Quasi il 30 per cento del raccolto è contaminato dalla microtossina aflatossina B1 a causa della grande siccità della scorsa estate. Così la soluzione (anche per gli agricoltori in crisi) è dirottare agli stabilimenti di Lombardia, Veneto ed Emilia 350mila tonnellate che produrranno elettricità e calore
di Ilaria Lonigro | 15 aprile 2013 http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/15/agricoltura-cancerogeno-terzo-del-mais-del-2012-finira-negli-impianti-di-biogas/560145/

A risollevare la situazione ci ha pensato un’intesa siglata dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e proposta dai rispettivi assessori all’Agricoltura Giuseppe Elias, Franco Manzato e Tiberio Rabboni. La soluzione è quella di dirottare agli impianti di biogas dell’area padana circa 350mila tonnellate di mais contaminato, per produrre elettricità e calore a un prezzo vantaggioso per tutti. Tra i prodotti ottenuti dalla digestione anaerobica che avviene negli impianti, poi, c’è pure il digestato, un fertilizzante organico ricco di nutrienti, che, è dimostrato, può sostituire completamente i concimi di sintesi. Ma che fine fanno le aflatossine durante la lavorazione negli impianti di biogas? Secondo delle sperimentazioni avviate da alcuni mesi dalla Direzione generale agricoltura con l’università di Milano, alla fine del processo di digestione anaerobica, le aflatossine si degraderebbero.
Le contaminazioni da aflatossine, che in Italia colpiscono soprattutto il mais, sono favorite da clima secco e colture estensive e per questo il mais sudorientale è quello che si è dimostrato più a rischio. La soluzione di dirottarlo verso impianti di biogas però non è facile: al sud si concentra solo il 15 per cento dei 400 MW di impianti di biogas installati in Italia, il 61 per cento dei quali è al nord.
Per Marco Mazzoncini, direttore del Ciraa, il Centro interdipartimentale di ricerche agro-ambientali dell’università di Pisa, la notizia dell’intesa tra le tre Regioni è positiva: “Per gli agricoltori è un’opportunità di reddito e ben venga l’impiego per la produzione di energia da mais non utilizzabile nella catena alimentare. L’importante – dice a ilfattoquotidiano.it – è non sottrarre terreno alla produzione alimentare e zootecnica per farne energia”.
Intanto l’allerta per le aflatossine resta alta, almeno fino al prossimo settembre, quando ci sarà il nuovo raccolto. Al Laboratorio agroalimentare dell’associazione regionale degli allevatori lombardi continuano le analisi sul latte per il controllo della contaminazione. Su 200 campioni sospetti analizzati ogni settimana, solo il 13 per cento risulta “pulito” da aflatossine.
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