mercoledì 25 luglio 2012

Latina criminalità ecologica. Legambiente chiede le dimissioni di Cusani

Legambiente la recente condanna di Cusani lo obbliga alle dimissioni Nel dossier di Legambiente un quadro sempre più allarmante della provincia di Latina Criminalità ecologica Il business nel ciclo del cemento ma anche dei rifiuti Il territorio pontino sale sul podio per diversi reati IL QUADRO tratteggiato è inquietante. Basta leggere il dossier Ecomafia 2012 di Legambiente, come anticipato anche dal nostro giornale nell’edizione del 5 luglio, e «pesare» i numeri per capire che forse è anche anacronistico parlare di infiltrazioni. «La criminalità organizzata - spiegano da Legambiente di Latina - è radicata e ha una forza economica impressionante. Serve impegno e determinazione dalla parte politica e dei cittadini per dare un sostegno alla magistratura e alle forze dell’ordine per liberare la provincia pontina dalla morsa mortale delle mafie e costruire una cultura della legalità». Sembra un’im - presa però dopo aver sfogliato il dossier. Un esempio? Nel ciclo del cemento nel territorio pontino sono 204 le infrazioni accertate, in Italia la provincia di Latina si colloca, rispetto alle altre 103, al settimo posto come quelle che hanno il più alto numero di infrazioni in questo settore mentre nel Lazio, la provincia pontina è al secondo posto con una percentuale che si attesta al 3,1 per cento a livello nazionale contro un 3,3 di Roma. Anche nel ciclo illegale dei rifiuti la provincia di Latina è sul podio è si piazza in seconda posizione alle spalle della capitale. Le infrazioni accertate sono state 51 a fronte di 61 persone arrestate. E sempre nel dossier un capitolo a parte è stato dedicato anche al caso della discarica di Borgo Montello che dopo quella di Malagrotta, come estensione, è la seconda del Lazio. Legambiente riporta le dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone che ha rivelato che la discarica è stata utilizzata per interrare rifiuti tossici provenienti, secondo quanto ricostruito, dalla nave dei veleni Zenoobia. «Schiavone - ricordano gli ambientalisti - afferma che nella discarica sarebbero stati interrati dei rifiuti radioattivi e che il clan dei casalesi considerava quel sito zona loro. La presenza di esponenti del clan intorno alla discarica è nota e provata, indirettamente anche dalle indagini dell’Arpa che hanno rilevato livelli fuori norma di inquinamento delle falde acquifere». Proprio su questo fronte la Procura di Latina ha aperto un’inchiesta e il caso è già finito in Tribunale a Latina dove si è svolta nei giorni scorsi l’udienza preliminare davanti al gup Guido Marcelli. Legambiente aveva presentato la richiesta di costituzione di parte civile, così come la Provincia, mentre il Comune di Latina e la Regione Lazio sono rimasti al palo. I tre imputati sono accusati di non aver controllato la sicurezza degli invasi: S1, S2, S3, e S0. «Mediante la mancata esecuzione di opere di impermeabilizzazione degli impianti anche se le carenze strutturali - aveva contestato la Procura - erano note e hanno determinato così fenomeni di fuoriuscita di percolato dai siti, che conteneva tra l’altro anche sostanze pericolose come piombo, zinco e rame». Le responsabilità sono precise per gli inquirenti. «Determinavano l’adulte - razione e la contraffazione delle acque rendendole pericolose per la salute ». Legambiente nel suo dossier dedica spazio al traffico di frutta e verdura e di altri settori. «Nella zona di Latina un’indagine del 2011 della Dia di Napoli ha ricostruito gli investimenti del clan Beneduce-Longobardi in alcuni settori criminali precisi, compreso quello edilizio, mentre a Minturno due titolari di una ditta di costruzioni erano stati costretti a versare ingenti somme di denaro per poter lavorare. Per vincere contro le mafie - concludono - è indispensabile sostenere la magistratura e le forze dell’ordine, collaborare con loro, mappare la complessa rete di investimenti economici sospetti in provincia di Latina e promulgare norme chiare sulla trasparenza, sulle consulenze e sugli appalti pubblici ma è anche indispensabile restituire dignità alle istituzioni». Infine una considerazione sul caso Cusani. «La recente condanna a due anni per abusivismo edilizio del Presidente della Provincia di Latina Armando Cusani e la sua interdizione dai pubblici uffici obbligano per dovere istituzionale e rispetto nei riguardi dei cittadini stessi il presidente a rassegnare le dimissioni. Anche questa è legalità e democrazia. Anche così si combattono e vincono le mafie». Per la cronaca Cusani non si è dimesso. Latina Oggi 25 luglio 2012 http://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/58a282b39fc5dc0bedcf/pag08latina.pdf

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