giovedì 16 agosto 2012
Ilva di Taranto sistema di corruzione globale
L’ILVA INQUINA TUTTO: CHIAZZA NERA Il fatto quotidiano 17 agosto 2012
IN MARE E MAZZETTE AI CONTROLLORI
Oggi a Taranto ad accogliere i ministri Clini e Passera non saranno
i giudici, ma i nuovi scarichi venefici nelle acque della città
Il governo blinda una “zona rossa” per evitare proteste ravvicinate
Monti smentisceil taglio dell’Irpef. Ma due giorni dopo, “per non
rovinare il Ferragosto agli italiani”. Così ci ha ro v i n a t o il 16 agosto
Dalle carte dell’inchiesta emergono
perizie aggiustate e comprate con tangenti
dagli uomini dei Riva e dirigenti
ministeriali blanditi e condizionati. Il gip:
sistema di corruzione globale
MAZZETTE E FUMI TOSSICI
Il sistema Riva, la corruzione del perito della Procura
Coinvolti anche dirigenti del ministero. Già 12 gli indagati
Il consulente della procura
accusato d’aver intascato
una “mazzetta” da 10mila
euro. Il responsabile dell’Ar -
pa, Giorgio Assennato, che diventa
un obiettivo da “distr uggere
”. Le ispezioni della Commissione
ministeriale che devono
essere “pilotate”. Non soltanto
inquinava, l’industria della famiglia
Riva, ma adottava un sistema
volto a eludere i controlli, a condizionare
le verifiche, a premere
sull’Agenzia regionale, sulla Regione
e sul Governo, per non subire
danni. Il motore di queste
operazioni, secondo l’accusa, è
il dirigente dell’Ilva Girolamo Archinà,
in grado anche di “r icevere
notizie riservate” - in quanto
coperte dal segreto istruttorio -
sull'andamento delle indagini”.
Gli indagati ormai sarebbero una
dozzina.
Il maquillage dell’azienda
Il gip Patrizia Todisco aveva già
sottolineato come, tra il 2003 e il
2006, l’Ilva avesse firmato ben
quattro atti d’intesa “volti a migliorare
le prestazioni ambientali”
operando, invece, soltanto un
inefficace “maquilla ge”. Il sistema
partiva dall’interno dell’in -
dustria: Todisco segnala che
quattro responsabili delle aree,
“forti del sostegno della “pro -
prietà” e ossequiosi alle indicazioni
che ricevevano”, cedevano
“alla logica del profitto personale”
e reprimevano “ogni rigurgito
di coscienza”. Ma nell’in -
formativa redatta dalla Guardia
di Finanza si trova anche di più.
Man mano che l’inchiesta della
procura va avanti, che l’Arpa diventa
più esigente, il sistema si
muove all’esterno, decide di corrompere
il consulente della procura,
professor Lorenzo Liberti.
E la Gdf scopre che Girolamo Archinà,
dirigente dell’Ilva, passa a
Liberti, in un autogrill di Acquaviva
delle Fonti, una busta che –
secondo l’accusa – contiene
10mila euro in contanti. “Rap -
presenta la classica mazzetta”,
scrivono gli investigatori, sottolineando
che Liberti, “alcune
settimane prima, aveva consegnato
una relazione preliminare
che allontanava il sospetto che
l’inquinamento da diossina (che
aveva contaminato le pecore
delle terre vicine, ndr) potesse
essere opera dell’I l va ”. Poi la Gdf
aggiunge: “È assolutamente pacifico
che l’Ilva, alla luce della
perizia del consulente, sia stata
favorita nell'ambito del procedimento
penale (…) sull’inquina -
mento da diossina nelle aree circostanti
lo stabilimento, come è
altrettanto evidente che la somma
che Liberti ha ricevuto da Archinà
rappresenti il compenso,
o parte di esso, che l’Ilva gli ha
riservato per gli esiti della predetta
consulenza”. Dagli atti, però,
si scopre che la vicenda è ben
più surreale. Liberti detiene infatti
il 20 per cento della “T&A
Tecnologia e Ambiente S.r.l”, al
pari del suo collega Gianluca Intini,
che figura come amministratore
delegato. E tra i clienti
della società figura proprio l’I l va
che, negli scorsi anni, ha commissionato
alla T&A un “p a re re
pro veritate”. Se non bastasse, si
scopre che Archinà ha accesso
alla sede di T&A, nel 2010, mentre
Liberti è consulente della
procura. Lo stesso Liberti che,
sui campioni di diossina, mentre
viene intercettato commenta:
“Va bè, noi non ci formalizziamo, perché
ripeto: se lì si trova diossina, allora
tutte queste informazioni saranno
importanti. Probabilmente ne chiederemo,
se non ci sta perdiamo tempo!
Insomma, evidentemente, il colpevole
sta altrove e noi continuiamo
ad accanirci con questi [l’Ilva, ndr) e
nel frattempo poi chi ha preso i soldi
scappa con il bottino da qualche altra
parte (…)”.
“Lacosa si sta incasinando”
Il 4 giugno 2010 Archinà incontra
Liberti proprio alla T&A, annotano
gli investigatori, spiegando
che il dirigente dell’Ilva era
assolutamente "padrone" dei
luoghi, “segno evidente della
perfetta conoscenza degli uffici
della Te.TA S.r.l. e delle persone
che vi stazionavano abitualmente”.
E quando viene informato
che la procura di Taranto, sulla
vicenda della diossina, ha optato
per un incidente probatorio, Liberti
dice al suo collega Maurizio
Notarnicola: “La cosa si sta incasinando
(…). Hanno mandato l’avviso
di garanzia a tutti quanti, anziché arc
hiviare”. “Lasciando trapelare –
scrive l’accusa – il malcontento
sulla gestione della vicenda da
parte del magistrato”. La Gdf
controlla i conti in banca del
consulente e verifica che, in pochi
mesi, il passivo passa da 8 a
circa 20mia euro, segno che Liberti
ha effettivamente una grande
necessità di denaro e che la
“mazzetta” è quindi compatibile
con la sua vicenda personale. Il
sistema Ilva, per quanto ricostruito
dall’accusa, non si limitava
però alla sola corruzione di Liberti.
Si prova anche ad “ammor -
b i d i re ” alcuni componenti della
Commissione ministeriale.
Le tangenti
Il tramite è sempre Archinà che,
per quanto riguarda i rapporti
con la Commissione, si affida a
Vittoria Romeo. Quando si teme
un nuovo intervento dell’A rpa
- del quale Archinà è già informato
- gli inquirenti intercettano
una conversazione tra Romeo
e Fabio Riva: “Allora – dice
Romeo a Riva - dicevo ad Archinà, se
Palmisano, che è quello della Regione,
tira fuori l’argomento in Commissione,
siccome l’Arpa deve ancora dare
il parere sul barrieramento, e a noi
ci serve un parere positivo per continuare
a dire che non dobbiamo fare
i parchi (…) siccome c’è l’Arpa al tavolo
non vorrei che quelli prendessero
spunto … per fare un parere negativo”.
“È chiarissimo!”, risponde Riva,
“Però siccome noi non possiamo coprire
i parchi perché non è fattibile…
Tanto vale rischiarla così”.
Risponde Romeo: “Però, dico, scusi,
valutiamo se la cosa in questi giorni,
la teniamo a livello di Ticali, Pelaggi,
Mazzoni (rispettivamente presidente
e membri della commissione
ministeriale Ipcc)…oppu -
re …”. I rapporti con Luigi Pelaggi,
capo dipartimento del ministero
dell’Ambiente, sono confermati
dall’intercettazione dell’avvocato
dell’Ilva, Franco Perli,
il quale dice a Fabio Riva che “non
avranno sorprese”, che “la visita della
Commissione allo stabilimento va
un po’ pilotata”, che “è stato contattato
da Pelaggi” e “la Commissione
ha accolto il 90 per cento delle loro
osservazioni e che la visita riguardava
il restante 10 per cento”.
L’accusa scrive che Archinà si è
“accordato con Palmisano che è
un funzionario della Regione Pu-
glia, incaricato di rappresentare
l'ente nelle riunioni della conferenza
dei servizi presso il Ministero
dell'Ambiente, finalizzate
ad istruire la pratica per il rilascio
dell’Aia. Dalle telefonate si rileva
che l'intervento dell'Archinà verso
il predetto Palmisano sia stato
finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo
nel dare una mano all’Ilva
sia in occasione dell'ispezione
presso lo stabilimento, sia
nel corso della prossima conferenza
dei servizi, sollevando questioni
che poi, in maniera strumentale,
verranno utilizzate dai
tecnici e consulenti dell’Ilva per
alleggerire alcuni adempimenti
e, nel contempo, forzare la mano
alla Commissione”.
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