martedì 30 ottobre 2012

Emilia il terremoto non è bastato, deposito gas Rivara si torna a trivellare

Deposito Gas Rivara, i tecnici del ministero danno l’ok. Si torna a trivellare

La commissione Via, nonostante il terremoto, le 50.000 firme raccolte e gli appelli dei sindaci emiliani, conferma il parere favorevole alle perforazioni preventive per costruire il deposito: "Nessuna correlazione tra test e sisma". La delusione e lo sconcerto dei comitati. Giovanardi: "Loro sono i principali problemi dell'Italia, come i No Tav"

Deposito Gas Rivara, i tecnici del ministero danno l’ok. Si torna a trivellare
Aspettavano il parere contrario della commissione ministeriale Valutazione Impatto Ambientale (Via), gli abitanti della bassa modenese, per esultare e considerare chiusa la vicenda del deposito di stoccaggio gas a Rivara. Che negli ultimi mesi aveva già incassato i ‘no’ definitivi della Regione Emilia Romagna, del ministro dell’Ambiente Corrado Clini e di quello dello Sviluppo Economico, Corrado Passera. E’ “rischioso” in una zona “altamente sismica” come l’Emilia, si era detto.
Invece quei festeggiamenti assaporati ad agosto dovranno essere rimandati. O forse cancellati. La commissione, nonostante il terremoto, le 50.000 firme raccolte dai comitati istituiti per contrastare il progetto e gli appelli dei sindaci emiliani, di destra come di sinistra, non ha mutato il parere favorevole alle trivellazioni preventive alla costruzione del deposito. Anzi l’ha confermato. Dichiarando che non è possibile provare una correlazione diretta tra i test e i terremoti, e che gli accertamenti sul campo saranno fondamentali per formulare un parere sull’impianto. Quindi si andrà avanti.
Una doccia fredda “inaspettata”, spiega Lorenzo Preti del comitato Ambiente e Salute di Rivara, “ora bisognerà valutare come rispondere a questa presa di posizione”. Una valutazione che probabilmente riguarderà anche le istituzioni che, da Roma come da viale Aldo Moro, avevano fortemente avversato le trivellazioni nella zona – epicentro degli ultimi terremoti, quelli di magnitudo 5.9 e 5.8 che a maggio hanno devastato l’Emilia.
La decisione di bloccare il progetto dell’Indipendent Gas Management s.r.l (società da cui nel 2008 è nata appositamente la Ers, e appartenente al gruppo inglese Indipendent Resources), un maxi impianto sotterraneo con un’estensione di oltre 120 chilometri quadrati, nell’area dei comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Medolla, Mirandola e Camposanto, costruito a ospitare 3,7 miliardi di metri cubi di gas in acquifero, il parlamentino locale l’aveva già presa a gennaio. Anche se la delibera definitiva è arrivata il 27 aprile.
Il “rischio sismico”, aveva dichiarato Gian Carlo Muzzarelli, assessore regionale alle Attività produttive, “non è sottovalutabile”, così come non è “quantificabile il pericolo insito nelle operazioni di immissione e estrazione del gas”. “Come già ampiamente comprovato da studi, le trivellazioni necessarie sono altamente pericolose in una zona sismica come quella del modenese – ricordava l’assessore – e non c’è alcuna ragione per stoccare in acquifero visto che ci sono almeno cinque depositi di gas esauriti e in via di esaurimento che si adattano benissimo allo scopo”. L’Emilia Romagna, con i suoi 21 siti, contribuisce infatti a fare da serbatoio al resto dello stivale per circa il 30% di tutto il gas stoccato in Italia.
E per gli abitanti della bassa, il terremoto è stata l’ennesima prova a confermare che il progetto non deve essere realizzato. “Cosa sarebbe accaduto se l’impianto fosse stato costruito prima del terremoto?” si chiedono ancora oggi i residenti di Rivara guardando le macere lasciate dai sussulti della terra.
Successivamente, poi, al ‘no’ della Regione è seguito quello del ministero dell’Ambiente, che in merito alla vicenda è ritornato sui propri passi. Se inizialmente il dicastero si era dichiarato favorevole alla costruzione dell’impianto progettato dall’Ers, e approvato dai governi Prodi e Berlusconi, è stato proprio Corrado Clini che il 23 maggio scorso ha chiesto “ulteriori accertamenti” e “maggiore prudenza” prima di trivellare un sottosuolo “instabile” per depositarvi gas. Parole confermate, ad agosto, anche da Corrado Passera. E la vicenda sembrava conclusa. “Serviva il consenso di Regione e Stato” per avviare il progetto, aveva commentato Muzzarelli “non c’è né l’uno né l’altro. Partita chiusa”.
E invece no. Perché ora sulla base delle valutazioni espresse dalla commissione si apre un nuovo, duplice scenario. Introdotta in Italia in seguito alle norme transitorie che traggono origine dall’art. 6 della legge 394/86, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, e costituita da 50 membri ‘tecnici’ tra liberi professionisti ed esperti provenienti dalle amministrazioni pubbliche, da un lato l’ok del Via ha dato nuova forza al fronte dei ‘favorevoli’ al progetto, capitanato dal senatore Carlo Giovanardi. Che ha spostato la vicenda sul piano politico. “Dobbiamo dividere la politica dalla scienza – ha commentato soddisfatto, contattato telefonicamente da ilfattoquotidiano.it – perché, come hanno ricordato i membri della commissione nella relazione redatta sulla questione del deposito di Rivara, nel mondo esistono centinaia di siti operanti e anche laddove si sono verificati terremoti, in certi casi di magnitudo ben superiore a quello che c’è stato in Emilia Romagna, non si sono riscontrati danni”.
I tecnici della Via, continua Giovanardi, “hanno semplicemente sollecitato ulteriori studi che richiederanno approssimativamente altri 2 o 3 anni, sulla base dei quali prendere una decisione definitiva. Ricerche che, oltretutto, porteranno nuove conoscenze sulla situazione del sottosuolo modenese e che offriranno un contributo anche alla prevenzione dei terremoti”. Insomma, conclude il senatore “è lunare che la politica dica ‘no’ alla ricerca”.
Chiara la posizione del pidiellino anche in merito alla possibile denuncia che i comitati potrebbero presentare contro il geologo Enzo Boschi, per via delle “previsioni” rassicuranti relative terremoti nella Bassa. “Boschi ha detto quello che sarebbe successo e se le case fossero state costruite a dovere non si sarebbe verificato nessun tipo di danni. Se la regione è a rischio sismico, allora bisogna provvedere a ricostruirla seguendo gli opportuni criteri”.
Dall’altro lato, resta aperta la vicenda legale. A luglio, infatti, la società Ers, proponente del progetto, si è rivolta al Tar per presentare un ricorso contro la delibera della Regione Emilia Romagna, che nega al ministero dello Sviluppo Economico l’intesa per avviare il programma preliminare di ricerca scientifica. Atto a verificare la compatibilità geologica dello stoccaggio gas nel territorio di Rivara. E sulla decisione del tribunale si gioca il futuro del deposito. “Abbiamo interpellato esperti, geologi e tecnici: tutti confermano che l’area è altamente sismica e che l’impianto è pericoloso” ribadisce ancora una volta Preti, preannunciando la sicura opposizione dei comitati.
“Loro sono il principale problema dell’Italia” ribatte Giovanardi “dal No Tav all’Ilva, non c’è un posto in questo paese dove si possa avviare un progetto senza che si formino comitati su comitati”.

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