domenica 6 gennaio 2013
pdl Polverini Lazio contro figli, famiglia, salute non garantisce le prestazioni a donna incinta
Quando avere figli
diventa privilegio
LA REGIONE LAZIO NON GARANTISCE
LE PRESTAZIONI NEANCHE A UNA DONNA INCINTA AMNIOCENTESI
Va fatta, ed è gratuita,
entro la 18esima
settimana,
ma il primo
appuntamento libero
è per la 22esima Il fatto quotidiano 6 gennaio 2013 all’ospedi
Silvia D’Onghia
Recup Lazio”.
“Buongiorno, vorrei
prenotare un’ecografia.
Sono incinta
e mi ha detto la ginecologa
che devo farla nella sesta settimana”.
“Mi faccia vedere… Il
primo appuntamento libero è
per marzo”. Peccato che la telefonata
in questione sia stata
fatta la prima settimana di settembre
2012. Avevo da pochi
giorni scoperto di aspettare un
bambino e avevo pensato di avvalermi
del Servizio sanitario
nazionale e non soltanto della
Cassa dei giornalisti. Pur conoscendo
la triste realtà della sanità
regionale, mi aspettavo che
almeno le donne incinte avessero
una corsia privilegiata. Ma
quando ho fatto notare alla gentile
signorina che, a marzo, sarei
stata alla fine del sesto mese e
non alla fine della sesta settimana,
la gentile signorina ha sospirato
e mi ha detto di riprovare a
chiamare nei giorni successivi
per vedere se si liberava un posto.
Che naturalmente non si è
liberato. E quindi via alla prima
ecografia privata, 103 euro.
PASSA QUALCHE settimana e
richiamo il Recup. Stavolta, per
mettere le mani avanti, lo faccio
con più anticipo: è l’inizio di ottobre.
“Buongiorno, devo prenotare
l’ecografia ostetrica della
tredicesima settimana, per cui
parliamo dei primi di novembre”.“…
Mmmm…vediamo…
Signora, l’unico posto libero per
quella settimana è all’ospedale
di Civitavecchia”. Faccio un calcolo
veloce: Roma-Civitavecchia
sono circa 70 km, un’ora di
macchina ad andare e un’ora a
tornare (considerando traffico
zero), giornata di lavoro persa,
pedaggi autostradali e, soprattutto,
benzina. “Mi scusi, signorina,
ma mi costa quasi più il
viaggio di un’ecografia effettuata
a pagamento…”. E quindi rimetto
mano al portafogli. Altri
103 euro. A fine ottobre la ginecologa
mi fa notare che, avendo
io superato – ahimè – la veneranda
età dei 35 anni, devo sottopormi
all’amniocentesi, il
prelievo del liquido amniotico
che consente di verificare se il feto
è affetto da patologie genetiche.
Un esame che il Servizio sanitario
nazionale ha reso completamente
gratuito proprio per
le over 35. L’amniocentesi (definita
“precoce”) si deve effettuare
tra la sedicesima e la diciottesima
settimana di gravidanza,
quindi – per quanto mi
riguarda – tra fine novembre e
inizio dicembre. Mi riattacco al
telefono (ogni volta bisogna armarsi
di sana pazienza). “Buon -
giorno, devo prenotare l’amnio -
centesi”. “Un attimo, controllo
gli ospedali e i centri che la eseguono…
Il primo appuntamento
libero è per gennaio”. “Gen -
naio? Ma come? Un mese dopo
il tempo massimo? Quindi significa
che non la posso fare…”.
“Signora, faccia così: provi lei a
chiamare ogni singolo centro,
magari un posto glielo trovano.
Doveva pensarci prima”. Comprendo
che, secondo la sanità
IN GRAVIDANZA
Una donna incinta davanti
all’ingresso di un
ospedale. In alto, Renata
Polverini LaPresse
Quando avere figli
diventa privilegio
LA REGIONE LAZIO NON GARANTISCE
LE PRESTAZIONI NEANCHE A UNA DONNA INCINTA
Brevi
MALITALIA
dale di Tivoli (in cui ci sono reparti
nuovi e mai aperti). Per un’ecogra fia
ostetrica a Civita Castellana (Asl di
Viterbo) l’attesa è di soli sette giorni
(piccolo centro, pochi figli), ma presso
l’ambulatorio dei Cavalieri di Malta
(convenzionato con la Regione Lazio)
di piazzale Marconi (Asl Roma
C) bisogna attendere 221 giorni. Se
temete di avere un problema alla colonna
vertebrale e vivete a Latina,
ma non volete finire in Pronto soccorso,
cambiate idea: per una visita
ortopedica al Santa Maria Goretti si
possono aspettare anche 152 giorni.
targata Polverini, una donna deve
prenotare ecografie e accertamenti
prima ancora di rimanere
incinta. Naturalmente il
tentativo effettuato presso ogni
singolo centro – stavolta anche a
Civitavecchia – risulta vano.
TENTENNO, quasi quasi faccio
come facevano le antiche, poi
cedo: ho bisogno di sapere se
mio figlio è sano. Prendo informazioni
sui laboratori privati di
Roma. Prezzo minimo: 590 euro
(per l’amniocentesi tradizionale).
Prezzo massimo: 1.350 euro
(per quella molecolare). Dopo
essermi ripresa dallo choc, chiudo
a 750. La signora al telefono
mi dice che, avendo io il fattore
del sangue negativo, dovrò portare
con me una fiala di immunoglobulina
per non rischiare di
immunizzarmi dal bambino.
“La deve prenotare in farmacia
due settimane prima”. Quando
arriva il tempo, eseguo diligentemente.
In farmacia mi dicono
che è necessaria la ricetta rossa
del medico di base, per cui vado
allo studio e richiedo alla segretaria
la prescrizione. “Torni domani”.
L’indomani, però, il medico
mi blocca: “Serve il piano
terapeutico”. Ma se è un’una tantum?
“Serve il piano terapeutico”.
Che rilascia soltanto un
ospedale. E avendo io una ginecologa
privata? Facile: basta tornare
in farmacia con una qualunque
ricetta bianca e sborsare
quasi 70 euro: la fiala sarà tua.
Se faccio il conto di quanto mi è
costata finora questa gravidanza,
capisco perchè in Italia il tasso
di crescita è sotto zero.
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