giovedì 29 agosto 2013
L’ultimo favore all’Ilva: avrà le sue discariche
GRAZIE ALL’ESECUTIVO L’AZIENDA DEI RIVA POTRÀ RISPARMIARE MILIONI SMALTENDO ALL’INTERNO GLI SCARTI. ANCHE SENZA I PERMESSI di Francesco Casula
Taranto
Chissà che cosa ha pensato
Gianni Florido, ex
presidente della provincia di
Taranto, quando ieri il Consiglio
dei ministri ha concesso
l’autorizzazione alla discarica
interna dell’Ilva per
lo smaltimento dei rifiuti.
Chissà come si è sentito lui,
che il 15 maggio è finito in
carcere accusato di aver fatto
pressioni sui dirigenti provinciali
perché concedessero
l’autorizzazione al sito dei
Riva.
L’ENNESIMO REGALO del
governo alla fabbrica di Taranto,
infatti, ha tratti beffardi.
Nell’ordinanza che portò
in carcere Florido, infatti, il
gip Patrizia Todisco, parlò di
“premuroso, fattivo e perdurante
interessamento del Florido
in soccorso delle esigenze
di natura economica della
proprietà dell’Ilva”. In questi
ultimi mesi, invece, il “per -
durante interessamento” è
stato governativo. Il primo
tentativo di autorizzare la discarica
dell’Ilva, infatti, risale
a qualche mese fa, quando
furono addirittura i senatori
dela Lega Nord a proporre
un emendamento poi naufragato.
A seguire quello a
firma del sub commissario
Edo Ronchi che in un promemoria
consegnato alle
commissioni industria e ambiente
del Senato spiegò che
“servono con urgenza due discariche
una per rifiuti non
pericolosi e una per rifiuti
pericolosi”.
Un interessamento che ieri
ha raggiunto evidentemente
il suo obiettivo. Il ministro
dell’Ambiente Andrea Orlando
(Pd), ha spiegato che
per attuare l'Autorizzazione
integrata ambientale “è infatti,
prevista la produzione di
rilevanti quantità di rifiuti
non pericolosi e pericolosi
che devono essere smaltiti in
tempi rapidi in impianti idonei.
Quindi è urgente disporre
delle discariche per le quali
è già stato rilasciato il giudizio
positivo di compatibilità
ambientale e fra questi ci
sono alcuni siti compresi nel
perimetro dello stabilimento
Ilva di Taranto, ma il cui iter
autorizzativo non è stato ancora
definito. Una soluzione
che evita di cercare siti esterni
che richiederebbe tempi
lunghi e costi molto elevati
che sottrarrebbero risorse ad
altri interventi ambientali. La
disposizione – ha concluso
Orlando – non comporta
oneri per la finanza pubblica
in quanto le spese inerenti la
costruzione e gestione delle
discariche in questione sono
a carico dell'Ilva”. Quello
che, però, il ministero non ha
spiegato è che questo consentirà
all’azienda dei Riva di
risparmiare milioni di euro
evitando di esternalizzare il
servizio di smaltimento di rifiuti.
Ancora. Il ministro Orlando
non ha chiarito che l’Il -
va non ha un’Autorizzazione
integrata ambientale sui rifiuti.
Quella concessa dal predecessore
Corrado Clini, infatti,
regolamenta solo le
emissioni in atmosfera: quella
sui rifiuti e sulle acque sarebbe
dovuta arrivare a gennaio
2013. Ma a otto mesi di
distanza i cittadini e i lavoratori
ancora attendono.
L’INCHIESTA “ambiente
svenduto” che ha svelato gli
intrecci tra i padroni dell’ac -
ciaio ionico e la politica, la
stampa e i sindacati è prossima
alla chiusura. Sul tavolo
del pool di magistrati guidati
dal procuratore Franco Sebastio
ci sono le ultime informative
della Guardia di finanza
di Taranto sul “gover -
no ombra” all’interno della
fabbrica: una rete di fiduciari
al lavoro nell’Ilva, ma assunti
da Riva Fire per rispondere
direttamente alla proprietà.
Una volta vagliate queste posizioni,
gli inquirenti sarebbero
pronti a spedire gli avvisi
di conclusione delle indagini
nel quale il numero
dei soggetti coinvolti potrebbe
essere di gran lunga superiore
rispetto a quello oggi
conosciuto.
A oltre un anno di distanza
dal sequestro degli impianti
disposti il 26 luglio 2012 dal
gip Patrizia Todisco, a Taranto
nulla è cambiato. L’Il -
va, guidata oggi dal commissario
straordinario del governo
ed ex amministratore delegato
dell’azienda, Enrico
Bondi, continua a produrre e
inquinare. Gli ultimi dati
pubblicati nei giorni scorsi
hanno confermato gli alti valori
di polveri presenti in fabbrica
e il relativo rischio per
operai e cittadini. I proprietari
della fabbrica, Emilio e
Nicola Riva, sono tornati in
libertà dopo dodici mesi di
arresti domicliari. Il fatto quotidiano 27 agosto 2013
ENERGIA, I CINESI PROVANO A INVESTIRE IN SARDEGNA
PORTO TORRES Ceeholdings vuole costruire una centrale
a carbone. Ma dovrà vedersela con la tedesca E.On di Roberto Morini
Porto Torres
Iprimi contatti
sono cominciati
più di un anno
fa. Emissari di
due holding cinesi dell’energia,
Shenzhen
Energy Group e China
Environmental Energy
(Ceeholdings), hanno
avuto abboccamenti
con politici e amministratori
sardi. Volevano
investire in due zone
dell’isola, entrambe in
crisi: il Sulcis e la l’area
Porto Torres-Fiume
Santo. Poi il primo incontro
ufficiale con il
governatore Ugo Cappellacci,
a fine 2012. Infine
il protocollo di intesa
firmato nei giorni
scorsi solo per il polo
del Nord Sardegna da
una delle due società cinesi,
Ceeholdings. In
calce, accanto alla firma
del rappresentante della
holding cinese, quella
del delegato della neonata
società italiana a
cui si appoggiano, Nord
Sardegna Energia srl, e
quelle dei rappresentanti
di Regione, Provincia
di Sassari e dei
comuni di Sassari e
Porto Torres. Il protocollo
ribadisce la volontà
dei vertici cinesi di
investire nell’area di
Porto Torres e impegna
la holding a presentare,
entro il 30 settembre,
un piano di fattibilità.
NEI PRIMI CONTATTI si
parlava dell’ipotesi di
subentrare a E.On, il gigante
tedesco che si sta
defilando dalla gestione
della centrale di Fiume
Santo. I tedeschi non
stanno rispettando nessuno
degli impegni presi
e hanno annunciato
120 esuberi, con i primi
60 licenziamenti entro
quest’anno. Prima avevano
incassato l’auto -
rizzazione a realizzare
nella zona i due nuovi
impianti fotovoltaici da
18 e 11,5 MW, tra i dieci
maggiori in Italia, capaci
di produrre insieme
44GWh all’anno. Impianti
già in esercizio.
Poi hanno annunciato il
taglio degli investimenti
concordati per la termocentrale
E.On avrebbe
dovuto chiudere i
due vecchi gruppi a olio
combustibile, fuori da
ogni norma di rispetto
ambientale, e realizzare
un nuovo gruppo a carbone
con le tecnologie
più recenti per abbattere
l’inquinamento. Invitata
a vendere a qualcuno
disposto a investire,
E.On ha sempre sostenuto
che non c’erano
compratori disponibili.
Poi si sono affacciati i
cinesi. Nessun contatto
con i tedeschi. Ceeholdings
è andata diritta
sull’obiettivo di realizzare
una nuova centrale
in un’altra area, a poche
centinaia di metri da
Fiume Santo, dentro la
zona industriale che fu
del petrolchimico, in
quella parte che non
viene utilizzata per i
nuovi investimenti nella
chimica verde.
Che China Environmental
Energy faccia sul
serio è confermato dalla
centrale a carbone a cui
sta lavorando in Serbia,
in joint venture con il
gruppo Shenzhen, partner
stabile di Ceeholdings,
rimasto però fuori
dal progetto sardo, e
con la locale Elektroprivreda
Srbije. Una centrale
a carbone di ultima
generazione capace di
744 MW con un investimento
di 2 miliardi di
euro. I cinesi hanno già
aperto i loro uffici in
Italia con una sede a
Bellinzago Novarese.
È EVIDENTE che non
possono sorgere due
centrali a carbone a pochi
passi l’una dall’altra.
A parte la certa opposizione
ambientalista, c’è
il Piano energetico ambientale
regionale a dire
di no. O E.On rinuncerà
al nuovo gruppo a carbone
e lascerà il campo
ai cinesi, oppure China
Environmental Energy
dovrà cercare un’altra
area in cui investire in
Italia.
Intanto sulla vicenda si
apre un piccolo giallo.
La società sarda che partecipa
all’operazione,
Nord Sardegna Energia
srl, non risulta registrata
a nessuna Camera di
commercio italiana. Registroimprese
non ne rileva
traccia. La cosa più
probabile è che la registrazione
sia in corso,
dopo una rapida costituzione
per siglare l’ac -
cordo. Ma qualcuno ricorda
che proprio un
anno fa il noto mediatore
di affari Flavio Carboni,
sfiorato nella sua
vita da molti misteri italiani,
dal suo rapporto
con Roberto Calvi alla
recente inchiesta sulla
P3, ha incontrato imprenditori
del Nord
Sardegna per coinvolgerli
in investimenti nel
settore dell’energia. I
sardi sperano che tra le
due vicende non ci sia
nessun rapporto. Il fatto quotidiano 28 agosto 2013
“Rivelazione di segreto”: indagato pm antimafia
FALCOGNANA
La discarica Ecofer a Falcognana, vicino Civitavecchia,
futuro sito per la nuova discarica di Roma, è già finita
sotto indagine della direzione distrettuale antimafia Ansa RAFFAELE MARINO, AGGIUNTO DI TORRE ANNUNZIATA, PARLAVA AL TELEFONO
CON UN BRIGADIERE POI ARRESTATO NELL’INCHIESTA SUI CASALESI “TITANO II” di Valeria Pacelli
e Nello Trocchia
C’è un’inchiesta
delicata che stanno
svolgendo in
gran segreto i
magistrati romani. Riguarda
Raffaele Marino ad oggi procuratore
aggiunto a Torre Annunziata,
in passato pm di punta
dell'anti-camorra napoletana
ma anche tra i 12 componenti
del Comitato direttivo
della Scuola superiore della
magistratura. L’inchiesta è affidata
al sostituto procuratore
Lina Cusano che ha ricevuto gli
atti dai colleghi napoletani e
che ha indagato Marino per rivelazione
del segreto d’ufficio.
Secondo l’accusa, il magistrato
avrebbe rivelato notizie di indagini
di altri colleghi partenopei
ad un agente che non faceva
parte della sua polizia giudiziaria.
L'uomo con il quale Marino
avrebbe avuto contatti è Carmine
Confuorto ed è un brigadiere
dei carabinieri, ad oggi in
congedo, di 47 anni. Confuorto
è finito implicato in una inchiesta
della distrettuale antimafia
di Napoli. É stato arrestato dal
nucleo investigativo di Caserta
lo scorso aprile nell'ambito dell'operazione
denominata “Titano
II”, il secondo troncone di
una mega indagine che aveva,
in una prima fase, scompaginato
gli interessi del clan dei Casalesi
a San Marino. Secondo
l'accusa, il brigadiere, all'epoca
impiegato presso l'antimafia
partenopea, avrebbe fatto sparire
un fascicolo che conteneva
delicati verbali di una testimone
che lui stesso aveva ascoltato,
fascicolo di cui era titolare il
pm della direzione distrettuale
antimafia Catello Maresca. L'operazione
“Titano II” dell'aprile
scorso ha coinvolto diversi
esponenti riconducibili alla famiglia
Schiavone dei Casalesi.
E l'ex brigadiere Confuorto si
sarebbe adoperato per aiutare
il coindagato Giuseppe Massarini
a mettere da parte una ditta
concorrente nel servizio dei
trasporti scolastici di Castel
diere gli parlava al telefono
usava un linguaggio in codice.
Circostanza che il Gip Isabella
Iaselli stigmatizza: “vicenda
che desta viva preoccupazione
tenuto conto che Confuorto è
un brigadiere in servizio presso
gli uffici della Procura della Repubblica
di Napoli”.
PRIMA DI FINIRE in arresto,
però, Carmine Confuorto è stato
intercettato per mesi. Le sue
conversazioni sono finite sui
nastri della procura. Ed è proprio
in quel periodo che avrebbe
avuto diversi contatti con il
magistrato Raffaele Marino.
Questi - che sentito da Il Fatto
preferisce non commentare -
avrebbe parlato al telefono con
Confuorto di alcune indagini
dei colleghi partenopei. Bisogna
comunque ricordare che il
magistrato parlava al telefono
con un brigadiere dei carabinieri,
che però, non faceva parte
della propria polizia giudiziaria.
Quelle intercettazioni però
hanno destato sospetto nei colleghi
napoletani, che hanno in-
Volturno, comune in provincia
di Caserta. L'inchiesta della
Procura di Napoli, condotta
dai pm Giovanni Conzo, Antonello
Ardituro, Catello Maresca,
Maurizio Giordano e Cesare
Sirignano, ha coinvolto 26
persone, di cui quattordici finite
in galera. Confuorto è indagato
per falso in relazione al
fascicolo sparito. Paga il sostegno
prestato all'indagato Giuseppe
Massarini, che gli inquirenti
considerano vicino ai Casalesi.
Troppo stretti i rapporti
con Massarini tanto che nelle
intercettazioni quando il brigaviato gli atti, per competenza,
alla procura di Roma. E così
Marino è finito implicato in
una vicenda troppo delicata.
Proprio lui, da sempre in prima
linea contro il malaffare e vittima
di minacce. Come le lettere
dei clan recapitategli ad
aprile del 2010. “Se non la smetti
di dare fastidio, questi proiettili
saranno per te e per quelli
che ti stanno intorno", gli intimavano.
Nella busta inviatagli
due anni fa c'erano anche sette
proiettili. Allora pagava indagini
condotte senza sconti contro
il crimine organizzato. Adesso
paga quelle parole dette al telefono
con il brigadiere Confuorto.
Il fascicolo è stato secretato
dalla Procura di Roma che
intanto sta cercando di capire il
grado di coinvolgimento del
magistrato partenopeo. Il fatto quotidiano 28 agosto 2013
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