Il Fatto quotidiano 13 novembre 2012
di Paola Zanca
Prima fu il panino di Alfredo Milioni, oggi l’osti -
nazione di Renata Polverini. Più che la campagna
elettorale, nel Lazio, si fanno le guerre di carte bollate.
Sembra un salto indietro a due anni fa, quando i mesi
precedenti alle elezioni regionali si consumarono praticamente
tutti nelle aule della giustizia amministrativa.
Allora si tentò (invano) di far rientrare in gara la
lista del Pdl che era stata presentata in ritardo per colpa,
appunto, di un attacco di fame dell'incaricato. Oggi
invece si prova disperatamente a rallentare la fine
della saga cominciata con lo scandalo Fiorito. Per
questo la Regione ha fatto ricorso contro la sentenza
del Tar, che ieri ha dato ragione al Movimento Difesa
del Cittadino: basta temporeggiare, scrivono i giudici,
la presidente dimissionaria deve indicare entro cinque
giorni la data delle prossime elezioni. Eppure Renata
Polverini non ha alcuna intenzione di abbandonare
il palazzo dove sta arroccata da 46 giorni, da
quel 28 settembre in cui decise di passare la mano,
travolta dalle inchieste sui fondi destinati ai gruppi
consiliari. Dice che deve “difendere l'Istituzione”, che
dopo le dimissioni di Marrazzo si votò dopo cinque
mesi, che prima di votare deve ridurre da 70 a 50 i
consiglieri, che è giusto andare alle urne insieme alla
Lombardia o, ancora meglio, direttamente alle politiche
di aprile, che non si può votare sotto Natale.
IL COROdei pidiellini intervenuti a sostegno della presidente
conferma quello che i più sostengono: il centrodestra
non vuole votare perché sa di perdere e soprattutto
perché un risultato negativo adesso condizionerebbe
inevitabilmente la prossima tornata elettorale.
La legge dice che ci sono 90 giorni
di tempo dalle dimissioni per stabilire
la data delle elezioni: da quel giorno,
poi, deve trascorrere un altro mese e
mezzo prima che si vada alla urne. Da
settimane si dibatte su come interpretare
questa norma, in realtà lo spiega
chiaramente una sentenza della Consulta,
secondo la quale, nei 90 giorni,
non solo le elezioni vanno indette, ma
vanno anche svolte. Ora il Tar conferma.
E aggiunge che sarà il governo a
intervenire, se la Polverini non rispetterà
le scadenze, nominando commissario
il ministro dell'Interno. Anna Maria Cancellieri è
già stata sollecitata più volte sul tema, ha sempre “au -
spicato” che la Polverini facesse in fretta, ma sempre
ricordando che è lei, la presidente, l’unica titolare del
potere della chiamata alle urne. Il centrosinistra – che
era arrivato a chiedere l'intervento del Capo dello Stato
– ora festeggia “la straordinaria vittoria dei cittadini”,
per usare le parole del candidato Pd, Nicola Zingaretti.
Ma continua a serpeggiare il timore che nemmeno
questa sia la volta buona: a palazzo Chigi, pochi giorni
fa, si è discusso dell’ipotesi election day,
caldeggiata da Pdl e Udc e sostenuta in
particolare, raccontano le cronache, dal
sottosegretario Antonio Catricalà. Ha
fatto scalpore la notizia che l’avvocato
che ha difeso Renata Polverini davanti al
Tar fosse Francesco Saverio Marini, capo
della segreteria di Catricalà fino alla
settimana scorsa. Ora gli addetti ai lavori
notano che il nome del sottosegretario
torna anche nella composizione
del Consiglio di Stato, chiamato a mettere
la parola fine sulle regionali del Lazio.
Ma, al momento, è fuori ruolo.
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