domenica 17 giugno 2012

Acqualatina: 12 milioni ai consorzi, così la Regione Lazio ci fa fallire

L’ultimo tentativo: si va di nuovo al Tar. Ma il nodo si conosceva nel 2002 «Così ci fanno fallire» Dodici milioni dal 2006 al 2011. Ecco come è cominciata Addessi: palese azione punitiva, costo insostenibile «SE questa delibera di giunta dovesse essere rispettata, Acqualatina chiude. Salta il sistema». E’ serio l’av vo c a t o Addessi quando parla nel suo ruolo di presidente della società debitrice verso i Consorzi di Bonifica per oltre 13 milioni di euro, di cui più di 7 milioni già pagati e di questo oltre un milione servito solo come aggio per Equitalia. Troppi, anche per Acqualatina che gode di un bilancio di 68 milioni di euro e nell’ultimo ha chiuso in attivo seppure di poco. A cifre così alte si è arrivati perché il ruolo di ciascuno dei protagonisti di questa strana storia non è stato chiaro d al l ’inizio; soprattutto non è stato univocamente accettato l’a m m o nt a r e del canone che spettava ai Consorzi. Quando Acqualatina riesce a rilevare il servizio idrico integrato su questo territorio, nel 2002, conosce le esigenze e i problemi. O almeno dichiara di conoscerli e firma. Sa che deve trasferire una quota degli incassi delle bollette ai tre Consorzi di Bonifica che insistono sul territorio di gestione per contribuire alla manutenzione dei canali in quanto le acque di scolo vanno a finire, appunto, nella rete pubblica della bonifica. Dove peraltro non confluisce solo l’ac - qua del gestore, ma molto altro proveniente da altri siti e soggetti giuridici. Dal primo momento i conti non tornano. Acqualatina calcola di dover trasferire ai Consorzi circa un decimo di quanto chiedono loro e di quanto confermerà la stessa Regione Lazio attraverso un commissario ad acta. Cioè: il commissario per conto della Regione afferma (nel 2008) che il canone annuale che la società deve versare è di oltre 1,5 milioni annui per il Consorzio di Latina , 320mila euro all’anno per il Consorzio di Fondi e 220mila euro annui per il Consorzio di Pratica di Mare. Acqualatina contestò quella modalità di calcolo, andando al Tar, ma intanto ha dovuto accettare di pagare le prime rate ad Equitalia perché la decisione del commissario ad acta era diventata titolo esecutivo e dunque si rischiava il pignoramento degli impianti, cosa che Gerit non avrebbe esitato a fare, come pubblicamente asserito ad agosto del 2010. Un mese e mezzo fa quel calcolo del 2008 non solo è stato confermato ma aggiornato all’andamento Istat e in questo modo i canoni dovuti da Acqualatina ai Consorzi per il periodo 2006-2011 sale a 12 milioni di euro. «Non possiamo pagarli - ha detto ieri il presidente Addessi - e se li paghiamo le bollette schizzeranno in alto. L’alternativa? Fallire e i dipendenti vanno a casa. Non possiamo sostenere un debito del genere, tanto più frutto di un atto vergognosamente illegittimo e palesemente punitivo. Stiamo già pagando i costi del risanamento della rete dall’inqu inamento dell’arsenico e lottando contro il credito vantato verso Dondi e le morosità di Aprilia. Questa è la batosta finale». Il punto è che sempre nel 2002, quando la società ha firmato la convenzione ha accettato la parte in cui si prevedevano (necessariamente) investimenti contro la presenza di arsenico, nota dalla fine degli anni 90 e mai sanata solo grazie a continue deroghe Ue, cessate un anno fa per carità nei confronti della salute dei cittadini. Graziella Di Mambro Latina Oggi 17 giugno 2012

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