martedì 24 luglio 2012

Saviano e don Cesare Boschin nel rapporto ecomafia di Latina 2012

Legambiente - coordinamento provinciale di Latina Latina, 24 luglio 2012 Il dossier Ecomafia 2012 di Legambiente fotografa una realtà provinciale inquietante, con una criminalità organizzata sempre più radicata nel territorio e una forza economica impressionante. Urge maggiore impegno e determinazione da parte della politica e dei cittadini, in particolare a sostegno della Magistratura e delle forze dell'ordine, per liberare la provincia pontina dalla morsa mortale delle mafie e costruire insieme una radicata e rinnovata cultura della legalità. Roberto Saviano, nell'introduzione al dossier, cita il caso di Don Cesare Boschin, ucciso a b.go Montello il 30 marzo del 1995 per aver denunciato il traffico illegale di rifiuti che ha interessato la discarica portato avanti da imprenditori privi di scrupoli e casalesi, per il quale Legambiente e Libera chiedono da anni la riapertura delle indagini. Un appello importante che merita di essere sottolineato. È indispensabile fermare l'assalto del cemento al territorio, in particolare alle aree protette come il Parco nazionale del Circeo, arrestare l'abusivismo edilizio e il ciclo illegale dei rifiuti, puntando su una raccolta differenziata diffusa e sul porta a porta, mappare il complesso flusso di capitali illeciti che vengono investiti in provincia di Latina e soprattutto restituire dignità alle istituzioni, imponendo a chi ha responsabilità politiche e condanne penali, di rassegnare immediatamente le proprie dimissioni. Il caso del Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, condannato a due anni per abusivismo edilizio e interdetto dai pubblici uffici è emblematico. Nel Lazio risultano, secondo il dossier Ecomafia 2012, elaborato sulla base dei dati forniti dalla Forze dell'ordine, ben 2.463 infrazioni, ossia 6,7 illegalità al giorno, il 7,3% del totale nazionale. Il lieve calo dei reati legati al ciclo del cemento e dei rifiuti fanno comunque restare la Regione al primo posto fra quelle del centro Italia. Restiamo ad una allarmante quinta posizione per numero assoluto di illegalità ambientali. Il dato provinciale è altrettanto preoccupante. In provincia di Latina, secondo il dossier, risultano ben 204 infrazioni nel ciclo del cemento, che portano la provincia al settimo posto in Italia tra quelle con il più alto numero di infrazioni in questo settore e al secondo posto nella classifica regionale, con una percentuale di infrazioni che è pari al 3,1% a livello nazionale, contro il 3,3% di Roma. Nel ciclo illegale dei rifiuti la provincia di Latina è ancora una volta seconda dopo Roma con 51 infrazioni accertate e 61 persone arrestate. Numerosi che allarmano e che si ripetono anno dopo anno. Nel dossier, peraltro, si cita la vicenda della discarica di b.go Montello, seconda discarica per estensione del Lazio dopo Malagrotta, con una ricostruzione puntuale delle dichiarazioni dei pentiti come Carmine Schiavone il quale afferma che la discarica è stata utilizzata per interrare rifiuti tossici provenienti probabilmente dalla nave dei veleni Zenoobia. Proprio Carmine Schiavone afferma che nella discarica sarebbero stati interrati anche rifiuti radioattivi e che il clan dei Casalesi considerava ormai quel sito zona loro. La presenza di esponenti del clan dei Casalesi intorno alla discarica è nota e provata, indirettamente, anche dalle indagini dell'Arpa, le quali non solo hanno rilevato livelli fuori norma di inquinamento delle falde acquifere (sulla questione la Procura ha avviato un processo per inquinamento ambientale contro le società che gestiscono il sito, nel quale Legambiente Lazio ha chiesto di costituirsi parte civile. Un elaborato dossier è possibile scaricarlo sul sito www.laruslegambiente.it) ma anche i nomi dei proprietari dei terreni dove sono presenti i pozzi piezometrici da cui sono stati prelevati i campioni di acqua utilizzati per le analisi. Una parte di questi risultano intestati proprio agli Schiavone. Altro capitolo particolarmente inquietante è costituito dalla gestione delle mafie di parte del traffico di frutta e ortaggi che interessa il meridione d'Italia e in particolare il sud pontino. È ancora una volta Saviano a ricordare, con un recente articolo apparso sul quotidiano La Repubblica del 23 luglio 2012, quello che denunciamo da tempo. Egli afferma “...la camorra fa da tramite dall'Africa al mercato ortofrutticolo di Fondi e nei porti: senza pagare i clan, non si può scaricare la merce che rimane a marcire nei container. L'operazione della Dia Sud Pontino svelò un patto tra Cosa nostra e camorra per controllare ortofrutta e trasporti. Fondi, in provincia di Latina, era lo snodo centrale per controllare il mercato della frutta e della verdura al centro-sud e anche in alcune zone del nord. Il clan dei Casalesi, i Mallardo, i Licciardi, insieme alle famiglie mafiose siciliane dei Santapaola- Ercolano di Catania, imponevano il monopolio dei trasporti facendo fluttuare i prezzi”. Anche in questo caso auspichiamo il pronto intervento delle forze dell'ordine. Il traffico dell'ortofrutta deve tornare nella legalità e agricoltori, contadini, imprenditori devono ribellarsi e liberarsi dal ricatto delle mafie e dalla schiavitù del compromesso. Lo stesso dossier, a dimostrazione del radicamento nel territorio pontino di esponenti di punta di alcuni clan mafiosi ma anche della risposta di parte delle istituzioni e delle forze dell'ordine, cita la relazione 2011 della Dna, che ricorda gli arresti di Noviello Pasquale a Nettuno (a due passi da Latina) del clan dei Casalesi, di Gallico Antonino a San Felice Circeo della 'ndrangheta di Palmi, di Emolo Ferdinando a Cisterna di Latina del clan Di Lauro e di Bavier Vittorio a Minturno del clan Sarno. Presenze inquietanti che disegnano la mappa della presenza mafiosa in provincia con referenti precisi e legami definiti. Nella zona di Latina un'indagine del 2011 della Da di Napoli ha ricostruito gli investimenti del clan Longobardi-Beneduce in alcuni settori criminali precisi, compreso quello edilizio, mentre a Minturno due titolari di una ditta di costruzioni erano stati costretti a versare al clan ingenti somme di denaro per poter lavorare. Lo stesso arresto, attraverso l'operazione Scacco Matto condotta contro la cosca Longo di Polistena, dell'Amministratore unico di un'impresa laziale, di un capo cantiere e due geometri di cui uno ex consigliere comunale del PdL a Fondi, mette in evidenza il legame tra mafie e alcune imprese, utilizzate per riciclare denaro e per insediarsi nel territorio e ampliare il proprio business. Particolarmente importante è infine l'ultima inchiesta, marzo 2012, chiamata Verde bottiglia, condotta dalla Dia di Napoli a Gaeta e Formia e conclusasi con il sequestro di oltre 100 milioni di euro al clan dei Casalesi e il sequestro di 17 società, due ditte individuali, 31 fabbricati e 14 terreni. Beni che auspichiamo tornino presto nella disponibilità della collettività. Per vincere contro le mafie è indispensabile sostenere la Magistratura e le forze dell'ordine, collaborare con loro, mappare la complessa rete di investimenti economici sospetti in provincia di Latina e promulgare norme chiare sulla trasparenza, sulle consulenze e sugli appalti pubblici. Inoltre è indispensabile restituire dignità alle istituzioni. La recente condanna a due anni per abusivismo edilizio del Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, e la sua conseguente interdizione dai pubblici uffici obbligano, per dovere istituzionale e rispetto nei riguardi dei cittadini stessi, il Presidente a rassegnare le dimissioni. Anche questa è legalità e democrazia. Anche così si combattono e vincono le mafie. Il Coordinamento provinciale di Legambiente

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