giovedì 31 gennaio 2013
Lazio pdl Anche un prete a libro paga 25 mila euro per dire messa
Il fatto quotidiano 1 febbraio 2013
REGIONE LAZIO
LA CAPPELLA
Fu istituita da Storace,
e conservata
da Marrazzo e Polverini
I dipendenti: “Ma
perché il don prende
pure i buoni pasto?”
di Luca Teolato
La riconoscenza ecclesiale
val bene una messa, anzi,
più di una, tanto paga pantalone.
Questo forse avrà pensato
il neo, si fa per dire, candidato
alla guida della Regione
Lazio per il centrodestra, Francesco
Storace, quando, governatore
della stessa nel 2003, ha
deciso di assumere un cappellano
in Giunta, al modico costo
di 12.500 euro annui per celebrare
qualche messa. Importo
cresciuto con l’amministrazione
Marrazzo a circa 25 mila
euro e mantenuto dalla Polverini
sugli stessi standard. Risultato:
in dieci anni sono stati
spesi quasi 200 mila euro di
soldi pubblici per celebrare
messe alla Regione Lazio. Il
fortunato cappellano regionale
è padre Achim Schutz, docente
di Antropologia teologica
presso la Pontificia Università
Lateranense e segretario
della pontificia Commissione
internazionale d’inchiesta su
Medjugorje. “Le casse regionali
sono in profondo rosso da
anni – denuncia Domenico
Farina coordinatore Usb Pubblico
Impiego – si tagliano posti
letto e servizi vari in nome
del risanamento economico
ma si stipendia un prete per
fargli celebrare poche messe
all’anno. Uno schiaffo ai cittadini
che continuano a pagare
sulla propria pelle i disastri
delle amministrazioni succedutesi
in questi anni”.
ALCUNI DIPENDENTI che usufruiscono
del servizio di “assi -
stenza religiosa” sono pronti a
giurare che ultimamente padre
Schutz viene in Regione ben
due volte a settimana per celebrare
la messa la mattina presto,
otto ore di lavoro al mese
per 2 mila euro, spiegazione
che non attenua il malcontento
di molti impiegati che, lavorando
full time, possono soltanto
sognare una retribuzione
così generosa. “Il cappellano –
comunicano dall’ufficio contabilità
della Regione – oltre a
percepire questo stipendio
usufruisce anche dei buoni pasto.
Qualsiasi dipendente per
ottenerli deve lavorare almeno
sette ore e un minuto al giorno,
per quale motivo padre Schutz
che al massimo viene due ore a
settimana deve avere anche
questo servizio?”.
Come se non bastasse la Regione,
oltre a stipendiare il cappellano,
si fa carico delle spese di
manutenzione ordinaria e
straordinaria della cappella interna,
sacrestia e arredi vari,
della pulizia dei locali, del posto
auto per il prete e perfino
dei rimborsi spese per paramenti
sacri, libri liturgici e affini.
“A parte il fatto che siamo nella
capitale mondiale delle chiese e
c’è una parrocchia di fronte alla
Giunta – dichiara Ivano Peduzzi,
capogruppo Fds in Regione,
candidato di Rivoluzione
Civile alle prossime elezioni
regionali – la questione è
un’altra. Per quale motivo
un’amministrazione pubblica
deve spendere dei soldi e tanti
per delle funzioni religiose?
Siamo in uno stato laico, fino a
prova contraria, qui si è fatto
un salto nel passato di due secoli,
siamo ritornati allo stato
Pontificio. Uno dei primi impegni
da assolvere dopo le elezioni
regionali è l’eliminazio -
ne immediata di questo servizio
a pagamento. Se qualcuno
vuole venire a celebrare messa
lo faccia pure ma gratis, i soldi
pubblici servono ad altro, soprattutto
in questo drammatica
fase economica, della Regione
e del Paese”.
UNA SEPARAZIONEdei poteri
non contemplata dalla Polverini
che cominciò il suo mandato
nel 2010, come governatore
della Regione Lazio, proprio
con una messa di buon auspicio
officiata da don Schutz
che nella sua omelia citò un
passo del Vangelo secondo
Giovanni con un invito “a coltivare
la terra”. “Chi riesce ad
auto educarsi – disse il cappellano
della Regione – e a contribuire
alla formazione del genere
umano compie un atto di
culto”. Viste le ultime vicende
che hanno costretto la Polverini
alle dimissioni, il buco di
10 miliardi di euro lasciato da Storace nella passata amministrazione
da lui presieduta ampliato
da Marrazzo e gli scandali
vari annessi, questa assistenza
religiosa, oltre ad essere
uno spreco inconcepibile di risorse
pubbliche, sembra essere
anche poco efficace.
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