martedì 27 novembre 2012
Bersani: “I soldi di Riva? Roba vecchia, non li ridò”
I VERTICI DELL’ILVA E I RAPPORTI CON LA POLITICA
LA DIFESA DI VENDOLA: NESSUNA PRESSIONE SULL’A R PA
IL CANDIDATO
Non vuole parlare dei soldi che ricevette
dalla famiglia Riva per la sua campagna
elettorale di sei anni fa: “Cose vecchie”
IL PRESIDENTE
Rassicurava al telefono i dirigenti dell’Ilva
ma, dice adesso, sui problemi della
fabbrica e dell’ambiente “non ho mancato”
di Paola Zanca
Mentre entra nella
sezione del Pd di
Trionfale, a Roma,
per uno degli
ultimi comizi prima del
ballottaggio, quando sente i
nomi dei proprietari dell’Ilva,
fa un cenno con la mano all’indietro.
Vuol dire che è roba
vecchia. Roba del 2006.
Pier Luigi Bersani non ha voglia
di parlare dei 98 mila euro
con cui la famiglia Riva,
dodici anni fa, finanziò la sua
campagna elettorale. Un contributo
legale e regolarmente
denunciato, sia chiaro, ma
che oggi, alla luce di quanto
sta accadendo a Taranto, appare
quanto meno inopportuno.
L’idea di restituirli in
segno di trasparenza – come
gli ha suggerito Il Fatto con
l’editoriale di ieri – non è
contemplata. È roba vecchia.
Roba del 2006. Gli chiediamo:
“È giusto tenere i soldi di
un imprenditore che non rispetta
le regole?”. “Sì, sì, sì –
scuote la testa purché lo si lasci
in pace – Basta!”. È una
storia che lo innervosisce,
questo è sicuro. Ma dal suo
staff fanno sapere che non ha
senso chiedere conto di soldi
del passato, quando ancora
non si immaginava la bomba
tarantina. Il punto è diverso: è
perché dire sì alle offerte di
un imprenditore che ha distribuito
mance a destra e a
sinistra (anzi, soprattutto a
destra, visto che 245 mila andarono
a Forza Italia). Un
imprenditore che, in seguito,
dimostrerà di ricordarsi dei
crediti in sospeso, per esempio
scrivendo lettere al segretario
del Pd per chiedergli di
arginare i senatori democratici
troppo attenti alle questioni
ambientali e alla sicurezza
di Taranto.
OGGI Roberto Della Seta – il
“nemico” dei Riva a Palazzo
Madama – si dice onorato dal
fatto che all’Ilva fossero infastiditi
da lui. Ma lo colpisce
“la presunzione di totale impunità”
dimostrata dagli imprenditori
tarantini. Che nessuno
ha mai pubblicamente
contrastato. Così, ieri, ha avuto
buon gioco Matteo Renzi
nel dire che alla famiglia Riva
“si è concesso troppo in nome
dell’amicizia con politici di
vario genere”. Non va oltre, il
rottamatore. Anche perché
sul tema della trasparenza dei
finanziamenti ha poco da insegnare:
la famosa lista dei
contributi ricevuti durante la
cena a Milano con i finanzieri
non è mai stata resa pubblica.
Così, non attacca Bersani (dice
“da me non sentirete mai
polemica per il singolo imprenditore
che finanzia il singolo
politico”) ma ricorda che
“però nessuno ha chiesto mai
alla famiglia Riva di bonificare”
l’area dell’Ilva.
Non è d’accordo Nichi Vendola.
Nelle carte che accusano
i Riva c’è anche lui, e in particolare
ci sono le sue telefonate
con l’ex responsabile dei
rapporti istituzionali dell’Ilva
Girolamo Archinà che, secondo
il gip, dimostrano la
sua “regia” nell’ostacolare i lavori
dell’Agenzia regionale
per la protezione ambientale.
Ieri il direttore dell’Arpa
Giorgio Assennato ha detto
che “in nessun modo, né
esplicito, né implicito, il presidente
Vendola o qualcuno
del suo entourage, ha esercitato
su di me, sulla vicenda
Ilva, qualsiasi forma di pressione”.
Lo stesso Vendola ha
ricordato che dalla sua “cabi -
na di regia”, la presidenza della
Regione Puglia, di Assennato
si è occupato perché lo
ha nominato direttore e lo ha riconfermato. Dice che lui sui
problemi dell’Ilva non ha
mancato, che “per tre volte”
ha fatto leggi sulle emissioni
nocive prodotte dall’azienda
siderurgica che a Taranto dà
lavoro a cinque mila persone.
CERTO, il tono delle telefonate
è rassicurante nei confronti
dell’azienda: “State tranquilli
– dice al telefono con Archinà
– non è che mi sono scordato
(…) Dobbiamo vederci, dobbiamo
ridare garanzie, volevo
dirglielo perchè poteva chiamare
Riva e dirgli che il presidente
non si è defilato”. A
chi glielo fa notare Vendola
risponde con una serie di domande:
“Io devo parlare o no
con il responsabile delle relazioni
istituzionali della più
grande fabbrica d’Italia che si
trova nella mia Regione? Se
incontro un amministratore
delegato delle grandi multinazionali
che sono sul mio
territorio sto facendo qualcosa
di sbagliato? C’è o no un
problemino chiamato difesa
di una fabbrica che dà da vivere
a 20mila famiglie ed è il
polmone produttivo più importante
del Sud d’Italia?”.
Risposte non ne dà. Ma almeno
non dice che è roba vecchia. Il fatto quotidiano 28 novembre 2012
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