Manlio Dinucci
Una schiacciante maggioranza bipartisan (salvo l’Idv), modificando l’art. 81 della Costituzione, ha fatto dell’Italia una repubblica fondata sul pareggio di bilancio, in cui la sovranità appartiene al mercato. Lo Stato, recita il nuovo testo, assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi del ciclo economico.
C’è però un problema: come si fa ad assicurare l’equilibrio se si decide una spesa senza sapere a quanto ammonta? La domanda va girata agli onorevoli che hanno approvato la modifica della Costituzione, perché sono gli stessi che hanno approvato l’acquisto dei caccia statunitensi F-35. Senza sapere quanto sarebbero venuti a costare.
Hanno prima creduto (o fatto finta di credere) agli imbonitori della Lockheed che parlavano di 65 milioni di dollari per aereo. Ma c’era il trucco: era il prezzo dell’aereo «nudo», senza neppure il motore. Hanno poi creduto (o fatto finta di credere), gli onorevoli, al ministro della difesa Di Paola, il maggiore sostenitore dell’F-35: in parlamento ha raccontato che ogni caccia costerà un'ottantina di milioni di dollari, ma ci si aspetta che la cifra sia sempre più bassa. E quando il governo Monti ha deciso di «ricalibrare» l’acquisto degli F-35 da 131 a 90, gli onorevoli hanno gioito per il risparmio così ottenuto. Anch’esso non quantificabile, restando nelle nuvole il costo reale del caccia.
Qualche paese però (non certo l’Italia) si è mosso per fare luce sul mistero. In Canada una società di servizi professionali è stata incaricata di stimare i costi di una flotta di 65 F-35. Per l’acquisto è prevista una cifra di 9 miliardi di dollari (137 milioni ad aereo), cui si aggiunge una spesa operativa di oltre un miliardo di dollari annui. Particolare ignorato dai nostri onorevoli: i caccia vengono acquistati non per esporli come modellini, ma per farli volare. Sulla falsariga della stima fatta in Canada si può dedurre che, per mantenere operativi 90 F-35, si spenderà almeno un miliardo e mezzo di dollari annui. Altri miliardi si dovranno spendere per gli ammodernamenti e per sistemi d’arma sempre più sofisticati. Per non parlare di quanto costerà, in termini economici, impegnare gli F-35 in azioni belliche, tipo quella dell’anno scorso contro la Libia.
Il velo di mistero comincia quindi a squarciarsi. Tanto che, in Italia, lo stesso Segretario generale della difesa ammette che il costo dei primi F-35 sarà più del doppio rispetto agli 80 milioni annunciati. Per di più l’Italia acquisterà, oltre a 60 caccia a decollo convenzionale, 30 a decollo corto e atterraggio verticale, molto più costosi. Nel bilancio 2013 del Pentagono si prevede un costo unitario di 137 milioni, ma si tratta sempre dell’aereo «nudo» che, una volta dotato di motore, avionica e armi, costerà almeno il doppio. Dati più precisi, ma non completi.
Come ammette lo stesso segretario della difesa, in 11 anni il costo del programma F-35 è aumentato a una media giornaliera di 40 milioni di dollari. Restare nel programma significa quindi firmare un assegno in bianco, la cui cifra continuerà a lievitare. Non c’è però da preoccuparsi: il pareggio di bilancio, ormai nella Costituzione, sarà assicurato coprendo la spesa per gli F-35 con le entrate, derivanti da nuove tasse e altri tagli alla spesa pubblica.
(il manifesto, 11 dicembre 2012)
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