martedì 28 maggio 2013
Ilva i padroni delle ferriera verso il commissariamento governo contro i Riva
ILVA, I PADRONI DELLA FERRIERA
VERSO IL COMMISSARIAMENTO
IL GOVERNO VUOLE ESTROMETTERE I RIVA DALLA GESTIONE,
AFFIDANDOLA A BONDI. MA NON HA RISOLTO I PROBLEMI GIURIDICIACCESA DISCUSSIONE
Il ministro Orlando vuole
togliere alla famiglia i poteri
esecutivi, Zanonato e la Cisl
spingono per dare più
poteri al garante che vigila
sulle migliorie ambientalidi Marco Palombi
Una soluzione tecnica
ancora non c’è, ma il
governo pare aver
scelto la via da seguire:
separare la proprietà dalla gestione
dell’Ilva per evitare la chiusura
dell’azienda. Tradotto: esautorare
- almeno finché non si sarà ottemperato
a tutte le prescrizioni dell’Autorizzazione
integrata ambientale
- la famiglia Riva dai poteri
esecutivi. Questa soluzione è
stata fortemente caldeggiata fin
dall’inizio del lunghissimo vertice
governo-azienda di ieri (aggiornato
a oggi) dal ministro dell’Ambiente
Andrea Orlando, che alla
fine è riuscito a convincere Enrico
Letta e Angelino Alfano. La proprietà,
ovviamente, e pezzi di sindacato
(la Cisl) chiedono invece
una soluzione meno “traumatica”
per gli attuali equilibri di potere,
soluzione che ha anche l’appoggio
del ministro per lo Sviluppo economico
Flavio Zanonato: magari,
è la proposta, si potrebbero concedere
poteri più diretti al Garante
che già oggi dovrebbe vigilare sulle
migliorie ambientali (Aia) in fabbrica
(finora, però, s’è limitato solo
a constatare le inadempienze).
La soluzione allo studio di palazzo
Chigi, secondo quanto sostengono
fonti ministeriali, è però la nomina
di un commissario governativo –
probabilmente lo stesso amministratore
delegato dimissionario
Enrico Bondi – che gestisca l’azienda
garantendo contemporaneamente
la continuità della produzione,
il risanamento ecologico
e la “pace” con la magistratura. E
qui cominciano i problemi: quale
sia lo strumento giuridico a cui appigliarsi
per questa prova di forza è
una domanda a cui non è affatto
facile rispondere.
LE IPOTESI sul tavolo sono diverse,
ma tutte di difficile applicazione.
Per ricorrere, ad esempio, alla legge
Marzano o alla Prodi bis - come
fu, per capirci, nel caso di Parmalat
– bisognerebbe che Ilva fosse un’azienda
insolvente, cosa che al momento
non è nonostante le alte grida
lanciate dalla proprietà dopo i
due sequestri ordinati dai tribunali
di Taranto e Milano nei giorni
scorsi (8,1 miliardi di beni della
holding Riva Fire il primo; 1,2 miliardi
di beni diretti della famiglia,
accusata di frode fiscale, truffa allo
Stato e riciclaggio, il secondo). Resta
la legge 231 del dicembre 2012,
nota alle cronache come “Salva-Il -
va”, che qualche appiglio per la detronizzazione
della proprietà pure
lo offre, ma non così solido come si
vorrebbe: l’articolo 1 infatti prevede,
in caso di inadempienza dell’azienda
nell’applicazione dell’Aia,
sanzioni pecuniarie fino al
10% del fatturato che andrebbero
irrogate dal prefetto (con tempi di
decisione però troppo lenti); l’ar -
ticolo 3, invece, prevede che il Garante
per l’attuazione dell’Aia possa
chiedere anche “provvedimenti
di amministrazione straordinaria”
fino all’esproprio (articolo 43 della
Costituzione), anche se non si capisce
bene a chi. Curiosamente,
proprio ieri, il Garante in carne e
ossa – che risponde al nome di Vitaliano
Esposito e guadagna i suoi
bei 200 mila euro l’anno – durante
una visita all’Ilva ha messo a verbale
che “sarebbe meglio non si intervenisse
col commissariamento
dell’azienda”, attirandosi le ire della
cellula di fabbrica di Rifondazione
comunista.
Purtroppo per lui, comunque,
quella è proprio la via stretta su cui
lavora, pur tra mille resistenze, il
governo: dimostrare le inadempienze
dei Riva nell’applicazione dell’Aia ed estrometterli
dalla gestione
della fabbrica. Qualche
dato già c’è. Nella
prima ispezione (5-7
marzo) Ispra ha accertato
11 violazioni alle
prescrizioni dell’Au -
torizzazione ambientale:
riguardano, tra
l’altro, chiusura dei
nastri trasportatori,
nebulizzazione di acqua
con apposite macchine
per la riduzione delle particelle
di polveri sospese, superamenti
della durata delle emissioni
inquinanti e omesse comunicazioni
all’autorità competente.
L’ISTITUTO ha inviato la relazione
al ministero dell’Ambiente e al
prefetto la settimana scorsa, chiedendo
a quest’ultimo la massima
sanzione pecuniaria (il 10% del fatturato).
Ora, però, dovrebbero arrivare
i dati della terza ispezione: la
loro formalizzazione era attesa per
il 7 giugno, ma ieri il ministro Orlando
ha chiesto ad Ispra di accelerare
e consegnare il tutto entro
questa settimana. Il governo potrebbe
infatti servirsene proprio
per giustificare la scelta del com-missariamento.
I dubbi legali, però, rimangono nonostante
le inadempienze di Ilva:
“Stiamo parlando di mettere le mani
in un’azienda privata, non è che
si può fare così, senza aver chiare le
implicazioni giuridiche”, spiega
una fonte governativa. E, infatti,
sul tavolo resta ancora l’ipotesi di
un decreto ad hoc – una sorta di “dl
caccia-Riva” – che renda meno franoso
il terreno sotto la decisione di
Enrico Letta e dei suoi ministri: si
potrebbe, per dire, intervenire sull’articolo
3 della legge di Monti
scrivendo in maniera chiara che il
governo può nominare un commissario
se l’azienda non rispetta
gli impegni in materia di bonifica
ambientale. Il fatto quotidiano 29 maggio 2013
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