sabato 18 agosto 2012
Ilva taranto non solo fumi tossici s'indaga sui rifiuti e le bustarelle
Non solo fumi tossici
s’indaga sui rifiuti
COINVOLTI 20 TRA POLITICI,
DIRIGENTI E IMPRENDITORI
Il manager
i n t e rc e t t a t o :
“Mi prepari
dieci...”. Poi
la consegna
della busta
al perito Il Fatto quotidiano 18 agosto 2012
decisiodi
Francesco Casula
Tara nto
Enviroment sold out”, l’in -
chiesta che porta all’in -
tercettazione dei telefoni
di Archinà e Riva, continua
a fare il suo corso. Forse
lentamente. La vicenda giudiziaria,
che vede iscritti al momento
nel registro degli indagati
venti soggetti tra politici e
amministratori, dirigenti ministeriali
e imprenditori, a distanza
di oltre di due anni non sembra
ancora giunta a una conclusione.
Tempi evidentemente
lunghi: il presunto scambio di
mazzette tra un consulente della
procura e un dirigente Ilva
avviene il 26 marzo 2010, l’in -
terrogatorio dell’indagato diciotto
mesi più tardi.
L’8 novembre 2011, di fronte al
sostituto procuratore Remo
Epifani, il professor Lorenzo Liberti
manifesta tutto il suo sdegno
per l’accusa di corruzione
in atti giudiziari. “E lei ritiene
veramente che io mi facessi
corrompere con diecimila euro?
Sono sbalordito”. Il 26 marzo
2010 la Guardia di finanza di
Taranto ha documentato un incontro
nel parcheggio alle spalle
di una stazione di servizio
della A14 tra Liberti, consulente
della procura che indagava
sull’Ilva, e l’allora responsabile
delle relazioni istituzionali dello
stabilimento Girolamo Arch
i n à .
UNA BUSTA bianca passa
dalle mani del dirigente a quelle
perito. Per i finanzieri all’in -
terno c’è una mazzetta da diecimila
euro in contanti necessari
per ammorbidire la perizia
che il docente universitario sta
realizzando per conto della
magistratura. Una perizia
“soft” secondo il pm Epifani
che scagionerebbe il camino
E312 dell’Ilva. Una relazione
che dimostrerebbe che le diossine
trovate nelle carni degli
animali contaminati e poi abbattuti,
non sarebbero state
emesse da quella ciminiera.
Liberti cerca di fornire spiegazioni.
“Continuo a non ricordare
– scrive nella memoria difensiva
presentata in procura –
l’oggetto dell’incontro né il motivo
di tanta urgenza. Mi sembra
logico attribuirlo all’oppor tunità
di un incipiente visita a Taranto
di un Riva (Fabio?) per tentare
di chiudere la lunga trattativa
sull’accordo quadro con il
Po l i t e c n i c o ”. Sul contenuto della
busta, Liberti parla del “testo
dell’accordo quadro, quindi lui
mi avrà portato l’ultima versione
a quella data dell’a c c o rd o
q u a d ro ”. Per il pm però non ci
sono contatti diretti tra Archinà
e Liberti che giustificherebbero
un incontro urgente e contro l’ipotesi
dello scambio di una bozza
dell’accordo ci sono le telefonate
precedenti di Archinà. La
prima, il giorno precedente all’ufficio
cassa dell’Ilva: “Per domani
mi prepari dieci…” chie -
de Archinà al suo interlocutore,
precisando poi che “se sono da
cinquecento è meglio”. La seconda
il giorno successivo
quando l’ufficio cassa conferma
che la somma è pronta “ma
sono tutti da cento e da cinquanta,
non ce ne avevano da
cinquecento”, ma il problema
di usare una valigetta che dia
nell’occhio non si pone: “È una
busta, in tasca entra” afferma ridendo
il cassiere. Poi Archinà
chiama un collaboratore di Liberti
e cripticamente secondo i
militari fissa l’appuntamento.
L’ex consulente della procura
afferma di aver sempre avuto la
memoria debole e che quell’ap -
puntamento non è segnato sulla
sua agenda. Le foto mostrate dal
pm però non lasciano dubbi:
l’incontro è avvenuto e anche il
passaggio della busta. Il pm incalza,
ma Liberti ribatte seccamente
tutte le accuse: “E s cl u d o
categoricamente di aver preso
la somma indicata nell’av v i s o !
Aggiungo: escludo di ma preso
un solo euro – uno! – in tutta la
mia vita, non dovuto, da Ilva, direttamente
attraverso Archinà,
attraverso altri dirigenti, attraverso
chiunque”.
LIBERTI, Archinà, Riva e Capogrosso
restano comunque indagati
per corruzione in atti giudiziari
e la vicenda viene stralciata
dall’inchiesta originale per dimostrare
nel procedimento che
ha portato al sequestro dell’area a
caldo e ai domiciliari per 8 persone.
La capacità dei vertici
aziendali di inquinare le prove.
L’inchiesta che non coinvolge solo
i vertici dello stabilimento, ma
anche e soprattutto soggetti impegnati
a vario titolo nella gestione
dei rifiuti e dell’ambiente in
generale resta ancora aperta. E intanto
Taranto attende. Ancora.
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