato che il costo della bonifica
del sito, approssimato probabilmente
per difetto, si aggira intorno ai 50
milioni di euro. Una cifra che, dovrebbero
finire per pagare i responsabili
del disastro.
Per decenni, finché non sono stati
chiusi, i pozzi Sant'Angelo, quelli per
intenderci che hanno servito l'intero
bacino idrico dell'area metropolitana
di Pescara e Chieti, oltre 500 mila
persone hanno bevuto acque con alte
concentrazioni di contaminanti, tra
cui il Tetracloruro di Carbonio e l’Esacloroetano
(sostanze tossiche per
fegato e reni).
Il caso di Bussi è recentemente tornato
alla ribalta perché la stessa Solvay
ha proceduto a divulgare le analisi
del sito contaminato nelle quali
sono emersi quantitativi pazzeschi di
arsenico, oltre 32 volte la soglia di
contaminazione, mercurio, che oltrepassa
la stessa soglia di 2 mila 100
volte, o il tetracloruro di carbonio,
che va oltre il limite 666 mila volte il
consentito. Ma non finisce qui. Le
analisi condotte sui terreni del sito
industriale di Bussi hanno rilevato
anche la presenza della diossina: cioè
la regina delle sostanza tossiche. “La
situazione di compromissione dell'ambiente
a Bussi è veramente
drammatica”, ha commentato Augusto
De Sanctis del Wwf Abruzzo,
chiedendo provvedimenti urgenti
contro i rischi mortali dei rifiuti tossici.
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