Scacco matto con pasticca Il fatto quotidiano 29 luglio 2013
Venerdì sera appuntamento fisso. Il
circolo degli scacchi era il ritrovo
degli amanti del gioco di ingegno e pensiero.
Avanzava come un computer senza
ostacoli, di successo in successo, Paolo
bruciava avversari scalzandoli con un
dito, scacco matto senza problemi. Di
mestiere avvocato, apprezzato, buon giro
di clienti, lo studio in un comune
dell’hinterland milanese. Le pratiche, la
segretaria, i ricorsi, ma a occupare le sue
giornate c’era soprattutto il tavolo da
gioco. Lì era il migliore, non c’era storia,
e quando arrivavano da fuori paese, gli
avversari si sedevano, cavalli, re e pedoni
cadevano come birilli.
PAOLO ERA IL CAMPIONE. Di provincia
ma campione. “Durante la giornata
di lavoro iniziai a studiare tecniche particolari,
specialmente aperture di partita,
strategie, volevo migliorarmi. Era il
mondo parallelo, oscuro, ma speciale”.
Difficile riuscire a gestire entrambe le
attività con la stessa attenzione. La passione
degli scacchi iniziò a diventare
predominante, fino a quando lesse di
uno scacchista risultato positivo al controllo
antidoping. Per lui si aprì un mondo,
quello dei dopati da sedia e tavolo da
gioco.
Aveva un assistito che aveva fatto abuso
di droga e divenne il suo confidente. Iniziò
con il Ritalin, un medicinale in voga
negli Stati Uniti, usato sui bambini iperattivi,
comprato su internet. Giusto così
per cominciare, ma fu un inizio da
dimenticare. Non sortiva l’effetto sperato.
“Mi induceva a uno stato contemplativo,
non mi faceva ragionare in modo
più rapido”. Non prendeva iniziative,
mancava lo slancio, il contrario di quanto
cercato. La seconda strada fu battuta
grazie agli amici, i colleghi di Milano.
Alle feste girava cocaina, ma Paolo non
ne assumeva perché dava un effetto rapido,
fugace. “Cominciai a prendere pasticche
di ecstasy ”, meno nota come
mdma, anfetamina con effetti euforici e
alteranti. Troppo. Una droga che esalta,
accelera, sconvolge, che ti catapulta in
realtà parallela, viaggi che per il gioco di
pensiero e la professione non poteva
permettersi. L’ultimo approdo del viaggio
di doping di Paolo è stato la dexedrina,
magiche pasticche da 15 milligrammi.
“Riuscivo ad acquistarla facilmente
su internet, ho cominciato a drogarmi,
avvertivo una particolare facilità
nei meccanismi di ideazione, creavo
nella mente la partita in modo molto
rapido rispetto agli avversari, amplificavo
le mie potenzialità. Ho cominciato
ad assumere due tre compresse a settimana”.
Diventava più rapido, uno scacchista da
serie A, ma contemporaneamente iniziò
a scemare la fame e il sonno. La fine della
parabola tossica dell’avvocato giocatore.
Palpitazioni, problemi cardiovascolari,
dolori al torace dopo un mese di uso. Per
uscirne ha cercato la strada del telefono
pulito, oggi servizio di consulenze on line
al sito www. positivo allasalute . it Dall’altro
capo del filo esperti come il medico
Gustavo Savino, il coordinatore del progetto,
che ha raccolto alcune di queste
storie. Savino e Raffaele Candini hanno
scritto un libro Storie di doping, Mucchi
editore.
ORA LO SCACCHISTA è in cura psichiatrica
per problemi di crisi di panico, la
cosa più leggera che gli è rimasta, prima
conviveva con turbe umorali e disturbo
bipolare. “Facendo un'analisi - spiega
Savino - su tutte le persone che ho sentito
l’idea del dopato è quella di sbalordire,
colpire, farsi riconoscere come primi
attraverso una prestazione vincente
con il minimo sforzo. L’altro aspetto è
che il dopato è convinto sia capace di
controllare le assunzioni. Oggi il dato
più preoccupante è che c’è una capacità
incredibile di acquistare le sostanze. Ulteriore
fattore che dovrebbe indurre interventi
e attenzione massima sul fenomeno”.
Nel. Troc.
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