L'analisi del giudice di
Teramo Giovanni Cirillo dopo le critiche alla sentenza che ha ritenuto
colpevoli gli esperti della "Grandi rischi": "Agli imputati non è stato
rimproverato di non avere previsto un evento imprevedibile, ma di aver
indotto le vittime a restare a casa"
Ho letto con attenzione le “Bozze di osservazioni sulla sentenza
Grandi Rischi” pubblicate su una nota rivista giuridica nel fascicolo di maggio di quest’anno dal professore emerito di diritto penale
Antonio Pagliaro
e credo doveroso fare su di esse alcune riflessioni. La sentenza – 781
pagine di motivazione e 19 tra capi di imputazione, conclusioni delle
parti e indice, consultabile da chiunque su internet – ha riconosciuto
colpevoli del delitto di
omicidio colposo aggravato dalla morte e dalle
lesioni di più persone, i 7 componenti della “Commissione nazionale per la
Previsione e
Prevenzione dei
Grandi Rischi”, in relazione alle conseguenze del
terremoto che in data 6.4.2009 ha colpito la città de
L’Aquila,
limitatamente alla morte di 29 ed al ferimento di 4 persone. La ragione
della decisione è chiarissima: il Tribunale ritiene gli imputati
responsabili per avere imprudentemente, irritualmente e erroneamente
informato la cittadinanza circa
l’assenza di ogni rischio
relativo alla verificazione di un terremoto, pur potendo ipotizzarne la
verificazione a seguito dello sciame sismico che si era verificato nei
mesi precedenti, divenuto ancor più intenso negli ultimi giorni.
Nella
sua “bozza”, il Prof. Pagliaro sostiene, tra le altre cose, che agli
imputati sia stato rimproverato di non avere saputo prevedere un evento
in realtà imprevedibile. In realtà, secondo la sentenza la violazione
delle regola cautelare è consistita nell’avere “indotto” le vittime “
a rimanere in casa
per effetto esclusivo della condotta”, consistita nel rassicurare
ripetutamente la popolazione aquilana circa la impossibilità di
verificazione dell’evento “terremoto”. In altri termini, come del resto
ipotizzato dall’Accusa nella parte finale del capo di imputazione, agli
imputati si rimprovera di avere tenuto una condotta “attiva”,
“commissiva”, di avere detto ciò che per regola prudenziale cautelare
non avrebbero dovuto dire. Di conseguenza, le considerazioni del Prof.
Pagliaro in tema di causalità omissiva, più ancora in tema di
responsabilità commissiva mediante omissione, non hanno alcuna attinenza
con la vicenda che ci occupa, dove la responsabilità degli imputati è
stata affermata per avere concorso con una condotta commissiva di natura
colposa alla verificazione dell’evento morte/lesioni, non per avere
violato un inesistente obbligo giuridico di impedire l’evento.
Il
Tribunale, infatti, precisa più volte che “l’oggetto della verifica
dibattimentale…è stato quello di accertare, alla luce della normativa
vigente..l’adeguatezza e la correttezza dell’operato degli imputati in
termini di
diligenza,
prudenza e
perizia e di osservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline nella loro veste di componenti della
Commissione Grandi Rischi e in relazione agli scopi e alle funzioni di detta
Commissione;
e di verificare, poi, se la violazione dei doveri cautelari di
valutazione del rischio e di corretta informazione, connessi alle
qualità e alla funzione degli imputati, e tesi alla previsione e alla
prevenzione, abbia causato o contribuito a causare le morti o le lesioni
contestate”.
Dunque, l’evento prevedibile, evitabile e non
evitato non è il terremoto, che costituisce una concausa dell’evento:
sono invece le
morti e le
lesioni
verificatesi in conseguenza di quello dal punto di vista naturalistico,
ma in conseguenza della condotta improvvida degli imputati dal punto di
vista eziologico-normativo [il delitto contestato ha natura di reato
colposo di evento]. Questa condotta è consistita nell’avere, all’esito
della riunione della
Commissione del 31.3.2009, fatto
giungere alla cittadinanza, per mezzo dei mezzi di informazione [che non
ha avuto in ciò alcun ruolo distorsivo, come spiegato a pag. 596 e ss.
della sentenza], il “messaggio” della insussistenza in concreto del
rischio di un terremoto serio, in tal modo inducendola a fare rientro
all’interno delle proprie abitazioni, mentre sino ad allora se ne era
tenuta prudentemente alla larga, considerato che lo sciame sismico
durava ormai da mesi e si era negli ultimi giorni intensificato. Non si
comprende dunque come possa il Prof. Pagliaro affermare che “la
comunità scientifica internazionale
(l’agente modello) nega la possibilità di prevedere i terremoti. Non è
possibile, dunque, nel caso specifico configurare una responsabilità
colposa per non averlo previsto esattamente, per non avere previsto i
danni conseguenti e per non avere dato l’allarme”.
La condanna
degli imputati, infatti, non consegue a un siffatto ragionamento. Al
contrario, in sede di analisi del giudizio controfattuale il Tribunale
spiega assai bene che il comportamento alternativo lecito che avrebbero
dovuto seguire i componenti la Commissione non sarebbe dovuto affatto
essere quello di “dare l’allarme”, compito che non spetta di certo a
quest’organo [che ha compiti consultivi rispetto alla
Protezione civile],
quanto piuttosto quello di informare correttamente gli organi
istituzionali preposti alla protezione dai rischi sismici della
situazione reale, qualunque essa fosse, evitando di intervenire
direttamente lanciando messaggi, men che mai tranquillizzanti, alla
cittadinanza. Peraltro, lo stesso Professore, nel corso del suo pur
errato ragionamento, si contraddice vistosamente, laddove afferma: “Si è
adombrata la possibilità che il parere della Commissione sia stato
determinato dalla opportunità politica di tranquillizzare la
popolazione. Ebbene, se il parere è scientificamente corretto – e allo
stato attuale della scienza non vi è ragione per dubitarne -, le ragioni
per le quali esso è stato emesso rimangono irrilevanti dal punto di
vista penalistico”. Ora, non si vede già in astratto come possa essere
il parere della Commissione scientificamente corretto se, come appena
precisato, “la comunità internazionale
nega la possibilità di prevedere i terremoti”;
ed ancor più se in concreto detto parere, manifestato in messaggi
rassicuranti alla popolazione, sia privo di ogni base scientifica.
Pagliaro afferma, ancora, che ingiustamente agli imputati viene
contestata una carente analisi del rischio sismico, dal momento che non è
rimproverabile di non avere previsto ciò che non era possibile
prevedere. Ma nella sentenza si spiega assai bene che se le conoscenze
scientifiche non consentono di fare alcuna previsione connotata da serio
fondamento scientifico, allora non è neppure possibile “negare
recisamente, con fermezza e categoricità assolute, la riconducibilità
delle variazioni anomale di sismicità al fenomeno dei cd. precursori dei
terremoti”.
In altri termini, dice il
Tribunale, se il verificarsi del terremoto non era evento scientificamente prevedibile, perché i componenti della Commissione hanno
reiteratamente rassicurato i cittadini,
così inducendoli a fare rientro nelle abitazioni, dove hanno trovato la
morte o riportato lesioni? La motivazione della sentenza è del tutto
coerente con queste premesse e ne trae i dovuti corollari, nel momento
in cui, in linea con le richieste della
Pubblica Accusa,
afferma la responsabilità penale degli imputati solo per quei casi in
cui è stata raggiunta la prova [per testimoni] che le vittime hanno
fatto rientro all’interno delle proprie abitazioni esclusivamente in
quanto rassicurate dagli esperti che il terremoto non vi sarebbe stato.
Quando questa prova non è stata raggiunta, gli imputati sono stati
assolti. Pare dunque evidente che la constatazione ex post della
verificazione dell’evento morte o lesioni sia stata agganciata sotto il
profilo causale nella decisione del Tribunale alla condotta attiva
imprudente dei commissari, i quali hanno avventatamente e senza basi
scientifiche assicurato che non vi era alcun pericolo del verificarsi di
un terremoto di portata catastrofica quale poi si è verificato. In
assenza di basi scientifiche consolidate, infatti, il criterio cardine
cui occorre attenersi è quello della massima prudenza.
A questo
punto, il terremoto, come pure la vulnerabilità degli edifici, non
possono essere ritenuti cause esclusive dell’evento morte o lesioni, da
sole idonee a determinarlo, ma divengono altrettante concause naturali,
alle quali si aggiunge, quale causa prima umana, il
comportamento imprudente dei componenti la commissione, che di fatto ha
indotto le vittime
ad assumere un rischio [rientro nella abitazione] che altrimenti non
avrebbero assunto [concretizzazione del rischio che la regola
prudenziale violata mirava a scongiurare]. Violazione della
regola cautelare
che vieta ogni comunicazione non ispirata alla massima prudenza [avere
fatto affermazioni rassicuranti dirette alla cittadinanza in assenza di
basi scientifiche, peraltro in assenza di competenza diretta in materia
di sicurezza dei cittadini] – comportamento incolpevole delle vittime
originato da essa – vulnerabilità degli edifici – terremoto
costituiscono dunque la tragica “consecutio” che nell’ottica della
motivazione ha determinato i tragici eventi luttuosi. Dei quali da un
punto di vista tecnico-giuridico occorre semplicemente prendere atto
quali “fatti”, procedendo a ritroso nella ricostruzione della serie
causale che li ha originati. E che, lungi dall’essere rappresentata
dalla mancata previsione del terremoto da parte degli esperti, è frutto
di ben precisi e avventati comportamenti “partecipativi“ dai quali
invece gli imputati avrebbero dovuto astenersi, a nulla rilevando la
preoccupazione di dover tranquillizzare i cittadini, che è compito loro
sottratto istituzionalmente.
Sul punto, appare ingenerosa quanto
errata la considerazione finale del Prof. Pagliaro, secondo cui “nessuno
obbligava i cittadini de L’Aquila a seguire i pareri della Commissione
Grandi Rischi. Chi ha scelto di rimanere al coperto pur avendo avvertito
le scosse premonitrici, si è assunta la responsabilità per le possibili
conseguenze. Vi è “un’autoresponsabilità” che è legata
indissolubilmente alla libertà dell’uomo. Gli uomini non sono – e non
devono essere trattati – come automi o marionette”. Ingenerosa, per le
conseguenze che la popolazione ha patito. Errata, perché la violazione
della regola cautelare è consistita proprio nel rassicurare la
popolazione che l’evento terremoto non si sarebbe verificato. E nessuno
può negare che
l’autorevolezza del messaggio, chiaro e
netto, proveniente dall’organo tecnico istituzionalmente legittimato a
fornire indicazioni sui rischi sismici produca effetti di induzione
comportamentale nell’uomo comune, al di là della circostanza che gli
interlocutori primi della commissione non sono certo i cittadini [su
questo punto, in dibattimento è stato sentito un antropologo culturale,
il quale ha confermato gli effetti sui comportamenti umani alla luce del
cd. modello delle rappresentazioni sociali]. Ebbene, solo questo è
sufficiente per ritenere comprovata la efficienza causale della condotta
comunicativa sconsiderata e frutto, come precisato nella sentenza,
della volontà manifestata dal capo del dipartimento della
Protezione civile e resa esecutiva dalla
Commissione,
di fare “un’operazione mediatica tesa a tranquillizzare la popolazione”
[pag. 559], di chi in assenza di ogni base scientifica ha rassicurato
la popolazione circa la inesistenza del rischio terremoto, avendo
l’autorevolezza per farlo e per determinare quale riflesso
comportamentale nel cittadino la decisione di fare rientro
nell’abitazione, andando incontro ad un destino tragico.
di Giovanni Cirillo *
* magistrato presso il Tribunale di Teramo http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/24/terremoto-laquila-7-della-commissione-condannati-perche-rassicurarono-cittadini/721220/