lunedì 13 maggio 2013
Pronto intervento vaselina di Marco Travaglio come nascondere i fatti di Brescia
Pronto
Interve nto
Vaselina
di Marco Travaglio
Ieri il Pronto Intervento Vaselina
(PIV) ha avuto il suo
daffare per sminuire, minimizzare,
indorare,edulcorare,
sopire e troncare le scene eversive
di sabato a Brescia, dove
un noto delinquente condannato
a 4 anni per frode fiscale,
che è anche il leader del secondo
partito di governo, ha
arringato una piccola folla di
fan esagitati minacciando la
magistratura sotto gli occhi
estasiati del vicepresidente del
Consiglio nonché ministro
dell'Interno, del ministro delle
Riforme istituzionali e del ministro
delle Infrastrutture e
Trasporti. Scene che anche in
Mozambico avrebbe provocato,
nell'ordine: l'intervento del
capo dello Stato e del presidente
del Consiglio, con immediata
revoca delle deleghe
ai tre gaglioffi e caduta del governo.
Anche perchè la libera
stampa non avrebbero dato
tregua al premier, per sapere
se condivida il gesto dei tre
ministri e soprattutto se davvero
si sia impegnato con B. a
“riformare” la Giustizia e la
Consulta come indicato, anzi
intimato da B. Fortuna che in
Italia, salvo rare eccezioni, la
libera stampa non c'è. Ecco
dunque all'opera le truppe
scelte dei salivatori, vaselinisti,
pompieri e anestesisti, addestrati
a ingoiare e a far ingoiare
qualunque rospo o
pantegana, per convincere gli
italiani che sabato a Brescia, in
fondo, non è successo niente.
Anzi, i contestatori devono
scusarsi molto col Pdl per i fischi
divisivi e gli slogan eversivi.
Polito Lindo. Il quotidiano più
ardito e marziale, nel descrivere
la maschia prestazione di
B., non è il Giornale di Sallusti
(che si accontenta di un fiacco
“Berlusconi: io resto qui”). Ma
il Corriere della sera, che titola
senz'alcuna virgoletta: “Berlusconi:
non mi fermeranno”.
Così qualcuno penserà che i
giudici impegnati nei processi
Mediaset e Ruby intendano
“fermarlo”. Il virilissimo titolo
è compensato da un editoriale
del noto emolliente Antonio
Polito, che riesce a scrivere restando
serio: “Il discorso di
Berlusconi è di forte sostegno
al governo, nonostante la sentenza”
Mediaset. Il titolo è già
tutto un programma: “Il pagliaio”.
La tesi è che purtroppo
la politica italiana è minacciata
dal rischio di “altri fuochi”,
a causa della troppa “paglia lasciata
in eredità dalla seconda
Repubblica”. Per cui a mettere
a repentaglio le istituzioni non
sono gli attacchi eversivi di B.
al terzo potere dello Stato, ma
fenomeni di autocombustione
che, “da entrambe le parti”,
potrebbero riattizzare l'incendio. Del resto, spiega Polito Lindo, “è un diritto
del Pdl quello di sventolare le sue bandiere,
anche sulla giustizia”:che sarà mai. Ciò che “è
inquietante e non tollerabile”, piuttosto, è “la
riapparizione nelle piazze di gruppi di facinorosi”
che osano contestare l'eversore che insulta
la magistratura e non ne riconosce le sentenze
(ma solo quelle a lui sfavorevoli). L'unico “er -
rore” di B. è stato quello di “pretendere” che alla
sua gazzarra “fosse presente anche Alfano”. Ma
per fortuna l' “Alfano e i ministri presenti se ne
sono dimostrati consapevoli, andando sì ma senza
mettersi troppo in mostra”. Ecco, sono andati
a Brescia, ma quasi di nascosto, dunque meritano
un encomio solenne per il loro “salutare autocontrollo”.
Evidentemente Polito el Drito si
aspettava che facessero anche un salto a Milano
per orinare sul portone del Tribunale, invece se
ne sono sobriamente astenuti, il che fa ben sperare
per la tenuta del governo, che “è sempre bene
ricordare che è l'unico che abbiamo” (di solito di
governi ne abbiamo due o tre insieme: stavolta,
invece, uno solo).
Vaselina severgnina. Molto utile, per spegnere i
fuochi nel pagliaio, anche lo scoop di Beppe Severgnini
che intervista il direttore della Polizia
Postale che gli annuncia in esclusiva mondiale
l'imminente nascita di “un nuovo portale web
della Polizia con finestre di dialogo, compresi i
social network”. Strumento decisivo per stroncare
sul nascere la minaccia della “violenza digitale”
che “annuncia quella fisica”. Strepitosa
l'ultima domanda: “Una cosa che la rende orgoglioso?”.
E pure l'ultima risposta: “La soddisfazione
di aver mosso i primi passi per la creazione
di reti di cooperazione tra organismi che
contrastano il cyber crime in tutto il mondo”.
Con scappellamento a destra.
È stato un caso. La Stampa ha meditato molto
sulle parole per non dire quel che è accaduto a
Brescia, poi ha optato per uno splendido “Pdl in
piazza, un caso nel governo”. Così il lettore distratto
può pensare a una casualità fortuita: per
pura combinazione, senza mettersi d'accordo
prima, B. e i suoi ministri si sono ritrovati nello
stesso giorno alla stessa ora nella stessa piazza di
Brescia. Guarda un po', alle volte, i casi della vita.
Nel puntuto editoriale, Marcello Sorgi spiega che
il problema non è quel che B. ha detto dei magistrati,
ma che le sue parole possano “indebolire
l'equilibrio del governo” e soprattutto il fatto che
“a dettare la linea sono ancora le frange estreme
dei due schieramenti, contrarie a qualsiasi tregua
o pacificazione orientate a riprendere appena
possibile la guerra civile degli ultimi vent'anni”.
Naturalmente Sorgi non spiega quale guerra civile
si sia combattuta negli ultimi vent'anni, ma
soprattutto quale “frangia estrema” del Pd (ormai
estinto, e dunque sprovvisto di parola) sia
paragonabile allo stato maggiore del Pdl, tutto in
piazza a Brescia. Struggente l'esortazione finale a
B. perchè “lasci al suo posto il ministro dell'Interno,
senza coinvolgerlo nell'ennesima battaglia
sulla giustizia”: Alfano ne risulta come un ficus,
una pianta grassa che viene spostata da un luogo
all'altro dal padrone di casa a seconda di dove
batte il sole.
Villa Arzilla. Fiacco nel titolo di apertura, il Giornale
di Sallusti si riscatta nelle cronache grazie
alla vivacità di Gabriele Villa, già responsabile
delle pagine del golf, poi promosso alla cronaca
dopo l'ottima prova fornita nel caso Boffo. Con
uno scoop degno di miglior evidenza, il Villa rivela
che prima del comizio, “proprio sotto il palco”,
s'è svolta “una lunga, drammatica, estenuante
trattativa tra gli uomini della scorta, le forze
dell'ordine e lui, Silvio Berlusconi. Visto “il rischio
altissimo di un attentato”, quelli “si sfozano
in tutti i modi di convincere il cavaliere a indossare
il giubbotto antiproiettile”, ma lui niente:
“come sempre, non cede. Non si cura delle preoccupazioni”.
E impavido “attacca a parlare, senza
indugi, senza tentennamenti. Come sempre”.
Nessuno sparo, per fortuna, a parte le cazzate
sparate da lui medesimo. Alla fine però “la commozione
per l'accoglienza e l'entusiasmo della
folla prende il sopravvento”. E i suoi – rivela il
Villa - “lo vedono sbiancare in volto. Ma fortunatamente
è solo un calo di zuccheri. Il Cavaliere
è pronto a rimontare in sella per nuove avventure”.
Slurp.
Un po' statista un po' no. “Lo statista Berlusconi
veste da eversore”, titola l'Unità. Il giornale di Letta
e di governo va capito: deve contemporaneamente
sostenere il governo Berlusconi-Letta e
fingere di attaccare Berlusconi per non perdere
anche gli ultimi lettori. Dunque si produce in
equilibrismi mai visti neppure al circo Togni.
Sentite Claudio Sardo, il pensoso direttore affetto
da inguaribile sindrome bipolare: “Di fronte a
noi c'è il Berlusconi centauro. Per metà responsabile,
per metà eversore. Un giorno veste i panni
da statista, l'altro giorno esprime violenza istituzionale”.
Ecco, resta da capire quando mai,
nella sua vita, B. sia stato “statista” o “respon -
sabile”. Ma Sardo lo vede così, forse in sogno. A questo punto un eventuale lettore, letto il titolo
dell'editoriale (“Il punto di ripartenza”), si domanda:
e allora, che si fa? Si continua a governare
con quel tipaccio, eversore e violento? La risposta
purtroppo non arriva. C'è invece
un esilarante accenno alla “te -
naglia Berlusconi-Grillo”. Ma
certo, dimenticavamo: il Pd governa
con B., Letta non dice una
parola contro la marcia su Brescia,
e la colpa di chi è? Dei 5Stelle,
che vanno in piazza a contestare
B. e vogliono sbatterlo fuori
dal Parlamento.
Che sia l'ultima volta. Anche
Eugenio Scalfari ha le visioni:
“Letta, parlando nella mattinata
di ieri all'assemblea del Pd, aveva
già manifestato il suo dissenso
sulla presenza di ministri del
suo governo all'iniziativa di
Berlusconi”. Purtroppo quel
fatto non è mai avvenuto: sia perchè l'“iniziativa
di Berlusconi” (quanto soave pudore in quest'espressione!)
si è svolta dopo le 18 e Letta ha parlato
appunto “in mattinata”; sia perchè Letta non
ha detto un monosillabo contro la marcia di Alfano,
Lupi e Quagliariello su Brescia. Poi però
Scalfari gliele canta chiare al governo: “Segna -
liamo la necessità assoluta che mai più si ripetano
fatti analoghi... Sarebbe intollerabile che questo
'vulnus' si ripetesse”. Per non
trarre le conclusioni e non dire
che non si può stare al governo
con chi va in piazza contro la
magistratura, Scalfari fa come i
pretini da oratorio con i ragazzini
che vanno a confessare una
pugnetta: “Vabbè, ti assolvo,
ma non farlo più”. Ecco: una
volta passi, purchè sia l'unica
(peccato che la stessa scena sia
già accaduta un mese fa, per
giunta davanti al Tribunale di
Milano). Nemmeno una parola
sul dettagliato programma
contro la giustizia enunciato
per un'ora dal Cainano sul palco
di Brescia: Scalfari non l'ha
sentito o, se l'ha sentito, preferisce sorvolare, se
no poi la gente capoisce che la piazzata dell'altroieri
non è una fiammata solitaria, ma è solo
l'antipasto di un'offensiva appena cominciata
che nei prossimi mesi ci porterà fin dentro il finale
de “Il Caimano”. Mirabile la chiusa scalfariana:
“Il presidente Letta intervenga ancora (sic,
ndr) con la massima ed esplicita chiarezza (ri-sic,
ndr). Un aut aut è indispensabile se il governo
vuole continuare a esistere con l'appoggio del Pd
e della pubblica opinione democratica”. Chissà
dove l'ha vista, Scalfari, tutta questa “pubblica
opinione democratica” entusiasta per l'inciucio.
Forse in un'altra visione. Ora si attende il terribile
aut aut del tonitruante Letta per mettere in riga i
tre ministri: pare che li abbia già severamente
strapazzati stanotte, portandoli in camera sua sul
letto a castello nell'abbazia di Spineto, per fare
spogliatoio.
Ucci ucci Sabbatucci. I migliori elementi del
Pronto Intervento Vaselina li schiera il Messaggero
. Anche per Giovanni Sabbatucci il guaio non
è il fatto del giorno, cioè l'ennesimo bombardamento
berlusconiano contro magistrati e Consulta,
ma il fatto che le sue parole “complicano al
vita al governo e fasnno montare l'insofferenza
non solo dei gruppi radicale e pentastellati, ma
anche di un bel pezzo del popolo della sinistra,
nell'editoriale, A pagina 2, come spesso si usa fare
in nome del pluralismo, ecco due interviste contrapposte
sui fatti di Brescia: una pro e l'altra invece
pro. “Lupi: una bella manifestazione, le
identità non vanno temute”. “Caldoro: non sono
andato ma l'uso politico delle toghe c'è”. È la nuova
par condicio della pompa, il neo-contraddittorio
della saliva. Meraviglioso il retroscena a pagina
3: “La moral suasion del Colle: scontro frontale
disinnescato”. Uno scoop mica da ridere,
purtroppo senz'alcun riscontro fattuale, ma con
molti riferimenti medianici e telepatici: “vero -
similmente Napolitano avrebbe preferito che la
manifestazione di Brescia fosse evitata”. Il Colle
non ha mai detto nulla in proposito, ma “vero -
similmente“ l'ha pensato, dunque è senz'altro così.
In ogni caso, grazie alla fantomatica “moral
suasion del Quirinale” (che però oppone il “no
comment”), “il peggio è stato evitato, anche perchè
il Pdl non ha esasperato i toni oltre misura”.E
chissà qual è l'unità di misura dei toni esasperati e
del peggio per i ventriloqui napolitani, se dire –
come ha fatto B. - che i magistrati lo odiano ed
emettono sentenze politiche per eliminarlo e che
la Consulta è al servizio della sinistra è sintomo di
“toni non esasperati”, anzi di un “peggio evitato”.
Evidentemente il Pronto Intervento Vaselina si
attendeva che B. e i suoi tre ministri sganciassero
l'atomica sul Tribunale di Milano o lo bombardassero
col napalm o vi sbarcassero con truppe
aviotrasportate. In fondo, ci è andata di culo. Il fatto quotidiano 13 maggio 2013
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