mercoledì 28 novembre 2012
Lazio scandalo pdl, udc, destra, feste maiali, Fiorito, De Romanis e il caos elezioni, chi peggio della Polverini?
Fiorito e i soldi per De Romanis
IL BATMAN DI ANAGNI INTERROGATO IN CARCERE PARLA DELLE FATTURE DEL GRUPPO PDL IN VIA VENETO
L’organizzatore
della “festa dei maiali”
pagò con i soldi
pubblici un evento
per sostenere
la sua nomina europea Il fatto quotidiano 29 novembre 2012 di Valeria Pacelli
L’evento per la sponsorizzazione di Carlo
De Romanis alla nomina al Partito Popolare
Europeo, sarebbe stata finanziata con i
soldi del gruppo Pdl della Regione Lazio, di cui
il giovanissimo De Romanis, è vice capogruppo.
Un evento organizzato a maggio del 2009
nel lussuoso Hotel Londra & Cargill di via
Veneto. Franco Fiorito durante l’interrogatorio
dello scorso 16 novembre a Regina Coeli,
aveva raccontato della presenza a questo evento
di Angelino Alfano. In realtà da una ricostruzione
del Fatto le spese di cui parla Fiorito
farebbero riferimento alle spese per la manifestazione
di De Romanis. Dal carcere dove
l’ex consigliere è detenuto con l’accusa di essersi
appropriato di 1,4 milioni
di euro dei fondi del gruppo,
davanti al pm Alberto Pioletti,
Fiorito attacca ancora i
suoi ex colleghi, da Francesco
Battistoni, a Giancarlo Mieli
senza risparmiare Carlo de
Romanis, organizzatore di
quel toga party le cui foto sono
finite su tutti i giornali, per le
ancelle svestite e le maschere
da maiale. Proprio in relazione
alle fatture del vice capogruppo,
Fiorito dichiara: “La
fattura intestata alla Tecnoservice per 4.800
euro - sottolinea ancora Fiorito - è riferita al
famoso party con le maschere di maiali. Le
lettere di richieste di rimborso da parte di De
Romanis si riferiscono a pagamenti prima effettuati
a Occhipinti (vice-Presidente dello
Yepp, Youth of the European people’s party,
movimento giovanile del Partito popolare europeo)
e in seguito all’associazione Giovani
Ppe.
AL MEDESIMO OCCHIPINTI è stata pagata una
manifestazione organizzata a Roma per il segretario
del partito Alfano, presso l’hotel Londra
Cargill. Complessivamente sono stati bonificati
100mila euro”. In realtà dopo alcune
verifiche effettuate da Il Fatto, si è scoperto che
l’evento di cui si parla, sarebbe
stato organizzato il 19 maggio
del 2009 presso il prestigioso
Hotel Londra & Cargill di via
Veneto a Roma. Si tratta della
manifestazione organizzata
per la nomina di De Romanis
al Ppe, alla quale Alfano e Tajani
erano stati invitati. Il delfino
di Berlusconi però decise
di non partecipare. Ma tra gli
eventi segnati in agenda del
gruppo Pdl alla regione Lazio e
da questi finanziati, Fiorito
racconta anche di quello che si è tenuto all’Auditorium
di Roma, le cui fatture a detta di
Francone sarebbero state presentate dal neo
capogruppo Pdl, la giovanissima Chiara Colosimo.
“Vi segnalo come sospetti i pagamenti
effettuati a favore di Das Print Srl, Elite service
srl, associazione di promozione sociale laboratorio
di comunità, Isec srl, Tecnology srl, Make
music srl, Multiservice srl, i Borghi srl, con
particolare riferimento a queste due ultime società
che si riferiscono al medesimo evento
inoltre sono certo che vi è stato un ulteriore
pagamento da me disposto (circa 8mila euro) e
relativo all’affitto sala Auditorium della Conciliazione,
la somma delle varie fatture è pari a
60 mila euro che ritengo somma eccessiva per
una sola serata alla quale hanno partecipato il
sen. Gasparri e
l’On. Meloni (appoggiata
proprio
dalla Colosimo in
questa campagna
elettorale alle primarie)”.
Fiorito fa
riferimento all’evento
del 5 dicembre 2011, in cui fu affittata
quella enorme sala. E anche vero che fonti vicine
alla Colosimo confermano che in quell’occasione
sia stato pagato solo l’affitto del locale
per una sola giornata. Tra le società che
avrebbero lavorato durante quella giornata,
Fiorito cita la Borghi Srl. un’azienda con un
importante azionista, quale Lorenzo Cesa, segretario
nazionale dell’Udc.
Elezioni, il Lazio nel caos
di Michele Ainis
Leggi regionali contro leggi nazionali. Ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Partiti che vogliono rinviare e partiti che vogliono votare subito. Risultato: non si sa né quando si andrà alle urne né quanti saranno gli eletti
(27 novembre 2012) http://espresso.repubblica.it/dettaglio/elezioni-il-lazio-nel-caos/2195451
Chi dopo Monti? Costantino, l'imperatore di Bisanzio. Perché è questo il gran finale della XVI legislatura: una sequela di riti bizantini, un corteo di dottori della legge che s'esercitano su dispute di lana caprina, e sullo sfondo norme che si contraddicono a vicenda, contraddette a loro volta dai politici, i quali poi vengono puntualmente contraddetti dalla magistratura. La sentenza del Consiglio di Stato, martedì 27 novembre, sulla querelle delle elezioni regionali nel Lazio ne è soltanto l'ultima conferma.
Difatti la cerimonia viene celebrata a Roma, sede del Parlamento nazionale nonché di quello laziale: l'uno scadente, l'altro scaduto. E Roma resta pur sempre la patria del diritto, ma soprattutto del rovescio. Qui un manrovescio dei giudici ha buttato la Polverini giù dal trono; lei però si è rifiutata di convocare immediatamente le elezioni, sicché è entrato in scena il Tar, poi il Consiglio di Stato, in una giostra d'appelli e contrappelli che infine condiziona la data delle prossime politiche. Si voterà il 10 marzo, a quanto pare. Ma l'election day è ancora in forse, come la stessa legge elettorale. E come le regole del Lazio, dove ogni norma è un rebus: chi chiama alle urne gli elettori, quando può farlo, quanti saranno i seggi in palio.
Quanto al potere di convocare i comizi elettorali, la legge laziale (n. 2 del 2005) è perentoria: questo potere spetta al presidente della regione. Anche se nel frattempo è deceduto? Difficile, ma nel caso (toccando ferri e corna) la resurrezione non sarebbe che l'ultimo miracolo della Polverini. C'è però da aggiungere che la Costituzione distingue fra tre cause di scioglimento anticipato: per decisione autonoma del Consiglio regionale, per una scelta sanzionatoria del governo, ovvero per responsabilità del presidente. Com'è successo, per l'appunto, quando la Polverini si è dimessa. A rigor di logica, nelle ultime due ipotesi l'esecutivo dovrebbe nominare un commissario, facendogli gestire tutta la fase che precede le elezioni. E dunque, quid iuris? Vattelappesca.
Poi c'è la gran baruffa sulla data del voto, che ha scavato l'ennesima trincea fra destri e sinistri. I primi intenzionati a tirarla per le lunghe, sperando che con il trascorrere del tempo il faccione di Fiorito sfiorisca nel ricordo dei laziali; i secondi determinati a fare presto, ovviamente per la ragione opposta. E ovviamente sul terreno di battaglia campeggia un'altra norma oscura: quella che stabilisce d'indire le elezioni entro tre mesi. Già, ma che significa «indizione»? Per il vocabolario, fissare l'appuntamento elettorale; per il Tar, votare e basta, anche perché altrimenti le elezioni indette entro tre mesi potrebbero tenersi tre anni dopo. In questo bisticcio semantico e giuridico, l'ultima parola è toccata al Consiglio di Stato. E i politici romani? Per una volta, tutti d'accordo: hanno deciso di decidere dopo i consigli del Consiglio.
Infine i seggi in palio. Settanta, secondo la legge regionale e lo statuto; cinquanta, secondo un decreto legge confezionato dal gabinetto Monti il 10 ottobre. E allora quale numero prevale? E' legittimo ignorare il decreto del governo? Ed è legittimo un decreto che ignora l'autonomia delle regioni? Per ristabilire l'armonia dei numeri (Pitagora), potremmo fare tombola a sessanta. Oppure basterebbe che il Consiglio regionale modifichi le proprie normative; tuttavia non può, essendo ormai sciolto da due mesi. Quindi l'esecutivo ha posto al Lazio un obbligo impossibile e un destino sicuro: quello delle carte bollate, quale che sia la decisione conclusiva.
Da qui una lezione, almeno una, che sgorga nel crepuscolo della legislatura. C'è sempre un nesso fra politica e diritto, dal momento che la prima genera il secondo: e infatti i nostri cattivi politici ci lasciano in dote un'eredità di pessime leggi. Ma tali leggi diventano poi una corda al collo su cui s'impicca la politica, e che in ultimo soffoca tutti gli italiani. Sicché il prossimo imperatore non dovrà somigliare a Costantino, bensì piuttosto a Giustiniano: l'uomo che «d'entro alle leggi trasse il troppo e 'l vano» (Dante, Paradiso, VI).
michele.ainis@uniroma3.it
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