Ilva, il Riesame: “L’inquinamento fu una scelta voluta dall’azienda”
Il tribunale della Libertà parla di "alta potenzialità distruttiva dell’ambiente" e "pericolo per un numero indeterminato di persone". Un "disastro" eliminabile solo con "misure imponenti". Secondo i giudici i gruppi dirigenti “hanno continuato a produrre massicciamente nell'inosservanza delle norme di sicurezza". Ma precisano: "Lo spegnimento è solo un'opzione"
Un disastro ambientale doloso “ancora in atto” e che “potrà essere rimosso solo con imponenti e onerose misure d’intervento, la cui adozione, non più procrastinabile, porterà all’eliminazione del danno in atto e delle ulteriori conseguenze dannose del reato in tempi molto lunghi”. L’Ilva – secondo il tribunale del Riesame – deve, da un lato, eliminare “la fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale)”, dall’altro “provvedere al mantenimento dell’attività produttiva dello stabilimento”, solo dopo averla resa “compatibile” con ambiente e salute. Un intervento ineludibile e urgente, per i magistrati, nel quale è “opportuno e necessario” il coinvolgimento dei vertici aziendali “proprio per la complessità nella scelta e nell’adozione delle misure tecniche che portino al raggiungimento dello scopo cui il sequestro è rivolto”.
Il Tribunale del Riesame ha depositato stamani le motivazioni in base alle quali il 7 agosto ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva. Il provvedimento non è stato ancora notificato alle parti. Confermato il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva senza concedere la facoltà d’uso, che peraltro – viene sottolineato – non era stato richiesto neppure dai legali del Siderurgico. Il Riesame dispone che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul percorso da seguire per interrompere i reati, i giudici – viene riferito da fonti giudiziarie – non si sbilanciano e affidano il compito ai custodi nominati dal gip e alla procura.
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