mercoledì 24 ottobre 2012

chiusura dei 70 giornali e libertà di stampa, Grillo non sa di cosa parla


Settanta giornali rischiano di chiudere e Beppe Grillo, il politico più “nuovo” sulla piazza, che dice di voler ripristinare col suo movimento la democrazia in questo paese, esulta e brinda per una crisi che a breve potrebbe portare alla perdita di 4mila posti di lavoro. Un rivoluzionario che esulta se migliaia di persone perdono il lavoro non s’era mai visto, a memoria d’uomo, tantomeno se quei lavoratori sono tra coloro che garantiscono in Italia un minimo di libertà di stampa, impedendo che i mezzi d’informazione siano in mano solo ed esclusivamente ai soliti grandi gruppi. Grillo probabilmente non sa di cosa parla, ignora (o fa finta) che dietro ogni mezzo d’informazione ci sono decine di persone, dai cronisti ai grafici, dai fotografi ai videomaker, dai vigilantes agli amministratori, dagli assunti ai tanti precari. Lui, famoso e miliardario, può permettersi di passare la giornata a scrivere sul suo blog per hobby, considerandolo giornalismo e informazione, ma la libertà di stampa deve valere per tutti, e se non esistono più giornali che sfuggono al controllo dei grandi gruppi editoriali, resteranno solo le voci dei più ricchi e potenti. Insomma, le voci di quelli come Grillo. L’accusa ai piccoli giornali è di essere finanziati con soldi pubblici e di aver contribuito a portare l’Italia al 61esimo posto al mondo per la libertà d’informazione. Insomma, si continua a confondere l’effetto con la causa. Il fatto di avere soldi pubblici non comporta automaticamente che i giornali debbano essere di pessima qualità, e non sono certo la maggioranza dei giornalisti a rendere il nostro un paese poco libero. Semmai i problemi sono la concentrazione editoriale e la sudditanza politica di molti proprietari di testate: ma se così è, perché Grillo non propone che il 50% dei soldi del finanziamento pubblico vengano assegnati a cooperative autonome di giornalisti precari? Se lo facesse noi lo sosterremmo, se invece al grido di “siamo tutti giornalisti” vuole finire di smantellare una professione, sicuramente non ci avrà mai dalla sua parte.

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