http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/17/caorso-bonifica-della-centrale-ma-ledificio-del-reattore-richiedera-tempo-e-soldi/266406/
Caorso, la bonifica della centrale. “Il reattore richiederà tempo e soldi”
Secondo Giordano Mancini, ex addetto al controllo della qualità di Ansaldo Nira (Nucleare Italiana Reattori Avanzati) nel 'cuore' del sito "le radiazioni ci sono e il lavoro si fa lentissimo e delicato". Finora smantellate 6.500 tonnellate di materiale metallico, il 62% di tutto quello presente nell’impianto
La costruzione del Deposito, infatti, non è neppure iniziata, nonostante la legge (368/03) la ritenga da anni “indifferibile ed urgente” e da completare “entro e non oltre il 31 dicembre 2008”. L’uscita dal nucleare in Italia ha compiuto un importante passo avanti. Nella centrale di Caorso, dopo la rimozione delle turbine e del turboalternatore, anche l’edificio turbina è stato smantellato: 6.500 tonnellate di materiale metallico, il 62% di tutto quello presente nell’impianto. Decontaminato con “specifici trattamenti di sabbiatura e idrolavaggio”, ha visto compiere su di esso ben 77mila misure radiologiche. Un lavoro svolto “nella massima sicurezza e nel rispetto delle procedure radio-protezionistiche”, afferma la Sogin, condotto sotto la supervisione dell’Ispra e dell’Arpa Emilia Romagna. I componenti sono stati separati tra contaminati e non contaminati, contrassegnati e quindi tracciabili, portando ad un incoraggiante 98% il metallo decontaminato che potrà finire in fonderia. Ma non è tutto oro quello che luccica.
“La turbina e il suo edificio sono componenti relativamente esterni rispetto al reattore nucleare vero e proprio”, puntualizza Gian Piero Godio, responsabile del settore energia di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta: “Pertanto il loro smantellamento, giusto e necessario, rappresenta ben poca cosa rispetto a quello della parte veramente ‘nucleare’ della centrale, che è ancora tutta lì”. C’è poi l’eterno problema dei depositi, ricorda Godio: “La strategia della Sogin, in ogni suo centro, è quella di trasformare i siti in depositi di se stessi, nonostante la totale inidoneità di queste aree”. Ovvero quasi ogni suo centro. Caorso, a differenza degli altri siti nucleari italiani, ha infatti ottenuto, grazie alle prescrizioni imposte dalla Regione, che non si possano realizzare sul posto nuovi depositi nucleari, e che i materiali radioattivi derivanti dalla disattivazione possano essere collocati solamente nei depositi già esistenti sul sito. In altre parole, precisa Godio, “quello che non si riesce a fare stare lì dovrà essere portato altrove”.
E i miliardi di euro che i contribuenti italiani dovranno sborsare ancora da qui al 2025? Un problema anche per Caorso. “È l’edificio del reattore che richiederà più tempo e soldi”, aggiunge Giordano Mancini, ex addetto al controllo della qualità di Ansaldo Nira (Nucleare Italiana Reattori Avanzati): “Se le centrali non hanno avuto guasti gravi come quello di Three Mile Island o incidenti catastrofici come Chernobyl o Fukushima, si smontano senza particolari problemi di sicurezza. Sono progettate per il decommissioning”. Ma “ci vorranno ancora molti soldi e parecchi anni, perché quando si mettono le mani sul ‘pentolone’ (il vessel del reattore) le radiazioni ci sono e il lavoro si fa lentissimo e delicato”. Inoltre, sottolinea, “il problema vero, oltre ai costi, è la collocazione delle scorie radioattive da fissione – conclude Mancini, a suo tempo impiegato anche nella costruzione della centrale di Latina – ovvero gli scarti del combustibile esaurito, ricco di plutonio, xeno e altri veleni neutronici”. Problema “vero” e da non sottovalutare, vista la quantità di rifiuti radioattivi ospedalieri, industriali e di ricerca a tutt’oggi prodotti in Italia. Che, in assenza del Deposito nazionale, resta ancora tutto da risolvere.
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