sabato 4 agosto 2012
Ilva Clini è nostro, l'ispezione del ministero va pilotata
I LVA “L’ISPEZIONE
DEL MINISTERO
VA PILOTATA”
Il sistema di pressione dei Riva
L’intercettazione: “Clini è nostro”
Il titolare
dell’Ambiente
attacca i pm
e invoca il Colle
M e rc o l e d ì
il verdetto
sul sequestro
Il manager
A rc h i n à :
“Guerra a tutto
spiano ai
tribunali, pagare
la stampa per
farla tacere”
di Enrico Fierro Il Fatto quotidiano 5 agosto 2012
inviato a Taranto
Al quartier generale dell’Il -
va avevano una ossessione:
controllare tutto. I
tecnici dell’Arpa, l’a genzia
regionale per l’ambiente,
quelli del ministero, e i giornali.
Regista dell’operazione era
il dottor Girolamo Archinà,
l’uomo delle pubbliche relazioni
della famiglia Riva. E’ lui
che parlando con un consulente
nel 2010, vanta amicizie eccellenti
negli uffici della Regione
a Bari, e più in alto, al ministero
dell’Ambiente. “Cor rado
Clini (all’epoca direttore generale
del ministero) è un uomo
nostro”. Ma al lavoro per
l’Ilva c’era anche un esercito di
legali, consulenti ed esperti. E’
il 9 giugno del 2010 quando a
scendere in campo è l’avvoca -
to Perli, di Milano, in buoni rapporti,
a quanto risulta dalle intercettazioni
della Guardia di
Finanza, con i vertici del ministero
dell’Ambiente. In ballo
c’è il rilascio dell’autor izzazione
Aia, essenziale per il funzionamento
dello stabilimento.
L’avvocato Perli chiama Fabio
Riva, il padre Emilio è agli arresti
domiciliari per il disastro
ambientale di Taranto, e gli
preannuncia un incontro con
Luigi Pelaggi, capodipartimento
del ministero dell’Ambien -
te.
L’AVVO CATO informa Riva
junior che l’alto funzionario
“ha dato disposizione a Ticali di
parlare con Assennato”. Il primo
è un ingegnere esperto in
pavimentazioni stradali nominato
dall’allora ministro Stefania
Prestigiacomo presidente
della Ipcc, la commissione che
concede l’Aia. Il secondo è il
presidente dell’Arpa Puglia.
L’avvocato Perli è raggiante e
tranquillizza Fabio Riva: “Non
avremo sorprese e comunque
la visita della Commissione allo
stabilimento va un po’ pilota -
ta”. Un ostacolo al lavorìo dell’apparato
Ilva, può essere costituito
dal direttore dell’Arpa.
“Quello si comporta così perché
ha ambizioni politiche”.
Poveri tarantini che affidavano
la loro salute agli organi di controllo.
“Il fatto che la commissione
Ipcc debba essere pilotata
– scrive la Guardia di Finanza
di Taranto – e che, comunque,
sia stata in un certo qual modo
in parte avvicinata”, si rileva anche
da altre intercettazioni telefoniche.
Quale sia stata la scelta
della famiglia Riva di fronte a
controlli, articoli di giornali,
minacce di referendum degli
ambientalisti, lo si capisce da
questa intercettazione del luglio
2010. Girolamo Archinà,
l’uomo delle pubbliche relazioni,
parla con Ivo Allegrini, ex
membro del Cnr e consulente
Ilva. Allegrini: “Le amministrazioni
pubbliche fanno il loro dovere,
pure gli ambientalisti, ma
quando si esagera si esagera”.
Archinà detta la linea: “Ivo, il discorso
è questo, se noi siamo
convinti di avere di fronte i tribunali,
il Tar, io sono il primo a
dire facciamo la guerra a tutto
spiano”. E quando i giornali
danno fastidio, scrivono, danno
voce alla gente di Tamburi
stanca di respirare veleni (“fan -
no da cassa di risonanza” alle inchieste,
per il manager Ilva), lui
sa come fare. “Bisogna pagare
la stampa per tagliargli la lingua.
Cioè pagare la stampa per
non parlare”. È questa la democrazia
a Taranto dell’impero Riva
intollerante ai controlli.
QUANDO L’ARPA calca la
mano su una relazione che descrive
le quantità di benzoapirene
emesso dall’Ilva, Archinà
alza il telefono e chiama il professor
Giorgio Assennato. Lo
rimprovera. Le emissioni sono
sopra il limite, “potrà rilevarsi
necessaria imporre altre misure
di riduzione”, dice Assennato.
“Lo so, lo so, ma questo ci
crea grossi problemi. Così chiudiamo”.
Uomo dalla stazza massiccia,
Archinà, quando non poteva
comprarseli giornali e giornalisti
(ieri l’Ordine della Puglia
ha chiesto di acquisire tutti gli
atti della procura), gli strappava
il microfono. È successo nel
2009, Luigi Abate, cronista di
una tv locale, sta tentando di
parlare di morti e tumori con il
vecchio Riva. “Ve li inventate
voi, i morti”, risponde infastidito
il patron, a quel punto interviene
Archinà, strappa il microfono
al giornalista, lo butta via e
si piazza come un armadio davanti
alle telecamere. Da ieri,
l’uomo delle pubbliche relazioni,
indagato per corruzione in
atti giudiziari, non sarà più la
voce dell’Ilva. Licenziato.
“Clini è nostro” è la frase che ha
scatenato polemiche feroci. In
una durissima nota Clini giudica
il deposito dell’intercettazio -
ne "una grave violazione della
deontologia processuale". Il ministro
“non si è mai occupato
della procedura Aia dello stabilimento
Ilva, come risulta anche
dall’istruttoria pluriennale
condotta dal Ministero, né ha
mai avuto a tal proposito rapporti
con la dirigenza Ilva”. Perché
si pubblica una intercettazione
“irrilevante ai fini del procedimento,
nel momento in cui
il Ministro Clini è impegnato a
nome del Governo a ricercare
soluzioni positive per il risanamento
ambientale di Ilva, la
continuazione produttiva dello
stabilimento e la salvaguardia
dell’occupazione?”. Il ministro,
“ha segnalato la situazione al
Presidente della Repubblica ed
al Ministro della Giustizia”. Durezza
che non ha impressionato
più di tanto la procura. Il procuratore
Franco Sebastio, in
una nota si è limitato a dire che
“in nessuna di tali intercettazioni
risulta, direttamente o indirettamente,
il nome del mini
ministro
Clini”. Polemica chiusa?
Forse, perché stando a rumors
e indiscrezioni, ci sarebbero altri
fascicoli aperti sul “sistema
I l va ”. La città aspetta. Mercoledì
il Tribunale del Riesame deciderà
se confermare gli arresti
di Riva padre e figlio e il sequestro
degli impianti
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