mercoledì 19 dicembre 2012
relazione convegno Manziana centrali a biogas e biomasse
CARTELLA
STAMPA
CONVEGNO
CENTRALI
A
BIOGAS
E
A
BIOMASSE
MANZIANA
24
NOVEMBRE
2012
-‐ VOLANTINO
BIOGAS
-‐ PROFILO
PROFESSIONALE
RELATORI
CONVEGNO
-‐ ARTICOLO
SUL
BIOGAS
(Prof
Gianni
Tamino)
-‐ FONTI
D’INQUINAMENTO
ALTO
LAZIO
(mappa)
-‐ ALTO
LAZIO
PROBLEMATICHE
AMBIENTALI
a
cura
del
Coordinamento
Alto
Lazio
ASSOCIAZIONE
ITALIANA
MEDICI
PER
L’AMBIENTE-‐
ISDE
-‐ Comitato
TERRANOSTRA,
Sasso
Cerveteri
-‐ Associazione
SALVIAMO
BRACCIANO
-‐ COMITATI
RIFIUTI
ZERO
FIUMICINO
(con
Mappa)
-‐ NOCOKE
ALTO
LAZIO
–
CIVITAVECCHIA
(con
Mappa)
-‐ COMITATO
AMBIENTE
CAPRANICA
-‐ COMITATO
NO
BIOGAS
SORIANO
-‐ AREA
TARQUINIA-‐TUSCANIA-‐MONTALTO
-‐ CONVEGNO
CAPALBIO
–
BIOGAS:
RISCHI
PER
LA
SALUTE
DA
CLOSTRIDIUM
BOTULINUM
-‐
Intervento
Prof.
Bohnel
-‐ ARTICOLO
BIOGAS
QUANTI
INCIDENTI
–
di
Michele
Corti
-‐
TRADUZIONE
ARTICOLO
“DER
SPIEGEL”:
“CENTRALI
A
BIOGAS:
ECCO
COSA
STA
ACCADENDO
IN
GERMANIA
-‐
LINK
UTILI
http://comitatibiogas.wordpress.com/
Centrali a biogas:
scelta ecologica
o ecotruffa?
È vero che producono energia senza inquinare e a impatto zero?
Polveri sottili e spore tossiche, che danni possono provocare alla
salute? E i bambini cosa rischiano?
È vero che è un business solo grazie agli incentivi pubblici?
Che la buona agricoltura va in crisi e lentamente muore?
È vero che le aziende agricole possono perdere il marchio BIO?
Che in caso di incidenti possono essere a rischio esplosioni?
Servono davvero?
SI RINGRAZIA PER LA PARTECIPAZIONE:
COMITATO SQAR - TERRANOSTRA - RIFIUTIZEROFIUMICINO - SALVIAMO BRACCIANO
FORUM SALVIAMOILPAESAGGIO - CARTOTECNICA M.MOLLICONE
Al Sasso, alla discarica di Bracciano, a Maccarese:
ma come si alimentano questi impianti?
Ci sono pericoli per la salute dei cittadini?
Ti sei informato?
I costi per chi fa agricoltura lievitano.
Le centrali producono inquinamento acustico, emissioni maleodoranti,
Crolla il valore delle abitazioni.
Un mais che non si mangia favorisce l’uso dissennato di
fertilizzanti e antiparassitari chimici, il consumo eccessivo
di acqua e inquinamento delle falde, riduce la fertilità dei
terreni e aumenta il rischio di erosione.
Centrali a biogas:
scelta ecologica
o ecotruffa?
Per saperne di più: www.sgonfiailbiogas.blogspot.it
Report RAI 10/04/2011 www.youtube.com “A TUTTO BIOGAS”
Blog: comitatibiogas.wordpress.com Contatto: comitatibiogas.gmail.com
www.comitatoterranostra.org - www.rifiutizerofiumicino.it - www.salviamoilpaesaggio.it
Le piccole centrali da 50 kW nelle aziende agricole sono sostenibili,
ma se l’energia usata dalle grandi centrali in molti casi è maggiore di
quella ottenuta, quale è il vantaggio di questi impianti?
L’Emilia Romagna ha vietato impianti a biogas nei territori
del Parmigiano Reggiano dop. Nelle aree delle centrali
le produzioni biologiche possono perdere il marchio “BIO”
e il valore delle aziende può precipitare.
PROFILO PROFESSIONALE RELATORI CONVEGNO MANZIANA DEL 24 NOV. 2012
“CENTRALI A BIOGAS E A BIOMASSE: SCELTA ECOLOGICA O ECOTRUFFA”
Prof. GIANNI TAMINO
Docente all’Università di Padova di Biologia generale e di Fondamenti di Diritto ambientale; fa anche
parte del corpo docente del Corso di perfezionamento in Bioetica.
Ha svolto ricerche sugli effetti mutageni e cancerogeni degli inquinanti ambientali e, più recentemente,
sugli impatti ambientali e sanitari di differenti tecnologie e, in particolare, delle attività connesse
all’agricoltura.
E’ stato membro della Camera dei Deputati dal 1983 al 1992 e membro del Parlamento Europeo dal
1995 al 1999, dove si è occupato di ambiente, energia e agricoltura.
E' membro del Comitato scientifico di ISDE (International Society Doctors for Envinronment –
Associazione Medici per l’Ambiente) e della FIRAB (Fondazione italiana per la Ricerca in agricoltura
biologica).
E’ stato membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie, presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri e della Commissione Interministeriale per le Biotecnologie e, più recentemente, del
Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, presso il Ministero della Salute.
Sui temi dell’ambiente e delle biotecnologie ha pubblicato numerosi articoli su riviste a carattere
scientifico, culturale e divulgativo.
Dottor MAURO MOCCI – medico ISDE, da sempre impegnato nella tutela e salvaguardia
dell’ambiente. Studioso e divulgatore dei rischi e degli effetti nocivi degli inquinanti, soprattutto quelli
derivanti dalla combustione dei fossili (in particolare del carbone) e delle biomasse, dagli inceneritori, dai
campi elettromagnetici.
Membro del comitato scientifico "Si alle Energie Rinnovabili No al Nucleare"
Responsabile per la sezione Ambiente della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale)
Lazio. Componente della Commissione Salute e Ambiente dell'Ordine dei Medici di Roma e Provincia.
Dott.ssa ANTONELLA LITTA svolge l'attività di medico di medicina generale a Nepi.
E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attività di ricerca scientifica presso l'Università
di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e più importanti studi scientifici
italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista
"Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993.
E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for
the Environment - Italia) e per questa associazione è responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo
di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute".
E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto
individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Già responsabile dell'associazione Airesonlus
(Associazione internazionale ricerca e salute) è stata organizzatrice di numerosi convegni medicoscientifici.
Presta attività di medico volontario nei paesi africani.
E' stata consigliera comunale.
E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarietà locali ed internazionali. Presidente del Comitato
"Nepi per la pace", è impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalità, alla nonviolenza e al
rispetto dell'ambiente.
E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del
trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come
rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante
iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei
comuni circumlacuali.
E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate a
consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la
dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione.
Articolo sul Biogas
(Gianni Tamino)
Energia e cicli vitali
Il flusso di energia negli ecosistemi proviene quasi completamente dal sole: i fotoni
raggiungono le piante attivando il processo di fotosintesi, cioè la reazione di acqua e
anidride carbonica da cui si ottengono gli zuccheri e ossigeno. L’energia degli zuccheri
garantisce tutte le attività delle piante e, attraverso la catena alimentare, degli animali e poi
dei decompositori. Le reazioni chimiche necessarie alle diverse attività biologiche danno
origine al metabolismo che, pur producendo un po’ di calore, non produce mai
combustioni, incompatibili con le caratteristiche dei viventi. Analizzando la vita ci
accorgiamo poi che i suoi processi sono ciclici e i materiali vengono continuamente riciclati
senza produzione di rifiuti: il ciclo del carbonio si basa sulla fotosintesi e sul suo processo
complementare, la respirazione, in cui si ottiene energia ossidando gli zuccheri con
l’ossigeno e ottenendo come sottoprodotti acqua e anidride carbonica. Questo vale anche
per tutte le altre materie prime utilizzate dagli organismi viventi, (azoto, fosforo, acqua).
Grazie a questa strategia, il mondo vivente, grazie all’energia del sole, può solo subire
processi di trasformazione e/o trasferimento di energia: da quando esiste, per esempio,
l'intera massa di acqua degli oceani è evaporata molte migliaia di volte, ha prodotto
precipitazioni ed è ritornata nell’oceano attraverso i fiumi. Dunque i sistemi naturali si
basano su una fonte di energia esterna, il Sole, e su un continuo riciclo della materia
senza produzione di rifiuti o combustione.
Negli ultimi duecento anni circa, con la combustione dei fossili (prima carbone, poi petrolio
e metano), si è avuta l’energia indispensabile per l’industrializzazione, dando impulso ad
uno sviluppo dell’economia mai visto nella storia, ma determinando anche rifiuti e
inquinamento senza paragoni.
Il nodo delle combustioni
Per lungo tempo l’uomo si è limitato ad utilizzare il fuoco per scaldarsi, cucinare o tenere
lontani gli animali pericolosi. Solo recentemente, con la rivoluzione industriale, la
combustione è diventata il principale mezzo per produrre l’energia necessaria per le più
svariate attività. In soli due secoli l’uomo ha radicalmente modificato il flusso di energia sul
pianeta, bruciando legna e soprattutto combustibili fossili che si erano accumulati nel
corso di molti milioni di anni.
L’energia, ricavata da reazioni di combustione, viene trasformata in energia elettrica per
l’uso a distanza, o convertita direttamente in movimento, come nel motore a scoppio, ma
gran parte dell’energia che si trasforma in calore non si può più recuperare in modo
efficace. L’energia che è liberata come calore non è stata distrutta, ma non è più
disponibile per compiere lavoro, riducendo il rendimento energetico del sistema.
Inoltre la combustione è un processo complesso che inevitabilmente trasforma i
combustibili in un gran numero di nuovi composti, alcuni aeriformi, alcuni solidi, che
determinano rifiuti e inquinamento. Per avere un’idea di quanto la combustione inquini
basti pensare che il tabacco di una sigaretta, bruciando, produce un cocktail di oltre 3800
prodotti di combustione finora identificati, molti ad azione cancerogena, e comunque
tossica. Ciò vale par la maggior parte dei combustibili, dalle biomasse (come il tabacco o
qualunque altro materiale vegetale), al carbone, al petrolio o peggio ai rifiuti. Tra i vari
inquinanti sono particolarmente rilevanti l’anidride carbonica (CO2), gas responsabile
dell’effetto serra, e, tra i composti pericolosi per la salute e per l’ambiente, il monossido di
carbonio (CO), gli ossidi di azoto (NOx), l’acido cloridrico (HCl), l’anidride solforosa (SO2),
i metalli pesanti (in particolare il mercurio e il cadmio), le polveri, le sostanze organiche
volatili (COT), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine.
E come non bastasse, per effetto dei bassi rendimenti della combustione, trasformando
l’energia termica in energia elettrica si recupera solo il 30-40% dell’energia contenuta nei
combustibili. Detraendo da questa l’energia consumata per ottenere il combustibile, per la
costruzione dell’impianto di combustione, per la gestione e il trasporto dell’energia, questo
valore si abbassa a circa il 10-20%. Il rischio è di rimanere senza combustibili, avendo
irreversibilmente alterato il Pianeta e compromesso la salute dei suoi abitanti.
Energia da biomasse
Il problema dell’utilizzo energetico delle biomasse è molto complesso e va analizzato in
rapporto all’origine e alla destinazione finale delle biomasse.
Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente
eterogenea. Le biomasse possono essere costituite da residui delle coltivazioni destinate
all’alimentazione umana o animale, da piante espressamente coltivate per scopi energetici
(produzione di biodiesel o alcol), da residui forestali, da scarti di attività industriali (come i
trucioli di legno), da scarti delle aziende zootecniche o anche dalla parte organica dei rifiuti
urbani. I possibili utilizzi delle biomasse vanno dalla semplice combustione di legname per
produrre calore, all’impiego di carburanti alternativi come il biodiesel o il bioetanolo nei
mezzi di trasporto fino alla produzione di calore e/o elettricità in centrali termoelettriche.
Ma in realtà si può parlare di fonte rinnovabile solo se si riproducono nel tempo e nello
spazio in cui vengono utilizzate: in un anno si può togliere all’ambiente tanti quintali di
biomassa, quanti in quell’anno quel territorio riprodurrà. Non è rinnovabile la
deforestazione del sud del mondo o il disboscamento delle nostre montagne.
Per capire se le biomasse coltivate possono essere considerare sostenibili e rinnovabili è
bene considerare i flussi di energia in agricoltura. Le calorie contenute nei vegetali un
tempo derivavano quasi esclusivamente dall’energia solare, salvo l’energia umana e
animale utilizzata per il lavoro dei campi (comunque garantita dal cibo così prodotto). Ma
dopo la rivoluzione industriale, si cercò non solo di aumentare la superficie coltivata, ma
anche di aumentarne la resa produttiva, impiegando altre fonti di energia oltre quella
solare.
Questa energia aggiuntiva è fornita dai combustibili fossili sotto forma di fertilizzanti
(petrolio e gas naturale, principale materia prima per la produzione di urea), pesticidi
(industrie agrochimiche) ed energia per la lavorazione del terreno, per i trasporti, per
l’irrigazione, per trasformazioni, ecc. (petrolio). Secondo Giampietro e Pimentel la
Rivoluzione Verde ha aumentato di circa 50 volte il flusso di energia, rispetto all’agricoltura
tradizionale: nel sistema alimentare degli Stati Uniti per produrre una caloria di cibo
consegnato al consumatore sono necessarie fino a 10 calorie di energia fossile (2 se si
tratta di cibo solo vegetale). Questi dati dimostrano anche che la superficie destinata
all’agricoltura industrializzata non solo non è in grado di assorbire la CO2, come potrebbe
farlo un bosco di dimensioni equivalenti, ma anzi produce più CO2 di quanta possa
assorbire.
Inoltre, dato il basso rendimento energetico delle piante (meno dell’1% dell’energia solare
è trasformata in calorie nella biomassa vegetale) e i consumi di energia fossile per
coltivarle, il bilancio energetico rischia di essere negativo e se si volesse coltivare piante
come fonte di energia per gran parte dei nostri consumi, dovremmo avere a disposizione
più pianeti Terra trasformati in coltivazioni energetiche (ovviamente distruggendo foreste e
non producendo cibo!). A questo proposito Mario Giampietro, in un Convegno tenuto a
Padova nel 2006, ha spiegato che per coprire il 10% dei consumi energetici italiani
servirebbe una superficie tre volte superiore alla terra attualmente arabile nel nostro
paese, che non ha eccedenze di cibo prodotto, ma anzi importa cereali dall’estero.
In realtà dal punto di vista energetico ed ambientale le centrali a biomasse sono un
fallimento e lo sarebbero anche dal punto di vista economico, se non fossero finanziate
con incentivi pagati da noi contribuenti (CIP6 e certificati verdi).
D’altra parte va ricordato che in Italia non abbiamo bisogno di costruire nuove centrali
elettriche, ma solo di sostituire centrali inquinanti con altre meno inquinanti. Infatti le nostre
centrali vengono utilizzate in misura largamente inferiore alla loro potenzialità e
attualmente la potenza installata per la generazione di energia elettrica è quasi il doppio
della massima domanda nelle ore di punta (cioè qualche giorno all’anno): 101 GW
installati contro 52 GW richiesti, nel 2009 e negli ultimi anni la domanda di energia elettrica
è diminuita.
E le centrali a biomasse sono sicuramente tra quelle inquinanti!
Le centrali termiche, come quelle a biomasse, infatti inquinano, producendo ossidi d’azoto,
gas ed effetto serra, polveri sottili e microinquinanti, come le diossine; pertanto la
preoccupazione della popolazione è più che giustificata.
Dunque, il recupero di energia dalle biomasse è una possibilità solo a patto che la materia
prima sia prelevata in loco e nel massimo rispetto degli equilibri ambientali (manutenzioni
dei boschi, residui di segherie) e che la produzione di energia avvenga in impianti di
piccola taglia. Non è infatti possibile un ciclo ad “impatto zero” su larga scala, basato sulle
biomasse. Quanto alle frazioni organiche dei rifiuti da bruciare nei cosiddetti
termovalorizzatori (cioè inceneritori), è decisamente meglio il recupero di energia
attraverso la produzione di compost, che restituisce all’ambiente materia organica e riduce
il carbonio in atmosfera.
Il biogas
Oltre alla combustione possiamo avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio la
trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas,
cioè metano da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come
carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli
scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare. C’è poi un’altra utilizzazione
delle biomasse: la produzione di compost per l’agricoltura, cioè materiale organico
opportunamente fatto maturare e mescolato alla terra per garantire il ripristino degli
elementi nutritivi nei campi agricoli. Il recupero della frazione organica degli scarti delle
industrie alimentari, dei mercati ortofrutticoli, delle mense ecc. per produrre compost da
impiegare in agricoltura può, comunque, essere ottenuto dai fanghi digestati degli impianti
a biogas, che sono analoghi al compost.
Ma il biogas prodotto da un biodigestore va poi bruciato in un cogeneratore per produrre
energia elettrica, con conseguente inquinamento atmosferico.
Comunque un impianto a biogas alimentato per il 90% da insilati, cioè coltivazioni dedicate
(sottraendo terreni agricoli alla produzione di cibo), ha un bilancio energetico molto basso,
perché, come abbiamo già spiegato, occorre calcolare tutta l’energia necessaria per la
produzione agricola (fertilizzanti, fitofarmaci, irrigazione, trasformazione, trasporti, ecc) e
quella necessaria per far funzionare l’impianto di biogas.
Il fatto che di solito il cogeneratore sia sotto 1 MW elettrico, non significa di taglia piccola,
perché comunque servono oltre 20.000 tonnellate di materiale ogni anno.
I problemi che si pongono sono:
- odori
- mezzi di trasporto (traffico e inquinamento)
- rumori
- emissioni in atmosfera
- scarti e rifiuti (del biodigestore e dell’impianto di combustione del biogas)
- collegamento alla rete e campi elettromagnetici.
Le emissioni in atmosfera deducibili dai dati forniti da chi propone impianti di taglia sotto 1
MW, sono:
COT (composti organici totali, compresi composti cancerogeni) 1,2 ton/anno
CO 6 ton/anno
NO2 3 ton/anno
SO2 6,7 ton/anno
HCl 1,2 quintali/anno.
Mancano, in questo elenco, altri inquinanti, come, in particolare, le polveri, ma anche
ozono (in estate, come inquinante secondario derivato da emissione di ossidi d’azoto) e
diossine. Per le polveri si può calcolare 0,6 ton/anno di polveri molto fini, alle quali vanno
aggiunte le polveri secondarie (fino a 5 volte quelle emesse dal camino, molto fini).
Le diossine che si formano sono poche, ma non nulle, e ne bastano poche per avere un
impatto sanitario significativo.
Infine scarti e rifiuti sono prodotti dal biodigestore e da varie parti della centrale energetica.
Sulla base del biogas bruciato (circa 8,5 milioni di metri cubi) e del contenuto medio in
metano (circa 65%), si può affermare con una certa approssimazione che un cogeneratore
di meno di 1MW, collegato al biodigestore, brucerà un quantitativo di metano equivalente
a quello di circa 3.500 case di oltre 100 metri quadrati di superficie (consumo annuo di
circa 1.600 metri cubi).
Quali alternative
Varie alternative sono possibili per evitare l’esaurirsi delle fonti fossili e
contemporaneamente i cambiamenti climatici, a partire dalla riduzione dei consumi, al
risparmio, all’aumento di efficienza, fino all’uso di fonti rinnovabili e sostenibili.
La via d’uscita sta nello studio e nell’utilizzo di quei processi che hanno permesso agli
organismi viventi di continuare a vivere e produrre senza distruggere il pianeta per milioni
di anni: anzitutto utilizzare come fonte di energia il Sole o comunque fonti derivate dal Sole
(acqua, vento, ecc.), utilizzare processi produttivi ciclici, senza produzione di rifiuti e poi
evitare le combustioni.
Attualmente si può ottenere senza combustioni energia termica dal sole e da pompe di
calore (caldo e freddo) ed energia elettrica dai salti di acqua (energia idroelettrica), dal
sole (energia fotovoltaica e quella delle centrali solari a concentrazione), dal vento
(energia eolica). Si può ottenere elettricità senza combustione anche dall’idrogeno, che
non è una fonte ma un mezzo per accumulare e trasportare energia ottenuta da fonti
rinnovabili, attraverso le celle a combustibile. Insieme all’elettricità, vengono prodotti anche
calore e acqua e vi sono celle a combustibile che, per il calore prodotto, si prestano ad
una cogenerazione di energia elettrica e calore.
Ai difensori del petrolio o dell’energia nucleare, i quali affermano che il Sole e i suoi
derivati sarebbero insufficienti a garantire gli attuali consumi di energia, va risposto che da
una parte l’attuale consumo è eccessivo e basato sulla logica degli sprechi (tanto più che il
rendimento finale è molto basso e le fonti sono esauribili), dall’altra che il sole, pur
essendo utilizzato con una percentuale inferiore dell’1% dalle piante, garantisce una
quantità e diversità di biomassa naturale (cioè l’insieme della massa di piante, animali e
microrganismi), che è ben maggiore dell’insieme dei prodotti industriali umani. In altre
parole possiamo affermare che in un solo anno il sole invia sulla Terra un’energia che è
superiore a tutta l’energia contenuta nel carbone, nel petrolio, nel metano e nell’uranio
oggi disponibili, fino al loro esaurimento (130.000 miliardi di tonnellate equivalenti di
petrolio (GTEP), contro valori accertati di fonti fossili e uranio pari a poco più di 1000
GTEP e valori stimati al massimo di 4/5.000 GTEP).
Comunque le energie rinnovabili potranno rappresentare rapidamente una quota rilevante
nel bilancio energetico globale solo se accoppiate ad un parallelo grande sviluppo
dell’efficienza energetica, in grado di far diminuire i consumi grazie ad innovazioni
tecnologiche.
Conclusioni
Dovendo far fronte da un lato ad una popolazione mondiale rilevante che ha bisogno di
cibo e dall’altro a disponibilità sempre minori di fonti fossili, che comunque inquinano e
comportano il rischio di cambiamenti climatici, l’agricoltura deve evolversi verso sistemi più
sostenibili che:
§ migliorino l’efficienza energetica (ad esempio l'agricoltura biologica usa l'energia in
modo molto più efficiente e riduce notevolmente le emissioni di CO2);
§ utilizzino fertilizzanti di origine organica;
§ impieghino fonti energetiche rinnovabili e riducano la distanza tra produzione e
consumo (filiera corta);
§ eventualmente producano oltre al cibo necessario anche biomasse ad uso
energetico, per le esigenze dell’azienda.
In quest’ottica non hanno senso né gli impianti fotovoltaici su terreni agricoli né le
coltivazioni di biomasse per alimentare centrali elettriche o digestori per ottenere biogas
da bruciare in cogeneratori. Si tratta, oltretutto, di una sottrazione di suolo agricolo utile per
produrre cibo, mentre siamo importatori di cereali dall’estero.
Tutt’al più sono utili piccoli biodigestori per ottenere, da scarti e reflui, energia elettrica (da
piccoli generatori di potenza massima pari a 50-100 KW), calore e compost.
L’Alto Lazio: alcune problematiche ambientali e sanitarie
Il territorio dell’Alto Lazio rappresenta per tutta l’Italia una grande ricchezza e risorsa: dal
punto di vista paesaggistico, naturalistico, artistico, archeologico, turistico, e della produzione
agricola di qualità con i suoi molteplici prodotti di eccellenza.
Le necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri sono patrimonio dell'umanità riconosciute
dall'Unesco.
Nel corso degli ultimi 50 anni, purtroppo, scelte politiche, energetiche, industriali ed
economiche sconsiderate e tese unicamente al profitto, hanno determinato gravi situazioni di danno
ambientale e sanitario, non tenendo in debito conto le naturali vocazioni di questo territorio e il
diritto alla salute delle popolazioni locali, e trascurando i necessari interventi di bonifica e tutela
ambientale imposti anche dalle disposizioni di legge.
Alcune tra le criticità ambientali più importanti:
• presenza del più grande polo energetico d'Europa (le centrali di Civitavecchia e Montalto di
Castro) con le loro continue emissioni nocive di gas e polveri;
• acque destinate a consumo umano con presenza di sostanze tossiche e cancerogene tra cui
l'arsenico (classificato come cancerogeno certo di classe 1 dall'Agenzia Internazionale di
Ricerca sul Cancro - Iarc), acque distribuite negli anni come potabili solo in virtù di
deroghe più volte rinnovate, acque che invece avrebbero dovuto essere dearsenificate e
depurate;
• inquinamento e degrado del lago di Vico da cui viene attinta la maggior parte delle acque
che riforniscono gli acquedotti comunali di Caprarola e Ronciglione;
• inquinamento e degrado in aumento dei corpi idrici ( fiumi, torrenti e laghi);
• discariche abusive di rifiuti tossici non ancora bonificate e disseminate un po’ovunque su
tutto il territorio ;
• contaminazione dell’ ex area militare NBC, posta in prossimità del lago di Vico, adibita per
decenni alla produzione e allo stoccaggio di armi chimiche, ora dismessa e anch’essa in
attesa di bonifica;
• presenza diffusa del gas radon, cancerogeno certo di classe 1, sempre secondo la
classificazione della Iarc e mancanza di interventi diffusi tesi alla riduzione del rischio sia
negli edifici privati che pubblici (anche in questo caso leggi europee, nazionali e regionali
disattese);
• cementificazione di aree sempre più vaste,soprattutto in quei comuni più prossimi alla
capitale;
In una situazione come questa si dovrebbe dare la priorità, il massimo dell’attenzione e
dell’impegno a programmi di tutela e bonifica ambientale, di sorveglianza dello stato di salute delle
popolazioni residenti e si dovrebbe rifiutare ogni altra scelta, struttura e/o impianto ad alto impatto
ambientale e sanitario.
*
Coordinamento dell’Alto Lazio dell’Associazione italiana medici per l'ambiente-Isde (International
Society of Doctors for the Environment )
e-mail:isde.viterbo@gmail.com
1
2
3
CESANO
BRACCIANO
4 MANZIANA
5 MALAGROTTA
6 MACCARESE
9 CERVETERI
8 CAPRANICA
7 VALLE GALERIA
10 TARQUINIA
11 ALLUMIERE
12 SORIANO
13 LAGO DI VICO
14 MONTALTO
15 CANINO
16 TUSCANIA
17 FIUMICINO
SERBATOICARBURANTE
CENTRALE CARBONE
CENTRALE METANO
DEP.CHIMICOMILITARE
RIFIUTISPECIALI
PORTO
BIOGAS
DIGESTORE
NUCLEARE
RADIOVATICANA
AEROPORTO
BIOGAS FORSU
DISCARICA COMPOSTAGGIO
INCENERITORE
CEMENTIFICIO
CARTIERA
CARBONILE PETCOKE
RIFIUTITOSSICI
GASSIFICATORE
RAFFINERIA
CIVITAVECCHIA
A -Autorizzato
AEROVIE
ELETTRODOTTI
P-PREVISTO
2
17
6
9
8
7
1
10
11
12
5
13
14
15
16
3
4
CIVITAVECCHIA
MANZIANA
FIUMICINO
A
A
A
P
25 km
© Daniel Dalet / d-maps.com
A
A
A
18 CASTEL SANT’ELIA
19 CIVITACASTELLANA
18
18
20 VETRALLA
20
21 VITERBO
21
In
nostro
Comitato
nasce
per
contrastare
la
costruzione
di
un
impianto
a
biogas
ed
eventuali
altre
autorizzazioni
nella
zona
del
Sasso
(Cerveteri).
Un
luogo
splendido,
incontaminato,
con
ricchezze
naturali
ed
archeologiche.
I
motivi
per
cui
ci
opponiamo
sono:
• Nella
zona,
e
a
pochi
metri
da
essa,
esistono
vincoli
a
carattere:
ARCHEOLOGICO,
ZPS
(PROTEZIONE
AMBIENTALE),
PAI
(
PROTEZIIONE
IDROGEOLOGICA).
• Dove
hanno
iniziato
a
costruire
l’impianto
sono
stati
riportati
parecchi
metri
cubi
di
terra
dalla
cava
adiacente
per
cui
eventuali
saggi
da
parte
delle
Sovrintendenza
del
Ministero
dei
Beni
Culturali
non
sono
veritieri
e
nella
zona
sono
presenti
molte
tombe
e
sepolture
etrusche.
• Nell’area
sono
presenti
le
antiche
terme
romane
che
potrebbero
essere
valorizzate
dal
Comune
di
Cerveteri
considerando
che
il
nostro
territorio
è
patrimonio
dell’UNESCO
con
notevoli
possibilità
turistiche.
• La
zona
è
ricca
di
falde
acquifere
e
a
circa
200
metri
esiste
un
lago
che
nasce
da
una
fonte
sorgiva.
A
valle
dell’impianto,
a
circa
50-‐100
mt,
esiste
un
ruscello
di
acqua
sorgiva.
Tutto
intorno
alla
zona
delle
colture
intensive
esistono
numerosi
corsi
d’acqua
e
sorgenti
che
poi
vanno
verso
il
mare
e
vengono
intercettate
per
irrigare
i
campi
in
pianura.
• Perché
l’agricoltura,
i
capi
di
bestiame
e
di
conseguenza
noi
cittadini
potremmo
essere
avvelenati.
• L’impianto
sorgerà
di
fianco
alla
miniera
(cava)
con
possibilità
in
futuro
di
stoccaggio
di
rifiuti
alimentari
e
agricoli
per
alimentare
la
centrale
e
possibilità
di
un
eventuale
altro
ampliamento
(inizialmente
era
stata
richiesta
l’approvazione
per
la
costruzione
di
2
impianti).
• Secondo
“Il
procedimento
autorizzativo
per
la
realizzazione
di
impianti
alimentati
da
fonti
energetiche
rinnovabili:
complessità
e
spunti
di
riflessione,
alla
luce
delle
recenti
linee
guida
nazionali”,
di
Nicola
Durante
Magistrato
Tar
di
Salerno,
ci
sono
considerazioni
in
base
alle
quali
potrebbe
essere
discutibile
la
realizzazione
di
tale
impianto:
viene
infatti
indicato
che,
in
zone
a
protezione
ZPS,
zone
ad
interesse
archeologico,
zone
soggette
a
vincoli
idrogeologici,
zone
con
vincoli
faunistici,
zone
con
produzioni
agro
alimentari
di
qualità
(BIO,
DOC,DOCG,
ecc.)
e
zone
di
interesse
paesaggistico,
l’installazione
di
tali
impianti
non
è
idonea.
Secondo
le
linee
guida
nazionali
e
regionali
è
vietato
anche
il
traffico
veicolare
al
di
fuori
delle
strade
asfaltate
all’interno
delle
zone
ZPS.
• Per
alimentare
una
centrale
da
1
Mw
serve
coltivare
almeno
300
ha
di
terreno
per
l’intero
anno
a
ciclo
continuo;
terreno
che
viene
ovviamente
sottratto
alla
produzione
di
derrate
alimentari
per
l'alimentazione
umana
o
animale.
Questo
pone
anche
un
serio
problema
riguardante
la
conversione
di
territorio
agricolo
a
fine
alimentare
in
territorio
agricolo
a
fine
energetico.
In
questi
casi
poiché
i
vegetali
necessari
per
la
putrefazione
non
sono
destinati
all'alimentazione
umana
e
poiché
quello
che
conta
è
la
resa,
i
terreni
coltivati
vengono
irrorati
con
dosi
massicce
di
fertilizzanti
e
di
pesticidi,
provocando
inquinamento
del
terreno
stesso
e
delle
falde
acquifere
sottostanti.
Inoltre
l’azienda
agricola
Aurelia
non
è
in
grado,
con
i
terreni
a
disposizione,
di
alimentare
da
sola
l’impianto,
per
cui
sarebbe
costretta
a
fornirsi
da
altre
aziende
agricole
della
zona
con
conseguente
traffico
di
camion
per
alimentare
l’impianto.
• A
lungo
andare
l’uso
dei
fertilizzanti
prodotti
dall’impianto,
in
prospettiva
sempre
più
sottoposti
a
processi
di
abbattimento
di
azoto
e
di
fosforo,
condurrà
ad
apportare
al
terreno
un
materiale
in
cui
alcuni
elementi
si
concentrano
eccessivamente
con
compromissione
della
fertilità
e
persino
con
possibili
effetti
tossici
sulle
piante
e
perdita
del
prezioso
humus
del
terreno.
• Quintali
di
digestato
verranno
sparsi
su
dei
preziosi
terreni
tutelati
da
vincolo
ZPS
e
magari
serviranno
a
fertilizzare
colture
OGM
per
produzioni
intensive.
• Problemi
legati
ai
cattivi
odori
emessi
dalla
fermentazione
dei
vegetali
e/o
dal
liquame.
• Spostamento
di
centinaia
di
camion
di
rifiuti
e/o
liquami
nei
dintorni
del
sito
con
conseguente
aumento
dell'inquinamento
in
una
zona
con
una
strada
estremamente
stretta
e
pericolosa.
• Perché
il
Comune
di
Cerveteri
aveva
dato
parere
negativo
durante
la
Conferenza
dei
Servizi
ma
l’opposizione
è
stata
rigettata.
Purtroppo
non
ha
ricorso
al
TAR
perché
la
giunta
precedente
è
caduta
ed
i
termini
sono
scaduti.
• Ma
soprattutto
perché
sempre
più
studi
affermano
che
questi
impianti
sono
INSALUBRI!!
Noi
ci
troviamo
in
un
luogo
che
ha
tutte
queste
caratteristiche,
alcune
perché
riconosciute
legalmente
,
altre
perché
si
trovano
a
breve
distanza
dal
sito,
soprattutto
le
sorgenti
e,
peraltro,
l’Università
Agraria
di
Tolfa
richiede
la
certificazione
Bio
per
i
suoi
prodotti
come
anche
le
altre
aziende
agricole
presenti
a
valle
dell’impianto.
Purtroppo
il
biogas
nel
territorio
italiano
sta
diventando
un
business
di
enormi
dimensioni
ma
in
molte
regioni
come
l’Emilia
Romagna
stanno
arginando
tali
impianti
per
la
pericolosità
dei
batteri
che
produce
(vedansi
modificazioni
del
Parmigiano
Reggiano)
o
dei
casi
di
botulismo,
tetano
su
bestiame
o
esseri
umani.
Fino
ad
arrivare
ai
casi
dell'epidemia
di
Escherichia
coli
che
in
Germania
ha
causato
addirittura
dei
morti.
Abbiamo
assistito
ad
un
convegno
con
il
Prof
BOHNEL
che
ha
illustrato
chiaramente
la
problematica
delle
contaminazioni
in
Germania
da
tali
batteri.
Inoltre,
sia
a
livello
scientifico
che
a
livello
politico,
in
molte
regioni
europee
ed
in
molti
comuni
italiani
si
stanno
riconoscendo
i
danni
all’agricoltura
ed
all’ambiente
che
tali
impianti
stanno
creando,
solo
per
un
mero
scopo
speculativo
energetico,
svalutando
la
natura,
il
territorio
ed
il
turismo.
A
tale
scopo,
stiamo
collaborando
con
il
Comune
di
Cerveteri
e
con
il
Sindaco
che
ci
sta
aiutando
ad
adiuvandum
nel
ricorso
che
abbiamo
intrapreso
contro
tale
impianto.
Abbiamo
ricorso
al
TAR
come
cooperativa
di
cittadini
che,
su
un
progetto
esistente
di
Terme
a
circa
due
km
dall’impianto,
cerca
di
fermare
tale
scempio.
Anche
il
Comune
ha
ricorso
perché
durante
la
conferenza
dei
servizi
non
sono
state
convocate
l’ASL
e
l’ARPA.
E’
stata
inizialmente
concessa
la
sospensione
dei
lavori,
ma
poi
nella
camera
di
consiglio
il
decreto
presidenziale
è
stato
revocato
e
la
sospensiva
negata.
Purtroppo
anche
il
Consiglio
di
Stato
ha
rigettato
l’appello
ritenendo
non
palesemente
infondate
le
eccezioni
di
irricevibilità
e
difetto
di
legittimazione.
Ora
dovrà
aver
luogo
il
giudizio
di
merito
ma
le
prospettive
non
sono
buone.
Grazie
all’appoggio
di
numerose
associazioni
e
comitati
abbiamo
intrapreso
un
percorso
comune
per
collaborare
alla
difesa
del
territorio
e
della
salute.
Ora
siamo
in
attesa
che
il
sindaco
emetta,
come
promesso,
un’ordinanza
in
base
agli
studi
ed
alla
consulenza
di
esperti
in
nano
patologie
che
certificheranno
la
dannosità
per
la
salute
di
questo
impianto.
Infatti
lui
è
il
garante
della
salute
dei
suoi
cittadini.
www.comitatoterranostra.org
Associazione Salviamo Bracciano
salviamo.bracciano@gmail.com
L’Associazione Salviamo Bracciano si è costituita nell’omonima
cittadina sul lago, nell’anno 2008.
Ha, come scopi statutari, la difesa del territorio e della legalità.
E’ dichiaratamente apartitica;
collabora con tutte quelle forze che lottano contro la devastazione
dell’ambiente e per la dignità del ruolo democratico di ogni
cittadino.
Più specificamente ci siamo occupati e ci occupiamo della
“cementificazione” a Bracciano che appare sempre più incontrollata
( e che è costata ad una nostra Socia una denuncia civile, promossa
dal Sindaco, con relativa richiesta, con altri, di risarcimento per tre
milioni di euro, per aver espresso pubblicamente dubbi circa la
legalità di alcune operazioni edilizie, peraltro poi poste sotto
sequestro) e per la trasparenza delle azioni dell’Amministrazione in
carica.
Oggi più che mai, ci preoccupa il destino della discarica di Cupinoro
( avrebbe dovuto cessare a fine anno), sulla quale invece si
adombrano progetti che decisamente respingiamo ed ai quali siamo
pronti ad opporci con ogni strumento possibile.
Presidente:
Anna M. Orsini
340 – 470 4707
24 novembre 2012
1
Comitato Rifiuti Zero Fiumicino
Via Solarussa, 11 D4 00054 Fiumicino
www.rifiutizerofiumicino.it
comitatorifiutizerofiumicino@gmail.com
Presidente Carla Petrianni
3339183294
Vice Presidente Marcello Giuliacci
3480901552
Federico Conchione
3396280202
Il Comitato si è costituito spontaneamente nel maggio 2011 a seguito della notizia che in
località Pizzo del Prete era prevista la costruzione di un impianto di incenerimento con
annessa discarica di servizio. Nel luglio successivo, al fine di dotarsi di una veste giuridica,
si è costituito legalmente in associazione ribadendo nello Statuto la sua assoluta
trasversalità ed apartiticità; i rapporti con la politica ufficiale, partiti ed istituzioni, esistono e
sono gestiti proprio nella piena coscienza della propria indipendenza, con assoluta
autonomia di analisi e di elaborazione di strategie ed azioni. La struttura orizzontale
organizzativa del comitato privilegia in tutte le fasi di analisi e decisionali i momenti
assembleari e comunque di gruppo di lavoro ha consentito al comitato di sviluppare e
portare alla luce enormi competenze al suo interno, quelle che gli hanno permesso e
continuano a permettere di essere puntualmente presente nelle varie situazioni e che
sostanziano qualitativamente tutte le sue iniziative.
Le iniziative ed azioni promosse e svolte dal Comitato da maggio 2011 ad oggi sono tutte
documentate sul sito, ci limiteremo in questa sede ad illustrare quale sia oggi la situazione
nel nostro Comune e quali siano gli strumenti che stiamo utilizzando per scongiurare la
definitiva devastazione e trasformazione di Fiumicino in quello che noi abbiamo chiamato il
nuovo Polo Industriale dei Rifiuti e dell’Energia della capitale.
Fonti d’inquinamento - mappatura situazione esistente, in fase di realizzazione e di
progettazione a Fiumicino e nelle località immediatamente adiacenti.
(per quanto concerne Fiumicino si sottolinea l’ assenza di dati ufficiali ARPA)
1. Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci e aerovie;
2. deposito carburanti aeroporto;
3. elettrodotti;
4. autostrada Roma-Civitavecchia e SS 1 Aurelia;
5. impianto compostaggio aerobico di proprietà AMA spa da 30.000 t/a forsu
mercatale di Roma – viale dei Tre Denari Maccarese;
6. impianto biogas da 625 Kw di proprietà Maccarese spa su viale Maria Maccarese
alimentato a biomassa;
7. impianto biogas da 999 Kw di proprietà Maccarese spa su viale Maria Maccarese
alimentato a biomassa (in costruzione);
8. n. 2 centrali termoelettriche a metano da 50 Mw ciascuna in sedime aeroportuale;
9. impianto biogas da 999 Kw di proprietà soc. agricola SIRA srl su viale di Porto
Maccarese;
10. impianto biogas proprietà AMA spa da 24 Mw alimentato da 135.000 t/a forsu
Roma su viale dei tre Denari Maccarese (progetto in attesa di approvazione presso
Provincia di Roma);
11. Inceneritore e/o discarica definitiva di Pizzo del Prete Palidoro (sito indicato nello
Studio Preliminare della Regione Lazio e ancora in ballo come confermato dalle
ultime dichiarazioni del Ministro Clini);
2
12. Impianto biogas Pian della Carlotta Cerveteri da 999 Kw alimentato a biomassa (in
costruzione);
13. discarica di Malagrotta Valle Galeria;
14. gassificatore di Malagrotta Valle Galeria;
15. Raffineria di Roma Valle Galeria;
16. Inceneritore rifiuti speciali di Ponte Malnome Valle Galeria;
17. n. 2 impianti TMB Valle Galeria;
18. cementificio Valle Galeria;
19. Monti dell’Ortaccio Valle Galeria (possibile discarica provvisoria del post
Malagrotta);
20. Monte Carnevale Valle Galeria (possibile discarica provvisoria del post Malagrotta)
21. Raddoppio Aeroporto Leonardo da Vinci Maccarese (progetto in discussione)
22. Discarica di Cupinoro Bracciano;
23. Ampliamento discarica di Cupinoro (autorizzato);
24. Impianto biogas a Cupinoro alimentato da forsu (progetto)
25. impianti fotovoltaici a terra Tragliata Fiumicino (progetti);
26. Centrale termoelettrica a carbone di Torre Valdaliga Civitavecchia;
27. antenne Radio Vaticana a Cesano,
elenco purtroppo non esaustivo.
Alla luce della situazione esposta temiamo che il quadrante Nord-Ovest della provincia
di Roma, in particolare le località più prossime alla capitale, siano quelle deputate ad
accogliere le “soluzioni” sino ad ora ipotizzate dai due Commissari Speciali, dal
Ministro Clini, dalla Provincia e dal Comune di Roma. Il comune di Fiumicino, che solo
dopo un anno di lotte è stato costretto con una delibera di Consiglio Comunale a
revocare la scelta assunta nel 2008 verso l’incenerimento dei rifiuti, è spettatore
disponibile che forse in cambio del sostegno economico da parte della Provincia di
Roma per l’avvio della raccolta differenziata (ricordiamo che Fiumicino è attestato su
percentuali irrisorie ampiamente al di sotto del 10% di rd) e per accordi politici
funzionali alle prossime scadenze elettorali, cede Maccarese per il primo grande
impianto a biogas/forsu del centro sud Italia, il terzo per dimensioni sul territorio
nazionale. Il Comitato ritiene possibile che entro il 31 dicembre prossimo possa
verificarsi che per giustificare una ulteriore ultimissima proroga di Malagrotta e lo
spostamento della discarica provvisoria a Monti dell’Ortaccio o a Monte Carnevale
(entrambe nella Valle Galeria) debba essere presentata la soluzione alternativa con un
impianto a biogas a Maccarese per il trattamento di parte dell’umido di Roma, una
discarica definitiva a Pizzo del Prete o a Cupinoro dove verrebbe realizzato un altro
impianto a biogas per la forsu. Nella campagna circostante poi potrebbero essere
autorizzati altri impianti a biogas/biomassa di dimensioni ridotte (fino ad 1 Mw) come
già si è verificato per Pian della Carlotta.
Per contrastare e bloccare questo progetto stiamo articolando su vari livelli la nostra
azione coniugando la protesta di piazza con l’azione legale e un percorso istituzionale di
forte pressione sui vari enti coinvolti (abbiamo già notificato due diffide al sindaco Canapini
rispetto al mancato raggiungimento del 65% di differenziata al 31 dicembre e all’assenza
di monitoraggio ambientale, presentato proposte per un piano alternativo del ciclo dei
rifiuti, linee guida per la riduzione, osservazioni, ecc.).
Movimento No Coke Alto Lazio
Civitavecchia e il suo contesto ambientale
Civitavecchia, poco più di 50.000 abitanti, 71 Km2 di territorio.
- Due centrali termoelettriche (ma fino a pochi anni fa erano tre) per un totale di 3500 MW di
potenza installata (Torre Valdaliga Sud 3 gruppi turbogas per un totale di 1120 Mw di
potenza installata; Torre Valdaliga Nord 3 gruppi termoelettrici alimentati a carbone per un
totale di 1980 Mw, con al servizio una ciminiera multicamino di 250 metri di altezza.)
- Un gran numero di sottostazioni ed elettrodotti che, solo nell’area comunale di Civitavecchia,
percorrono una lunghezza di circa 110Km ed hanno esposto la popolazione a campi
elettromagnetici di notevole entità;
- Un porto tra i più grandi del Mediterraneo (un ormai datato, e quindi con dati sottostimati,
studio condotto dall’Osservatorio ambientale in collaborazione con l’Università La Sapienza di
Roma, settembre 2006 - http://www.ambientale.org/browse.php?mod=article&opt=view&id=91
- stima che le navi da crociera che stazionano nel porto consumano l’equivalente da 80Mw di
potenza senza essere sottoposte agli stessi controlli);
- Un cementificio (oggi chiuso) posto proprio al centro dell’abitato urbano;
- Una boa petrolifera posta al largo del porto;
- Sei depositi costieri per oli minerali di cui quattro sottoposti a direttiva Seveso;
- Un centro chimico militare per lo smaltimento delle armi chimiche della prima guerra mondiale
(in particolare iprite ma anche fenildicioroarsina fosgene, lewisite, adamsite, difeniicioroarsina)
e al cui interno vi è lo stoccaggio dell’arsenico utilizzato per inertizzare quest’ultime;
- Cinque discariche di cui due per RSU in fase di post mortem, una in fase di esaurimento e due
per rifiuti speciali e pericolosi
ed infine, a pochi Km di distanza, la centrale policombustibile di Montalto di Castro da 3450 Mw.
Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per
superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove insistono
ben 21 siti inquinati censiti dalla Regione Lazio ai sensi del D.M. 471/1999 e del DLgs 152/2006,
dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, del fegato e del
rene nonché per infezioni acute delle vie respiratorie e dell’apparato genito-urinario sono al di
sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per
sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 30 %.
Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio
di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto
occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul
territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno.
La riconversione a carbone ha, infatti, visto contrapporsi i lavoratori, favorevoli, e la popolazione,
contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo della grave lacerazione del tessuto sociale di
Civitavecchia la cui comunità si ritrova solo quando, unita nel dolore, quando piange i propri figli,
morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo.
Una contrapposizione che innesta le sue radici non solo nella storica, ed irrisolta, contraddizione
tra lavoro ambiente, ma anche, e soprattutto, nella storia di Civitavecchia ovvero la storia di una
colonizzazione lunga anni; la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad
essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora
che nelle sue risorse naturali, in cui l’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, ma anche
dell’intero ceto politico del comprensorio, ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di
euro per compensazioni ambientali riversati nelle casse dei comuni.
Un territorio dove si rincorrono le statistiche sulle percentuali di mortalità e morbilità per tumore
bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc… i cui dati sono
costituiti dalle vite reali e materiali dei cittadini; aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente
lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato dal Ministero dell’Ambiente e da
quello della Salute.
Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, sta riversando
tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale emette 6.300.000 mc di emissioni, per
17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significano l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi
di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali
mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL).
Vite materiali sulle quali si riversano, inoltre, gli effetti concreti delle tante irregolarità che
costantemente emergono da quella centrale e che è bene specificarlo, non costituiscono solo un
fatto teorico, ma un incremento delle immissioni d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute
sulla salute.
Fatti che pongono in evidenza come la scelta del carbone a Civitavecchia, rappresenti l'eccellenza
di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della
stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta
sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere
nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita
dalla produzione energetica da combustibili fossili.
Scelte che vengono combattute nei territori da coloro che i rappresentanti dello “sviluppiamo
scientista”, quasi sempre al soldo della lobby di turno, si affannano a definire “il partito del NO”.
Ma il vero partito del “No” non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, ma il
partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e
sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del
processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; quel partito che rinuncia a
contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una
speranza di futuro.
A Civitavecchia come altrove.
Simona Ricotti
Movimento No Coke Alto Lazio
COMITATO
“CAPRANICA
AMBIENTE”
Sig.ra
Nunzia
Russo
–
320
-‐
2769570
comitatoambientecapranica@gmail.com
SITUAZIONE
CAPRANICA
–
NOVEMBRE
2012
1)
CENTRALE
A
BIOMASSE
La
ditta
richiedente
la
realizzazione
dell'impianto
non
ha
più
presentato
nuova
richiesta
necessaria
per
il
passaggio
delle
competenze
dalla
Provincia
al
Comune
e
dunque
è
tutto
fermo,
si
spera
per
sempre
(vista
pure
la
situazione
amministrativa
dell'Idi
di
Roma
che
offriva
alla
ditta
il
giardino
della
clinica
Villa
Paola
di
Capranica
per
impiantare
la
centrale
la
cui
produzione
di
corrente
sarebbe
stata
interamente
venduta
).
2)
MESSA
IN
SICUREZZA
DISCARICA
CON
RIFIUTI
TOSSICI
I
lavori
di
messa
in
sicurezza
"d'emergenza
"
della
discarica
con
i
rifiuti
tossici
sono
completati
(affermazione
del
sindaco)
ma
ancora
non
ci
sono
relazioni
scritte
per
intralci
burocratici.
("emergenza"
=
7
anni
dopo
!
)
3)
ACQUA
ALL'
ARSENICO-‐
DEARSENIFICATORI
Abbiamo
un
dearsenificatore
in
avanzato
stato
di
completamento
mentre
il
2°
è
ancora
da
iniziare.
Noi
siamo
fuori
qualsiasi
deroga
perché
il
livello
d'arsenico
nell'acqua
è
4
volte
superiore
ai
limiti
di
legge
e
dunque
i
dearsenificatori
già
dovevano
essere
in
funzione.
Breve
cronistoria
Maggio
2005
-‐Viene
scoperto
un
traffico
di
rifiuti
tossici
provenienti
da
fabbriche
del
nord
Italia
che
venivano
illegalmente
smaltiti
nelle
cave
di
Capranica,
Castel
Sant'Elia
e
Cinelli
(Vetralla)
tutte
in
provincia
di
Viterbo.
Il
traffico
era
sotto
il
controllo
dell'ecomafia,
l'operazione
era
conosciuta
come
"
Giro
d'Italia,
ultima
tappa
Viterbo".
Tipologia
dei
rifiuti:
-‐
Fanghi
di
cartiera,
35
milioni
di
chili
di
fanghi
di
cartiera
nell'ultimo
anno
nei
tre
siti
-‐
Ceneri
pesanti
(incenerimento
biomasse)
-‐
Ceneri
pesanti
da
acciaierie
Altissimi
valori
di
piombo,
zinco,
alluminio,
ferro,
cadmio,
rame
riscontrati
con
le
analisi.
La
messa
in
sicurezza
"d'emergenza"
decretata
dal
magistrato
nel
2005
per
Capranica
è
stata
completata
(affermazione
del
sindaco)
ma
ancora
non
ci
sono
relazioni
scritte
per
intralci
burocratici.
("emergenza"
=
7
anni
dopo
!
).
Cinelli,
la
più
grave
e
la
più
estesa,
ha
avuto
un
primo
stralcio
di
messa
in
sicurezza
completato
ma
pare
che
non
reggesse
per
cui
erano
necessari
lavori
e
costi
iperbolici.
Castel
Sant'Elia,
unica
nel
genere
doveva
essere
bonificata
dalla
stessa
ditta
che
ha
inquinato
e
che
ha
fatto
di
tutto
per
dire
che
non
c'era
inquinamento.
Ultima
beffa
la
notizia
di
prescrizione
dei
reati
degli
inquinatori
perché
trascorsi
i
termini
di
legge
(
e
adesso
si
sentono
pure
onesti
confondendo
la
prescrizione
con
l'assoluzione!).
L'acqua
all'arsenico
riguarda
la
quasi
totalità
dei
comuni
del
viterbese,
alcuni,
tra
cui
Capranica,
hanno
livelli
anche
4
volte
superiori
ai
limiti
di
legge
(10
microgrammi
litro);
per
questi
erano
stati
stanziati
soldi
dalla
Regione
ed
i
lavori
per
i
dearsenificatori
dovevano
essere
completati
entro
Novembre.
A
Capranica
abbiamo
bisogno
di
due
dearsenificatori,
per
uno
sono
iniziate
le
opere
murarie,
per
il
secondo
non
c'è
nulla
di
concreto;
è
giunta
notizia
che
alcune
ditte
hanno
interrotto
i
lavori
perché
la
Regione
ha
stanziato
virtualmente
i
fondi
ma
non
in
concreto.
L'arsenico,
se
è
vero
che
è
un
componente
naturale
dei
terreni
vulcanici,
è
aumentato
notevolmente
grazie
alle
polveri
di
centrali
elettriche
alimentate
a
carbone,
a
gas,
ad
olio
combustibile,
a
biomasse,
fonderie,
cementifici,
traffico
veicolare
ed
aereo,
incenerimento
dei
rifiuti
ed
uso
dei
pesticidi
e
fitofarmaci
in
agricoltura,
si
pesca
acqua
sempre
più
in
profondità
dove
l'arsenico
è
maggiore.
Ultima
la
centrale
a
biomasse
alimentata
da
oli
vegetali,
ma
per
adesso
è
tutto
fermo.
CENTRALE A BIOGAS A SORIANO NEL CIMINO (VT)
La centrale che si vuole costruire a Soriano nel Cimino è della potenza di 0,999 MW.
Saranno necessarie 25.000 tonnellate annue di materiali da fermentare: FORSU, mais.
Il Documento Descrittivo deliberato dall’Amministrazione in data 31.08, prevede che l’impianto si
alimenti “con prodotti agricoli e/o FORSU”. Dati alla mano (Rilevazione MUD 2011), Soriano
produce circa 700 tonnellate di rifiuti organici l’anno; questo significa che saranno portate sul
nostro territorio migliaia di tonnellate di rifiuti organici prodotti altrove, provenienti da un
Consorzio di Comuni. Ma anche questo assolutamente non basterà a raggiungere le 25.000
tonnellate.
Quasi la totalità dei comuni che dovevano formare il consorzio si sono espressi contro il progetto.
Il sito individuato per la costruzione della centrale si trova in un’ex cava, di proprietà del Comune,
nella frazione di S.Eutizio. Il sito è di 2 ettari di terreno circondati da bosco e abitazioni private, ed
è priva di infrastrutture stradali e funzionali.
Sull’area dell’ex cava gravano numerosi vincoli e destinata dal vigente Piano Regolatore a
rimboschimento e in cui il risanamento è già avviato da qualche anno.
Il sito prescelto è immerso in zona agricola caratterizzata dalla produzione di nocciole DOP
Si trova anche in una zona in cui sono presenti altre ex cave abbandonate, utilizzate poi come
discariche, come la cosiddetta "Cava dei veleni", sfruttata per smaltire presunti rifiuti di cartiera
provenienti da Lucca.
La zona inoltre confina con l’area archeo-naturalistica del Fosso del Mandrione, per la quale esiste
già da tempo un progetto di dichiarazione di Monumento Naturale stranamente bloccato in
Regione da oltre un anno.
Oltre al Comitato No BIOGAS-PER LA TUTELA DEL TERRITORIO E DEI CITTADINI è stato
costituito anche un Comitato referendario per promuovere un referendum comunale.
COMITATO NO BIOGAS - PER LA TUTELA DEL TERRITORIO E DEI CITTADINI
16 Settembre, 2012 –
Per info e contatti: nobiogassoriano@libero.it Alex Pizzi 0761-748 820
https://www.facebook.com/groups/224537751006601/
1
Contatto: Marzia Narzoli - perilbeneditarquinia@yahoo.it
335 – 827 27 42
AREA TARQUINIA-TUSCANIA-MONTALTO
- a Montalto c'è un cementificio, la centrale termoelettrica di A Volta da 3440
MW ad olio combustibile e metano
- a Canino una cartiera, un progetto approvato di biogas da 999 KW
- a Tuscania una cartiera, una disastrosa discarica per il compostaggio, il progetto
di una centrale a biomasse da 4.9 MW, (un vecchio progetto riproposto con la
taglia dimezzata).
Appunti sullo stato della qualità dell’aria dell’area intorno a Tarquinia
Sul territorio di Tarquinia vi sono piccoli insediamenti industriali e artigianali
di medio impatto ambientale, mentre presenta un pesante inquinamento dalla
presenza di un deposito di pet coke e della vicinanza al polo energetico più grande
d’Europa tra Montalto di castro e Civitavecchia.
Insieme rappresentano quasi 7000 MW di produzione energetica da fonti fossili tra
carbone, olio combustibile e gas.
Per la totale mancanza di dati pregressi nel 2009 è stata realizzata una
campagna di monitoraggio ambientale da un comitato di cittadini a Tarquinia per
valutare la qualità dell’aria prima dell’entrata in funzione a pieno regime della
centrale a carbone di TVn (Torrevaldaliga nord) a Civitavecchia, per avere un anno
zero su cui ripetere i monitoraggi.
La situazione non è rosea, anche alla luce delle carenti informazioni ufficiali,
visto che il piano della qualità dell’aria della Regione Lazio nonostante le
osservazioni dei comitati e associazioni, non ha predisposto un approfondimento sul
territorio interessato dalle ricadute inquinanti del carbone, né tantomeno disposto un
punto di rilevamento aggiuntivo alla rete di monitoraggio già presente sul territorio,
escludendo la possibilità di monitorare da vicino l’inquinamento delle fonti
inquinanti.
Per la provincia di Viterbo è rimasta la centralina di Viterbo e di Civita
Castellana, lontana da Tarquinia e dal carbone, dunque rimane in piedi solo la rete di
rilevamento dell’osservatorio Ambientale che utilizza le centraline posizionate anni
2
fa da Enel, che oggi ancora finanzia il costo di gestione dell’intera rete e delle analisi
di laboratorio.
Nonostante tutte le rimostranze riguardo al conflitto di interessi, dove vede
Enel Spa ricoprire il ruolo di controllore e controllato, nel silenzio totale dei Sindaci,
che pur siedono al tavolo dell’Osservatorio Ambientale, quello però gestito con i
soldi di enel http://www.ambientale.org/.
Esiste invece l’Osservatorio Ambientale ufficiale della regione Lazio che è
deserto dai Sindaci legati all’altro Osservatorio, di cui però si conferma tutta la sua
ufficialità http://www.regione.lazio.it/rl_ambiente/?vw=contenutiElenco&id=404
Di seguito l’abstract della campagna di monitoraggio realizzata dal comitato
dei cittadini di Tarquinia
INDAGINE DI QUALITA’ DELL’ARIA TRA S. MARINELLA E MANCIANO
TERRA SRL 59
6. CONCLUSIONI GENERALI
Scopo del presente studio è stato quello di verificare la situazione dello stato di
qualità dell’aria del territorio interessato dalla riconversione a carbone della centrale
termoelettrica “Torrevaldaliga nord” di proprietà di Enel SpA, ovvero verificare la
situazione di inquinamento esistente nel territorio di Civitavecchia e nell’area vasta
circostante, individuata alla luce dell’ubicazione degli impianti elettrici esistenti.
Lo studio ha, pertanto, interessato gli ambiti comunali di Santa Marinella,
Civitavecchia e Allumiere, in provincia di Roma, di Tarquinia e Montalto di Castro,
in provincia di Viterbo, ed infine, di Manciano, in provincia di Grosseto.
Dal quadro conoscitivo, elaborato sulla base delle conoscenze disponibili sulle
condizioni di qualità dell’aria del territorio in questione, è emerso uno stato delle
conoscenze non completo ed esaustivo, in relazione sia all’aggiornamento temporale
dei dati, sia alle tipologie di inquinanti indagate.
Per tale motivo è stata, quindi, organizzata e pianificata una campagna di
monitoraggio dell’aria “ad hoc” sul territorio sopra specificato.
Dalle rilevazioni effettuate è stata riscontrata una situazione di criticità per
quanto concerne i livelli di Particolato Sottile (PM10) e di Ozono (O3). In
particolare, relativamente al PM10, si sottolinea come in tutte le stazioni nelle quali è
stato monitorato, siano stati rilevati dei valori di concentrazione, espressi come media
3
del periodo di monitoraggio, sensibilmente superiori al valore limite annuale per la
protezione della salute umana, pari a 20 μg/mc (Fase 2 - a partire da gennaio 2010).
A questo proposito, per la postazione n. 5 “Comune di Civitavecchia – Loc.
Fiumaretta”, la concentrazione di questo inquinante si è attestato attorno ad un valore
medio prossimo a 30,5 μg/mc; per la postazione n. 3 “Comune di Santa Marinella” è
stato raggiunto un valore medio ancora superiore, pari a 33 μg/mc, mentre per le altre
postazioni, la n. 2 “Comune di Montalto di Castro” e la n. 1 “Comune di Tarquinia”,
il PM10 ha registrato un valore medio più basso, attorno a 26,5 μg/mc.
Si segnala, inoltre, come i valori di concentrazione del PM10 risultino in
generale sensibilmente più elevati rispetto a quelli riscontrati per gli Ossidi di Azoto;
fenomeno, questo, che, date le condizioni di forte instabilità atmosferica, potrebbe
essere attribuito ad una rilevante produzione di polveri fini in loco.
In termini, invece, di superamenti del valore limite di 24 ore per la protezione
della salute umana, si segnala come presso le stazioni n. 5 e 3, sia stato registrato in
ognuna un superamento, nei giorni 17.07.2009 e 18.07.2009, rispettivamente.
Per quanto riguarda, invece, l’Ozono, dal monitoraggio in continuo effettuato,
si sottolinea come durante il periodo di rilevamento siano stati registrati 3 giorni di
superamento del valore bersaglio per la protezione della salute umana (calcolato
come massima concentrazione media su 8 ore), da non superare per più di 25 giorni
per anno civile.
Sebbene le problematiche appena argomentate non denotino l’insorgenza di
uno stato di allarme per il Particolato Sottile e l’Ozono, si ritiene, comunque, che il
livello di criticità non debba essere assolutamente sottovalutato, alla luce soprattutto
delle condizioni meteorologiche nelle quali si è svolta la campagna di monitoraggio.
Ci si riferisce, in particolare, a due fattori essenziali:
- Il fattore “vento” durante l’attività di rilevamento;
- Il fattore “pioggia” nel periodo subito pregresso la campagna.
Si evidenzia, infatti, come le concentrazioni medie di PM10 si siano attestate
attorno a valori significativamente elevati e come si siano comunque registrati
superamenti del valore limite giornaliero anche per l’Ozono, nonostante il solido e
duraturo instaurarsi di condizioni atmosferiche che favoriscono la dispersione e
abbattimento degli inquinanti.
Basti pensare alla forte instabilità atmosferica, dal punto di vista
anemometrico, del giorno tipo, in relazione alla quale la ricorrenza delle condizioni di
maggiore dinamicità perdura per molte ore al giorno, generalmente dalle 12:00 alle
18:00, e caratterizzata da un regime anemometrico piuttosto sostenuto (regime di
4
Brezza Tesa); o ancora al fatto che nei sei mesi precedenti la campagna di
monitoraggio siano caduti 813 mm di pioggia, quantitativo che supera di quasi il
100% il quantitativo registrato nello stesso periodo tra il 2007 e il 2008.
Di fatti, in condizioni meteorologiche normali, ovvero in assenza di una così
rilevante alterazione dei regimi pluviometrici, in un periodo relativamente recente
(anni 2004 e 2007) sono state riscontrate sul territorio in questione rilevanti criticità
nello stato di qualità dell’aria.
Dallo studio dei dati disponibili a livello medio provinciale, è emersa la
presenza, sul territorio in esame, di problematiche inerenti il Biossido di Azoto e
l’Ozono, sia nel territorio provinciale di Roma che in quello di Viterbo. In
particolare, per quanto concerne l’NO2, è stato riscontrato in entrambe le province
(anni 2003 e 2004), un superamento del valore limite annuale per la protezione della
salute umana, pari a 40 μg/mc. In questi due anni, inoltre, in provincia di Roma, sono
stati rilevati numerosi superamenti del valore bersaglio su 8 ore dell’ozono, nonché
sforamenti della soglia di informazione e di allarme per lo stesso inquinante.
Criticità rilevanti sono state riscontrate anche più recentemente.
Dai dati rilevati dalla rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia, è
emersa una situazione molto problematica inerentemente i livelli di PM10.
Si riportano di seguito i grafici rappresentativi il numero di superamenti del
valore limite di 24 ore per la protezione della salute umana registrati nelle stazioni sia
urbane che extraurbane.
Superamenti del valore limite di 24 ore per il PM10 nelle postazioni urbane
della rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia
Superamenti del valore limite di 24 ore per il PM10 nelle postazioni
extraurbane della rete dell’Osservatorio Ambientale di Civitavecchia
Come si vede, il numero di superamenti, sia nelle stazioni urbane che
extraurbane risulta tutt’altro che trascurabile.
1
CAPALBIO
13
ottobre
2012
MODERATORE:
Giancarlo
Santalmassi
Secondo
intervento
–
Prof.
Helge
Böhnel
BIOGAS:
RISCHI
PER
LA
SALUTE
DA
CLOSTRIDIUM
BOTULINUM
Desidero
parlarvi
oggi
di
questo
clostridium
botulinum
e
descrivervi
i
problemi
legati
a
questo
batterio.
Innanzitutto
voglio
dirvi
che
sono
veterinario;
la
mia
specializzazione
riguarda
la
sanità
animale
tropicale
e
cioè
agenti
patogeni
che
in
Germania
non
sono
conosciuti
o
non
sono
diffusi.
Per
10
anni
sono
stato
Direttore
del
Dipartimento
di
Sanità
Animale
Tropicale
di
Göttingen.
Ed
è
per
questo
che
ci
siamo
occupati
del
clostridium
botulinum,
perché
in
Germania
nessuno
sapeva
nulla
di
questo
batterio.
Innanzitutto
alcune
notizie
principali.
Il
clostridium
botulinum
è
un
batterio
che
vive
nel
suolo
e
ci
vive
da
3-‐4
miliardii
di
anni,
(e
se
dopo
tanti
miliardi
di
anni
dovessimo
dire
a
questo
batterio
cosa
deve
fare
–
“audio
non
buono
su
questa
frase”,
ma
c’è
il
filmato
su
youtube).
È
un
batterio
anaerobico,
cioè
vive
in
assenza
di
ossigeno,
ed
è
uno
sporigeno,
cioè
produce
delle
spore
che
sono
in
grado
di
vivere
e
sopravvivere
per
moltissimo
tempo.
Talvolta
produce
delle
neurotossine
che
sono
quelle
che
provocano
il
botulismo,
botulismo
che
nell’uomo
e
nell’animale
coinvolge
i
muscoli
e
i
circuiti
regolatori
del
metabolismo.
Questo
agente
patogeno
è
insito
all’interno
della
natura,
nell’ambiente,
può
sopravvivere
nel
suolo,
nel
fango,
nell’acqua,
può
essere
trasmesso
attraverso
l’aria,
può
riprodursi
all’interno
di
piante
viventi,
così
come
anche
all’interno
dell’organismo
umano
e
animale.
L’importante
è
sapere
che
aumentando
il
numero
degli
agenti
patogeni
nell’ambiente
si
aumenta
anche
il
rischio
che
si
abbia
la
patologia.
Anche
perché
stiamo
parlando
di
un
batterio
che
è
in
grado
di
adeguarsi
alle
modifiche
ambientali,
e
siamo
in
grado
in
questo
modo
anche
d’importare,
per
così
dire,
dei
batteri
dai
paesi
esotici,
ad
esempio
con
i
germogli
di
soia
dall’America
Latina.
Gli
stessi
animali
domestici
che
vivono
da
noi
negli
ultimi
anni
hanno
subito
delle
modifiche,
e
così
come
si
sono
modificati
loro,
si
sono
avuti
dei
cambiamenti
anche
a
livello
di
diversità
microbiologica.
Il
digestato
di
biogas,
cioè
il
prodotto
che
fuoriesce
dall’impianto,
è
in
grado
di
influire
su
tutto
questo.
Se
noi
presumiamo
quindi
che
le
spore,
che
si
abbiano
spore
in
natura,
è
altrettanto
vero
quindi
che
nel
cibo
oppure
nel
mangime
si
possa
produrre,
generare,
un
batterio
che
a
sua
volta
genera
tossine.
Una
tossina
che
viene
assunta
attraverso
l’assunzione
2
di
cibo
da
parte
dell’uomo
o
di
mangime
da
parte
dell’animale.
La
spora
può
prendere
anche
una
via
più
diretta,
può
accedere
direttamente
al
tratto
gastrointestinale
e
arrivare
lì
ai
diversi
organi.
La
patologia
più
tipica
di
questo
tipo
è
l’intossicazione,
che
spesso
porta
al
decesso
immediato;
l’infezione
invece
è
un
processo
molto
più
lungo
e
complicato
che
ha,
che
registra
la
tossina
in
quantità
minori,
ma
che
però
è
in
grado
di
produrre
delle
patologie
croniche,
che
all’interno
dell’organismo
animale
possono
durare
dei
mesi
o
addirittura
degli
anni.
Questa
è
la
tipica
immagine
(slide
terribile!)
in
cui
l’intossicazione
ha
provocato
il
decesso
degli
animali
di
intere
aziende
nel
giro
di
poche
ore
o
addirittura
di
qualche
giorno.
Possiamo
solamente
dire
che
questi
animali,
il
giorno
prima
del
loro
decesso,
sono
stati
munti.
La
patologia
può
colpire
ovviamente
anche
le
specie
volatili,
le
specie
volatili
acquatiche:
questa
è
una
mucca
(slide)
che
ha
subito
una
malattia
–
era
stata
malata
per
diversi
mesi
–
ed
è
una
mucca
che
è
talmente
indebolita
nelle
sue
forze
che
ha
bisogno
di
essere
sostenuta.
Questo
è
un
cavallo
(slide)
che
è
rimasto
ammalato
per
tre
giorni,
ed
è
rimasto
comunque
ammalato
per
6
mesi.
Abbiamo
registrato
anche
la
presenza
di
contadini,
di
agricoltori
che
si
sono
ammalati,
e
sono
agricoltori
o
allevatori
che
hanno
avuto
un
diretto
contatto
con
gli
animali
ammalati.
È
un
fenomeno
relativamente
nuovo
che
si
è
verificato
per
la
prima
volta
due
anni
fa.
Veniamo
ora
al
processo
di
produzione
del
biogas.
Allora,
sapete
tutti
come
funziona.
Il
substrato
viene
immesso
all’interno
del
fermentatore,
subisce
una
digestione
ad
opera
di
batteri,
con
conseguente
produzione,
generazione,
di
due
prodotti:
il
gas
e
il
digestato.
Allora,
il
gas
rappresenta
il
5%
di
tutto
il
materiale:
ciò
significa
che
la
produzione
di
biogas
è
sinonimo
di
produzione
di
fertilizzanti.
Adesso
utilizzerò
appunto
questo
schema
(slide)
per
illustrarvi
i
fattori
d’influenza
provocati
dal
clostridium
botulinum.
In
Germania
ci
sono
delle
leggi
che
in
determinati
casi
prescrivono
la
sanificazione
del
substrato
che
viene
immesso
all’interno
del
fermentatore.
La
domanda
che
dobbiamo
porci,
o
che
ci
poniamo,
è,
se
esiste
un
agente
patogeno
all’interno
del
substrato,
questo
agente
patogeno
fuoriesce
anche
dal
prodotto
finito?
Ci
sono
tre
possibilità
di
risposta
a
questa
domanda:
1)
La
prima
possibilità,
l’agente
patogeno
muore.
2)
L’agente
patogeno
si
stabilizza,
seconda
possibilità.
3)
Terza
possibilità,
all’interno
di
questo
sistema
l’agente
patogeno
si
riproduce.
Qui
da
voi,
le
piante
energetiche,
o
le
cosiddette
colture
energetiche,
hanno
un
ruolo
fondamentale,
sono
importanti,
ma
non
dobbiamo
dimenticare
che
il
materiale
di
cui
si
compone
la
pianta
contiene
anche
terra,
polvere,
escrementi
animali,
acqua
di
superficie,
o
3
animali
morti
–
che
sono
i
cosiddetti
vettori.
Tutti
questi
fattori
possono
portare
l’agente
patogeno
all’interno
del
sistema.
Stiamo
discutendo
sull’ipotesi
che
alcuni
componenti
aggiuntivi
tipo
gli
erbicidi
chimici
o
gli
antibiotici
possano
avere
delle
influenze,
possano
influenzare
ciò
che
avviene
all’interno
del
fermentatore.
Ciò
che
invece
comunque
sappiamo
è
che
la
sanificazione
non
influisce
sulle
spore
di
clostridium
botulinum,
così
come
gli
agenti
patogeni
scatenanti
della
tubercolosi
sono
anche
in
grado
di
sopravvivere,
e
poiché
i
processi
di
sanificazione
sono
estremamente
complicati,
spesso
succede
che
non
funzionano.
All’interno
del
fermentatore
i
batteri
fanno
il
loro
lavoro,
decompongono
il
materiale,
effettuano
la
digestione
in
modo
tale
che
venga
prodotto
biogas.
Dobbiamo
però
ricordare
che
più
del
90%
dei
batteri
è
assolutamente
sconosciuto
e
che
le
loro
interazioni
non
sono
ancora
note,
e
quindi
dobbiamo
tener
conto
del
fatto
che
ogni
fermentatore
funziona
come
una
...?....
(vedi
filmato
su
youtube),
cioè
differentemente
da
tutti
gli
altri
e
anche
per
quel
che
riguarda
l’uso
dei
diversi
materiali,
cioè
a
seconda
del
tipo
di
materiale
che
viene
miscelato
all’interno,
ci
possono
essere
dei
problemi
meccanici
di
omogeneità
dovuti
alla
miscelazione
non
corretta.
Per
esempio,
sul
fondo
di
questi
fermentatori
si
sedimenta
la
terra
e
sopra
si
crea
una
specie
di
copertura
flottante,
e
noi
non
siamo
assolutamente
in
grado
di
dirvi
cosa
succede
in
questi
due
strati.
Non
abbiamo
alcun
modo,
alcuna
possibilità
d’incidere
o
d’influenzare
i
rapporti
e
le
interazioni
che
avvengono
all’interno
del
fermentatore.
Guardiamo
adesso
cosa
succede
(slide
di
fanghi),
ad
esempio,
nel
fondo
di
un
fermentatore
a
due
anni
dalla
sua
messa
in
servizio:
tutto
questo
sedimento
è
necessario
estrarlo
dal
fermentatore,
però
la
questione
è
sapere
dove
portarlo.
Questo
è
il
materiale,
il
terreno
fertile,
più
idoneo
alla
moltiplicazione,
alla
generazione,
del
clostridium
botulinum.
Il
prodotto
liquido
viene
quindi
stoccato,
immagazzinato,
e
per
quel
che
riguarda
lo
stoccaggio
non
vi
è
alcuna
prescrizione
riguardo
alla
temperatura
di
stoccaggio
e
il
tempo
di
stoccaggio.
Se
guardiamo
l’intero
sistema,
nel
suo
complesso,
si
pone
questo
quesito
che
va
assolutamente
spiegato
e
affrontato,
e
cioè
il
quesito
legato
alla
pulizia,
cosa
fare,
quale
interventi
effettuare
in
caso
di
perdite
di
ermeticità
e
alle
eventuali
avarie.
Teniamo
conto
che
tutti
gli
incidenti
accaduti
in
Germania
sono
riconducibili
comunque
ad
un
errore
umano.
Quindi,
in
caso
di
incidente
o
di
avaria
ad
un
fermentatore,
quando
il
fermentatore
non
funziona
più,
ciò
diventa
pericoloso,
sia
per
il
personale
dell’impianto
stesso
che
per
l’ambiente,
e
per
ambiente
s’intende
uomo
–
animali
–
piante.
Ecco,
questa
è
l’immagine
(slide
di
un
coltivatore
che
spruzza
digestato
sui
campi)
che
raffigura
al
meglio
la
4
stupidità
o
l’ignoranza
di
questo
coltivatore
che
sparge
il
digestato
pur
sapendo
che
è
assolutamente
vietato.
Infatti,
il
risultato
è
che
tutto
il
suo
miele
è
andato
perso.
Allora,
vi
presento
alcuni
risultati
di
laboratorio
(slide)
ricordandovi
comunque
che
è
molto
difficile
analizzare
in
laboratorio
questo
tipo
di
batterio.
Quindi,
quando
voi
vedete
nella
colonna
del
digestato
che
ci
sono
riscontri
positivi,
cioè
presenza
di
botulino,
significa
che
in
quel
caso
c’è
un
grosso
problema
legato
all’applicazione,
cioè
allo
spargimento
di
questo
digestato.
Quando
invece
i
risultati
di
laboratorio
sono
negativi,
può
essere
che
all’interno
del
digestato
non
vi
sia
nulla
oppure
che
vi
sia
presenza
di
batterio
che
è
però
al
di
sotto
del
valore
limite
prescritto.
Questa
è
un’altra
analisi
(slide)
che
è
stata
effettuata
per
dimostrare
che
all’interno
del
digestato
vi
erano
agenti
patogeni
(nei
confronti)
pericolosi
sia
per
l’uomo
che
per
l’animale
e
che
sono
riscontrabili
nelle
diciture
evidenziate
in
rosso.
Cinque
anni
fa
quest’analisi,
questo
studio
è
costato
100.000
Euro,
oggi
come
oggi
costa
2.000
Euro.
E
questo
attesta
l’evoluzione
della
moderna
microbiologia.
Non
si
tratta
comunque
di
parlare
solo
del
clostridium
botulinum,
ma
esistono
molti
altri
agenti
patogeni
la
cui
presenza
è
stata
riscontrata
all’interno
dei
digestati.
Quindi,
il
nostro
impegno
e
obbligo
è
quello
di
trovare
una
via
di
collaborazione
con
chi
costruisce
impianti
di
biogas
al
fine
di
effettuare
delle
analisi
e
degli
esperimenti
per
evitare
che
gli
agenti
patogeni
fuoriescano
dal
fermentatore.
Credo
che
sia
un
pericolo
per
l’ambiente,
e
se
così
non
fosse,
quello
che
dobbiamo
fare
è
rinunciare
a
questo
tipo
di
tecnologia.
APPLAUSI
Domanda
G.
Santalmassi:
Quanti
impianti
a
biogas
esistono
in
Germania?
Quanti
incidenti
hanno
provocato?
Risposta
Prof.
Böhnel
Ci
sono
circa
7.000
impianti
a
biogas
in
Germania.
Questa
è
la
mappa
della
loro
concentrazione
(slide).
Gli
impianti
a
biogas
sono
concentrati
soprattutto
nei
territori,
nei
siti
dove
vi
sono
maggiori
allevamenti
di
bestiame
e
maggiore
agricoltura.
Qui
accanto
vedete
la
mappa
della
Germania
dove
si
vedono
registrati
i
casi
di
oltre
1.000
aziende
che
sono
state
coinvolte
in
fenomeni
di
botulismo,
anche
se,
a
livello
non
ufficiale
lui
stima
che
ci
siano
più
di
3.000
aziende
nelle
quali
il
botulismo
si
è
presentato.
E
queste
due
mappe
sono
testimonianza
del
fatto
che
vi
è
un
problema
legato
a
questo
tipo
di
tecnologia.
Commento
G.
Santalmassi
5
(saltando
dettagli
riferiti
alla
raccolta
delle
domande).
Il
racconto
che
ci
ha
fatto
il
Prof.
Böhnel,
devo
dire
che
è
un
racconto
che
noi
già
conosciamo.
Che
cos’altro
è
se
non
questo
tipo
di
tragedia,
quella
che
già
si
è
vissuta
non
solo
in
Italia
ma
nel
mondo
della
mucca
pazza?
Che
cos’altro
è
se
non
il
ripetersi
di
questa
storia?
Con
una
catena
alimentare.
ancora
più
complessa,
ecc.
ecc.
Domanda
fatta
al
Professore,
letta
da
G.
Santalmassi
Il
clostridium
riguarda
anche
le
centrali
a
biogas
per
il
trattamento
anaerobico
della
frazione
organica?
Prof.
Böhnel
Sì,
forse
anche
di
più.
L’umido
contiene
l’alimento
per
i
batteri
Interviene
il
dott.
Mocci
dell’Isde
Soprattutto
il
calore...
Prof.
Böhnel
Dice
che
il
calore
non
è...
Dott.
Mocci
(medico
ISDE)
A
40
gradi,
come
fanno,
stimola
insieme
all’umido
la
crescita
della
spora...
Prof.
Böhnel
Diciamo
che
la
crescita
degli
agenti
patogeni
avviene
tra
i
20
e
i
45
gradi.
I
trattamenti
vengono
effettuati
più
o
meno
a
37
gradi
H T T P : / / P O N T I N I A E C O L O G I A . B L O G S P O T . I T / 2 0 1 2 / 0 9 / I L - D I S A S T R O - D E L L E -
C E N T R A L I - B I O G A S - C O S A . H T M L
S A B A T O 2 9 S E T T E M B R E 2 0 1 2
li disastro delle centrali a biogas, cosa sta accadendo in Germania
Centrali a biogas: ecco cosa sta accadendo in
Germania
ambiente / provincia / regione di Alessandro Marconi - 22 agosto 2012
MONTEFELCINO – Il presidente del comitato No Biogas ha inviato la traduzione di un interessante
articolo comparso recentemente sul settimanale tedesco Der Spiegel che riguarda tutti i rischi e
gli incidenti verificatisi in seguito all’inesperienza e negligenza nella gestione di impianti a biogas.
Il Comitato si chiede: “Che esperienze hanno realmente queste ditte nella gestione di impianti a
biogas? Come al solito siamo in una situazione dove non solo assistiamo alla solita sospensione di
democrazia ma ancora una volta non viene offerta nessuna garanzia sulla capacità che queste
persone hanno nel gestire questi impianti (viste le carenze e inesattezze progettuali direi che c’è
poco da star tranquilli). Vorrei ricordare a questi signori che non si tratta di impianti fotovoltaici
(come quelli che queste ditte hanno costruito fino ad oggi) che una volta allacciati funzionano
senza bisogno di interventi costanti”.
Di seguito il testo completo dell’articolo tradotto dal tedesco.
Il sacrificio dei contadini
Le taniche di fermentazione esplodono, gli escrementi o i resti di fermentazione
fuoriescono avvelenando i ruscelli – quasi ogni settimana gli impianti a biogas
vanno in avaria. Le colpe sono la negligenza e l’ignoranza (nel senso di non sapere)
degli agricoltori.
La corrente marrone ha distrutto nel giro di poche ore ciò per cui Ralph Gerken aveva lavorato
anni. Nel mezzo della notte sono fuoriusciti dall’impianto a biogas 400 metri cubi di escrementi e
digestato , scesi giù lungo un pendio, poi dentro un fosso e da lì riversati in un torrente in Bassa
Sassonia (Rotenburg -Wümme). Il giorno dopo tutto il vicinato avverte una forte puzza. Purtroppo
è già tardi: Gerken e i suoi colleghi pescatori riempiono secchi pieni di pesci morti, tra cui
sanguinerole, lamprede, trote.
Per anni Gerken e i suoi colleghi avevano tentato il ripopolamento ittico delle acque.
A metà aprile, solo 10 giorni dopo, accade un altro incidente. Stavolta viene colpito un torrente
vicino. Si stacca un coperchio da un silos ed escono 200 metri cubi di letame.
Il Signor Gerken è frustrato, troppo spesso ha avvertito le autorità ma ogni volta nessuno si è
sentito direttamente responsabile.
Questa primavera anche in Baviera i pescatori hanno trovato una moria di pesci. Nella zona del
Rottal-Inn (Bassa Baviera) sono accaduti negli anni passati ben 48 incidenti con gli impianti a
biogas, presso i quali le acque sono state inquinate – scrivono i pescatori in una lettera aperta. Le
colpe sarebbero l’incapacità degli operatori e la non sicurezza degli impianti. Per gli agricoltori gli
impianti a biogas costituiscono per lo più un buon investimento. Dalle granaglie o dagli
escrementi si genera elettricità e calore. Gli operatori con questa energia riscaldano la loro azienda
agricola e riforniscono di elettricità la rete. Per ogni kilowatt si ricevono dei sussidi. Questi
impianti in Germania sono circa 8000. In essi il concime è come oro; la trasformazione da
agricoltore ad amministratore di energia è tuttavia difficile.
Wolfgang Stachowitz vede incapacità e negligenza tutti i giorni ogni settimana.
Questo ingegnere di Kiel lavora come perito di assicurazioni e organizza corsi di formazione sulla
sicurezza. Durante le sue visite presso le aziende agricole vede a volte gli agricoltori comportarsi
in maniera amatoriale, come se fossero hobbisti. Ha visto appiccicare tubi di plastica comprati al
supermercato per la tubatura del gas del proprio impianto, oppure ha visto dipingere di vernice
gialla i tubi diventati porosi a causa della luce solare.
“Alcuni operatori sono sopraffatti con gli obblighi imposti da leggi e regolamenti, mentre altri non
le conoscono affatto”, dice Stachowitz. “Alcuni vogliono tutto a buon mercato e rapidamente. “
In uno dei peggiori incidenti avvenuti finora in Germania sono morte quattro
persone per avvelenamento.
Un´autocisterna ha scaricato una melma di resti di maiali (dovrebbe trattarsi sempre di
escrementi) in una pre–fossa nella quale si trovavano altri resti di fermentazione. Tale poltiglia ha
avuto una reazione chimica dalla quale é fuoriuscito idrogeno solforato velenoso. Gli operai non
sono stati in grado di chiudere lo sportello della fossa perché danneggiato. Più tardi la polizia ha
misurato sul luogo dell’accaduto una concentrazione mortale di gas nel giro di pochi secondi.
L’Associazione Biogas sottolinea che gli impianti sono sicuri se si gestiscono con responsabilità.
Ma esattamente questo sembra mancare.
Già nel 2010 l’Associazione Biogas scriveva in un rapporto:
“Con il numero crescente di impianti biogas aumenta sfortunatamente anche il numero di
incidenti, incendi ed altri inconvenienti.
Un cartello di avvertimento riguardo i rischi dei motori roventi per il calore sottolinea il possibile
dilettantismo esistente tra certi operatori. Questa nota dice: ”il vano del motore non dovrebbe
essere utilizzato come uno stendibiancheria per abiti da lavoro”.
Alcuni gestori di centrali biogas dimostrano, nei fatti, una incredibile noncuranza.
Naturalmente anche gli agricoltori sanno in linea di principio che il biogas è altamente
infiammabile – solo che alcuni di loro sembrano dimenticarsene.
Una volta, in inverno, un agricoltore decise di scongelare un fusibile ghiacciato del suo impianto di
biogas con l’aiuto di un asciugacapelli.
Questa non fu affatto una buona idea: il fermentatore andò a fuoco.
Non ci sono dati ufficiali su quanti incidenti accadano effettivamente presso gli impianti a biogas, i
danni non vengono registrati in maniera centralizzata. Solo negli ultimi quattro mesi, però, sono
documentati cinque incidenti in cui stallatico e digestato si sono riversati nei ruscelli uccidendo
ogni specie vivente.
In un incidente accaduto nei pressi di Halle (Westfalia) il patrimonio ittico è stato per 4,5 km quasi
completamente annientato, come ha accertato un perito in seguito.
Ci vorranno almeno tre anni affinché le acque possano recuperare, afferma il perito.
L’Associazione per la Protezione e la Conservazione della Natura (NABU) ritiene che ogni anno si
verificano tra i 40 e i 60 incidenti. Stime più prudenti parlano di un range che va dai 15 ai 30. La
maggior parte di questi incidenti si potrebbe evitare se i gestori delle centrali e gli agricoltori
fossero più attenti.
Un rapporto della Commissione sulla Sicurezza degli Impianti descrive la condizione in cui si
trovano molte centrali. Periti ed esperti hanno preso in esame 159 impianti di biogas prima che
questi entrassero in funzione. L’80 per cento di essi presentava gravi difetti: rilevatori di gas
mancanti, operatori che avevano sigillato fessure dei pozzi neri con il silicone; tubi di scarico
bollenti che correvano sotto soffitti in legno. A cosa può portare la negligenza si è visto
nell’impianto situato vicino la città di Allgäu, dove il gas è fuoriuscito dal fermentatore e poi si è
riversato tutto nella sala controllo. E’ bastata una scintilla per incendiare la miscela.
La relazione del perito assicurativo è stata: “il vano del motore e la cisterna del gas sono stati
collocati in un unico edificio piuttosto che essere tenuti a sei metri di distanza l’uno dall’altro
come previsto”.
Errori di statica sono stati la causa della catastrofe biogas a Riedlingen nella zona di Biberach.
Appena due giorni dopo la messa in funzione dell’impianto, il fermentatore alto 22 metri e largo
17 non ha retto la pressione interna.
4000 metri cubi di digestato sono fuoriusciti riversando un mare di liquami. Il fiume di sporcizia
ha divelto una stazione di trasformatori.
Un arco voltaico (detto anche arco elettrico) ha infiammato i gas in aumento – ci sono state diverse
esplosioni, escrementi e macerie sono volati a centinaia di metri. I danni sono ammontati a milioni
di Euro. In particolare, i gestori agricoli sembrano sopraffatti da una situazione legislativa che non
è chiara “, dice Thomas Schendler del KAS. Il punto non è la mancanza di regole. Il problema è
piuttosto che ce ne sono troppe. Ogni provincia ha una propria regolamentazione e oltre a ciò si
aggiungono le varie leggi federali. Questi regolamenti tutti insieme riempiono diversi raccoglitori.
Spesso solo un esperto riesce a capire e interpretare.
L’Associazione Biogas indirizza volentieri verso corsi di formazione. Lì i gestori di centrali possono
apprendere tutto su: biogas, quantità che possono diventare letali, creazione e gestione di piani
di emergenza, come i vigili del fuoco debbono essere informati. Tuttavia questi corsi non sono
obbligatori. Il Signor Stachowitz ritiene che alla fine sarà probabilmente di aiuto avere una sorta di
“patente di guida” per i gestori di impianti di biogas, dovrebbe funzionare come l’esame per
guidare la macchina – dice Stachowitz.
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