mercoledì 26 dicembre 2012

Ingroia, lista arancione: contro le iniquità ci metto la faccia, le macerie italiane

Contro le iniquità
io ci metto la faccia,
ma ora tutti
devono impegnarsi

Le macerie di un Paese
senza uguaglianza

CRISI SOCIALE
L’Italia è al culmine
dell’iniquità, in preda
a un’emergenza
che mette in crisi la
democrazia. Bisogna
agire in prima persona
di Antonio Ingroia
Roma - Città del Guatemala Il fatto quotidiano 27 dicembre 2012 Oggi questo Diario dovrebbe
chiamarsi Diario
Italo-Guatemalteco
perché in realtà lo scrivo
mentre sono in Italia, ma
pronto per ripartire per il
Guatemala. Che ci faccio
in Italia lo sapete. Non solo
per le festività natalizie, ma
anche perché coinvolto in
un’iniziativa “politica” d e lla
società civile che si è
condensata nel manifesto
“Io ci sto”, di cui sono primo
firmatario e che io stesso
ho lanciato venerdì
scorso al teatro Capranica
a Roma. Sul punto, ho poco
da aggiungere a quanto
ho già detto venerdì. L’Italia
è oggi un Paese ammalato,
soprattutto di iniquità.
Economica, sociale e
giuridica. Gli italiani non
sono mai stati eguali fra di
loro. Si dice che nei momenti
di difficoltà dovrebbe
crescere la compattezza
nazionale, il senso di Patria.
Questo non è avvenuto.
Hanno finito per prevalere
i furbi e i potenti. Il
ventennio berlusconiano
ha lasciato macerie. Macerie
dello Stato di diritto,
per la mortificazione di
tutti i poteri di controllo.
Macerie dello Stato sociale
per l’azzeramento della sicurezza
sociale dei più deboli.
Macerie dei diritti di
ciascuno di noi. Col risultato
che gli italiani meno
tutelati oggi sono più poveri
di diritti e con le tasche
vuote. Mentre i più ricchi e
i più potenti, insomma chi
più ha meno rischia. E
Monti non è affatto incolpevole
di tutto ciò. Anzi, ne
è doppiamente responsabile.
Per averci convinto
col suo prestigio che avrebbe
rimesso l’Italia in piedi.
E così non è stato. Perché,
al di là dello stile certamente
ben diverso dal berlusconismo,
le linee e le scelte
politiche del governo
Monti sono state del tutto
in linea con quelle neoliberiste
dei governi Berlusconi È una situazione di emergenza
quella che abbiamo
davanti. Un’emergenza
non solo economico-finanziaria,
ma anche politico-
istituzionale, per il
punto più basso di credibilità
mai raggiunto dalle
nostre istituzioni politiche,
e anche emergenza morale,
per la grave crisi etica in
cui è affondata tutta la nostra
classe dirigente e il nostro
ceto politico. Si tratta,
allora, di una vera e propria
emergenza democratica
di fronte al rischio di
tracollo. Che fare, allora?
Rimanere ai bordi del fiume
a guardare, magari attendendo
il cadavere del
nemico passare, come dice
il famoso proverbio cinese?
Io credo di no. Credo
che siano arrivati i giorni
della responsabilità, in cui ciascuno deve impegnarsi
e rischiare in proprio per
dare il proprio contributo,
piccolo o grande, per salvare
il Paese. Anche perché,
se restiamo ai bordi
del fiume ad aspettare, prima
o poi il cadavere che
vedremo passare non sarà
quello del nemico, ma
quello dell’Italia. E nessuno
vuole la morte del nostro
Paese. Anzi, credo che
tocchi agli italiani andati
all’estero come me, che
hanno costruito una bella
immagine del nostro Paese
in giro per il mondo, ad
avere un obbligo di riconoscenza
nei confronti
dell’Italia. E un dovere di
responsabilità a impegnarsi.
Per quel che mi riguarda,
sono pronto a metterci
la faccia, assumendomi
tutti i rischi che ne conseguono,
anche per le critiche
che ne conseguiranno.
Ma dobbiamo farlo
tutti. Rinnovo l’appello a
tutti gli italiani che credono
ancora nella possibilità
di salvare questo Paese che
va cambiato. Anche nel
nome degli uomini che si
sono sacrificati, a volte con
la loro vita, per migliorare
la nostra terra. È retorica
questa? Retorica da canzonette,
come dice un tale Aldo
Grasso che scrive su Il
Corriere della Sera? Un critico
televisivo che fino a
poco tempo fa si è occupato
di Sanremo , X- Fa cto r e così
via, e quindi di canzonette,
e che ora vuole fare il tuttologo,
occupandosi di tutto
sapendo assai poco delle
cose di cui parla? Come
quando ha definito quasi
come capolavori le fiction
televisive di Valsecchi da Il
capo dei capi a L’ultimo padrino,
tutte dentro i cliché
dell’apologia dei boss mafiosi,
così aggiungendo altri
capitoli all’iconografia
mitizzante della mafia? Bè,
se questo è il prezzo, preferisco
tenermi la retorica
dei martiri dell’antimafia.
Almeno ho dei buoni modelli
cui ispirarmi.

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