martedì 23 ottobre 2012
terremoto L'Aquila la condanna per aver falsificato verbali e nascosto la verità
La condanna per il terremoto de L'Aquila
Il fatto quotidiano 25 ottobre 2012
Rischi per fiaschi
di Marco Travaglio
Aleggere i giornali e a sentire i politici, il
giudice Marco Billi che ha condannato i
sette membri della cosiddetta commissione
Grandi Rischi a 6 anni di carcere per omicidio
colposo, per aver disinformato la popolazione
de L’Aquila sei giorni prima del terremoto che
uccise 300 persone e ne ferì migliaia, è un
matto. Ha emesso una “sentenza choc” (M e ssaggero
), anzi “shock” (Repubblica ) e fatto un
“processo alla previsione” (Repubblica ), condannando
gli esperti perché “non avevano sfere
di cristallo” (Libero ). Poi c’è il Giornale d e ll’ottimo
Sallusti, che non distingue il monocratico
dal collegiale: “Giudici da pazzi: è tutta
colpa dei sismologi” perché “non leggono il
futuro”. La sentenza – sentenzia il noto giurista
Cappellini sul Messaggero – “è una ferita
alla logica, al buon senso e allo Stato di diritto”.
Ed è pure “rischiosa” (Greco, l’Unità),
“incomprensibile da un punto di vista scientifico
e diseducativa” perché “d’ora in poi “s arà
sempre allarme” (Tozzi, La Stampa). E ci
lascia “soli di fronte alle emergenze” ( M e ldolesi,
Corriere ). Schifani, altro insigne sismologo,
parla di “sentenza strana e imbarazzante”,
mentre il vulcanologo Casini di “follia allo
stato puro”. Insomma, qui si pretende di “p r ocessare
la scienza” e si condanna chi “non ha
previsto il devastante terremoto d’Abruzzo”
con una “singolare interpretazione del concetto
di giustizia” che suscita “lo sconcerto
planetario”, visto che notoriamente i terremoti
non si possono prevedere. Chissà se questi
commentatori del nulla (la sentenza non è
stata ancora depositata, dispositivo a parte)
hanno seguito una sola delle 100 udienze del
processo o hanno almeno letto il capo d’i mputazione.
Perché basta leggere di che cos’erano
accusati i sette imputati per capire che a
nessun magistrato è mai saltato in mente di
accusarli di non aver previsto il terremoto:
semmai di aver previsto che il terremoto non
ci sarebbe stato, dopo una finta riunione tecnica
(durata 45 minuti) a L’Aquila, “a p p r o ssimativa,
generica e inefficace”, in cui non si
valutarono affatto i rischi delle 400 scosse in
quattro mesi di sciame sismico. E, alla fine, di
aver fornito “informazioni incomplete, imprecise
e contraddittorie sulla natura, le cause,
la pericolosità e i futuri sviluppi dell’attività
sismica in esame”. Così rassicurati, almeno 29
aquilani non uscirono di casa, come sempre
facevano negli ultimi mesi, la sera del 6 aprile:
e furono sepolti vivi. Che lo scopo della riunione
fosse tutto politico e per nulla scientifico,
l’aveva confidato a una funzionaria Bertolaso
alla vigilia: “Vengono i luminari, è più
un’operazione mediatica, loro diranno: è una
situazione normale, non ci sarà mai la scossa
che fa male”. E, prim’ancora che i tecnici si
riunissero, dichiarò: “Non c’è nessun allarme
in corso”. Prima di entrare, Bernardo De Berardinis
(un ingegnere idraulico che si vanta
della totale incompetenza in materia sismica)
già aveva stabilito che “la comunità scientifica
conferma che non c’è pericolo: la situazione è
favorevole”. Nessuno verbalizzò nulla (il verbale,
debitamente ritoccato, fu firmato in fretta
e furia sei giorni dopo, a sisma avvenuto).
All’uscita De Berardinis si superò, dichiarando
giulivo che gli aquilani potevano star tranquilli
e “bersi un bicchiere di Montepulciano”.
Eppure, nel verbale postumo, si legge: “Non ci
sono strumenti per fare previsioni”. Bastava
dirlo anche alla gente, magari aggiungendo
che L’Aquila è la città più sismica d’Italia, e
nessuno sarebbe stato processato. Perché, se
non si può prevedere che un terremoto ci sarà,
non si può prevedere nemmeno che non ci
sarà. Invece proprio questo fecero i sette
scienziati: dissero che non ci sarebbe stato alcun
terremoto. Cioè non fecero gli scienziati.
In perfetta coerenza col paese dei politici che
non fanno i politici e dei giornalisti che non
fanno i giornalisti.
PER UNA SOLA FRASE
29 AQUILANI
HAN PERSO LA VITA
SI DIMETTE LA COMMISSIONE GRANDI RISCHI
LA PROTEZIONE CIVILE: “DIFFICILE GARANTIRE
PREVENZIONE DOPO QUESTA SENTENZA”
IL SUGGERIMENTO
di Guido Bertolaso
“Bisogna gestire
mediaticamente
tutta la situazione”
Ora ammette:
qualcuno sbagliò
di Sandra Amurri Il punto nodale dell’inda -
gine, pilastro della sentenza
di condanna per
omicidio colposo e lesioni
dei membri della commissione
Grandi Rischi, è stata la riunione
del 31 marzo 2009, definita
il giorno prima da Guido
Bertolaso all’ex assessore regionale
Daniela Stati, “un’opera -
zione mediatica” necessaria per
“tranquillizzare la gente”.
BERNARDO De Bernardinis, vicecapo
della Protezione civile,
Franco Barberi, vicepresidente
della commissione Grandi Rischi,
Enzo Boschi, presidente
del’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore
del Cnt, Michele Calvi, direttore
di Eucentre, Claudio
Eva, professore Università di
Genova, Mauro Dolce, direttore
Ufficio rischio sismico della
Protezione civile, sono stati
condannati a 6 anni di carcere
con interdizione dai pubblici
uffici e 7,8 milioni di euro da
versare alle parti civili. Una sentenza
che, prescindendo dalle
motivazioni, viene mediaticamente
trasformata in condanna
alla scienza. Ieri infatti si è dimessa
la commissione Grandi
Rischi mentre la Protezione civile
è andata al contrattacco:
“Difficile garantire l’attività di
prevenzione dopo questa sentenza”.
I terremoti non sono scientificamente
prevedibili, è la difesa
unanime. Ma se il terremoto
non si può prevedere, non si può
neppure escludere. Tant’è vero
che non sono stati condannati
perché non lo hanno previsto,
bensì perché “sono venuti meno
ai doveri di valutazione del rischio
connessi alla loro funzione,
anche sotto il profilo dell'informazione”
e “le notizie rassicuranti
hanno indotto le vittime
a restare in casa”, scrivono i pm
che hanno valutato le “rassicu -
razioni” espresse in conferenza
stampa. “Lo sciame sismico in
atto e cadenzato da scosse crescenti
– continuano i magistrati
– era da interpretarsi, alla luce
della scienza, come un graduale
rilascio di energia, e che erano
da escludersi scosse di magnitudo
superiore rispetto a quelle già
verificatesi”, “colpevoli e disastrose,
prive di ogni evidenza
scientifica”. Pm che argomentano:
“La commissione è esplicitamente
composta dai massimi
esperti, autorevoli scienziati,
dovevano sapere quale era il peso
delle loro parole e ciò rende
evidente la loro colpa”. Il famoso
verbale in cui, secondo l’ac -
cusa, venne espressa “una valutazione
del rischio sismico approssimativa,
generica e inefficace
in relazione alla attività della
commissione e ai doveri di
prevenzione e previsione del rischio
sismico” fu fatto firmare
sei giorni dopo come rivelò al
Fatto Boschi: “Mauro Dolce mi
mostra un testo che riporta in
maniera confusa cose dette nella
riunione, qualcuno corregge
il testo alla meno peggio e Dolce
ce lo fa firmare per ‘ragioni interne’
in tutta fretta all’impiedi”
come prova la calligrafia incerta.
Al termine della riunione De
Bernardinis disse: “Nessun pericolo,
tornate nelle vostre case”.
E Franco Barberi rassicurò
Bertolaso che si trovava alla
Maddalena per organizzare il
G8: “Stiamo rientrando. Mi
sembra che quello che dovevamo
fare l’abbiamo fatto, compreso
quello di dare qualche parola
chiara sull’impossibilità di
previsione”. L’operazione mediatica
era andata a buon fine, i
giornali erano stati serviti in
tempo per titolare. Lo stesso avvenne
il 5 aprile alle 22,58, quattro
ore e mezza prima della scossa
, quando ai cittadini terrorizzati
venne detto di tornare a casa,
nei letti divenuti per molti
una tomba. Il 7 aprile, giorno
dopo il sisma, occorre addomesticare
i media. Bertolaso chiama
Gianni Letta: “Devi gestire
un po’ questa vicenda che già ti
ho detto stamattina... quelli che
fanno polemiche perché dicono
che avevano previsto un terremoto”;
“Sì, purtroppo stamattina
su qualche giornale c’era” ri -
sponde Letta. “Adesso tu devi
dire ai giornali che questa cosa
qui la devono tenere bassa come
polemica. Hai capito? Perché altrimenti
andiamo a diffondere
un disorientamento totale” in -
siste Bertolaso. “Certamente,
certamente”.
DAL MESSAGGIO uscito da
quella riunione, per il giudice, è
dipesa sicuramente la morte di
29 persone che non hanno abbandonato
le loro case perché
rassicurate da parole fatali proprio
per la loro autorevolezza:
“Era lo Stato a dirmi di non
preoccuparmi, i massimi esperti
di terremoti, mica gente qualsiasi”
racconta Maurizio Cora,
che ha perso le due figlie e la moglie
perché quella notte non le
ha fatte dormire in macchina.
Bertolaso, indagato per omicidio
colposo dalla Procura de
L’Aquila per la telefonata con
l’ex assessore Stati, in risposta
alla lettera di accuse di Sergio
Bianchi che ha perduto il figlio,
conclude: “ammetto di far parte
di una classe politica che ha sbagliato”.
Scienza assolta, dunque,
anche per Bertolaso.
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