domenica 30 giugno 2013
Società in crisi, chiude lo sportello Acqualatina Stessa sorte toccherà agli uffici di Cisterna Formia e Priverno
Il Messaggero, Domenica 30 Giugno 2013
Da lunedì lo sportello di Acqualatina di Aprilia, che attualmente funziona due giorni alla settimana, rimarrà chiuso. E con Aprilia verranno chiusi tutti gli sportelli secondari della provincia: Cisterna, Formia e Priverno. Gaeta, Lenola e Minturno erano già stati chiusi per lavori. Quindi rimarranno aperti solo gli sportelli di Latina, Nettuno, Terracina e Fondi.
Il sindaco di Aprilia Antonio Terra ha espresso la sua contrarietà alla dirigenza di Acqualatina. Il dirigente Ennio Cima gli ha spiegato che il provvedimento è stato obbligato dallo stato di crisi. La società per farvi fronte ha concordato un piano con i sindacati di ricorrere ai contratti di solidarietà altrimenti avrebbe dovuto licenziare il personale. La crisi, ha spiegato Cima, è dovuta all’alto tasso di morosità.
Intanto prendono una posizione più marcata sul servizio idrico i partiti di sinistra. Il coordinatore provinciale di Sel Beniamino Gallinaro ieri ha sollecitato il centrosinistra a porre la questione della pubblicizzazione del servizio idrico. «È ora di uscire da Acqualatina» ha detto.
Ad Aprilia invece i consiglieri del Pd Giovannini e Tamassetti, insieme a Carmen Porcelli, hanno annunciato che presenteranno in consiglio comunale una proposta di delibera per aderire all’iniziativa di legge popolare a livello regionale. La proposta di legge si pone l’obiettivo di «introdurre il principio dell’acqua come bene natura e diritto umano universale la cui disponibilità deve essere garantita come diritti inalienabili e inviolabili della persona». Inoltre, spiegano i tre consiglieri, «propone di sottrarre la gestione del servizio idrico dal principio della libera concorrenza, e dalle finalità lucrative, lasciando che la sua gestione persegua finalità di carattere sociale e ambientale».
Giorgio Nardinocchi
Aprilia Turbogas, rete e comitato pendolari contro la realizzazione «Impianto dannoso»
La risposta: pronti ad un eventuale nuovo ricorso
I cittadini di Aprilia pronti a
nuovi ricorsi contro Turbogas.
E' questo che emerge dalla posi-
zione del comitato Pendolari
FR8a Carrozza e dalla Rete dei
Cittadini contro la Turbogas che
annunciano l'intenzione di poter
rivolgersi all'autorità giudizia-
ria.
Le due realtà, in qualità di
portatori di interessi, hanno par-
tecipato mercoledì scorso con i
loro rappresentanti (Rosalba
Rizzuto per il comitato pendo-
lari, Filippo Valenti e Gianfran-
co Iencinella per i No Turbogas)
alla seconda conferenza dei ser-
vizi per il rinnovo dell’Autoriz -
zazione integrata ambientale
per l’esercizio della centrale ter-
moelettrica a ciclo combinato
della società Sorgenia Power
mentre Legambiente non ha
partecipato al vertice. E, in
quella sede, hanno ribadito il
loro no alla realizzazione del-
l'impianto.
«Abbiamo voluto spiegare –
affermano in un comunicato
congiunto – alla commissione il
disastroso stato della qualità
dell'aria nel territorio. Questa
situazione è soprattutto ricon-
ducibile all'incremento di traffi-
co creato dal boom demografi-
co, dal trasporto pubblico locale
insufficiente e fatiscente, dagli mpianti industriali le cui emis-
sioni superano tutti i livelli di
soglia prevista dall'Ippc come
l'ex Avir la cui Aia è in scadenza
e della nuove centrali a biomas-
se che stanno sorgendo in ogni
angolo del nostro territorio, sen-
za che si possa impedire o cal-
mierarne la diffusione». Ma non
sono questi gli unici motivi per
cui opporsi alla realizzazione
dell’impianto. «C’è la necessità
che la struttura sia annoverata
tra quella a rischio di incidente
rilevante, come la vicina Isagro,
ribadendo che la stessa opera in
assenza - spiegano pendolari e
No Turbogas - di compatibilità
ambientale rilasciata dal sinda-
co di Aprilia, ma solo con una
dichiarazione del rilasciata dal
comitato tecnico regionale ed
impugnata dall’amministrazio -
ne al Tar i Latina. In merito alle
autorizzazioni paesaggistiche,
siamo tornati a sottolineare alla
Commissione Aia che i pareri
paesaggistici ottenuti da Sorge-
nia si basano sul nulla, in quanto
ognuna delle autorità interpella-
te ha espresso parere favorevole
non sulla base di analisi e veri-
fiche oggettive, ma sulla scorta
di pareri positivi rilasciati in
precedenza da qualcuno con
nessuna competenza in tema di
beni culturali e paesaggistici».
Secondo i movimenti ci sono
evidenti irregolarità e per que-
sto i rappresentanti non si arren-
dono ed anzi annunciano batta-
glia. «Abbiamo infine confutato
il rilascio - concludono - di
un’autorizzazione integrata
senza che il progetto sia stato
minimamente accompagnato
da un piano di decommissio-
ning a carico dell’impresa: pa-
gheremo sempre noi per lo
smantellamento del socialmen-
te inutile impianto e per il ripri-
stino ambientale di questo terri-
torio irreversibilmente modifi-
cato? Attendiamo di conoscere
il verbale per l’eventuale nuovo
ricorso.
Luca Artipoli http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/1f1bb4c14eca5af4396911f58003280e
Latina rifiuti raccolta differenziata basta deroghe stop dalla Regione Lazio
Latina Oggi
Venerdì 28 Giugno 2013
Latina
rifiuti
IL dato sulla raccolta
differenziata in provin-
cia di Latina è comun-
que falsato perché, come
emerge da almeno tre
inchieste giudiziarie, il
servizio era solo una fin-
zione (a Ponza e Mintur-
no sicuramente) perché
il materiale differenzia-
to veniva poi unito al
resto prima del traspor-
to in discarica.
I dati falsati
La decisione del consiglio regionale. Era comunque previsto un referendum p o p o l a re
Differenziata, basta deroghe
Finora tollerati i Comuni che non rispettavano le indicazioni dell’UE
LA Regione Lazio ha
bloccato le deroghe ai Co-
muni che non fanno al
differenziata «a sufficien-
za» e ha cancellato quello
che fino a oggi era il
cosiddetto scenario di
controllo del piano di ge-
stione dei rifiuti. In con-
creto questa decisione può
avere effetti non di poco
conto su moltissimi Co-
muni pontini in quanto il
regime finora vigente sta-
biliva che, in caso di man-
cata riduzione della pro-
duzione dei rifiuti e di
percentuali di raccolta dif-
ferenziata inferiori al
65%, si potessero attuare
interventi in deroga alle
normative nazionali ed
europee rispetto a quelli
indicati dalla legge per i
Comuni inadempienti.
Tutto questo ha consentito
ad amministrazioni che stanno ancora sotto il 10%
di differenziata non solo
di evitare multe pesantis-
sime ma, addirittura, di
ottenere finanziamenti a
pioggia da parte dell’am -
ministrazione provinciale,
che solo lo scorso anno ha
distribuito otto milioni di
euro. Soldi andati, per fare
un esempio, anche ad
Aprilia che sul report
2012 era ferma al 6%
mentre alcuni centri vir-
tuosi (seppure molto più
piccoli) come Sermoneta
e Castelforte si avvicinano
ormai al 60% quindi sono
vicini al traguardo impo-
sto dall’Ue. L’abolizione
dello «scenario di control-
lo», cioè della larga tolle-
ranza per chi non attuava
la differenziata in modo
compiuto era stata solleci-
tata da moltissimi comita-
ti civici doventata anche oggetto di un quesito refe-
rendario regionale che
prevedeva di indire la data
del voto entro agosto. Una
consultazione che sarebbe
costata tra i 10 e i 20
milioni di euro e che
avrebbe, sicuramente,
prodotto gli stessi risultati
della decisione di ieri pre-
sa a costo zero.
«Sui rifiuti è determinan-
te che la Regione abbia
deciso di cancellare le assurdità del piano Polveri-
ni, lo scenario di controllo
così come impostato e gli
obiettivi al ribasso della
differenziata. Sono errori
gravi che avevamo sempre
denunciato». Questo il
commento di Legambien-
te Lazio che ha anche
ricordato come nel 2012
in tutta la regione la media
della differenziata era pari
al 22,1%, dunque molto
lontana dagli obiettivi im-
posti dall’Unione Euro-
pea. D’ora in poi le singo-
le amministrazioni comu-
nali dovranno mettere in
campo una serie di azioni
per alzare il livello della
differenziata pena l’eleva -
zione di multe invece che
i premi a pioggia. Finora
le indicazioni Ue erano
state ignorate anche per
non alzare il costo del
servizio e non pesare ol-
tremodo sulle bollette. Anche il conferimento nella di-
scarica Indeco di Borgo Montello
è tuttora fuori legge, perché non
segue i criteri dettati dall’Unio -
ne Europea che prevedono il
trattamento preliminare obbli-
gatorio presso impianti Tmb.
L’ultima verifica è stata effet-
tuata dal Noe due settimane
fa Un’indagine della guardia di fi-
nanza sta facendo il punto sui
quantitativi di rifiuti portati in
discarica dal Comune di Terracina.
Dal confronto con il dato della
raccolta differenziata emerge che
uno dei due parametri dichiarati
potrebbe essere un falso. Situa-
zioni analoghe potrebbero riguar-
dare anche altre città. LA situazione complessiva del-
la raccolta dei rifiuti non è
sotto controllo ed è un aspetto
del problema della gestione
dell’immondizia non irrilevante
sia per quanto riguarda l’im -
patto ambientale che i costi
sostenuti dalle amministrazio-
ni pubbliche locali e regiona-
le.
centrale a turbogas Aprilia il comune è rimasto solo a difendere il territorio
Il Comune resta solo
E’ di Aprilia l’unico «no» al rinnovo dell’Aia della centrale di Campo di Carne
IL COMUNE di Aprilia
resta da solo a combattere
la turbogas. L’amministra -
zione di Aprilia in sede di
Conferenza dei servizi con-
vocata dal Ministero
d el l ’Am b ie n-
te per il rinno-
vo dell’Auto -
rizzazione in-
tegra ta
ambientale è
stato l’unico
ente ad espri-
mere parere
negativo ri-
spetto. Tutti
gli altri, dal
Ministero alla
Regione pas-
sando per
Provincia e
agenzie di
controllo del
te rri tori o,
hanno invece
per le loro
co mpe ten ze
concesso il
semaforo ver-
de per ciò che
riguarda le
e mi s si on i
della centrale
di Campo di
Carne. «Il no-
stro lavoro non si ferma
certo qui - ammette il neo
assessore all’Ambiente
Alessandra Lombardi -
continueremo a vigilare
l’iter e soprattutto i limiti
imposti al progetto». Per il
responso finale della com-
m is s i on e
istruttoria mi-
nisteriale bi-
sognerà at-
tendere anco-
ra qualche
giorno ma
tutto va verso
il rinnovo
dell’Aia. ««Il
punto che an-
cora non è
chiaro - spie-
ga l’assessore
Lombardi - è
che ancora
nessuno ci ha
detto sel la
turbogas fa
parte di quel-
le industrie a
rischio incidente rilevante o
no. In caso di risposta affer-
mativa cambierebbe il qua-
dro delle prescrizioni che
sarebbero, va da sè, più
stringenti». Le osservazioni
avanzate dal Comune inol-
tre riguardano le emissioni
acustiche, quelle nell’aria e
quelle di terra. L’ammini -
strazione vuole vederci
chiaro sia per quanto ri-
guarda il presunto sposta-
mento del progetto che per
l’emungimento dell’acqua
dai quattro pozzi. «In ballo
non c’è solo l’Aia - ricorda
il delegato all’Ambiente - il
capitolo delle prescrizioni
riguarda la Via (Valutazio-
ne di impatto ambientale).
Su questo terreno saremmo
vigili e tuteleremo il territo-
rio apriliano».
Un’altra novità in tema di
centrale riguarda i rapporti
tra Comune e Sorgenia.
Dopo anni di lotte, molte
delle quali continuano
tut t’oggi basta ricordare
che sulla vicenda insistono
otto ricorsi al Tar e uno in
Cassazione, le due parti si
siederanno allo stesso tavo-
lo per discutere di qualità
dell’aria. In ballo c’è l’in -
stallazione di tre centraline.
Due sui camini della strut-
tura di Campo di Carne per
controllare le emissioni e
una in via Nettunense per
controllare la qualità
dell’aria.
Marco Di Luciano http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/bf860d7e0fdf59ff16e4563cd857749a
turbogas Aprilia alberi come compensazione del danno ambientale e sanitario
Chiuso il tavolo comunale per tutelare la qualità dell’aria
Alberi come compensazione
DUECENTO mila euro all’an -
no per sette anni. Un milione e
quattrocento mila euro arrive-
ranno da Sorgenia, la società
che sta realizzando il progetto
della centrale turbogas di Cam-
po di Carne, nelle casse del
Comune di piazza Roma. E’ il
frutto delle cosiddette compen-
sazioni, frutto di 20 centesimi
per ogni megawatt prodotto
dalla centrale di Campo di Car-
ne. L'importo viene calcolato
sulla produzione di energia,
Sorgenia girerà ai territori 20
centesimi per ogni megawatt
generato. Il 40 per cento andrà
a finire nelle casse del Comune
di Aprilia, il 40 ai Comuni
limitrofi e il resto, il venti per
cento, alla Provincia di Lati-
na.Il tavolo di concertazione
messo in piedi dall’ammini -
strazione con lo scopo di deci-
dere cosa fare di quei soldi è
stato chiuso. «Ora si tratta di
mettere in campo azioni per
tutelare la qualità dell’aria», ha
riportato il riconfermato asses-
sore all’Ambiente Alessandra
Lombardi. Il tavolo con le asso-
ciazioni aveva deciso di spen-
dere i soldi in due modi: attra-
verso la piantumazione di nuo-
vi alberi e la revisione della
viabilità cittadina. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/bf860d7e0fdf59ff16e4563cd857749a
Latina l'abuso del Key in pieno centro sanato in commissione urbanistica?
Cambio di destinazione in Commissione urbanistica
La coda del Key
La Falco vuole residenze agli ultimi due piani
COMMISSIONE Urbanistica
«nervosa» quella di ieri matti-
na, chiamata a discutere sulla
richiesta di cambio di destina-
zione d’uso avanzata dalla
Falco Immobiliare, la società
proprietaria del palazzo Key
di Largo Don Bosco, attual-
mente sotto sequestro perché
oggetto di un processo penale
in fase di svolgimento.
Sul tavolo della Commissio-
ne un parere dell’Av vo c a t u r a
comunale, secondo cui l’am -
ministrazione è tenuta a pro-
nunciarsi sulla richiesta di
cambio di destinazione avan-
zata dalla falco Immobiliare, a
condizione che la stessa so-
cietà risulti essere effettiva-
mente proprietaria dell’i m-
mobile alla data in cui era
stata presentata la richiesta.
A chiedere quel parere erano
stati gli uffici dell’Urbanisti -
ca, perplessi sul da farsi per-
ché l’immobile di Largo Don
Bosco è sotto sequestro giudi-
ziario. Le opposizioni ed an-
che alcuni commissari del Pdl
hanno espresso la loro contra-
rietà a prendere in esame
l’istanza della Falco, ma il
parere dell’Avvocatura è chia-
rissimo, e peraltro il caso po-
trebbe rivelarsi meno com-
plesso di quanto appaia.
La Falco Immobiliare aveva
presentato opposizione al Pia-
no di recupero dell’R-0, chie-
dendo che negli ultimi due
piani dell’edificio a destina-
zione commerciale, milleot-
tocento metri cubi per 600
metri quadrati di superficie,
venisse consentita la realizza-
zione di abitazioni. Una ri-
chiesta in qualche modo
«estemporanea», soprattutto
alla luce del fatto che il Piano
dell’R-0 concede alla proprie-
tà dell’immobile di optare tra
l’utilizzo commerciale e quel-
lo direzionale (uffici). SE co-
me sembra l’indirizzo degli
uffici comunali dell’urbanisti -
ca è quello di negare la possi-
sibilità di utilizzare a fini resi-
denziali due piani dell’edifi -
cio, il problema di rispondere
ufficialmente alla richiesta di
cambio di destinazione pre-
sentata dalla Falco Immobi-
liare non sussiste. Un diniego
non aggiunge né toglie alcun-
ché alla situazione esistente,
né potrebbe sollevare questio-
ni o iniziative da parte della
Procura della Repubblica che
ha l’edificio in sequestro. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/d55ac592466bce41a231f127d6184d71
Aprilia centrale a turbogas Sorgenia, più controlli, Legambiente assente alla conferenza
Parlati: ascoltare il parere di associazioni e territorio in attesa del rinnovo dell’Aia l’intervento di Legambiente (finanziata da Sorgenia)
L’ASSOCIAZIONE LE-
GAMBIENTE torna a chie-
dere che vengano prese in
considerazione le osserva-
zioni di associazioni e comi-
tati prima di procedere a
qualsiasi rinnovo dell'Aia
per la Centrale Termoelettri-
ca a Ciclo Combinato di
Campo di Carne ad Aprilia.
Mentre da un momento
all’altro ad Aprilia arriveran-
no i risultati del lavoro della
commissione istruttoria del
Ministero dell'Ambiente per
il rinnovo dell’autorizzazio -
ne integrata ambientale, Le-
gambiente torna a puntare il
dito sugli impatti della cen-
trale.
«Già ad inizio anno - comu-
nica Lorenzo parlati presi-
dente regionale di Legam-
biente - in occasione della
precedente riunione della
Conferenza dei Servizi, Le-
gambiente Lazio col Circolo
Legambiente di Aprilia ave-
vano presentato le proprie
osservazioni facendo notare
come le mitigazioni ambien-
tali proposte sembravano
piuttosto deboli ed andavano
pertanto riconsiderate in fa-
vore di misure più incisive».
In sostanza le modalità rela-
tive ai controlli e alla comu-
nicazione dei dati per le com-
ponenti aria e rumore appari-
vano poco chiare e risultava
insufficiente il sistema di
monitoraggio; la tubazione
per scaricare all’esterno del
lotto il troppo pieno della
vasca di seconda pioggia in
un collettore acque bianche
nel Fosso Caronte risultava
non idoneo al recapito di
reflui.
«Il rinnovo dell'Autorizza-
zione deve passare per serie
valutazioni sull'impatto am-
bientale della centrale e la
predispozione di adeguate
misure di contenimento sen-
za le quali sa-
rebbe irre-
sponsabile an-
dare avanti
–ha dichiarato
Lorenzo Par-
lati, presidente
di Legambien-
te Lazio-. Su
questo occorre
una stretta vi-
gilanza della
Regione Lazio
che deve pre-
tendere strin-
genti prescri-
zioni che an-
dra nno
recepite e fatte
o s s e r va r e » .
Sulla stessa
lung hezza
d’onda si era
espresso in
questi ultimi
giorni anche il
sindaco Antonio Terra che
aveva posto l’attenzione sul
rispetto delle prescrizioni,
vecchie e nuove. http://latina-oggi.it/public/newspaper/read/hash/2b38f50fac7a5dad78201e7ca5c44ff5
Ventotene, tunnel bocciato dalla Regione ma il comune insiste: il cantiere si farà
Stop della Pisa na al contestato scavo tra Porto Romano e campo di calcio. Il sindaco: «Appalto c'è, non ci fermiamo»
La Grotta dei Passeri, a Cala Rossano, che si vorrebbe sfruttare come ingresso del tunnel
VENTOTENE (Latina) - La Regione
Lazio dice no al contestato tunnel di Ventotene, ma gli esponenti del
mondo ambientalista laziale cantano vittoria forse troppo presto.
L'amministrazione comunale dell'isola, infatti, non ha intenzione di
fermare il progetto della galleria da 6 milioni di euro neppure dopo il
parere negativo espresso dal Comitato tecnico regionale per i lavori
pubblici. «Appalto già assegnato - replica il sindaco Geppino Assenso -
l'iter non si ferma».
Il sindaco di Ventotene Geppino Assenso
IL CONTESTATO PROGETTO - In ballo
c'è un opera osteggiata da buona parte della popolazione locale: un
tunnel che attraversa il tufo alle spalle del Porto Romano (molto
franoso per la verità) per consentire il passaggio di mezzi bypassando
la banchina dell'antico molo, passando così dal porto al paese (sbucherà
vicino al campo da calcio) in un percorso di circa 300 metri. Un
impatto enorme per un fazzoletto di terra così fragile come Ventotene:
appena un chilometro e mezzo di tufo in continuo sgretolamento. Un
dissesto idrogeologico che nel 2010 fu causa, peraltro, della morte di
due studentesse romane travolte dal distacco di un costone a Cala
Rossano. Ma secondo il comune il tunnel è anche una risposta alla messa
in sicurezza del territorio, priorità che di fatto ancora attende una
risposta.
Ventotene: il futuro accesso del tunnel
NON CI FERMIAMO - Sotto le
minacce di ricorsi da parte delle associazioni 'green' e accompagnato
dagli anatemi degli isolani che temono per l'avvio di un cantiere così
imponente, così come per l'effettiva tenuta del terreno, il Comune ha
compiuto quasi indisturbato i propri passi per cercare di realizzare
l'opera. E continua a farlo nonostante la bocciatura delle scorse
settimane. «Si è fatta un po' di confusione in questi giorni: il parere
del comitato è relativo ad un progetto preliminare. Il Comune - dice
Geppino Assenso - ha già inviato le controdeduzioni che saranno
esaminate dal nuovo comitato che verrà nominato da Zingaretti. Ad oggi,
dunque, non ho elementi per dire che l'opera si farà o meno. Certo è che
l'iter va avanti, considerando il fatto che c'è già una ditta
incaricata per l'esecuzione dell'opera, appaltata nel 2012». PROGETTO CARENTE - Una risposta indiretta anche a chi, come Lorenzo Parlati di Legambiente e il consigliere regionale Cristina Avenali, ricordava che il progetto del tunnel era stato definito dall’organismo tecnico «non accettabile ai fini del finanziamento e carente di tutti i presupposti tecnico-normativi necessari». Ma non ha fatto i conti con la caparbietà del sindaco Assenso, che invece quel progetto briga per renderlo finanziabile. Altroché.
La vecchia strada del porto romano
PROSSIMO FUTURO - Per quanto
riguarda le altre opere in via di realizzazione sull'isola, il sindaco
esprime cauto ottimismo sulla realizzazione del campo boe intorno
Ventotene, concepiti per evitare gli ormeggi sconsiderati intorno
all'isola: «Alla gara hanno risposto due aziende non dell'isola - dice
Assenso - e dopo l'apertura delle offerte che avverrà a breve, possiamo
sperare di installare le boe per il mese di agosto». Forse uno dei pochi
tentativi concreti di abbassare l'impatto della presenza umana per
l'isola che doveva diventare la perla dell'ecosostenibilità, mentre
appare sempre più come una terra di conquista per affari che forse la
danneggeranno senza appello. Michele Marangon30 giugno 2013 | 11:10© RIPRODUZIONE RISERVATA http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_giugno_30/ventotene-nuovo-stop-al-tunnel-polemiche-2221922656544.shtml
Bandiere blu, il bluff del mare pulito non balneabile: ecco l’inghippo
La Fee assegna l'ambito riconoscimento ai singoli tratti di costa e non a tutto il litorale della località interessata. Eppure sul sito dell'organizzazione e soprattutto sui portali istituzionali di diversi Comuni la differenza non viene sottolineata. E così 'diventano' blu spiagge 'non balneabili'. Con buona pace dei turisti
di Luigi Franco | 28 giugno 2013 http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/28/bandiere-blu-bluff-mare-pulito-non-balneabile-ecco-inghippo/639716/#foto-1-il-sito-di-bandiera-blu-prima-della-telefonata-del-fatto
Bandiera blu sì, qualità dell’acqua mica tantoIn Abruzzo, di località premiate con bandiere blu, ce ne sono ben 14. Ma il colore blu è piuttosto sbiadito. Secondo la classificazione della Regione che prende in considerazione le analisi fatte negli ultimi quattro anni (2013 escluso) dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), solo quattro di questi comuni hanno acque di qualità ‘eccellente’ lungo tutta la costa: Tortoreto, Silvi, Rocca San Giovanni e Fossacesia. Sei paesi hanno invece alcune spiagge dove in questa stagione balneare è addirittura vietato tuffarsi in acqua: non solo San Vito Chietino, ma anche Roseto degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare, Ortona e Vasto.
Ma le incoerenze nell’assegnazione delle bandiere blu non riguardano solo l’Abruzzo. Che qualcosa non torni si nota già con una rapida occhiata alla cartina sul sito della Fee Italia (guarda la mappa), la succursale nostrana della Foundation for Environmental Education, un’organizzazione non governativa con sede in Danimarca che ha lo scopo di diffondere pratiche ambientali corrette. Come è possibile che le bandiere blu siano concentrate soprattutto lungo l’Adriatico, in Liguria e Toscana, mentre la Sardegna ne ha appena sette e la Sicilia quattro? Non sono i mari delle isole quelli che tutto il mondo ci invidia? Nella domanda sta già una prima risposta. Località che godono di ottima reputazione non hanno bisogno di candidarsi all’assegnazione della bandiera blu, e così non compilano il questionario predisposto dalla Fee. A molte di queste, la bandiera blu, nemmeno interessa.
I comuni che invece partecipano alla selezione devono rispondere a un questionario per dichiarare di avere spiagge dotate di servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso. Tra le altre cose, vengono premiate anche la raccolta differenziata dei rifiuti, la disponibilità di mezzi di trasporto ecosostenibili e le iniziative di educazione ambientale. C’è poi un criterio imprescindibile: “Solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura”, si legge nel regolamento. E ancora: “I risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni balneari devono essere allegati alla candidatura”. La Fee, almeno in teoria, impone limiti ancora più stringenti per le concentrazioni di escherichia coli ed enterococchi intestinali, rispetto a quelli imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale: l’acqua deve essere di qualità ‘eccellente’, non basta che sia ‘buona’ o sufficiente’.
Eppure la teoria sembra non trovare riscontro nella pratica. In Abruzzo e altrove. Risalendo un poco la costa adriatica, nelle Marche, sono tre le località premiate che quest’anno presentano aree precluse alla balneazione dalla Regione perché con acque di qualità ‘scarsa’: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema ce l’hanno Sanremo in Liguria, Camaiore e Piombino in Toscana. Inoltre diverse località premiate con bandiera blu, accanto alle acque eccellenti, hanno aree per la balneazione con una classificazione ‘buona’ o ‘sufficiente’ (guarda la cartina interattiva). Nessun divieto di nuotare lì, ma una classificazione non ‘eccellente’ significa che ogni tanto può capitare qualche campione con concentrazioni di batteri che non riducono al minimo le possibilità di contrarre dopo una nuotata malattie come la gastroenterite.
Quelli che l’inquinamento spunta dopo la bandiera blu
Secondo le verifiche fatte da ilfattoquotidiano.it su tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, le località con bandiera blu che non hanno tutte le acque eccellenti sono 41 su 131. Capitano poi situazioni paradossali, come a Roseto degli Abruzzi e Giulianova, in provincia di Teramo, dove a maggio sono state consegnate le bandiere blu 2013 e dopo due giorni alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione perché le analisi effettuate dall’Arta hanno rivelato livelli di contaminazione troppo elevata.
Divieti temporanei analoghi sono stati emessi nella stagione balneare da poco avviata anche dai sindaci di altri comuni premiati con il vessillo della Fee, come per esempio a Petacciato e Termoli in Molise, Sanremo in Liguria, Porto Recanati nelle Marche, Sapri in Campania, Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana. E sulle nuove analisi sono cadute anche località con bandiera blu che in seguito ai campioni raccolti fino al 2012 avevano ottenuto ‘eccellente’ in tutti i punti: Camporosso e Celle Liguria in Liguria, Fano nelle Marche, Viareggio e Marina di Carrara in Toscana hanno dovuto chiudere tratti di costa per alcuni giorni. Gli sforamenti in diversi casi sono avvenuti in concomitanza con piogge abbondanti, che aumentando la portata dei fiumi hanno fatto riversare in mare più batteri del solito.
La reazione della Fee svela (in parte) l’inghippo
Ilfattoquotidiano.it settimana scorsa ha contattato Claudio Mazza, presidente di Fee Italia, per chiedere spiegazioni delle incongruenze riscontrate. Dall’organizzazione, che ha partner istituzionali come la presidenza del consiglio, l’Anci e l’Ispra, qualche giorno dopo è arrivata un’email che chiarisce ben poco. Dal sito però è scomparso il pdf della cartina che elencava i comuni a bandiera blu ed è comparso all’improvviso il link a una pagina del sito di Fee International dove su una cartina interattiva si può andare a individuare ogni singola bandiera blu.
E lì si scopre l’inghippo. In molti casi i vessilli non sono stati assegnati al comune, ma a singole spiagge. Così a San Vito Chietino a meritarsi il vessillo sono stati solo i tratti di Calata Turchino e di Molo Sud. Solo che in Italia nessuno lo aveva detto. E molti comuni, anche sui loro siti istituzionali, fanno a gara per fare bella mostra della bandiera blu, senza sottolineare che solo alcuni tratti di costa se la sono guadagnata. Il tutto alla faccia dei turisti. Che partono col bagagliaio pieno verso quello che credono un mare pulitissimo. E poi si ritrovano davanti a un bel cartello di divieto di balneazione. Certo, possono sempre spostarsi di un centinaio di metri più in là per prendere il sole su una spiaggia migliore. E magari si chiedono che succede se cambia la corrente.Non solo batteri
Non si illudano poi i turisti che il mare con bandiera blu sia per forza il mare migliore, anche se la contaminazione di batteri non c’è. “Acque che non presentano problemi dal punto di vista sanitario – spiega Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente – possono essere acque povere di biodiversità, con un ecosistema sofferente”. A qualcuno poi è capitato di scegliere per le vacanza San Felice Circeo, nel Lazio, e trovare le spiagge invase di chioschi abusivi e strutture di cemento non autorizzate. Ventisette persone sono indagate dalla procura di Latina. Il regolamento Fee prevede che “la spiaggia e l’area circostante devono trovarsi nelle condizioni di massimo rispetto dei piani regolatori e della legislazione ambientale”. Non fa nulla. Sventola la bandiera blu. Anche a San Felice Circeo.
Twitter: @gigi_gno
Università di Latina, pasti gonfiati alla mensa: esposto in Procura
http://www.ilmessaggero.it/LATINA/mensa_universit_amp_agrave_procura_pasti_gonfiati/notizie/298341.shtml
di Monica Forlivesi
LATINA - E’ stata una studentessa ad accorgersi che qualcosa non andava nella mensa universitaria di Latina. E’ da quel sospetto che sono partiti gli accertamenti da parte di Laziodisu, l’ente per il diritto agli studi universitari, verifiche che hanno portato alla risoluzione anticipata del contratto con il locale convenzionato nel Capoluogo. Laziodisu ricostruisce così l’accaduto: spiega che effettuando l’attività periodica di monitoraggio sull’afflusso di studenti alle mense convenzionate, dopo la segnalazione di un’utente «sono state rilevate numerose irregolarità in merito alle operazioni di cassa in un locale di Latina per la somministrazione di pasti dal marzo 2010». Partono le ispezioni, direttamente a Latina, e le verifiche telefoniche con gli utenti per verificare se avessero davvero usufruito del servizio mensa. Secondo Laziodisu è emerso «un netto scarto tra le operazioni di cassa effettuate e l’effettiva presenza di studenti nella sede e di conseguenza nella somministrazione di pasti». L’ultima ispezione risale a martedì scorso, il 25 giugno, il personale dell’ente ha rilevato l’assenza all’interno della trattoria di 15 studenti che risultavano però aver timbrato l’ingresso. «Da successivi riscontri a campione - si legge in una nota - è stata accertata un’ulteriore netta discrepanza tra ingressi registrati ed effettivi. Laziodisu ha dunque riscontrato un gravissimo impedimento della ditta titolare del locale agli obblighi di legge e contrattuali, oltre a plurime violazioni che hanno portato alla risoluzione anticipata del rapporto, fatta salva ogni eventuale azione risarcitoria. Contestualmente Laziodisu ha presentato un esposto/denuncia alla Procura della Repubblica di Latina».
Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione, ringrazia i dipendenti: «Grazie al loro operato è emersa una situazione di grave irregolarità con danni evidenti all’Ente. Un ringraziamento va anche agli studenti che hanno collaborato per l’accertamento delle anomalie. La Regione andrà avanti nella direzione della piena trasparenza e della legalità, oltre che nella tutela degli studenti».
Sabato 29 Giugno 2013 - 21:06
Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Giugno - 18:54
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sabato 29 giugno 2013
Parigi: “Il Tav? Può aspettare il 2030” la Torino Lione non è prioritaria
Il fatto quotidiano 29 giugno 2013
LA COMMISSIONE FRANCESE MODIFICA LA LISTA DELLE OPERE: LA TORINO-LIONE NON È PRIORITARIA
di Susa e di S.J. de Maurienne la commissione
non si pronuncia non avendo
i requisiti per poterlo fare in quanto
l'opera è prevista da un accordo
internazionale tra Francia e Italia siglato
alla fine dell'anno passato tra il
presidente italiano Mario Monti e
quello francese Francois Hollande.
Un'intesa che, proprio per la sua natura,
può essere messa in discussione
solo dai rispettivi Parlamenti e non da
un organismo diverso. La commissione
si pronuncia sulle infrastrutture
collaterali al tunnel, come le vie d'accesso,
senza le quali lo stesso tunnel da
di Daniele Martini
Se continua così, i sostenitori italiani
a oltranza del Tav, la ferrovia
ad alta velocità tra Torino e Lione, alla
fine faranno la fine dei cavalieri del
Boiardo che “del colpo non accorti”
ancora guerreggiavano, ma erano
“morti”. Continueranno, cioè, a sostenere
la grande e costosa opera senza
rendersi conto che nel frattempo
intorno a loro si sta facendo il vuoto.
L'ULTIMA e significativa presa di distanza
dal gigantesco progetto proviene
dalla Francia e si somma al colpo
inferto di soppiatto al Tav dal governo
italiano che, praticando come al solito
una specie di doppia verità, da una
parte continua a ripetere solennemente
per bocca del presidente, Enrico
Letta, e del ministro delle Infrastrutture,
Maurizio Lupi, che quella ferrovia
si farà perché è vitale per gli interessi
del paese. Ma con l'altra mano
sottrae i fondi necessari ai lavori prendendo
atto che di soldi per opere grandi,
ma opinabili, in questo momento
non ce ne sono davvero più. In Francia
quello che somiglia tanto ad un de
profundis per il Tav lo ha intonato
la commissione mista sulle
grandi opere, 6 deputati, 6 senatori
e 4 tecnici più un presidente,
il sindaco di Caen nonché deputato
socialista del dipartimento
del Calvados, Philippe Duron, a
cui era stato affidato il compito di
fare il tagliando alla politica dei
grandi investimenti per infrastrutture
varata all'epoca del presidente
precedente, il conservatore
Nicolas Sarkozy. Con una
dose di buon senso e di realismo
la commissione ha messo in dubbio
che nel prossimo quarto di secolo
possano essere disponibili 245 miliardi
di euro da investire per le grandi
opere francesi. Quindi, inutile insistere
con i sogni di gloria e di grandezza,
meglio tagliare la testa al toro e concentrarsi
su ciò che è possibile fare sul
serio. Il Tav tra Torino e Lione non
viene inserito tra queste priorità. O
meglio, la cosa non viene esplicitata
così chiaramente, ma le indicazioni
assunte sono tali che quello è l'inevitabile
sbocco. Per quanto riguarda i
57 chilometri di tunnel in senso stretto
sotto le Alpi con annesse le stazioni
solo è però poco più di un inutile
buco nella montagna preceduto
e seguito sostanzialmente
dal nulla. Ebbene, queste
opere collaterali vengono
definite “seconde priorità” dal -
la commissione transalpina e
la loro esecuzione rinviata addirittura
al 2030. Se non è una
bocciatura di tutto il Tav, poco
ci manca. La cosa politicamente
significativa è che le conclusioni
a cui è arrivata la commissione
non sono state chiuse
in un cassetto, ma hanno ricevuto
un immediato endorsement al
più alto livello dal primo ministro
transalpino Jean Marc Ayrault. Nonostante
le affermazioni contrarie di
fonte governativa, anche in Italia gli
atti concreti non suonano bene per un
iter spedito della Torino-Lione. Nella
Finanziaria 2013, approvata a fine
2012, per il Tav era autorizzata una
spesa di 60 milioni per il 2013, 100
milioni per il 2014 e 680 per il 2015.
Cifre sensibilmente ridotte e addirittura
quasi azzerate con il cosiddetto
“decreto del fare” approvato dal governo
alcuni giorni fa.
Green Italia, i “ve rd i ” b i p a r t i s an ECOLOGISTI DI DESTRA E SINISTRA SI UNISCONO. E LANCIANO LA SFIDA NEL PD
Il fatto quotidiano 29 giugno 2013
FONDATORI
Democratici come
Ferrante e Della Seta
con ex An come
Granata e Perina:
“Rivalutiamo bellezza
e innovazione”
di Sara Nicoli
Un “eco candidato” per la segreteria del
Pd? La corsa alla successione di Epifani
si arricchisce di un elemento “verde”. È
“Green Italia”, nuova frangia politica del Pd
di stampo ecologista con ambizione di trasformarsi
in vero soggetto politico per colmare
il vuoto lasciato, ormai da anni a sinistra,
dai Verdi. Ieri la presentazione del
manifesto di Green Italia, oggi l’assemblea
nazionale degli Ecodem, gli ecologisti del
Pd, nella sede di Sant’Andrea delle Fratte,
con la partecipazione del segretario democratico
Guglielmo Epifani e del ministro
dell'Ambiente Andrea Orlando. Non sarà
un’assemblea ‘qualsiasi’, ma un’assise nella
quale si manifesterà il disagio degli Ecodem
che intendono “lanciare un ultimatum” alla
segreteria; quest’anima ecologista del partito
ha spazi sempre più marginali nelle decisioni
politiche, come ne sono chiaro riflesso
i componenti entrati nell'esecutivo
Letta. Un “ultimatum”, dunque, che vede
gli Ecodem lanciati verso un congresso “da
protagonisti”, al punto da dirsi pronti a
“portare un nome per la segreteria”. Che,
probabilmente, verrà svelato proprio oggi.
INTA NTO, ci si interroga sulla sostanza. E
cioè sul come far risorgere il tema ecologista
e della green economy dentro il più grande
partito della sinistra italiana. Questione non
da poco. Tra gli eletti Pd provenienti dai
Verdi (come Ermete Realacci, tanto per citarne
uno) il malumore, d’altra parte, è alto
da tempo, tanto che ormai si parla apertamente
della possibilità di emersione di “una
componente autonoma da 10-15 deputati"
alla Camera, giusto per non farsi scippare le
questioni ecologiste dagli outsider grillini.
Una eco-pattuglia pronta che, però, ha bisogno
di “un segnale” per emergere e che
dovrebbe partire dalla segreteria. Durante la
presentazione di Green Italia (che annovera
tra i “fondatori” ex parlamentari Pd, come
Roberto Della Seta e Francesco Ferrante,
esponenti politici provenienti dall'area di
destra come Fabio Granata e Flavia Perina e
la presidente dei Verdi europei Monica
Frassoni, insieme con figure storiche dell’ambientalismo
italiano come Grazia Francescato),
il segretario democratico Epifani
ha spiegato infatti che il Pd vuole orientare
proprio sull’ambiente “l’azione politica nel
Paese per i prossimi anni”, aggiungendo che
il contributo dato in questi anni dagli Ecologisti
Democratici “ci ha cambiati sostanzialmente,
nella testa e nelle convinzioni”.
“Green Italia – gli ha fatto eco Roberto Della
Seta – è un azzardo necessario. Dobbiamo
convincere i cittadini, e prima ancora la politica,
che difendere l'ambiente è tutt’uno
con la prospettiva di benessere oggi più vera
e concreta. Serve a creare lavoro, a combattere
ingiustizie, a guarire l’Italia dalla sua
‘depressione’”. Una partecipazione trasversale
quella a Green Italia, che vede mescolati
rappresentanti dell’imprenditoria verde e
dell’associazionismo, e persone con radici
politiche assai diverse. Per Fabio Granata,
Green Italia “non è una rifondazione verde.
È un progetto politico legato alle specificità
italiane, ovvero la bellezza e lo spirito innovativo.
La trasversalità riguarda il passato,
perché sul futuro con chi affronta questa avventura
di Green Italia abbiamo identica visione”.
Insomma, in attesa di un green new
deal, si guarda però al congresso Pd, nella
speranza che il nuovo soggetto basti ad evitare
che la componente Ecodem del Nazareno
si arrocchi creando l’ennesima corrente
in un partito dove ormai si rischiano i vortici.
La sfida è partita, oggi l’assemblea nazionale
per le prime risposte.
Sicilia, sequestrano la villa a imprenditore antimafia. ‘Sotto inchiesta per corruzione’
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/28/bagheria-sequestrano-villa-imprenditore-antimafia-sono-sotto-inchiesta/640688/
A Gianluca Calì prima gli sono arrivate le minacce di sedicenti “eredi”, quindi non ha più potuto usufruire dell'abitazione, perché finita in un vortice di sequestri disposti da alcuni ufficiali della Forestale poi finiti nel mirino della procura. “Io volevo soltanto provare a rilanciare la nostra terra", dice
Da quando Gianluca Calì ha deciso di tornare a lavorare nella sua Sicilia i guai sono spuntati ad ogni angolo. Come funghi. Siamo ad Altavilla Milicia, zona costiera tra Bagheria, Casteldaccia e Palermo. È qui che Calì torna nel 2009 per aprire una succursale della sua concessionaria d’automobili milanese: la Calicar. Ma al pronti via, qualcosa comincia subito ad andare storto: a Calì arriva immediatamente una richiesta di pizzo dalla cosca mafiosa locale. “Richiesta che non mi sono mai sognato di assecondare, li ho denunciati” sottolinea lui da siciliano orgoglioso. Il 3 aprile del 2011 alcune automobili della sua concessionaria di Casteldaccia vanno a fuoco. La storia di Gianluca Calì, l’imprenditore antiracket, finisce sui giornali. “Mi è stato vicino soprattutto il centro Pio La Torre” dice lui. Intanto le indagini degli inquirenti portano in carcere 21 affiliati al clan di Bagheria: tra questi anche i suoi estorsori.
Storia finita? Neanche per idea. Perché nel frattempo Calì ha avviato le pratiche per acquistare all’asta una villa vicino Casteldaccia: due piani da 160 metri quadrati l’uno. “L’idea era quella di trasformarla in una struttura ricettiva, che potesse creare un minimo di ricchezza per la nostra terra, dare lavoro e incrementare l’indotto turistico della zona”, spiega. Quella villa però non è una casa qualsiasi: apparteneva allo storico padrino di Bagheria Michelangelo Aiello e al suo sodale Michele Greco, il Papa di Cosa Nostra. Non è mai stata confiscata perché era ipotecata ed è quindi passata nelle disponibilità di un istituto di credito che lo mette all’asta. “Poco prima di presentare la mia offerta, ricevo la visita di alcuni personaggi”, racconta Calì. Si presentano come “eredi dei precedenti proprietari” e chiedono all’imprenditore di “lasciar perdere quella casa”. “Risposi di ripetere le loro parole davanti ad un giudice, dopo di ché mi aggiudicai la casa”, spiega Calì.
E per un po’ sembra passare tutto liscio. La quiete però dura poco. Perché l’8 febbraio scorso la villa che fu dei boss viene sequestrata da due ispettori della Forestale. “Stato grezzo e in corso d’opera”, scrivono nel verbale di sequestro, come se la costruzione fosse stata costruita di sana pianta in maniera abusiva. Così non è, perché quella villa esiste dal 1965, e Calì sta solo attuando dei lavori di ristrutturazione. Fa opposizione al sequestro e il 4 marzo ritorna in possesso dell’immobile. I “solerti” ispettori della Forestale però non demordono. E il 15 marzo sequestrano di nuovo la villa con le stesse motivazioni. Solo un duplice intoppo burocratico? Un errore? Possibile. Il verbale di sequestro porta due firme: sono gli ispettori della Forestale di Bagheria Luigi Matranga e Giovanni Coffaro. Che a fine marzo finiscono coinvolti in un’inchiesta della procura di Palermo: alcuni dipendenti della Forestale di Bagheria ricattavano gli abitanti della zona minacciando il sequestro di immobili. In cambio chiedevano somme di denaro.
“Una vicenda – scrive il gip Angela Gerardi – in cui emerge lo scarso se non inesistente senso del dovere e indegno esercizio del potere che interessa alcuni componenti dell’ufficio del corpo forestale (tra questi viene citato proprio Giovanni Coffaro) e l’irresponsabile comportamento da parte di altri (come il comandante Luigi Matranga)”. In carcere finiscono in quattro. Coffaro, uno dei due che sequestra la villa di Calì, è tra gli indagati anche se il gip ha respinto l’arresto. Nelle carte dell’inchiesta si ipotizza invece che Matranga, l’altro estensore del verbale di sequestro, fosse a conoscenza del “lavoro sporco” portato avanti dai suoi sottoposti. “Matranga non ha mai presentato una denuncia né ha mai segnalato i comportamenti dei suoi subordinati” scrive sempre il gip. A Calì però non è mai arrivata una richiesta formale di “messa a posto” per dissequestrare la villa. “Finora ho speso migliaia di euro per far valere un mio diritto contro un verbale che non sta né in cielo né in terra. Eppure questi si accontentavano di 500 euro”.
Dalle maglie dell’inchiesta sui forestali però emerge anche altro: l’ombra della mafia di Bagheria. Un elemento in più se si pensa che i lavori di ristrutturazione della villa che fu di Greco sono affidati dall’imprenditore palermitano a suo fratello, l’ingegner Alessandro Calì. Che i tentacoli della piovra li ha visti da vicino qualche tempo fa, quando da presidente dell’ordine degli ingegneri ha radiato dall’albo Michele Aiello, il ricchissimo prestanome di Bernardo Provenzano. Aiello è un uomo potente e fortunato: condannato a 15 anni di carcere è riuscito a trascorrerne uno ai domiciliari, proprio nella sua Bagheria, perché affetto da favismo. Solo una coincidenza? Può darsi. Nel frattempo la villa che fu dei boss rimane sequestrata in attesa che la Cassazione si esprima nel settembre prossimo. “Io volevo soltanto provare a rilanciare la nostra terra. Ma per un imprenditore onesto, imbattersi non solo nella mafia, ma anche in infedeli servitori dello Stato non è un bel segnale”. E in Sicilia, isola che vive soprattutto di segnali, è ancora peggio.
@pipitone87
Blitz animalista a Milano, foto su Facebook mostrano i topi ammassati in un bagno
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/28/blitz-animalista-a-milano-foto-su-facebook-mostrano-topi-ammassati-in-bagno/640703/ Il blitz all'Università di Milano è avvenuto lo scorso 20 aprile. Il profilo sul social network "A favore della sperimentazione animale" spiega: "Si può desumere che questa sia la loro sistemazione da circa 2 mesi". Daria Giovannoni, presidente di Pro-Test Italia: "Tutto il lavoro intanto è andato perduto"
Più informazioni su: Sperimentazione, Sperimentazione Animale.
La ragazza, nel post, spiega che la foto sia la dimostrazione che gli animali sono ancora vivi. Ma l’immagine crea polemica. Il gruppo nato sul social network “A favore della sperimentazione animale“, rilanciando l’immagine ha commentato: “La nuova sistemazione dei topi “liberati” (rubati) dal dipartimento di farmacologia di Milano…adesso sì che stanno bene! Ammassati in centinaia in un cesso! A parte ammassarli in centinaia in poche gabbiette, quel locale (un bagno!) non può rispettare le norme di tutela animale che invece rispettava lo stabulario, ad esempio non può essere rispettato il ciclo circadiano, ovvero le regolarità del periodo buio/luce: se la tizia deve andare in bagno nel cuore della notte, ovviamente accenderà la luce, e questa è una fonte di stress per i topi che i ricercatori stanno bene attenti ad evitare. Inoltre si pensi anche all’umidità dell’ambiente quando si fa la doccia! Tutta umidità che fa male ai topi!”. Molti ricercatori accusano inoltre Carleenee di comportamenti crudeli attraverso facebook.
Il blitz all’Università di Milano, che, come avevano denunciato i ricercatori aveva rovinato anni di ricerche su malattie come Alzheimer, Parkinson, autismo e sclerosi multipla e rischiava di uccidere gli esemplari, alcuni con mutazioni genetiche e abituati a vivere in determinati contesti, era stato compiuto il 20 aprile. Successivamente i ricercatori sono anche scesi in piazza a favore della ricerca sugli animali. La foto è stata pubblicata l’11 giugno. Sul profilo “A favore della sperimentazione animale” si legge che, partendo da questa data, “si può desumere che questa sia la loro sistemazione da circa 2 mesi“.
Ma la giovane, sempre dalla propria pagina Facebook ha risposto alle accuse: “Nel momento in cui è stata scattata quella foto in ognuna di quelle gabbie viveva un solo topo: le femmine infatti erano già state date tutte in adozione. Mi è rimasta una sola femmina che, mea culpa, ho sbagliato a sessare, e dunque l’ho scambiata per un maschio e ha avuto 3 cuccioli. Lei e i suoi cuccioli si trovano in una teca 60x70cm, che nella foto non si vede. Tutti gli altri non sono più in casa mia da tempo: sono andati in adozione singolarmente, previa regolare compilazione di modulo di adozione per ogni singolo topo, controlli pre affido e seguiranno i controlli post affido. Fintanto che le gabbie sono state in casa mia sono state pulite integralmente due volte a settimana, ogni singolo topo ogni giorno ha ricevuto due cambi acqua (mattino e sera) nonchè cibo idoneo”.
“Le gabbie erano molte in una sola stanza? Si. – prosegue il post - Ma ogni topo ne aveva una intera a sua disposizione, con un corretto cambio di aria: che poi intorno alla sua ce ne fossero altre dieci o nessuna poco gli cambiava. Dove stavano prima erano ammassate alla stessa maniera se non peggio, in più topi in gabbiette grandi meno della metà delle mie. Gabbie asettiche, senza nessun arricchimento ambientale, senza nemmeno un nido dove rifugiarsi. Certo tutti gli esperti che hanno tuonato contro il presunto maltrattamento avvenuto in casa mia sapranno quanta sofferenza crei una detenzione in simili condizioni”.
A commentare la foto al fattoquotidiano.it è Daria Giovannoni, presidente di Pro-Test Italia: “Noi non sappiamo se gli animali sono ancora in queste condizioni perché la foto pubblicata più di recente è dell’11 giugno, ma è un po’ anomalo considerato che si parla di persone che si sono dette contrarie a ogni tipo di maltrattamenti degli animali, convinti che dentro gli stabulari gli animali venissero torturati”. E poi spiega: “Nei laboratori c’è massima cautela, non si tengono più di tre topi per gabbia: qui si vedono gli animali che finiscono a lottare fra di loro, come è abbastanza normale in situazioni di affollamento – spiega Giovannoni – oltretutto questi esemplari presentavano della patologie e noi vorremmo sapere come stanno procedendo”.
Le malattie di questi animali sono trasmissibili all’uomo? “No, ma di generazione in generazione si”. Il fatto che la ragazza nei commenti abbia fatto sapere che i topi abbiano figliato dimostra un errore: “Si è sbagliata. E questa è la dimostrazione che non bastano le buone intenzioni - aggiunge il presidente di Pro-Test - Il cambiamento per questi animali è stato di passare da una gabbia all’altra”. Infine un appello: “Rispetto molto lo spirito che la giovane ha avuto nel volersi prendere cura di questi animali, però al tempo spesso vorrei invitarla a documentarsi meglio di come procede il lavoro negli stabulari: nei laboratori gli animali non soffrono. Intanto – conclude Giovannoni – tutto il lavoro è andato perduto, i ricercatori hanno dovuto ricominciare daccapo. Sarà necessario allevare di nuovo questi animali e cosi avremo il doppio degli esemplari malati”.
la truffa della bandiera blu coinvolge anche San Felice Circeo
Bandiere blu, il bluff del mare pulito non balneabile: ecco l’inghippo
La Fee assegna l'ambito riconoscimento ai singoli tratti di costa e non a tutto il litorale della località interessata. Eppure sul sito dell'organizzazione e soprattutto sui portali istituzionali di diversi Comuni la differenza non viene sottolineata. E così 'diventano' blu spiagge 'non balneabili'. Con buona pace dei turisti
Bandiera blu sì, qualità dell’acqua mica tantoIn Abruzzo, di località premiate con bandiere blu, ce ne sono ben 14. Ma il colore blu è piuttosto sbiadito. Secondo la classificazione della Regione che prende in considerazione le analisi fatte negli ultimi quattro anni (2013 escluso) dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), solo quattro di questi comuni hanno acque di qualità ‘eccellente’ lungo tutta la costa: Tortoreto, Silvi, Rocca San Giovanni e Fossacesia. Sei paesi hanno invece alcune spiagge dove in questa stagione balneare è addirittura vietato tuffarsi in acqua: non solo San Vito Chietino, ma anche Roseto degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare, Ortona e Vasto.
Ma le incoerenze nell’assegnazione delle bandiere blu non riguardano solo l’Abruzzo. Che qualcosa non torni si nota già con una rapida occhiata alla cartina sul sito della Fee Italia (guarda la mappa), la succursale nostrana della Foundation for Environmental Education, un’organizzazione non governativa con sede in Danimarca che ha lo scopo di diffondere pratiche ambientali corrette. Come è possibile che le bandiere blu siano concentrate soprattutto lungo l’Adriatico, in Liguria e Toscana, mentre la Sardegna ne ha appena sette e la Sicilia quattro? Non sono i mari delle isole quelli che tutto il mondo ci invidia? Nella domanda sta già una prima risposta. Località che godono di ottima reputazione non hanno bisogno di candidarsi all’assegnazione della bandiera blu, e così non compilano il questionario predisposto dalla Fee. A molte di queste, la bandiera blu, nemmeno interessa.
I comuni che invece partecipano alla selezione devono rispondere a un questionario per dichiarare di avere spiagge dotate di servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso. Tra le altre cose, vengono premiate anche la raccolta differenziata dei rifiuti, la disponibilità di mezzi di trasporto ecosostenibili e le iniziative di educazione ambientale. C’è poi un criterio imprescindibile: “Solo le località le cui acque sono risultate eccellenti nella stagione precedente possono presentare la candidatura”, si legge nel regolamento. E ancora: “I risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni balneari devono essere allegati alla candidatura”. La Fee, almeno in teoria, impone limiti ancora più stringenti per le concentrazioni di escherichia coli ed enterococchi intestinali, rispetto a quelli imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale: l’acqua deve essere di qualità ‘eccellente’, non basta che sia ‘buona’ o sufficiente’.
Eppure la teoria sembra non trovare riscontro nella pratica. In Abruzzo e altrove. Risalendo un poco la costa adriatica, nelle Marche, sono tre le località premiate che quest’anno presentano aree precluse alla balneazione dalla Regione perché con acque di qualità ‘scarsa’: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema ce l’hanno Sanremo in Liguria, Camaiore e Piombino in Toscana. Inoltre diverse località premiate con bandiera blu, accanto alle acque eccellenti, hanno aree per la balneazione con una classificazione ‘buona’ o ‘sufficiente’ (guarda la cartina interattiva). Nessun divieto di nuotare lì, ma una classificazione non ‘eccellente’ significa che ogni tanto può capitare qualche campione con concentrazioni di batteri che non riducono al minimo le possibilità di contrarre dopo una nuotata malattie come la gastroenterite.
Quelli che l’inquinamento spunta dopo la bandiera blu
Secondo le verifiche fatte da ilfattoquotidiano.it su tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, le località con bandiera blu che non hanno tutte le acque eccellenti sono 41 su 131. Capitano poi situazioni paradossali, come a Roseto degli Abruzzi e Giulianova, in provincia di Teramo, dove a maggio sono state consegnate le bandiere blu 2013 e dopo due giorni alcune spiagge sono state temporaneamente chiuse alla balneazione perché le analisi effettuate dall’Arta hanno rivelato livelli di contaminazione troppo elevata.
Divieti temporanei analoghi sono stati emessi nella stagione balneare da poco avviata anche dai sindaci di altri comuni premiati con il vessillo della Fee, come per esempio a Petacciato e Termoli in Molise, Sanremo in Liguria, Porto Recanati nelle Marche, Sapri in Campania, Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana. E sulle nuove analisi sono cadute anche località con bandiera blu che in seguito ai campioni raccolti fino al 2012 avevano ottenuto ‘eccellente’ in tutti i punti: Camporosso e Celle Liguria in Liguria, Fano nelle Marche, Viareggio e Marina di Carrara in Toscana hanno dovuto chiudere tratti di costa per alcuni giorni. Gli sforamenti in diversi casi sono avvenuti in concomitanza con piogge abbondanti, che aumentando la portata dei fiumi hanno fatto riversare in mare più batteri del solito.
La reazione della Fee svela (in parte) l’inghippo
Ilfattoquotidiano.it settimana scorsa ha contattato Claudio Mazza, presidente di Fee Italia, per chiedere spiegazioni delle incongruenze riscontrate. Dall’organizzazione, che ha partner istituzionali come la presidenza del consiglio, l’Anci e l’Ispra, qualche giorno dopo è arrivata un’email che chiarisce ben poco. Dal sito però è scomparso il pdf della cartina che elencava i comuni a bandiera blu ed è comparso all’improvviso il link a una pagina del sito di Fee International dove su una cartina interattiva si può andare a individuare ogni singola bandiera blu.
E lì si scopre l’inghippo. In molti casi i vessilli non sono stati assegnati al comune, ma a singole spiagge. Così a San Vito Chietino a meritarsi il vessillo sono stati solo i tratti di Calata Turchino e di Molo Sud. Solo che in Italia nessuno lo aveva detto. E molti comuni, anche sui loro siti istituzionali, fanno a gara per fare bella mostra della bandiera blu, senza sottolineare che solo alcuni tratti di costa se la sono guadagnata. Il tutto alla faccia dei turisti. Che partono col bagagliaio pieno verso quello che credono un mare pulitissimo. E poi si ritrovano davanti a un bel cartello di divieto di balneazione. Certo, possono sempre spostarsi di un centinaio di metri più in là per prendere il sole su una spiaggia migliore. E magari si chiedono che succede se cambia la corrente.Non solo batteri
Non si illudano poi i turisti che il mare con bandiera blu sia per forza il mare migliore, anche se la contaminazione di batteri non c’è. “Acque che non presentano problemi dal punto di vista sanitario – spiega Sebastiano Venneri, responsabile Territorio e Innovazione di Legambiente – possono essere acque povere di biodiversità, con un ecosistema sofferente”. A qualcuno poi è capitato di scegliere per le vacanza San Felice Circeo, nel Lazio, e trovare le spiagge invase di chioschi abusivi e strutture di cemento non autorizzate. Ventisette persone sono indagate dalla procura di Latina. Il regolamento Fee prevede che “la spiaggia e l’area circostante devono trovarsi nelle condizioni di massimo rispetto dei piani regolatori e della legislazione ambientale”. Non fa nulla. Sventola la bandiera blu. Anche a San Felice Circeo.
Twitter: @gigi_gno
Il super gasdotto fa alzare le barricate al Salento. Ed è subito “No Tap”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/27/super-gasdotto-fa-alzare-barricate-al-salento-ed-e-subito-no-tap/638590/
L'infrastruttura che porterà il carburante azero all'Italia passando per Grecia e Albania dovrebbe approdare su una delle spiagge più pregiate dell'area pugliese. Comunità locali pronte a rafforzare l’opposizione al progetto: “Abbiamo un turismo di qualità da difendere e non ci danno garanzie sulla sicurezza”
“Vigileremo perché la voce dei cittadini non sia messa in sordina. È improponibile una scelta unilaterale da parte degli azionisti del consorzio Shah Deniz”. Gli attivisti si battono da anni contro il progetto. Hanno dato impulso ad un’inchiesta della Procura, che indaga, per il momento contro ignoti, per presunti danneggiamenti ai fondali marini durante i sondaggi eseguiti a gennaio. Hanno affinato le competenze, scrutano le mappe, ribattono punto per punto ogni affermazione dei vertici della multinazionale, specie in tema di sicurezza e ricadute occupazionali.
E’ da tempo che a Melendugno, in provincia di Lecce, la geopolitica è entrata nelle case di tutti, nei discorsi fatti al bar, al mercato settimanale. Un braccio di ferro che non si placa. Di mezzo c’è il rischio di mortificare l’unica aspirazione coltivata a lungo da queste parti, la ricchezza che si è scoperto, finalmente, avere un valore: paesaggio e turismo ecosostenibile.“Siamo molto preoccupati. Continueremo ad opporci. Ribadiamo la necessità di una scelta razionale, che tenga conto della vocazione dei territori e del principio di autodeterminazione dei popoli”.
Hanno un nome importante i volontari dissidenti. “No Tap”, richiamo immediato ad un’altra esperienza di lotta, dall’altro capo dell’Italia, quella del rifiuto dell’alta velocità. “Non esiste nessun progetto approvato per l’approdo – ribadiscono – ed è lontano dall’esistere anche un accordo con le comunità e le istituzioni locali”. Si sono opposti con ogni mezzo, politico e amministrativo, i comuni di Melendugno e Vernole. Si è opposta la Regione Puglia, con un parere negativo rilasciato nell’ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale, che, comunque, spetterà al ministero dell’Ambiente concludere. È il respiro di un Salento che vuole farsi sentire e che cerca di farlo battendo le poche strade che gli sono rimaste.
Gli appelli non colti si sono sprecati, diretti anche al ministro leccese Massimo Bray, titolare di Cultura e Turismo. Poi, la chiusura tombale è arrivata con Enrico Letta, durante l’intervista rilasciata a Lilli Gruber, lo scorso 7 giugno. “Una delle cose importanti che abbiamo fatto in questi trentacinque giorni – ha detto il premier – è stata la ratifica dell’accordo con Grecia e Albania per il Trans Adriatic Pipeline, infrastruttura fondamentale, perché noi abbiamo bisogno di diversificare le fonti di accesso all’energia”. Parole che sono sale sulla ferita, perché rifiutano di scrutare con la lente il territorio, perché sembrano ignorare l’eco di un’opposizione tanto ferma.
Era previsto nella zona industriale di Brindisi il primo approdo del mega gasdotto. La presenza di praterie di posidonia oceanica lo ha ricacciato verso sud, sempre più giù, fino a San Basilio, spiaggia dorata abbracciata da pinete. Tap scaglia il dardo sul tallone d’Achille. È quello, infatti, l’unico tratto di costa della Puglia meridionale non vincolato, per quanto di pregio e bellezza mozzafiato, Bandiera Blu e Cinque Vele di Legambiente quest’anno, a un tiro di schioppo dalle Cesine, oasi protetta del Wwf.
Inaccettabile l’approdo lì, almeno agli occhi di chi questo gasdotto assume le sembianze di un elefante in un negozio di cristalli. Si coagula il dissenso. Si rafforza il fronte, al di là della trincea locale. Con i “No Tubo” di Sulmona, ad esempio, contrari al progetto di Snam di un metanodotto via terra da Brindisi a Minerbio. Oppure con i cugini lucani, già sull’attenti per la prospettiva di rendere i pozzi svuotati o in via di esaurimento della Basilicata il nuovo serbatoio della materia prima convogliata da Baku.
È questa, d’altronde, l’ambizione di Roma, rendere l’Italia l’hub del gas per l’Europa, la pancia dell’oro azzurro non russo, il serbatoio da aprire agli altri contrattando sui prezzi, senza avere, ogni inverno, il cappio al collo di Gazprom. Anche a costo di sorvolare sul volere dei territori.
Margherita Hack, morta la scienziata. Aveva 91 anni
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/29/morta-margherita-hack-trieste-astrofisica-aveva-91-anni/641222/
Più informazioni su: Margherita Hack.
Negli ultimi giorni il nome della scienziata fiorentina era finito tra quelli di possibili senatori a vita che, dopo la morte di Emilio Colombo, sono rimasti solo Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti. Nata a Firenze il 12 giugno 1922, la Hack è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, Hack ha svolto un’importante attività di divulgazione e ha dato un considerevole contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle. La scienziata è membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society. Nel 2012 aveva ricevuto l’onorificenza dalla presidenza della Repubblica di dama di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana “per il costante e instancabile impegno profuso nella ricerca scientifica e al servizio della società, che la rende esempio di straordinaria dedizione e coerenza per le giovani generazioni”.
Nata da padre protestante e madre cattolica Hack si laurea nel 1945, con una tesi di astrofisica relativa a una ricerca sulle cefeidi, una classe di stelle variabili. Il lavoro viene condotto presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri, dove inizia a occuparsi di spettroscopia stellare, che diventerà il suo principale campo di ricerca. Enorme lo sviluppo delle attività didattiche e di ricerca che Margherita Hack ha promosso all’università di Trieste, dove ha dato vita nel 1980 a un “Istituto di Astronomia” che è stato poi sostituito nel 1985 da un “Dipartimento di Astronomia”, che la scienziata ha diretto fino al 1990. Dal 1982 Margherita Hack ha inoltre curato una stretta collaborazione con la sezione astrofisica della Scuola internazionale superiore di studi avanzati. La scienziata, inoltre, ha alternato la stesura di testi scientifici universitari, alla scrittura di testi a carattere divulgativo. Il trattato “Stellar Spettroscopy”, scritto a Berkeley nel 1959 assieme a Otto Struve (1897-1963) è considerato ancora oggi un testo fondamentale. Nel tempo Margherita Hack ha collaborato con numerosi giornali e periodici specializzati, fondando nel 1978 la rivista “L’Astronomia” di cui è stata a lungo direttore. Nel 1980 ha ricevuto il premio “Accademia dei Lincei” e nel 1987 il premio “Cultura della Presidenza del Consiglio”.
Ha lavorato in numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell’Esa e della Nasa. In Italia, dove ha fatto anche parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei, con un’intensa opera di promozione ha ottenuto che la comunità astronomica italiana espandesse la sua attività nell’utilizzo di vari satelliti giungendo ad un livello di rinomanza internazionale. In segno di apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato l’asteroide 8558 Hack.
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