lunedì 2 luglio 2012
l'acqua di Sezze non è un bene pubblico, la gestione privata rivela tutta la sua speculazione
Tagli alle forniture nonostante l’appello del Prefetto D’Acunto
Non è un bene pubblico
La gestione privata del servizio idrico svela il suo vero volto
DA ieri mattina non è più blasfemo
affermare che l’acqua in Italia, in
questo momento, non è un bene
pubblico. Ma privato. Sezze, suo
malgrado, è diventata
il simbolo vero degli
effetti collaterali della
privatizzazione del
servizio idrico. Questa
piccola cittadina
ha sul suo territorio
una sorgente così
grande, Le Sardellane,
che può approvvigionare
il 60 per cento
della popolazione
della provincia di Latina,
ma non può disporre
direttamente
nemmeno di un litro
di quella fonte che
per legge (e per successivo
contratto) è
stata affidata ad una
società privata, Acqualatina
spa che, legittimamente,
ne ricava
profitti. E può
decidere quando
vuole di lasciare a
secco la città in cui si
trova la sorgente più
grande del territorio.
I cittadini di Sezze
non hanno la garanzia
di poter fruire di
un bene pubblico
qual è l’acqua, non
hanno potere di veto
e non basta loro neppure pagare la
bolletta. Perché se il soggetto privato
(la Dondi spa) cui è affidata la
gestione delle reti decide di non
pagare l’acqua all’altro privato che
gliela vende, i rubinetti, semplicemente
restano a secco. L’acqua è
dunque diventata un servizio, lo
ottieni se paghi e se funziona la
catena dei pagamenti. Perciò tutto
quello che si è sentito durante i
dibattiti che hanno preceduto il
referendum sull’acqua non sono
serviti a nulla. I privati che gestiscono
il servizio e le fonti hanno
potere assoluto su tutto e riescono
ad imporre la loro volontà persino
sulla massima espressione di Governo
sul territorio, il Prefetto. Il
quale nelle scorse settimane si è
speso per mediare tra Acqualatina
e Dondi perché la seconda pagasse
il dovuto alla prima e non ci fossero
le annunciate riduzioni del flusso
che hanno portato all’emergen -
za siccità di ieri. L’appello del
Prefetto è stato letteralmente snobbato
dai privati e la
stessa Prefettura nella
caldissima domenica
di ieri non ha
potuto fare un’ordi -
nanza che imponesse
il ripristino obbligatorio
del flusso almeno
nelle case di riposo
per anziani. Non è
questa la prova migliore
che i privati
possono tutto e il
pubblico niente? Ieri
è stata la giornata del
picco massimo di
caldo e neppure questo
«dettaglio» ha
fermato la decisione
di tagliare l’approv -
vigionamento idrico.
Sia Dondi che Acqualatina
sapevano
di mettere in ginocchio
un’intera comunità,
gli allevatori, i
vecchi, i bambini, le
attività economiche.
Hanno potuto farlo
indisturbati, legittimati
da un contratto
di diritto privato che
del «bene pubblico»
se ne infischia. A latere
la beffa: per non
lasciar morire di sete persone e
animali l’autorità sanitaria locale,
ossia il sindaco, ha dovuto chiamare
la protezione civile: 13 autobotti
per rifornire le zone più in difficoltà.
E chi paga? Non i privati, anche
se hanno sbagliato. Ma i contribuenti,
la Regione Lazio che dovrà
dire grazie ad altri privati, quelli
delle autocisterne.
Graziella Di Mambro Latina Oggi 2 luglio 2012
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento