mercoledì 31 luglio 2013
Gli ambientalisti dicono no SARDEGNA, PLASTICA VERDE A BASE DI CARDI
PORTO TORRES L’impianto di bioraffineria promette
300 posti di lavoro nel 2016. Gli ambientalisti dicono no
SARDEGNA, PLASTICA
VERDE A BASE DI CARDI
indi
Roberto Morini
Porto Torres
Realizzeremo
nell’area
industriale
di
Porto Torres una bioraffineria
di terza generazione,
diventerà un
caso di studio internazionale
per tutti coloro
che hanno a disposizione
aree di deindustrializzazione
e hanno poche
materie prime”,
promette Catia Bastioli,
presidente di Novamont.
Nel matrimonio
sardo con Eni-Versalis
battezzato Matrìca Bastoli,
che ne è amministratore
delegato, porta
numerosi brevetti legati
al Mater-Bi, il polimero
base per le bioplastiche.
Il presidente di
Matrìca Daniele Ferrari,
Versalis, non si tira
indietro: “Il polo di
Porto Torres sarà leader
mondiale della
svolta verde della chimica”.
Un miliardo di
investimento, metà per
le bonifiche, peraltro al
centro di molte polemiche
perché non ancora
partite, metà per i nuovi
impianti: un centro
di ricerche già attivo,
sette impianti complementari
per trasformare
l’olio vegetale in Mater-
Bi, materia prima
per decine di prodotti,
come la pellicola con
cui si fanno le buste per
la spesa biodegradabili.
Sono realizzate con
Mater-Bi anche le stoviglie
usa e getta della
Giornata mondiale della
gioventù a Rio de Janeiro.
Compostabili insieme
ai rifiuti organici.
Infine ci sarà la centrale
a biomasse che fornirà
energia e vapore puliti.
Rispetto dell’ambiente,
investimenti innovativi,
700 posti di lavoro a
regime (si parla del
2016, ormai vicino),
2-300 posti subito per i
lavori di costruzione.
C’è quanto basta per dire
subito sì. E così hanno
fatto sostanzialmente
le istituzioni locali, i
sindacati, i partiti sardi.
Ma qualche opposizione
c’è stata. A partire
dai movimenti ambientalisti,
che si sono organizzati
in un coordinamento
dal nome esplicito:
“No chimica verde”.
In mezzo, gli studiosi,
con al centro
quelli del dipartimento
di Agraria dell’Università
di Sassari, che continuano
imperterriti a
rivendicare con l’azienda
e con la Regione un
ruolo di valutazione indipendente.
L’oggetto al centro della
contesa si chiama
cardo gentile. Una varietà
del cardo che, secondo
gli esperti agronomi
di Novamont,
fornirà i semi da cui
estrarre l’olio vegetale
per il processo industriale
che porta alla
bioplastica e i gambi,
alti fino a tre metri, biomassa
da bruciare nella
centrale.
Gli ambientalisti attaccano
soprattutto la centrale
a biomasse: sarà
sufficiente la produzione
di cardo o la centrale
si trasformerà in inceneritore
per bruciare rifiuti
urbani? O ancora,
in alternativa: non si rischia
di creare una monocultura
del cardo?
Già ora Matrìca prevede
di coltivare 15 mila
ettari di terreni definiti
“marginali”, ma comunque
arabili. Intanto
hanno ottenuto che
la centrale ausiliaria,
quella di scorta, non
brucerà Fok, un derivato
del petrolio da alcuni
ritenuto cancerogeno,
ma Gpl, molto meno
inquinante. Una prima
piccola vittoria. L’altro
fronte sul quale si
schierano le forze in
campo è proprio la coltivazione
del cardo. Gli
agronomi di Novamont,
per conto di Matrìca,
hanno incontrato
tutte le associazioni di
categoria. La Coldiretti
ha da poco firmato l’accordo
proposto dall’azienda,
come altre organizzazioni
minori.
Confagricoltura, invece,
ha chiesto tempo.
Vuole vederci chiaro in
quei numeri. Perché nel
frattempo è arrivato lo
studio del dipartimento
sassarese di Agraria.
Che tra l’altro afferma
che le previsioni di produttività
per ettaro, ottenute
in un campo
sperimentale, annunciate
da Matrìca sono
troppo alte. Mentre
quelle reali, con le quali
dovranno fare i conti gli
agricoltori, sono molto
inferiori, almeno del 40
per cento. Secondo la
ricerca scientifica, non
di parte, quei contratti
vanno rivisti. il fatto quotidiano 24 luglio 2013
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