domenica 31 marzo 2013

Travaglio i grillini dal movimento 5 stelle alle stalle, occasione persa

Con scappellamento a destra di Marco Travaglio “Gol mancato, gol subìto” è una regola ferrea del calcio. Ma non solo. L’altroieri M5S aveva un rigore a porta vuota: l’ha tirato in tribuna. E, con la partecipazione straordinaria di Napolitano e Bersani, ha perso un’occasione unica di spingere l’Italia verso un po’ di futuro. Ieri le lancette della politica hanno ripreso a camminare a ritroso verso il peggiore passato. Anziché andarsene in anticipo, accelerando l’elezione del successore e la soluzione della crisi, come pure aveva saggiamente pensato, Napolitano è riuscito a farci rimpiangere di non vivere in Vaticano (di Ratzinger purtroppo ce n’è uno solo, e non è italiano). E a dare ragione a Grillo anche quando aveva torto. La bi-Bicamerale escogitata per dettare l’agenda a un governo che non c’è ricorda la Restaurazione del 1815, col ritorno dei “codini” in Europa dopo la fine di Napoleone e il congresso di Vienna. Solo che da noi la rivoluzione non c’è stata: siamo il paese della controriforma senza riforma e della restaurazione senza rivoluzione. Il paese che, quando ha le idee confuse, fa una commissione (anzi, due) per confondersele un altro po’. In un altro, la mossa del Presidente verrebbe chiamata col suo nome: golpe bianco, commissariamento della politica e degli elettori (e poi l’“antipolitico” sarebbe Grillo), con i saggi al posto dei colonnelli. Nel paese di Pulcinella, è il tragicomico risultato delle non-dimissioni di Napolitano, seguite alla non-vittoria Pd, alla non-sconfitta Pdl, al non-statuto M5S, alla non-rinuncia di Bersani dopo il fallimento delle convergenze parallele e della non-sfiducia a 5Stelle, previa pausa di riflessione. Mentre le migliori lingue di giornalisti e giuristi fanno gli straordinari per magnificare la geniale, strepitosa, magistrale mossa del Colle, si sente persino dire che “il governo Monti è pienamente operativo” e sta per assumere “provvedimenti urgenti per l’economia”: è lo stesso che annega in acque territoriali indiane sul caso dei marò, col ministro degli Esteri che riesce a dimettersi da un esecutivo dimissionario. E il cui leader Monti è stato appena asfaltato dal 90% degli elettori. Dunque l’eterna Bicamerale, aperta nel '97 da D’Alema e B. e mai davvero chiusa nonostante le apparenze, riapre trionfalmente i battenti sotto le mentite spoglie di due “gruppi di saggi”. C’è Onida, corazziere ad honorem per gli immani sforzi compiuti per difendere le interferenze del Quirinale nelle indagini sulla trattativa Stato- mafia e per negare l’ineleggibilità di B., dunque molto saggio. C’è Giovannini, il presidente Istat che fu incaricato di studiare i costi della politica, ma alla fine si arrese stremato, dunque molto saggio. C’è Pitruzzella, già associato allo studio Schifani, dunque garante dell’Antitrust e molto saggio. C’è Rossi, il solito banchiere uscito dai caveau di Bankitalia, dunque molto saggio. C’è Violante, quello che si vantava con B. di non avergli toccato le tv e il conflitto d’interessi, dunque molto saggio. C’è Mauro, già Pdl, ora montiano, ma sempre Cl, dunque molto saggio. C’è Quagliariello, che strepitò in aula contro gli “assassini” di Eluana, dunque molto saggio. C’è Bubbico, già indagato e prosciolto per la buona politica in Lucania, dunque molto saggio. C’è il leghista Giorgetti, che intascò una mazzetta da Fiorani, poi con comodo la restituì, dunque molto saggio. Se questi sono saggi, i fessi dove sono? Eppure piacciono a tutti. Anche ai 5Stelle, gli unici esclusi dalla spartizione quirinalesca, gli unici ignari della vera natura della bi-Bicamerale: una stanza degli orrori per rimettere in pista B. e patteggiare alle nostre spalle, una siringa di anestetico per infilarci la supposta dell’inciucio senza che ce ne accorgiamo. Scommettiamo che i saggi parleranno quasi soltanto di giustizia? Ps. Nella distrazione generale si son dimenticati Bersani nel freezer. Qualcuno lo avverta che non è più il premier incaricato e, se possibile, lo scongeli nel microonde. Il Fatto quotidiano 31 marzo 2013

sabato 30 marzo 2013

Brescia ai bambini è vietato giocare sull'erba, inquinamento da pcb nel parco tossico

Brescia, dove ai bambini è vietato giocare sull’erba L’INCHIESTA DI PRESADIRETTA SULL’INQUINAMENTO DA PCB, CANCEROGENO, NELLA CITTÀ LOMBARDA. UN’EMERGENZA TENUTA SOTTO SILENZIO - PARCO TOSSICO A produrre il “ve l e n o” era la Caffaro, chiusa a metà anni 80 Nei pressi, una scuola: agli alunni è proibito andare tra il verde - BOOM DI TUMORI In città, +58 per cento di neoplasie al fegato rispetto alla media del Nord. E i più piccoli rischiano danni al cervello - di Riccardo Iacona ABrescia c’e’ una emergenza sanitaria che tutti nascondono e che riguarda direttamente 25mila tra uomini, donne e bambini . Sono gli abitanti della zona che si estende a sud della Caffaro, la fabbrica adesso chiusa che dagli anni trenta fino a metà degli anni 80 ha prodotto migliaia di tonnellate di Pcb (policlorobifenili), al pari della diossina un pericoloso cancerogeno, sversandone centinaia di tonnellate allo stato puro nell’ambiente circostante. COINVOLTA è tutta la popolazione di Brescia, visto che in 50 anni di continuo inquinamento il Pcb è entrato nella catena alimentare, tramite le verdure, la carne, il latte e anche attraverso l’allattamento materno. Secondo Philippe Grandjean, il più grande studioso delle conseguenze nell’uomo della contaminazione da diossine e Pcb che siamo andati a intervistare a Boston, nella Harvard University dove insegna e fa ricerca , “più della metà del Pcb depositato nel grasso della madre passa al neonato tramite il latte materno”. La vicenda è conosciuta almeno da dieci anni, da quando cioè nel 2002 il sito Caffaro è entrato a far parte ufficialmente dei siti di interesse nazionale individuati dal Ministero dell’Ambiente come sito fortemente contaminato da Pcb e quindi da bonificare. Quelli che invece sono nuovi sono i dati sull’insorgenza dei tumori, che questa sera vi mostreremo per la prima volta in Presadiretta . Sono il risultato di una recente ricerca svolta da Paolo Ricci, epidemiologo della Asl di Mantova che segue il sito Caffaro da quando si è scoperto il grave inquinamento. La ricerca è stata realizzata dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Registro nazionale dei tumori, ed è quindi uno studio importante. Finora la Asl di Brescia aveva condotto negli anni studi sulla mortalità per malattie tumorali nella città, a confronto con quella media del nord dell’Italia e per questa strada aveva già registrato un aumento quasi del doppio di tante forme tumorali, ma la particolarità e l’importanza di questo studio è che rende conto Brescia, “la mortalità risente della velocità di una popolazione ad ammalarsi ma anche del livello di assistenza mentre l’in - cidenza ci dice esclusivamente del rischio. È quindi più puntuale e precisa sul rischio che i cittadini di Brescia hanno di ammalarsi di tumore”, ci spiega Paolo Ricci che ho invitato in trasmissione perché raccontasse quello che ha scoperto. Nella sua ricerca il tumore maligno alla tiroide segna un più 49 per La Società, la Direzione e la redazione de “il Fatto Q u o t i d i a n o” si stringono con affetto a Sandra Amurri per la perdita della cara mamma Brescia, dove ai bambini è vietato giocare sull’erba L’INCHIESTA DI PRESADIRETTA SULL’INQUINAMENTO DA PCB, CANCEROGENO, NELLA CITTÀ LOMBARDA. UN’EMERGENZA TENUTA SOTTO SILENZIO POVERO AMBIENTE ticamente dannosa” per Parmalat, secondo il tribunale di Parma è “un fondato sospetto”. Anche in ragione di una perdita che potrebbe essere consistita, secondo i giudici, “nella maggiorazione del valore delle società acquisite” rispetto al valore di mercato delle stesse. Il compito del commissario sarà proprio quello di verificare se tale perdita sia avvenuta, e, nel caso, adoperarsi per “la restituzione di quanto dovuto”. Il sospetto era stato sollevato con una denuncia alla Procura di Parma da parte di azionisti di minoranza del gruppo lattiero caseario. cento di incidenza a Brescia rispetto al Nord Italia, il linfoma non hodgkin più 20 per cento, il tumore al fegato il più 58 per cento ri, mentre infine il tumore al seno schizza al 26 per cento in più. Secondo Ricci la correlazione tra questa maggiore incidenza e il Pcb è più che probabile, visti i risultati della ricerca scientifica internazionale, ma date anche le incredibili dimensioni dell’inquinamento dei terreni a sud della Caffaro rilevati dai tecnici del ministero dell’Ambiente e dell’Arpa. PER i dati vale quello che ci ha detto Grandjean quando ci ha raccontato i risultati delle ricerche sugli effetti del Pcbsui quali lavora da più di venti anni : “È ormai provato che il Pcb provoca il cancro, in particolare cancro al seno, tumori del sangue e tumore al fegato. Ma fa anche molto di più: è collegato allo sviluppo del diabete e secondo le nostre ricerche impedisce il cor-retto sviluppo del cervello dei bambini, i bambini esposti al Pcb hanno capacità cognitive ridotte. Ma abbiamo visto anche che attacca il sistema immunitario del nostro corpo indebolendolo, aprendo la strada a diverse malattie”. Grandjean dà un giudizio senza appello: “Questo tipo di inquinamento va trattato come un serio problema di salute pubblica che richiederebbe una immediata bonifica perché espone la popolazione a malattie mortali”. Per quanto riguarda la dimensione, e l’estensione dell’inquinamen - to a Brescia, abbiamo ricostruito quartiere per quartiere l’inci - denza del Pcb, nei terreni tra le case, nei parchi pubblici, persino vicino alle scuole elementari che i bambini continuano a frequentare. CHE cosa è stato fatto finora? Pochissimo. Un’ordinanza del Comune, in vigore da dieci anni, vieta alle persone che vivono nelle zone contaminate di passare sulle superfici non coperte da asfalto o da cemento, mentre la bonifica non è mai partita perché la Caffaro è una società fallita, una scatola vuota senza soldi e al Ministero dell’Am - biente risorse non ce ne sono. Ma soprattutto, tranne pochi comitati, non si è voluto prendere atto di questa situazione, come se l’emergenza sanitaria non esistesse, un silenzio che a Presadiretta vogliamo squarciare. Il fatto quotidiano 31 marzo 2013

perfino Travaglio deluso da M5S e grillini inconcludenti

Autoscacco a 5 Stelle
di Marco Travaglio

Fino a ieri mattina, checché se ne dicesse, il
movimento 5 Stelle non aveva sbagliato
una mossa. A parte le trascurabili defezioni
sulla presidenza del Senato, aveva mantenuto
compatti i suoi variopinti ed eterogenei gruppi
parlamentari, sfuggendo a tutte le trappole che
i partiti e i giornalisti al seguito avevano seminato
sul suo cammino. Aveva messo all’angolo
il Pdl con l’annuncio del sì all’ineleggibilità
e a un’eventuale richiesta d’arresto di B.
(spingendo il Pd ad allinearsi). Aveva costretto
il Pd a rottamare i candidati di partito per le
due Camere e a inventarsi in fretta e furia i
nuovi arrivati Boldrini e Grasso, a loro volta
obbligati a esordire col taglio degli emolumenti
che, per quanto modesto, avrebbe innescato
l’effetto valanga. Infine aveva cucinato a fuoco
lento Bersani, fino alla figuraccia in diretta
streaming e alla resa sul Colle camuffata da
congelamento. Intanto i dogmi pidini dei rimborsi
elettorali e del Tav Torino-Lione venivano
rimessi in discussione. Insomma, pur
avendo vinto solo moralmente le elezioni,
5Stelle era diventato in pochi giorni il dominus
della politica italiana. Se Grillo avesse chiesto a
Bersani le chiavi di casa e della macchina, quello
gliele avrebbe consegnate senza fiatare e con
tante scuse per il ritardo. Insomma, da oggi un
movimento nato appena tre anni fa avrebbe
avuto l’ultima parola sul nuovo governo e sul
nuovo presidente della Repubblica. Con notevoli
benefici per gli italiani, visto che alcuni
punti del programma pentastelluto, al netto
delle follie e delle utopie, sono buoni e giusti e
realizzabili in poco tempo. E visto che B. sarebbe
rimasto irrimediabilmente all’angolo.
Sarebbe bastato che ieri i capigruppo fossero
saliti al Quirinale con una proposta chiara e
netta: un paio di nomi autorevoli per un governo
politico guidato e composto da personalità
estranee ai partiti (parrà strano, ma ne
esistono parecchie, anche fuori dalla Bocconi,
dalle gran logge, dai caveau delle banche e dalle
sagrestie vaticane). Siccome Bersani, anche in
versione findus, era rimasto fermo all’asse con
M5S, secondo la volontà dei due terzi degli
elettori, i grilli avrebbero dovuto sfidarlo ad
appoggiare quel tipo governo. Che naturalmente
non può essere né a guida Bersani, né
tantomeno a guida M5S. Di qui la necessità di
una rosa di personalità che potessero incarnare,
per la loro storia e le loro idee, alcuni dei
punti chiave del movimento. Sarebbe stato lo
scacco matto al re. Invece lo scacco i grilli se lo
son dato da soli. Col rischio di perdere un treno
che potrebbe non ripassare più; di accreditare
le peggiori leggende nere sul loro conto; e di
gettare le basi per drammatiche spaccature.
Ieri infatti al Colle non hanno fatto nomi, ma
solo allusioni, anche perchè Napolitano non
vuole sentir parlare di nomi extra-parti. Poi
hanno chiesto ciò che non potevano avere: l’incarico.
Ha prevalso l’inesperienza, o la supponenza,
o la paura di essere incastrati in giochi
più grandi e inafferrabili. Paura infondata,
visto che i partiti sono alla canna del gas e non
sono più in grado di incastrare nessuno, se non
se stessi. E in ogni caso la mossa era a rischio
zero e a vantaggio mille (per loro e per il Paese).
É vero, come sospettavano i complottisti (che
spesso ci azzeccano) che Napolitano e parte del
Pd sono già d’accordo col Pdl per l’inciucio:
ma, a maggior ragione, la proposta di un governo
Settis o Zagrebelsky li avrebbe messi tutti
con le spalle al muro. E li avrebbe costretti alla
ritirata, non foss’altro che per non assumersi la
responsabilità di aver bocciato il miglior governo
degli ultimi 15 anni (almeno sulla carta).
Ora invece l’unica alternativa alle urne, che
tutti invocano ma tutti temono, sarà un inciucissimo
con B., più o meno mascherato. Che
magari era nella testa di Napolitano e dei partiti
fin dal primo giorno. Ma che ora ricadrà sulla
testa dei 5 Stelle. E naturalmente degli italiani.
Bel risultato, complimenti a tutti. Il fatto quotidiano 30 marzo 2013

Roma, armi e droga: 10 arresti per il narcotraffico della cosca dei Gallace

La cocaina arrivava dalla Spagna (via Gioia Tauro) fino ai quartieri del Casilino, Torre Maura, San Basilio, con una sorta di centrale operativa sul litorale, tra Anzio e Nettuno. L'inchiesta sull'attività degli 'ndranghetisti ha preso il via dopo le dichiarazioni del pentito Antonino Belnome. Il guadagno del solo smercio poteva valere fino a 115mila euro

Roma, armi e droga: 10 arresti per il narcotraffico della cosca dei Gallace
Armi, tantissime armi. E droga, un fiume di cocaina che dalla Spagna arrivava ai quartieri romani del Casilino, di Torre Maura e di San Basilio. Con una sorta di centrale operativa nel litorale romano, tra le città di Anzio e Nettuno, zona di influenza della cosca dei Gallace, famiglia originaria di Guardavalle, ma radicata nel Lazio ormai da decenni. Il fermo di 10 persone effettuato dalla squadra mobile guidata da Renato Cortese, su richiesta del pm antimafia Palaia, ha fatto luce su un’intera filiera del narcotraffico romano. Punto di arrivo della droga il porto di Gioia Tauro; tappa intermedia le ville a disposizione degli affiliati sulla costa laziale, dove il controllo del territorio garantito dalla ‘ndrina Gallace-Novella assicurava le necessarie coperture.
Ed infine lo spaccio, capillare, realizzato attraverso bar popolari della periferia romana, coperto da un piccolo esercito di uomini armati, in grado di esercitare una forte pressione su chi non pagava la merce o non rispettava le regole. E’ il quadro dipinto nel decreto di fermo che ha raggiunto dieci presunti affiliati all’organizzazione nata dal sodalizio tra i calabresi Gallace e i romani Romagnoli. Un’operazione che ha portato all’arresto di Bruno Gallace, affiliato alla omonima cosca, di Umberto, Alessandro, Tiziano e Francesca Romagnoli, Vincenzo Andreacchio, Alessandro Ceci, Alessandro Del Vescovo, Giuseppe Profenna e Alessandro Tammaccaro. Nomi che sanciscono l’alleanza ormai consolidata tra parti della criminalità romana con una delle principali famiglie della ‘ndrangheta calabrese, mandante, tra l’altro, dell’omicidio di Carmelo Novella, il boss scissionista ammazzato in un circolo di San Vittore Olona il 15 luglio 2008.
Uno dei due collaboratori che hanno permesso alla squadra mobile di Roma di colpire nel cuore l’organizzazione ha raccontato in un interrogatorio qual era il giro d’affari: “Guadagnavano un sacco di soldi, calcoli che facevano venti, trentamila euro al giorno. C’è stato un sabato che hanno fatto cento… 115mila euro”. Soldi che derivavano – secondo le indagini – esclusivamente dall’attività di smercio della cocaina nelle borgate romane.
La potenza del gruppo era garantita anche dalla grande disponibilità di armi in mano all’organizzazione: “Allora, io so che le armi della famiglia vengono dalla Svizzera – racconta uno dei collaboratori riferendosi ai Gallace – c’hanno i parenti in Svizzera, i parenti in Germania, c’hanno un sacco di parenti, da tutte le parti. Calcola che noi quando stavi a casa, che ne so, ti appoggiavi sul letto, può darsi che trovavi una pistola, davi una capocciata, scusi il termine, trovi una pistola sotto al cuscino”. Armi che non venivano vendute, ma tenute in depositi sparsi nell’area romana e del litorale laziale, pronte per ogni evenienza.
L’indagine ha preso il via dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Belnome davanti ai magistrati romani, impegnati dal 2006 nel processo di primo grado contro la cosca Gallace in corso davanti al tribunale di Velletri. Belnome nel corso delle udienze aveva ricostruito nei dettagli la presenza ormai pluridecennale della ‘ndrina originaria di Guardavalle nelle città di Anzio e Nettuno. Ai pm della Dda ha poi descritto il ruolo apicale di Bruno Gallace nella gestione dei traffici di cocaina: “C’è Bruno che è forte nella cocaina, è lui che si occupa, Bruno e tutti i suoi… Quando arriva a Gioia Tauro, le faccio un esempio, Bruno all’epoca ne aveva bloccati 120 chili da portare qua, anzi a Nettuno, e li ha portati (…) e li hanno smerciati tutti”.
I fermi sono scattati per il timore di una fuga degli indagati. A febbraio Bruno Gallace si era accorto che un esponente del suo gruppo aveva deciso di collaborare. L’informazione gli era arrivata da un educatore in servizio nel carcere di Rebibbia, che – dopo un controllo nei database – aveva segnalato il trasferimento dell’uomo nella sezione dei collaboratori. Un episodio particolarmente preoccupante, che mostra la capacità di penetrazione anche nelle istituzioni delle cosche calabresi. Già in passato erano state scoperte talpe nei palazzi di giustizia, pronte a vendere soffiate ai vertici del clan.

il pareggio di bilancio ambientale Luca Mercalli prepariamoci

Il pareggio di bilancio ambientale RISORSE SCARSE È appena uscitq per Chiarelettere una nuova edizione di “Pre par iamoci”, del meteorologo Luca Mercalli. Pubblichiamo una parte della premessa alla nuova edizione . di Luca Mercalli Nell’aprile del 2012 è stato inserito nella Costituzione italiana il pareggio di bilancio. Ma c’è un bilancio estremamente più importante per la nostra vita, che prima di essere soggetta ai capricci dell’economia è ferreamente dominata da flussi di energia e materia: è quello delle valute “fisiche” disponibili sul pianeta Terra. Un dato che, per quanto denso di conseguenze per il futuro dell’umanità, nessuno considera strategico, né si inserisce nelle costituzioni, salvo forse in quella dell’Ecuador. In sostanza, non si possono prelevare dal conto terrestre più risorse di quante i sistemi naturali siano in grado di rigenerare, né immettere rifiuti e inquinanti più di quanto la biosfera sia in grado di metabolizzare. L’Overshoot Day definisce la data in cui il nostro conto corrente con l’ambiente è andato in rosso. Nel 2012 ciò è successo già il 22 agosto, il che vuol dire che tutto quello che abbiamo consumato dopo quella data lo abbiamo “rubato” alla natura, dilapidando una parte del capitale, con conseguenze talora irreversibili, come il riscaldamento globale o l’estinzione di specie viventi. IL PAREGGIO DI BILANCIO mondiale è stato rispettato più o meno fino alla metà degli anni Settanta, quando l’umanità contava 3,5 miliardi di individui. Oggi siamo 7 miliardi, consumiamo e inquiniamo come non mai e preleviamo l’equivalente di una Terra e mezza. La biosfera è un sistema resiliente, ciò vuol dire che per brevi periodi può sopportare uno stress senza collassare, a patto che si rientri nei limiti fisici imposti dalle leggi universali che governano i cicli biogeochimici, il clima, la riproduzione della fauna ittica, la rigenerazione delle foreste. Ma, un po’ come accade a un motore lanciato a folle corsa, quando la lancetta del contagiri entra in zona rossa, bisogna ridurre la velocità, altrimenti si sbiella. Stranamente l’economia mondiale appare preoccupatissima del rallentamento dei giri del motore e invoca un’ulteriore accelerazione che secondo i modelli ecologici porterebbe attorno al 2050 alla necessità dell’equivalente di due pianeti, dei quali evidentemente non disponiamo. Ovvero il motore salta e la macchina si ferma di botto, con gravi conseguenze per la società e per l’ecosiste - ma. La spending review, oggi tanto di moda, dovrebbe includere anche le risorse fondamentali da cui dipendiamo: suolo, acqua, energia, biomassa, carico inquinante. Una riduzione dei giri governata con saggezza per riportarci nei limiti concessi dall’unico pianeta che abbiamo è il solo atteggiamento razionale a cui ricorrere, e sarebbe assurdo non considerarlo proprio ora che la ricerca scientifica ci mette a disposizione tanti dati affidabili su cui costruire gli scenari futuri, scegliendo quelli più favorevoli ed evitando le trappole del sovrasfruttamento. LA SFIDA È ENORME, antropologicamente parlando l’uo - mo deve mutare il proprio paradigma: da un cieco inseguimento della crescita fine a se stessa a un’economia basata su uno stato stazionario, energie rinnovabili e rifiuti riciclabili. È un obiettivo per nulla facile da perseguire, né esistono ricette preconfezionate, tuttavia ciò che la comunità scientifica invoca invano da anni è una disponibilità all’ascolto del mondo economico e politico, alla ricerca di soluzioni nuove e condivise che tengano conto dell’enorme posta in gioco, ovvero la sopravvivenza della specie per un periodo dello stesso ordine di grandezza del nostro cammino evolutivo precedente, diciamo duecentomila anni. Sotto le isteriche oscillazioni dello spread, di cui i giornali ci informano ossessivamente in prima pagina, c’è un debito con la natura che non si potrà contrattare in nessun parlamento, neanche in quello nuovo, appena eletto. Il fatto quotidiano 30 marzo 2013

perfino il commissario boccia il Tav Venezia Trieste spreco di miliardi

PERFINO IL COMMISSARIO BOCCIA IL TAV VENEZIA-TRIESTE BORTOLO MAINARDI È STATO NOMINATO DAL GOVERNO BERLUSCONI PER FAVORIRE LA GRANDE OPERA. MA ANCHE SECONDO LUI È INUTILEL’INVESTIMENTO Invece di spendere 12 miliardi di euro per l’Alta velocità, basterebbero 800 milioni per ammodernare i vecchi binari IL CONTESTO L’intero progetto si fonda sullo sviluppo del corridoio europeo Lisbona-Kiev che quasi certamente non partirà mai di Giorgio Meletti La cosa potrebbe sembrare talmente ovvia da non essere una notizia. Un signore ha detto che la ferrovia ad alta velocità da Venezia a Trieste non si farà, se va bene, prima del 2040. Perché non ci sono i soldi. La notizia è che la sentenza, che se la dice un No-Tav viene tacciata di disfattismo ideologico, viene da uno dei più autorevoli sacerdoti del Sì-Tav: il commissario governativo per la Venezia- Trieste, Bartolo Mainardi. MAINARDI, noto architetto 62enne di Calalzo di Cadore, è stato nominato due anni fa dal governo Berlusconi, della cui filosofia delle cosiddette Grandi Opere è stato sempre uno dei più fedeli e impegnati interpreti. Nel 2003 l'allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi lo nominò nientemeno che Commissario per le Grandi Opere Strategiche del Nord-Est, nel 2008 il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo l'ha voluto nella Commissione Via, quella che verifica l'impatto ambientale delle nuove infrastrutture. Dunque Mainardi, all'indomani della manifestazione anti- Tav di sabato scorso in Val di Susa, ha fatto due conti e ha scoperto ciò che a molti è evidente da tempo: “Da Verona a Trieste ci vogliono poco meno di 12 miliardi di euro, dove andiamo a prenderli? Meglio ristrutturare le linee ferroviarie esistenti”. Secondo l'architetto si può far crescere il traffico passeggeri e merci sulla linea tradizionale spendendo solo 800 milioni, per esempio eliminando i passaggi a livello. “Oggi la Venezia-Trieste è sfruttata al 40 per cento”. Se la linea storica venisse messa in efficienza, raggiungerebbe la saturazione non prima del 2040, secondo i calcoli del commissario governativo. ATTENZIONE: la saturazione avverrebbe nel prossimo quarto di secolo in seguito alla auspicata, ma non certa, esplosione del traffico nei porti del nord Adriatico. “E comunque”, ha detto Mainardi a La Nuova Venezia, “non abbiamo la disponibilità di 4 miliardi e 400 milioni per la tratta Verona- Padova, tanto meno quella dei 7 miliardi 3 400 milioni per la Mestre-Trieste”. “Finalmente anche Mainardi si è accorto che prima di fare nuove linee è meglio intervenire sui cosiddetti colli di bottiglia delle vecchie”, festeggia Laura Puppato, unica esponente Pd conseguentemente ostile ai mega progetti Tav. Il merito di Mainardi è di dire, come il ragazzino della favola, che il re è nudo. La Venezia- Trieste ad alta velocità è un'opera talmente inutile che neppure la Madre di tutte le Grandi Opere, il piano Tav del 1991, la inserì nello schema del progetto. Il Tav da Milano si fermava a Padova, dove peraltro non è ancora arrivato perchè ancora ci si chiede che senso ha l'alta velocità su una tratta che in 250 chilometri (il minimo che andrebbe fatto non stop per dare un senso alla velocità stessa) incontra Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, e Padova prima di arrivare a Venezia. La Venezia-Trieste poi ha il suo unico senso nel completamento del mitico corridoio 5 che dovrebbe collegare Lisbona a Kiev passando per la Padania. Si tratta ovviamente di un mito privo di collegamento con la realtà, ma utile a far avanzare i cantieri e gli interessi delle società di costruzione e progettazione. Infatti in Val di Susa si dice che non si può interrompere il Corridoio 5, senza voler ammettere che da Lisbona a Kiev quelli sono gli unici cantieri aperti, mentre a Venezia si dice che bisogna fare la Milano-Trieste sennò la Torino-Lione non serve a niente. Solo che neppure in Slovenia, in Francia, in Spagna e in Portogallo si sta costruendo qualcosa che abbia a che fare con il trasporto di merci su rotaia. g. meletti@ ilfattoquotidiano. it Il Fatto quotidiano 30 marzo 2013

anche i beni confiscati alla mafia difentano poltrone, timore acquisto malavita

Pure i beni confiscati diventano poltrone L’AGENZIA NAZIONALE AFFIDA IL PATRIMONIO SOTTRATTO ALLA MAFIA A UN UOMO VICINO AL PDL NUOVE STRATEGIE Un manager privato si occuperà di cedere gli immobili Il timore è che possa essere la malavita a ricomprare di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza Gli amministratori giudiziari? Costano troppo, le loro sono ‘parcelle d’oro’”, accusa il prefetto Giuseppe Caruso, a capo dell’a g e nzia che gestisce i beni confiscati alla mafia. Gli immobili dei boss? “C’è il rischio che tornino alla mafia attraverso la vendita”, replica l’a s s e ssore regionale, ed ex pm, Nicola Marino. Vendita dei beni sottratti a Cosa Nostra o restituzione alla società civile? La contesa, antica, è riesplosa tra Stato e Regione Sicilia, e la posta in gioco è un miliardo tondo di euro: tanto vale la società “I m m o b iliare Strasburgo”, un vero e proprio “tesoro” tra ville, terreni, appartamenti e una fortissima liquidità, confiscato due anni fa al palazzinaro dei boss Vincenzo Piazza, inquisito da Falcone e condannato per mafia. Un patrimonio amministrato dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara fino al 31 dicembre scorso, e cioè fino a quando l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, guidata dal prefetto Giuseppe Caruso, ha improvvisamente cambiato linea: stop agli amministratori giudiziari, via libera ai manager indicati dalla politica. E così, con quello che senza mezzi termini viene definito in ambienti giudiziari “un colpo di mano’’, il prefetto Caruso ha nominato al vertice del nuovo cda il professor Andrea Gemma, associato di Diritto privato all’Università di Paler-mo, ex allievo del sottosegretario alla Giustizia Savino Mazzamuto, e soprattutto indicato come professionista di area di centrodestra, vicino all’ex Guardasigilli Angelino Alfano e all’ex presidente del Senato Renato Schifani. Ad affiancarlo, l’ex avvocatessa Donatella De Nicola e l’avvocato romano Paolo Castellano. GEMMA E I DUE LEGALI gestiranno un patrimonio miliardario che raccoglie 70 locali affittati per attività commerciali, altri 52 in locazione a privati nella zona di viale Strasburgo, 16 scuole, numerosi uffici utilizzati dal Comune di Palermo tra i quali la sede dei vigili urbani di via Dogali e quella dell’assessorato alle Attività produttive, locali per l’Asp, per l’Inps, e alcune aziende agricole,di cui due in Toscana, più due interi edifici usati dalla Regione che ospitano gli assessorati alle Attività produttive e ai Beni culturali. Nell’aria da qualche mese, la decisione ha fatto scattare l’allarme rosso nelle stanze del governo regionale, che teme una possibile vendita dei beni, la cui assegnazione integrale è stata chiesta due mesi fa dalla giunta del Governatore siciliano Rosario Crocetta. “Non abbiamo avuto ancora risposta – dice l’as - sessore all’Energia Nicola Marino, ex pubblico ministero della strage di via D’Amelio – nonostante al Comune ed alla Provincia di Palermo quei beni siano già stati assegnati. Nella riunione di due mesi fa il prefetto Caruso è apparso restio ad accogliere la nostra richiesta. Ma così risparmieremmo oltre 30 milioni di euro di affitti annui, oggi pagati all’Agenzia. E inoltre se passa l’idea che si possano vendere a privati i beni confiscati, il rischio è quello di un ritorno degli immobili alla mafia’’. E SE, durante la riunione, il prefetto Caruso ha duramente contestato le “parcelle d’oro” liquidate agli amministratori giudiziari, che in questi anni hanno garantito la vita dell’Immobiliare, adesso la “palla’’ pas - sa al quarantenne professor Gemma, titolare a Roma di un avviato studio legale e tributario, “Gem - ma&Partners’’, già nominato nel secondo semestre del 2010 consulente al Dap dal successore di Alfano, l’ex ministro Nitto Palma, con un compenso di 40 mila euro. Gemma verrà affiancato da tre sindaci: Felice Luca (presidente), Giampaolo Pronaggi e Vittorio Silvestri, provenienti dall’ex Isvap, l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni, una conferma della natura politica delle nomine. Il nuovo presidente sceglierà il business della vendita, o la riconversione dell’“Immobiliare Strasburgo” al circuito virtuoso di una fruizione collettiva? “L’indirizzo dell’Agenzia oggi pare quello di affidare alla politica i soldi sottratti alla mafia - dice Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage dei Georgofili –, ovvero una scelta che mi lascia esterrefatta, visto come sono andate le cose nel Paese da Tangentopoli in poi’’. Il fatto quotidiano 30 marzo 2013

Latina, Sperlonga, Circeo, Sabaudia l'erosione cancella gli arenili

 

PROVE GENERALI PER IL TURISMO ESTIVO

Pasqua, poco sole e niente spiagge
nel Lazio l'erosione cancella gli arenili

Da Sperlonga a Ostia, litorale devastato da vento e mareggiate, inquinamento e abusi a Sabaudia. E Ventotene ripara i danni della tempesta di metà marzo


La spiaggia sparita nei pressi della Grotta di Tiberio a Sperlonga La spiaggia sparita nei pressi della Grotta di Tiberio a Sperlonga
LATINA - Le previsioni parlano chiaro: sarà un week end pasquale poco primaverile, ma forse non del tutto senza sole. Temperature ancora basse per la media stagionale, eppure qualche schiarita è prevista per il 31 marzo e il primo aprile, anche se non è detto il lunedì dell'Angelo sarà davvero una bella giornata. Se per scampagnate e passeggiate al mare occorrerà attendere e guardare il cielo, altri fenomeni renderanno il litorale pontino tutt'altro che invitante per questa prova generale della stagione turistica: erosione, sporcizia, incuria, abusivismo. E il problema delle spiagge mangiate dal mare riguarda anche Torvajanica e Ostia. E a Ventotene si riparano i danni causati dalla tempesta di metà marzo.
ALLARME SPERLONGA - Si moltiplicano, in questi giorni, le denunce sul pessimo stato di manutenzione delle spiagge, che in alcuni casi stanno scomparendo. L'ultima emergenza viene segnalata a Sperlonga, località dall'invidiabile posizione geografica che testimonia quanto capaci fossero gli antichi romani nello scegliere le proprie dimore. La spiaggia della grotta dell'imperatore Tiberio è ormai quasi sommersa: le onde si infrangono sulle mura romane, l'acqua sta distruggendo quasi tutto ciò che ha trovato di fronte, comprese le passerelle in legno per scendere a mare.
L'erosione dell'arenile sulla costa di SabaudiaL'erosione dell'arenile sulla costa di Sabaudia
STAGIONE A RISCHIO - «Il fenomeno non riguarda soltanto quest’area – spiega Carlo Ricco, consigliere di Sperlonga Turismo – ma anche Fontana, Lago Lungo e Bazzano. Puntualmente ogni anno ci troviamo a discutere dello stesso problema, al quale cercheremo di porre rimedio anche in questo 2013 per evitare danni economici in un periodo di per sé non proprio felice. Tempo fa si era parlato di barriere soffuse, ma poi più nulla. Dialogheremo con tutti gli enti preposti per una soluzione, con la speranza di essere ascoltati con lungimiranza e non esser più costretti soltanto a fare interventi tampone». SABAUDIA: SABBIA SPARITA - Salendo più a nord, la situazione di Sabaudia non è più felice. Come segnala il circolo di Legambiente «la spiaggia di Sabaudia e del Parco nazionale del Circeo vive da anni una profonda crisi ambientale: carico antropico eccessivo e malamente amministrato, abusivismo edilizio, erosione e sporcizia stanno riducendo uno degli ambienti naturalistici più importanti del Parco nazionale, meta di migliaia di turisti ogni anno, in un immondezzaio che desta viva preoccupazione».

Rifiuti sulla duna di Sabaudia Rifiuti sulla duna di Sabaudia
IMMONDIZIA SULL'ARENILE - «Per rendersene conto - aggiungono gli ambientalisti - è sufficiente fare una passeggiata sull'arenile dove si trovano copertoni, televisori, migliaia di bottiglie di plastica e vetro e copertoni, oltre a capanni in legno che continuiamo a segnalare e che restano stabili al loro posto. Uno sfregio al nostro territorio che merita di essere denunciato pubblicamente. Altrettanto urgente e forse anche più grave è quanto sta accadendo al sistema dunale, che non il suo crollo mette a rischio la relativa vegetazione, con effetti anche sul retroduna del Parco nazionale». SAN FELICE E GLI ABUSI EDILIZI - Non va meglio sul piano degli illeciti che si consumano, costantemente, sotto gli occhi dei cittadini e delle istituzioni. Basta guardare alle ultime vicende che hanno come protagonista la spiaggia di San Felice Circeo. Quasi tutti gli operatori balneari ( insieme ad alcuni esponenti del comune, 27 persone in tutto) sono finiti sotto inchiesta per reati di abuso d'ufficio, occupazione abusiva a violazione del vincolo paesaggistico. Il motivo è molto semplice: grazie ad un modifica del piano arenili ritenuta illegittima dagli inquirenti, agli operatori è consentito tenere installati gli stabilimenti con le relative strutture ( scivoli, pedane, tettoie etc…) quando in realtà dovrebbero rimanere montati solo per l'estate. Per gli operatori, tra cui un ex sindaco, il vantaggio economico di non dover chiedere nuovi nulla osta e di non dover smontare le strutture ogni fine estate.

La mareggiata di inizio marzo a Ventotene La mareggiata di inizio marzo a Ventotene
PROBLEMI ISOLANI - E di abusivismo, in qualche modo, si parla anche presso le isole dell'arcipelago, dove il dissesto idrogeologico divora il terreno, lo spazio scarseggia ed è cronica, invece, la fame di posti barca. Si sono da poco chiuse le indagini a carico di due pontilisti e dell'ex comandante del porto di Ventotene che avrebbe accordato concessioni in deroga per l'ormeggio di imbarcazioni oltre i tredici metri contravvenendo ai regolamenti in vigore. Mentre arriva un'altra estate dagli esiti incerti secondo gli imprenditori locali. L'isola di Giulia ancora una volta lamenta croniche situazioni di disagio.
Si lavora per riparare in fretta i danni dell'ultima ondata di scirocco e della tempesta che a inizio marzo aveva provocato notevoli danni agli approdi con relativi aggravi di spese per il comune. E la caduta in mare del container dei rifiuti sul porto - sradicato da una tempesta - è costata all'amministrazione diverse migliaia di euro per il recupero. Non è la prima volta che accade: i ventotenesi chiedono di spostare altrove la «pattumiera» che ancora oggi staziona nel porto principale. Pessimo biglietto da visita. © RIPRODUZIONE RISERVATA

 http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_marzo_29/pasqua-senza-spiagge-erosione-212397941306.shtml

Latina allarme erosione il mare minaccia strada e case

«Il mare minaccia strada e case» I PRIMI a pagare per i danni dell’erosione sono operatori commerciali e residenti del lido. «Le mareggiate continuano a flagellare la nostra costa causando danni all’ambiente, alle strutture pubbliche e stanno per aggredire le case poste lungo la nostra spiaggia - commenta Andrea, uno degli operatori coinvolti - Trascurando il danno economico per gli operatori del settore, che è comunque rilevante e che sicuramente avrà un impatto notevole sull’occupazione e sull’indotto, restiamo in fervida attesa dell’intervento straordinario che i nostri tecnici regionali hanno assicurato per mettere un freno a questo danno, causato dai lavori fatti tre anni fa in somma urgenza. Pare abbiano sbagliato a fare la gara di appalto, ma come può accadere una cosa del genere per lavori che devono essere eseguiti con urgenza, per evitare che pure la strada venga portata via dalla mareggiata? Ci auguriamo che mantengano la parola, e che realmente intervengano, perché al mare interessa poco degli errori burocratici. La popolazione della zona inizia ad essere preoccupata, e si sente abbandonata e presa in giro» http://www.latina-oggi.it/read.php?hash=ffe9d9c3c351b29cf8385dd3e6ccb296 CORSA CONTRO IL TEMPO Da rifare l’appalto per il ripascimento della costa. Fine lavori entro giugno o stagione a rischi Per contenere il ritardo i tecnici a n t i c i p e ra n n o le operazioni di classificazione della sabbia Nel complesso un intervento da 500mila euro L’assessore all’ambiente Fabrizio Cirilli: «Questo ritardo non dipende da noi, ma stiamo pressando L’Ardis ci garantisce: procedura chiusa il 16 aprile» ERA stato uno dei primi impegni assunti dall’as sess ore all’am biente Fabrizio Cirilli a pochi giorni dal suo insedi amento e pure uno dei primi progetti avviati, eppure il piano di ripasc imento della spiaggia tra Capoportiere e Foce Verde è ancora un miraggio. Perché Comune e Regione avevano predisposto una tabella di marcia che non ammetteva ritardi nelle procedure di affidamento dei lavori. E invece un errore nella redazione del bando di gara ha costretto i tecnici a ripetere l’appalto, con il rischio di compromettere la stagione balneare di molti operatori visto che l’erosione in certi punti ha raggiunto livelli mai visti e danneggiato le strutture. «Questo ritardo non dipende da noi, ma stiamo tampinando gli uffici dell’Ar - dis per accellerare i tempi» garantisce Cirilli. Il progetto lo ha messo il Comune, i 500mila euro necessari li ha stanziati la Regione Lazio attraverso l’A rd is appunto (agenzia regionale difesa del suolo, ndr). I lavori veri e propri dovevano essere già iniziati, dopo il periodo delle mareggiate per non compromettere l’int er ven to sulla costa. Ma una volta terminata la gara d’appalto, gli uffici dell’Ardis hanno rilevato un errore nella procedura e annullato l’esito dell’appal - to. «Per quanto ci riguarda avevamo fornito un progetto preliminare già un anno fa - ripercorre le tappe il vicesindaco Fabrizio Cirilli - e siamo riusciti a rientrare nel programma dopo essere stati tagliati fuori dai fondi regionali. Per assurdo ci eravamo trovati nella situazione opposta a quella di oggi: eravamo pronti con il ripascimento in largo anticipo, ma non potevamo iniziare prima dell’inver no . Ora gli uffici dell’Ardis ci comunicano che i lavori saCon gli anni il mare è avanzato sempre di più fino a devastare lo scorso inverno lo stabilimento della Polizia di Stato e danneggiare il lido «Nausicaa» nei pressi di via Egadi DANNI INGENTI ALLE STRUTTURE L’assessore all’ambiente Fabrizio Cirilli: «Questo ritardo non dipende da noi, ma stiamo pressando L’Ardis ci garantisce: procedura chiusa il 16 aprile» ranno affidati il 16 aprile, appena in tempo per completare l’opera del ripascimento per gli inizi di giugno, alle porte della stagione balneare». Insomma, una vera e propria corsa contro il tempo per non compromettere un indotto già condizionato da troppi problemi. «In compenso siamo riusciti a guadagnare tempo - sottolinea Cirilli - anticipando l’atti - vità di caratterizzazione della sabbia, ossia di classificazione del materiale». In realtà il progetto studiato dal Comune non è altro che il completamento dell’a t tiv i t à iniziata nel 2005 con la ricostruzione della spiaggia di Foce Verde. Perché il grosso dell’erosione di oggi si verifica nel punto critico di quel progetto, lì dove si abbattono le onde dopo la serie di pennelli, quelle scogliere perpendicolari rispetto al bagnasciuga che attenuano l’azione del mare. Il progetto originario prevedeva pure che venisse raccolta la sabbia nei punti di accumulo per essere riportata nel punto critico, ma Regione e Comune non riuscirono, o forse non vollero, mettersi d’accordo sui termini di quella manutenzione ordinaria. Il ripascimento prevede quindi di riprendere quel piano di manutenzione, iniziando con un serio intervento di ricostruzione della spiaggia all’altez - za dello stabilimento della Polizia di Stato, letteralmente devastato dall’avanzare del mare. Andrea Ranaldi http://www.latina-oggi.it/read.php?hash=4968e3d39989208abad9f112613759cb

venerdì 29 marzo 2013

Muos Niscemi, Crocetta revoca l’autorizzazione alla costruzione dei radar

L'8 febbraio scorso il governatore aveva già bloccato il cantiere. Oggi lo stop definitivo. Prevista per il 30 marzo la manifestazione nazionale dei movimenti No Muos. Allerta tra le forze dell'ordine per la possibile presenza di gruppi di anarco insurrezionalisti pronti a scatenare disordini durante il corteo

Muos Niscemi, Crocetta revoca l’autorizzazione alla costruzione dei radar
L’8 febbraio scorso il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, aveva bloccato i lavori del Muos (Mobile user objective system), il sistema di comunicazione satellitare in costruzione a Niscemi, Comune in provincia di Caltanissetta. Oggi lo stop definitivo: “Si è concluso il procedimento e l’assessorato al Territorio e ambiente della Regione Sicilia ha revocato definitivamente l’autorizzazione per la realizzazione del Muos a Niscemi”. Prevista per il 30 marzo alle 14.30 la manifestazione nazionale dei movimenti No Muos.
L’annuncio, nel corso di una conferenza stampa a Palermo, è avvenuto alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso. Si conclude così la vicenda della costruzione del sistema satellitare della Marina militare Usa, la cui costruzione era prevista in contrada Ulmo a Niscemi e che aveva scatenato anche le ire degli ambientalisti. Un progetto da sempre contestato da comitati civici che temono per i rischi alla salute dovuti alle onde elettromagnetiche. Sulla vicenda, nell’ottobre del 2012, era intervenuta anche l’autorità giudiziaria di Caltagirone con la decisione della Procura che aveva ottenuto dal gip il sequestro preventivo dell’area e degli impianti.
Lo stop è stato anche fortemente voluto dal Movimento 5 stelle che aveva addirittura bloccato il Documento di programmazione economico finanziari (Dpef). Nei giorni scorsi i rappresentanti del M5s, accompagnati dal console americano Donald Moore, hanno visitato la base militare di Sigonella per prendere visione proprio di alcuni documenti che riguardano il Muos,
E proprio sulla manifestazione prevista sabato 30 marzo le forze dell’ordine hanno espresso preoccupazione perché gruppi di anarco-insurrezionalisti si starebbero preparando a ostacolare e contrastare la polizia anche con oggetti pericolosi per creare disordini prima e durante l’evento. Già aperto un fascicolo contro ignoti per l’ipotesi di reato di attentato alla sicurezza dei trasporti, porto di oggetti pericolosi atti ad offendere, minacce e oltraggio a pubblico ufficiale. Gli agenti durante ripetute perlustrazioni effettuate in questi giorni lungo il percorso del corteo hanno sequestrato in un terreno incolto alcuni sacchi contenenti una ventina di assi di legno chiodate, preparate artigianalmente, e centinaia di chiodi a tre punte ricavati da pezzi di reti elettrosaldate, con l’evidente intenzione di forare le gomme agli automezzi diretti o provenienti dal presidio militare. I poliziotti hanno rimosso cumuli di pietre ai margini della carreggiata pronti per essere messi di traverso sulla strada al momento opportuno e una barricata fatta di assi di legno.

giovedì 28 marzo 2013

Marche, nomi eccellenti nell'inchiesta sul biogas. Contestata anche l’associazione a delinquere. 13 indagati.


INCHIESTA BIOGAS, CHI SONO I 13 INDAGATI

Regione Marche - 14 Marzo 2013 | Direttore Marco Spadola | Stampa Stampa questa pagina


Nomi eccellenti nell'inchiesta sulle centrali a biogas e biomasse e sul parco eolico di Camerino. Tra i dodici indagati, come riporta il Corriere Adriatico, spiccano il conte Guido Leopardi Dittajuti, gli imprenditori di Morrovalle Antonio e Alessandro Lazzarini e il funzionario della Provincia di Pesaro-Urbino Renzo Rovinelli. E per dieci di loro spunta anche l'associazione a delinquere. Il sospetto è quello di una combine tra i pubblici funzionari, un ristretto gruppo d'imprenditori e professionisti che si sarebbero accordati per spartirsi alcuni dei principali siti di energia alternativa in regione e incamerare i contributi regionali e statali, circa 2 milioni di euro all'anno per 15 anni.

Secondo i pm anconetani Paolo Gubinelli, Marco Pucilli e Andrea Laurino, il dirigente regionale del servizio Territorio e Ambiente Luciano Calvarese e i suoi collaboratori Sandro Cossignani e Mauro Moretti avrebbero concesso i nullaosta, in alcuni casi anche in violazione di norme urbanistiche e ambientali, a una serie di società di cui loro direttamente o indirettamente possedevano delle quote o per le quali erano stati nominati consulenti, sempre riconducibili ai soliti nomi: gli imprenditori Leopardi, Lazzarini e gli ingegneri Diego Margione di Macerata e Lorenzo Binci di Osimo, anche autori dei principali progetti. Di qui l'associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie di reati contro la pubblica amministrazione, tra cui la truffa e l'abuso d'ufficio, contestata anche a Rovinelli e alla compagna Alessandra Severini di Fano.

Dal reato associativo restano fuori il presidente della Comunità Montana di Camerino Sauro Scaficchia e il suo predecessore Luigi Gentilucci, indagati per concorso in abuso d'ufficio nell'ambito dell'autorizzazione per il parco eolico. Tra gli avvocati delle difese regna serenità: «Dimostreremo la estraneità dei nostri clienti, siamo sereni». Nel mirino degli inquirenti, oltre alla pratica Camerino, le autorizzazioni e la realizzazione delle centrali di San Vincenzo di Osimo, Camerata Picena, Agugliano, Jesi, Castelbellino e Metaurilia di Fano.

A Osimo, dove l'autorizzazione sarebbe stata concessa nel mancato rispetto delle previsioni del piano paesaggistico e in assenza del permesso di costruire, avrebbero fatto affari illeciti, secondo la Procura, il conte Leopardi e l'ingegner Binci, soci nella Green Farm, ma anche Moretti, Calvarese e Margione. Antonio Lazzarini, con Calvarese e Cossignani avrebbe invece costituito un cartello per accaparrasi la realizzazione degli impianti a biomasse a Camerata Picena e Agugliano. Centrali nelle quali Cossignani avrebbe una partecipazione tramite l'anziana madre e la società Capomaggio 86 di Lazzarini.

Alessandro Lazzarini, figlio di Antonio, è indagato per le centrali a biogas di Jesi e Castelbellino. L'accusa è quella di aver ottenuto il via libera presentando fideiussioni false o non idonee. Infine Rovinelli, che in qualità di funzionario provinciale, si era espresso, in sede di conferenza di servizi, per l'autorizzazione all'impianto a Biogas di Fano alla Prima Energia, società riconducibile alla compagna, Alessandra Severini. C'è poi il caso parco eolico. L'accusa per i due vertici della Comunità Montana è quella di aver affidato la progettazione alla società Valli Varanensi, bypassando la gara pubblica. Al sito sarebbe stato poi chiamato a lavorare Margione, legato da rapporti personali e societari con Calvarese. http://www.oltrefano.it/articoli/regione-marche/cronaca/biogas-marche-13-indagati.html

Rifiuti, Latina convoca Zingaretti per salvare Borgo Montello


Giovedì, 28 Marzo 2013 09:40 http://latina.laprovinciaquotidiano.it/cronaca/cronaca-locale/27981-rifiuti-latina-convoca-zingaretti.html

  • Scritto da M. Marangon
discarica borgo montello«Non aver pianificato e programmato in questi anni nel settore dello smaltimento dei rifiuti, sta determinando in provincia di Latina una situazione a dir poco allarmante e con possibili ripercussioni devastanti sul territorio di Borgo Montello».
Lo  dichiara il consigliere Mattioli, firmatario della richiesta di convocazione di consiglio comunale. «La possibile realizzazione di due impianti di trattamento meccanico biologico con una capacità complessiva di 400.000 t/rifiuti anno, unita a quella esistente di RIDA Ambiente di 400.000 t/rifiuti anno entro breve tempo, rischia di far diventare il territorio di Latina e precisamente l’area delle discariche di Borgo Montello un centro industriale per il trattamento dei rifiuti romani ed “altro”. La Provincia di Latina produce circa 320.000 t/rifiuti anno – dichiara il consigliere Mattioli – che con una raccolta differenziata ferma al 25% equivale a una quantità di rifiuti da sottoporre a trattamento di circa 240.000 t/anno, molto al di sotto del potenziale in progetto, quindi, con gli impianti esistenti, sufficienti a soddisfare il fabbisogno.
Realizzarne ulteriori in quell’area, significherebbe condannare definitivamente Latina e Montello a pattumiera del Lazio, con discariche ulteriormente da ampliare per i residui di lavorazione pari al 50% circa e un traffico veicolare che graverebbe sul territorio, ledendo la qualità e la dignità della vita dei cittadini che risiedono in quei territori e distruggendo definitivamente la vocazione agricola e ambientale di una delle zone più belle della nostra città.Chiederemo in Consiglio – aggiunge Mattioli – di istituire un tavolo di confronto con Provincia  e  Regione, dove si possa ragionare intorno all’idea di raccolta differenziata spinta e chiusura del ciclo di smaltimento dei rifiuti in ambito provinciale».
E Conclude: «Abbiamo chiesto e ottenuto con voto unanime della commissione Ambiente , la convocazione di un Consiglio Comunale monotematico sulla possibile realizzazione degli impianti di TMB a Montello, invitando i Presidenti Zingaretti e Cusani in aula».

M5S e Internet: “Casaleggio è la testa, Grillo il megafono”

Enrico Sassoon ha lasciato la Casaleggio Associati (di cui era azionista) a settembre del 2012, bersagliato dalle voci “interne ed esterne al Movimento” che lo dipingevano come vicino ai poteri forti. “Si tratta di teorie complottistiche”, spiega il direttore del mensile di management Harvard Business Review Italia. E sul tandem Grillo-Casaleggio non ha dubbi: “Uno è imprescindibile dall’altro. Mi sembra che Grillo sia il megafono che ripropone delle elaborazioni che non sono necessariamente sue”. E dove sta andando il M5S? “Verso il crowdsourcing politico. Ma se non esiste un pensiero strutturato che permette di selezionare le idee, alla fine non si seleziona niente”  di Carlo Tecce
28 marzo 2013  per vedere il video http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/03/28/m5s-e-internet-casaleggio-e-testa-grillo-megafono/226469/

Ecco come le case automobilistiche truccano (legalmente) i test sui consumi

Bloccare la ricarica della batteria durante le prove, spogliare l’auto per farla pesare di meno, chiudere le fessure con nastro adesivo per ridurre l’attrito dell’aria, gonfiare al massimo gli pneumatici: secondo uno studio di una Ong, sono alcuni degli escamotage con cui l'industria a quattro ruote raggira gli automobilisti

Benzina
Avete comprato un’auto che consuma più di quanto vi era stato detto? Il motivo può essere la vostra guida sportiva. O, più probabilmente, il fatto che le case automobilistiche hanno barato durante i test sui consumi di carburante. A rivelarlo è Transport & Environment (T&E), Ong legata all’Unione europea e ormai presente in 23 nazioni. La T&E, nel suo ultimo studio, spiega come i costruttori riescano a far sembrare i consumi dei loro veicoli di gran lunga inferiori a quelli reali. Bloccare la ricarica della batteria durante le prove, spogliare l’auto per farla pesare di meno, chiudere le fessure con nastro adesivo per ridurre l’attrito dell’aria, gonfiare al massimo gli pneumatici: sono solo alcuni dei creativi escamotage che, tirate le somme, “costano agli automobilisti europei migliaia di euro ogni anno”. Le differenze fra i dati ufficiali e quelli riportati dallo studio non sono affatto trascurabili: il consumo di carburante dichiarato dai costruttori, infatti, è in media del 25% inferiore a quello reale, e in alcuni casi addirittura del 50%.
Lo studio di T&E, Mind the gap!, sta mettendo in imbarazzo gran parte dell’automotive europea e “indica che i controlli correnti sui veicoli […] sono incoerenti e inadeguati, con i produttori che pagano le organizzazioni che certificano le prove”. I metodi per eseguire i test, quindi, sono ormai “superati e non rappresentativi del mondo reale”. Secondo gli studiosi, il problema è racchiuso in un “lassismo nelle procedure di collaudo” che sta permettendo alle case automobilistiche di “manipolare le prove ufficiali, per produrre risultati irrealistici”. Che fare, dunque? Serve “un aggiornamento urgente dell’attuale sistema di misurazione dei consumi”.
I trucchi usati dalle case automobilistiche, per quanto scorretti, sono del tutto legali. Sono i test che, sottolinea l’ong, a decenni di distanza dalla loro entrata in vigore non sono più applicabili. Sotto accusa in particolare il New European Driving Cycle (Nedc): introdotta in Europa per la prima volta nel 1970, questa prova vuole rappresentare l’uso tipico di una vettura per valutarne i livelli di emissioni inquinanti. Come fa notare T&E, però, i veicoli sono ben diversi da quelli dei decenni passati (una seconda versione del Nedc è stata introdotta nel 1990), tanto che il gap fra le prestazioni dichiarate e quelle reali aumenta man mano che i modelli sono più nuovi. Secondo un’analisi svolta (sempre per T&E) da un laboratorio indipendente, infatti, le prestazioni dei veicoli sono peggiori in condizioni reali rispetto ai risultati ottenuti nelle prove ufficiali, in media, del 19% per i modelli più vecchi, e addirittura del 37% per quelli più recenti.
I dati delle case automobilistiche sono stati confrontati nel report anche con quelli raccolti da singoli automobilisti di Germania, Paesi Bassi e Svizzera in database come Spritmonitor.de. Siti che, raccogliendo le testimonianze degli automobilisti, hanno mostrato più di ogni altra analisi la gravità del fenomeno. “Le case automobilistiche in Europa stanno truffando i propri clienti e manipolando le prove ufficiali, portando a migliaia di euro di costi aggiuntivi”, afferma Greg Archer, manager di T&E. A essere frodati, però, sono anche “le leggi comunitarie, volte a ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei furgoni”. Il motivo? “L’attuale procedura consente inspiegabilmente al costruttore di dichiarare emissioni di CO2 fino al 4% al di sotto di quelle effettivamente misurate”.
Cifre importanti, che fanno sperare lo studioso di vedere introdotti nei prossimi anni nuovi test, in modo da riflettere maggiormente le condizioni di guida reali. “Fornire informazioni affidabili circa i consumi di carburante delle automobili aiuta i conducenti a scegliere modelli con minori costi di esercizio”, scrive T&E nel suo rapporto: “Avere accurati test sulle emissioni di CO2 dei veicoli è invece essenziale per consentire ai governi di imporre il corretto livello di tasse automobilistiche e garantire efficaci regolamenti di riduzione delle emissioni delle nuove autovetture”. Arrivati a questo punto, però, serve anche riportare gli automobilisti a fidarsi dei costruttori. Ma come? “L’unico modo per ricostruire questa fiducia è quello di colmare le lacune nelle procedure di prova in corso”, insiste Greg Archer: “E garantire che gli imbroglioni non prosperino”.

Matteo Renzi: assunto, candidato e pensionato in undici giorni

Il sindaco è stato assunto dall'azienda di famiglia, la Chil srl, il 27 ottobre 2003, otto mesi prima dell'elezione in Provincia e undici giorni prima che l'Ulivo lo candidasse. E così, da nove anni, i contributi per la sua pensione da dirigente li paga la collettività. Lo staff lo difende: "L'accostamento è sbagliato perché lavorava lì da molti anni"

Matteo Renzi
Matteo Renzi è stato assunto come dirigente dalla società di famiglia, la Chil Srl, undici giorni prima che l’Ulivo lo candidasse a presidente della Provincia di Firenze nel 2004. Ieri abbiamo raccontato che grazie all’assunzione da dirigente (messo in aspettativa dopo l’elezione) da quasi 9 anni i contributi della pensione del dirigente-sindaco sono versati dalla collettività. Oggi si scoprono nuovi particolari sulle manovre che hanno preceduto e seguito l’assunzione. I consiglieri comunali che hanno fatto scoppiare il caso con la loro interrogazione, Francesco Torselli (Fratelli d’Italia) e Marco Semplici (Lista Galli), non sono soddisfatti della risposta del vice-sindaco di Firenze Stefania Saccardi pubblicata ieri dal Fatto. “Oggi presenteremo una nuova interrogazione – annuncia il consigliere Torselli – per sapere a quanto ammonta esattamente la cifra pagata dalla collettività, prima dalla Provincia e ora dal Comune, per la pensione del sindaco”. La risposta alla prima interrogazione spiegava solo che “alla società presso cui risulta dipendente in aspettativa il dottor Renzi sono erogati i contributi previsti all’art. 86 comma 3 del Testo unico sugli enti locali”, senza cifre.
IL COMUNE di Firenze e prima la Provincia, hanno versato alla società di famiglia i contributi previdenziali per Matteo Renzi, nel rispetto del Testo Unico Enti locali che prevede il rimborso dei contributi alla società presso la quale lavora l’amministratore pubblico collocato in aspettativa non retribuita. Quando l’assunzione è molto vicina alla candidatura però sorge il dubbio che sia motivata più dall’ottenimento del rimborso dei contributi che dalla reale necessità dell’azienda di disporre di un dirigente distratto dalla politica. Nicola Zingaretti a Roma è finito nell’occhio del ciclone perché è stato assunto da un Comitato legato al Pd il giorno prima dell’annuncio della sua candidatura a presidente della Provincia. Ora si scopre che Renzi è stato assunto – non uno ma undici giorni prima dell’annuncio della sua candidatura – dalla società della sua famiglia. Il sindaco è inquadrato dal 27 ottobre 2003 nella Eventi 6 che oggi è intestata alle sorelle Matilde e Benedetta Renzi (36 per cento a testa), alla mamma Laura Bovoli (8 per cento) e al fratello del cognato, Alessandro Conticini, 20 per cento. Come spiega il vice-sindaco Saccardi nella sua risposta all’interrogazione: “Renzi ha avuto un contratto di collaborazione coordinata e continuativa fino al 24 ottobre 2003 presso la Chil srl. Dal 27 ottobre 2003 è stato inquadrato come dirigente”. Ecco la cronologia degli eventi di nove anni fa, ricostruita sulla base dei documenti camerali: il 17 ottobre 2003 il “libero professionista” Matteo Renzi e la sorella Benedetta cedono le quote della Chil Srl ai genitori; il 27 ottobre 2003, dieci giorni dopo avere ceduto il suo 40 per cento, Renzi diventa dirigente della stessa Chil Srl, amministrata dalla mamma; il 7 novembre 2003, solo 11 giorni dopo l’assunzione, l’Ulivo comunica ufficialmente la candidatura del dirigente alla Provincia; il 13 giugno 2004 Renzi viene eletto presidente e di lì a poco la Chil gli concede l’aspettativa. Da allora Provincia e Comune versano alla società di famiglia una somma pari al rimborso dei suoi contributi. Se Renzi non avesse ceduto le sue quote nel 2004, sarebbe stata una società a lui intestata per il 40 per cento a incassare il rimborso: una situazione ancora più imbarazzante di quella attuale, con le quote intestate a sorelle e mamma.
LA CHIL è una società fondata da papà Tiziano che si occupa di distribuzione di giornali e di campagne pubblicitarie. Dal 1999 al 2004 è intestata a Matteo e alla sorella. Poi, come visto, subentrano i genitori. Nel 2006 Tizia-no Renzi vende il suo 50 per cento alle figlie Matilde e Benedetta. Chil arriva a fatturare 7 milioni di euro nel 2007. Poi cambia nome in Chil Post Srl e nell’ottobre del 2010 cede il suo ramo d’azienda a un’altra società creata dalla famiglia: la Eventi 6 Srl. La vecchia Chil, ormai svuotata, finisce a un imprenditore genovese e fallisce. Mentre la Eventi 6 decolla dai 2,7 milioni di fatturato del 2009 ai 4 milioni di euro del 2011. Dopo il suo collocamento in aspettativa, il dirigente Matteo Renzi segue il destino del ramo d’azienda e oggi è collocato nella Eventi 6, di Rignano sull’Arno, sede storica della famiglia.
Le fonti vicine a Renzi precisano: “L’indicazione della candidatura alla Provincia venne anticipata a novembre per sbloccare la candidatura del sindaco Domenici ma era condizionata all’accordo sui sindaci che si chiuse solo ad aprile. L’accostamento ad altre situazioni ben diverse è sbagliato perché Matteo Renzi lavorava davvero in Chil da molti anni”.
da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2013

Marcia per la terra, in cammino per la difesa del suolo

NEWS » Territorio

28 Marzo 2013 http://www.ilcambiamento.it/territorio/marcia_terra_21_aprile_2013.html

suolo agricolo
Il consumo di suolo nel nostro Paese per oltre 50 anni è sempre stato sopra la media europea
Domenica 21 aprile, in concomitanza con l'Earth Day, il Forum nazionale “Salviamo il Paesaggio” propone una manifestazione generale pubblica a salvaguardia dei terreni liberi e fertili rimasti. Si tratta di una grande Marcia per la Terra alla quale al momento hanno aderito Piemonte, Liguria e Lazio. La manifestazione potrà però svilupparsi in contemporanea anche in altre Regioni, a cura dei comitati locali Salviamo il Paesaggio. L'iniziativa avrà come sottotitolo: “In cammino per la difesa dei suoli fertili rimasti e per fermare il consumo di suolo”.
“La continua erosione di suoli fertili causata dal dilatarsi di nuovi insediamenti edilizi residenziali e produttivi è, per l’intero Piemonte e per la provincia di Cuneo, una evidente realtà corroborata da dati scientifici che testimoniano il punto attuale di consumo del suolo. Questo esagerato consumo – si legge nel sito Salviamo il paesaggio pregiudica ormai la qualità della nostra vita e constatiamo ogni giorno di più che 'perdere il Paesaggio' è come perdere una parte di noi stessi”.
“Il suolo libero e fertile è un bene comune prezioso, come l’acqua: ne abbiamo bisogno per produrre cibo e degradare i rifiuti, per filtrare le acque e mitigare le alluvioni, per mantenere la biodiversità e assorbire il carbonio, per produrre biomassa e materie prime. Il paesaggio ci fa respirare: è il nostro stesso respiro”.
Da un recente studio condotto dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) sull'andamento del consumo di suolo dal 1956 al 2010 è emerso che negli ultimi cinque anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto al ritmo di oltre 8 metri quadrati al secondo, pari al 6,9% del territorio nel 2010.
Per ogni italiano sono andati persi più di 340 mq all'anno. Ogni 5 mesi perdiamo una quantità di suolo pari a quella del comune di Napoli e ogni anno ad essere divorata dal cemento è un'area vasta quanto Milano e Firenze. Il consumo di suolo nel nostro Paese, ha spiegato l'Ispra, per oltre 50 anni è sempre stato sopra la media europea.
La rete delle 894 organizzazioni che compongono il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio ha dunque deciso di lanciare questa iniziativa per sollecitare l'attenzione di tutti sull'importanza di preservare il suolo.
“Marciare per la terra è un piccolo ma importante gesto: un gesto di speranza. Un gesto che vuole essere come un abbraccio collettivo, attraverso cui tutti possiamo manifestare il nostro amore per la terra: da persone semplici, persone normali. Con la consapevolezza che difendendo con determinazione quella sempre più fragile parte del nostro territorio non ancora compromessa, conserveremo il capitale ereditato e garantiremo ai nostri figli una possibilità di futuro”.

mercoledì 27 marzo 2013

Elettricità, grazie alle rinnovabili autosufficiente quasi un municipio su tre



Presentato da Legambiente il Rapporto Comuni Rinnovabili 2013. Le fonti pulite soddisfano ormai il 100% del fabbisogno di 2400 centri urbani e coprono il 28% dei consumi elettrici nazionali. Ora la nuova sfida è riformare la rete e i regolamenti per completare la rivoluzione

di VALERIO GUALERZI http://www.repubblica.it/ambiente/2013/03/26/news/comuni_rinnovabili_2013-55332706/ ROMA - Da almanacco di curiosità e isolati esempi virtuosi a canovaccio di una compiuta Strategia energetica nazionale alternativa a quella discutibile e confusa lanciata due settimane fa dai ministri Passera e Clini. E' questo il salto di qualità compiuto dal rapporto di Legambiente "Comuni rinnovabili", giunto quest'anno alla sua undicesima edizione (vai al dossier 2012). Il tempo delle nicchie e degli audaci pionieri è ormai alle spalle. L'idea di un Paese alimentato in buona parte grazie a piccoli impianti di energia pulita, distribuiti sul territorio, non è più un'utopia da visionari, ma una concreta possibilità che sta nel novero delle cose possibili e che sta alla politica saper cogliere.

Modelli ribaltati. I numeri dello studio realizzato dall'associazione ambientalista in collaborazione con il Gse e Sorgenia sono impressionanti e, come si legge nella premessa del dossier, "ribaltano completamente il modello energetico costruito negli ultimi secoli intorno alle fonti fossili, ai grandi impianti, agli oligopoli". "La portata di questi processi - avverte il curatore del rapporto e vicepresidente di Legambiente Edorardo Zanchini - è tale che in molti faticano a capirla, ed è tale la loro diffusione da risultare difficilissima da monitorare".

COMUNI RINNOVABILI: MAPPE, GRAFICI E TABELLE

Oltre 600 mila impianti. Nel 2012 in Italia la produzione da energie rinnovabili, grazie ad oltre 600 mila impianti distribuiti nel 98% dei Comuni, ha garantito il 28,2 % dei consumi elettrici e oltre il 13% di quelli complessivi. Dal 2000 ad oggi 47,4 TWh da fonti "verdi" si sono aggiunti al contributo dei "vecchi" impianti idroelettrici e geotermici. Nel Paese ci sono 2400 Comuni (su circa 8mila) che producono più energia elettrica di quanta ne consumino le famiglie residenti grazie ad una o più fonti rinnovabili. I casi più virtuosi sono naturalmente quelli dei piccoli centri urbani, dove oltre a sole e vento è possibile contare anche su mini idroelettrico e su una vasta disponibilità di biomasse. In testa alla classifica assoluta (e per questo premiata) c'è quindi una vecchia  conoscenza, Prato allo Stelvio, minuscolo municipio dell'Alto Adige.

Non solo piccoli municipi. La rivoluzione sta iniziando però a coinvolgere anche le città maggiori. Cuneo, Ravenna, Terni e Foggia ad esempio, grazie ad un mix di fonti pulite, riescono a soddisfare il 100% dei fabbisogni elettrici delle famiglie residenti. Altri 56 Comuni con più di 30 mila abitanti, tra cui Matera, Bergamo, Padova, Perugia e Grosseto, coprono invece una quota dei consumi tra il 50 e il 99%. Una trasformazione che sta facendo sentire i suoi effetti positivi su diversi piani.

Prezzi in calo. Dal punto di vista economico la produzione da termoelettrico e i conseguenti costi per le importazioni delle materie prime dall'estero si stanno riducendo, anche se non in valori assoluti visti i rincari dei prezzi, con un conseguente calo dei prezzi dell'energia sul mercato elettrico. Stando ad alcune stime, nel 2012 il prezzo unitario nazionale dell'energia è calato fino al 22% nelle ore in cui è più rilevante il contributo del fotovoltaico.

Ambiente e occupazione. La diffusione delle rinnovabili ha portato poi importanti benefici ambientali e occupazionali. Le emissioni di CO2 sono diminuite, permettendo all'Italia di ridurre il suo ritardo nel raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e le conseguenti multe in denaro, mentre il numero di persone impiegate nel settore sono oggi comprese tra le 100 e le 120 mila unità. Se azionata insieme all'altra grande leva del cambiamento in campo energetico, quella dell'efficienza, la diffusione di quelle che una volta si chiamavano "fonti alternative" può davvero cambiare le carte in tavola. Un primo vistoso calo nei consumi si è già avuto (-5% rispetto al 2007), anche se dettato in buona parte dalla recessione. E' possibile però prepararsi ad un'auspicabile ripresa economica spingendo ancora di più sull'efficienza.

Il nodo incentivi. Successi indiscutibili che secondo i detrattori sono stati ottenuti però ad un costo esorbitante, ovvero la concessione di generosi incentivi che hanno pesato fortemente sulle bollette di imprese e famiglie. "Comuni rinnovabili", pur riconoscendo errori e distorsioni nella gestione dei diversi "conti energia" che si sono succeduti negli anni, rigetta però le accuse, ricordando che gli sprechi e i regali ingiustificati sono ben altri. "Secondo i dati dell'Authority per l'energia - ricorda il rapporto - la spesa annua delle famiglie per l'elettricità è passata da una media di 338,43 euro nel 2002 a 515,31 euro nel 2012. Ossia 176,88 euro in più a famiglia e un aumento del 52,5%. La spiegazione la conosciamo da tempo: la dipendenza nella produzione di energia da fonti fossili che importiamo dall'estero, che ci fa rimanere un Paese in balia degli eventi che accadono intorno al prezzo del greggio tra conflitti, speculazioni, interessi delle imprese".

Indignazione a senso unico. "In Italia gli incentivi alle vere fonti rinnovabili pesano oggi per circa il 14,9% nelle bollette delle famiglie, con una dinamica di crescita sicuramente da tenere sotto controllo", afferma ancora Legambiente, che sottolinea però come "è l'International Energy Agency a quantificare nel 2012 un ammontare di sussidi alle fonti fossili nel mondo pari a 630 miliardi di dollari, in netta crescita negli ultimi anni".

Ciò che resta da fare. Ma con la polemica sugli incentivi ormai logora e il "Quinto conto energia" praticamente agli sgoccioli, la sfida è diventata un'altra. Parafrasando e ribaltando il celebre motto di Massimo D'Azeglio, si potrebbe dire che le rinnovabili italiane sono state fatte: ora si tratta di fare l'Italia delle rinnovabili. E' giunto il momento, ovvero, di realizzare le nuove infrastrutture e soprattutto le nuove regole in grado di far decollare definitivamente la rivoluzione.

Reti intelligenti. "La prima chiave di lettura di questa prospettiva  -  spiega Legambiente - è quella dell'autonomia energetica, e dunque di edifici, quartieri e ambiti territoriali che progressivamente riescono attraverso le fonti rinnovabili termiche ed elettriche a soddisfare fabbisogni ridotti grazie ad attenti interventi di efficienza energetica. La seconda chiave è quella delle smart grid energetiche, e dunque di una gestione delle reti di distribuzione innovativa, perché aiuta la generazione più efficiente attraverso un sistema sempre più integrato, dove si avvicina e scambia energia in rete, integrata con impianti di accumulo".

L'esempio dell'alveare. Il modello è quello di un sistema elettrico nazionale sempre più strutturato come un alveare che mette in comunicazione intelligente tra loro tante piccole celle/reti autonome (le cosiddette microgrid), più efficienti e flessibili, oltre che più resilienti a eventuali incidenti come il devastante black out del 2003. Uno degli esempi italiani più evidenti delle potenzialità di questo sistema arriva proprio da Prato allo Stelvio che gestisce in cooperativa una propria rete elettrica con sostanziosi vantaggi economici, ambientali e politici.

Il futuro è delle SEU. "L'obiettivo che tiene assieme queste due chiavi  -  sottolinea ancora il rapporto - sta nell'aiutare tutti coloro che riescono ad auto produrre l'energia elettrica e termica di cui hanno bisogno. In questo modo infatti si riduce complessivamente la domanda di energia e si utilizza la rete per un interscambio sempre più efficiente tra gli utenti/produttori". Legambiente è convinta in particolare che occorra quanto prima gettare le basi normative e regolamentari per favorire la creazione di reti private e sistemi locali di utenza, le SEU. E' questa la nuova sigla su cui sono pronti a scommettere gli ambientalisti.