lunedì 8 aprile 2013
No Trivelle Sicilia isole Egadi - isole di sogno e cattedrali sotto assedio
Isole di sogno
e cattedrali
sotto assedio
di
Giacomo Di Girolamo Il fatto quotidiano 8 aprile 2013
Sembrava vinta la battaglia dei comitati “No Triv” in Sicilia
contro la perforazione del mare delle isole Egadi - nella più
grande Area Marina Protetta d’Europa - , di Sciacca e di Pantelleria.
I permessi di ricerca erano stati sospesi, il Parlamento
aveva posto limiti più stringenti alle richieste. Era il 2010. Tre
anni dopo, il rumore delle trivelle torna a farsi sentire, alla luce
di due provvedimenti del governo. Il primo è il decreto “Cre -
scItalia” del Governo Monti, che estende a tutta la costa italiana
la zona off limits delle 12 miglia marine per le nuove richieste di
estrazione di idrocarburi a mare, ma fa anche ripartire i procedimenti
per la ricerca e l’ estrazione di petrolio che erano stati
bloccati nel 2010 dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater
Horizon nel Golfo del Messico. Inoltre, la fascia off limits delle
12 miglia parte ora dalle linee di costa (cioè dalla battigia) e non
più dalle linee di base (che includono golfi e insenature). Di
qualche giorno fa è invece un decreto del Ministro dello Sviluppo
Economico, Corrado Passera, che estende l’area per la
ricerca di idrocarburi al largo delle coste della Sicilia. La zona di
“ricerca e coltivazione degli idrocarburi in mare” è chiamata
zona “C”, e nei fatti, viene raddoppiata, perchè comprende il
mare intorno alla Sicilia, le Egadi, Pantelleria, Selinunte e Mazara
del Vallo, dove c’è la flotta peschereccia più grande d’Italia.
E ancora, una vasta porzione a est del Mar Ionio e a sud est
del Canale di Sicilia. Ci sono tre mesi per presentare domanda.
Solo nel canale di Sicilia ci sono già - ancora prima della pubblicazione
del nuovo decreto - 29 richieste per trivellazioni in
mare (quasi la metà di quelle di tutta Italia), 11 delle quali
approvate. I permessi per l’estrazione di idrocarburi già concessi,
invece, sono 3, per un totale di quattro piattaforme attive
al largo delle coste siciliane, e tre sono le concessioni di coltivazione
in via di valutazione. Greenpeace ha condotto in Sicilia
una campagna dal titolo “U mare un si spirtusa” (“Il mare
non si buca”), raccogliendo le adesioni di molti amministratori
locali. Secondo i calcoli dell’associazione, per le quattro
piattaforme già attive in Sicilia – a Gela e Scicli – nelle casse
dello Stato e della Regione sono entrati appena 48.826 euro.
A SCIACCA IL COMITATO “Stoppa la piattaforma”, che nel
2010 aveva vinto la sua battaglia contro la Northern Petroleum,
che aveva chiesto di perforare il mare entro le 12 miglia, deve
fare i conti con la deroga del decreto CrescItalia. Stessa cosa per
un altro permesso che riguarda la costa da Sciacca ad Agrigento.
Northern Petroleum possiede ben 7 istanze di ricerca, ne
ha presentate altre 9. La Shell in tutto il Canale di Sicilia ha
permessi di ricerca per 4200 km quadrati. Altre richieste sono
state presentate da Eni, Edison, Transunion Petroleum. Il tutto
nonostante la Convenzione di Barcellona preveda espressamente
la tutela del Canale di Sicilia come “area prioritaria per
garantire un futuro all’ecosistema del Mediterraneo”. Per non
parlare delle autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi all’in -
terno dell’isola, nella Valle del Belice (gruppo Enel) e la Val di
Noto (Patrimonio Unesco). É dovuta intervenire la Regione
per bloccare le trivelle.
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