domenica 2 dicembre 2012
Decreto Ilva Taranto criminogeno premia profitto calpesta salute
Il pm ambientalista
“Legge criminogena:
premia il profitto
e calpesta la salute”GIANFRANCO
AMENDOLA
Il decreto è
chiaramente in
contrasto con la nostra
Costituzione come
qualsiasi persona
di media intelligenza
può desumeredi Salvatore Cannavò
“Èun decreto
criminogeno”.
Gianfranco
Amendola, procuratore della
Repubblica a Civitavecchia e
storico “pretore d’assalto”, figura
eminente dell’ambientalismo
italiano è sconcertato.
“E’ una brutta pagina della
nostra storia legislativa” spiega
in un colloquio telefonico,
il giorno dopo il varo del decreto
sull’Ilva e la presa di posizione
radicale da parte della
magistratura tarantina.
Perché considera incostituzionale
il decreto?
Perché è chiaramente in contrasto
con la nostra Costituzione
come qualsiasi persona
di media intelligenza può desumere.
È un provvedimento
legislativo che, semplicemente,
assoggetta l’ambiente alla
produzione e premia il profitto
rispetto alla salute. In
realtà, è un decreto criminogeno
Un giudizio forte. Perché criminogeno?
Perché avalla una situazione
in cui può causare dei morti. E
nessun governo può arrogarsi
questa prerogativa. Nel provvedimento
di sequestro da
parte dei giudici, dello scorso
luglio, c’è scritto chiaramente
che “non un altro bambino,
non un altro abitante di questa
sfortunata città, non un
altro lavoratore dell’Ilva, abbia
ancora ad ammalarsi o a
morire o ad essere comunque
esposto a tali pericoli, a causa
delle emissioni tossiche del siderurgico”
Il governo, però, sostiene che
con l’adozione dell’Aia (l’a u to -
rizzazione integrata ambientale)
i problemi saranno risolti.
Che con l’Aia in futuro si possa
arrivare a sanare le situazioni
attuali io me lo auguro.
Ma prima si deve eliminare
questa situazione in modo
immediato e permanente. E
qui viene fuori un altro elemento:
nessuno ha mai detto
che la magistratura ha sbagliato.
Quindi, delle due l’una: o la
magistratura ha sbagliato oppure
se ha detto il giusto deve
veder rispettate le sue determinazioni.
Non può essere
fatto passare nessun giorno in
più senza mettere in sicurezza
gli impianti. Nessuno può
permettere di consentire che
qualcuno muoia. È la sentenza
5172 del 1979 della Corte di
Cassazione a Sezioni unite -
quindi il massimo grado di
giudizio - a stabilire che
“l’Amministrazione non ha il
potere di rendere l’ambiente
insalubre neppure in vista di
motivi di interesse pubblico di
particolare rilevanza”.
Cosa avrebbe dovuto fare, allora,
il governo?
Una sola cosa, ristabilire la verità
dei fatti: chi ha inquinato
paghi, i veri responsabili dei
danni vanno messi in primo
piano. E poi procedere alla
confisca immediata di tutti i
beni di questa azienda, in Italia
e all’estero e proseguire
con l’espropriazione dello stabilimento
ponendolo sotto la
proprietà dello Stato.
Ma nel decreto si affida al Garante
la possibilità di proporre
questa soluzione.
Ma è già tardi. L’Ilva non deve
rimanere attiva nemmeno un
giorno di più.
Sta parlando di nazionalizzazione?
Certo. Lo Stato deve prendere
in carico i provvedimenti
bloccando la produzione, risanando
e poi, eventualmente, decidendo a chi affidare
nuovamente l’azienda. In
questo modo, gli operai non
rischierebbero nulla, sarebbero
pienamente tutelati anche
perché è assurdo che siano loro
a pagare i guasti di un’impresa
come l’Ilva.
E che pensa dell’attività del
Garante in questo senso?
Che per controllare l’Ilva servirebbero
300 garanti e che,
quindi, anche il più bravo e
competente non potrebbe fare
nulla. La storia dell’Ilva, del
resto, è una storia di imbrogli
per eludere le leggi. L’unica
garanzia sarebbe l’immediato
e diretto intervento dello Stato.
Perché il governo agisce in
questo modo?
Onestamente non lo so. Mi
sembra così tutto assurdo. Però
abbiamo già visto tanti
provvedimenti che hanno collocato
l’ambiente e la salute
dopo la produzione e la crescita.
La crescita quantitativa,
intendo. Si pensi alle prospezioni
petrolifere, al Tav, alle
normative si controlli.
Cosa pensa della somma di
200 mila euro annui per retribuire
il Garante?
Che sarebbe meglio darli agli
operai. Il fatto quotidiano 2 dicembre 2012
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